Strasburgo condanna l’Italia per la morte di un detenuto. Vicenda analoga a quella avvenuta nel 2016 nel Carcere di Paola


Strasburgo condanna ancora l’Italia. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Prima Sezione, riunita in un Comitato composto da Armen Harutyunyan, Presidente, Pere Pastor Vilanova e Pauliine Koskelo, Giudici, nella causa promossa da Santo Citraro e Santa Molino contro Italia (Ricorso n. 50988/13), dopo aver deliberato in Camera di Consiglio il 28 aprile 2020, con Sentenza del 4 giugno 2020, ha dichiarato, all’unanimità, la Repubblica Italiana responsabile della violazione dell’elemento materiale dell’Articolo 2 della Convenzione condannandola anche al risarcimento dei danni (32 mila euro per danno morale e 900 euro per le spese, oltre alla maggioranza dovuta per eventuali imposte ed interessi) da versare, entro tre mesi, in favore dei ricorrenti.

I ricorrenti, signori Citraro e Molino, il 24 luglio 2013, introdussero un ricorso alla Corte di Strasburgo contro l’Italia, ai sensi dell’Art. 34 della Convenzione Europea, lamentando la violazione degli Articoli 2 e 3 della Convenzione, ritenendola responsabile del suicidio per impiccagione del loro figlio Antonio Citraro, 31 anni, di Terme Vigliatore, avvenuto nel tardo pomeriggio del 16 gennaio 2001, mentre era detenuto nella cella n. 2 del reparto “sosta”, presso la Casa Circondariale di Messina.

All’epoca dei fatti, la morte di Citraro, in un primo momento venne etichettata come un suicidio e subito dopo, grazie alle denunce della famiglia, come omicidio colposo: il Gup del Tribunale di Messina dispose il rinvio a giudizio del Direttore dell’Istituto, di sei Agenti della Polizia Penitenziaria e del Medico Psichiatra per i reati di favoreggiamento, falso per soppressione, omicidio colposo, abuso dei mezzi di correzione e lesioni personali. Ma gli imputati, in tutti i gradi di giudizio, vennero assolti da ogni accusa.

I genitori del giovane detenuto però non si arresero e, dopo aver esaurito i rimedi giurisdizionali interni, assistititi dall’Avvocato Giovambattista Freni del Foro di Messina, proposero ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che, nei giorni scorsi, dopo 19 anni, ha finalmente condannato l’Italia per le sue responsabilità. In particolare, i ricorrenti, lamentavano la violazione dell’Articolo 2 della Convenzione sostenendo, tra l’altro, che l’Amministrazione Penitenziaria, per mancanza di precauzioni e per negligenza, non avesse adottato le misure necessarie e adeguate idonee a impedire il suicidio del loro figlio, affetto da disturbi psichici, tant’è vero che in precedenza aveva più volte posto in essere atti di autolesionismo compresi tentativi di suicidio, che avevano portato il Magistrato di Sorveglianza di Messina a disporre il suo ricovero nell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto, provvedimento rimasto inevaso (solo pochi minuti prima del decesso di Citraro dal Ministero della Giustizia arrivò l’ordine di traduzione presso l’Opg).

Ebbene, la Corte di Strasburgo, ha deciso di condannare la Repubblica Italiana ritenendola responsabile in quanto l’Art. 2 della Convenzione obbliga lo Stato non soltanto ad astenersi dal provocare la morte in maniera volontaria e irregolare, ma anche ad adottare le misure necessarie per la protezione della vita delle persone sottoposte alla sua giurisdizione. Tale obbligo sussiste, ancora di più, dal momento in cui le Autorità Penitenziarie siano a conoscenza di un rischio reale e immediato che la persona detenuta possa attentare alla propria vita.

Nel caso in questione, l’Amministrazione Penitenziaria, era perfettamente a conoscenza dei disturbi psichici e della gravità della malattia di cui era affetto il giovane detenuto, degli atti di autolesionismo e dei tentativi di suicidio che aveva posto in essere, dei suoi gesti e pensieri suicidi e dei segnali di malessere fisico o psichico (aveva completamente distrutto la cella, impedendo l’ingresso al personale, e faceva discorsi deliranti e paranoici).

Per tali motivi, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ha ritenuto che le Autorità Penitenziarie non abbiano adottato le misure ragionevoli che erano necessarie per assicurare l’integrità del detenuto Antonio Citraro. Infatti, nella sentenza, i Giudici Europei scrivono chiaramente che “… le Autorità si sono sottratte al loro obbligo positivo di proteggere il diritto alla vita di Antonio Citraro. Pertanto, vi è stata violazione dell’elemento materiale dell’Articolo 2 della Convenzione.”

La vicenda della morte di Antonio Citraro è analoga a quella di tanti altri detenuti, parimenti affetti da disturbi psichici, verificatasi negli Istituti Penitenziari d’Italia. Tra le tante morti similari, ricordo particolarmente quella di Maurilio Pio Morabito, 46 anni, avvenuta il 29 aprile 2016, a poche settimane dal suo fine pena (30 giugno 2016), mentre era detenuto presso la Casa Circondariale di Paola. Morabito, come Citraro, si è impiccato nella cella n. 9 del reparto di isolamento, dopo aver posto in essere diversi atti di autolesionismo, tentativi di suicidio, rifiutato di assumere i farmaci per timore di essere avvelenato ed anche di recarsi a colloquio con i propri familiari. Aveva finanche incendiato e distrutto, ripetutamente, le altre celle in cui era precedentemente allocato e per tale ragione era stato posto per diversi giorni in una cella liscia (cioè priva di ogni suppellettile), sporca e maleodorante, senza nemmeno essere sorvegliato a vista, lasciandogli addosso solo le mutande ed una coperta. Proprio utilizzando quest’ultima, che è stata annodata a forma di cappio alla grata della finestra della cella, di notte, è riuscito a togliersi la vita.

Per la vicenda di Morabito, i familiari, non hanno ottenuto giustizia in sede penale, in quanto il procedimento è stato archiviato dal Gip del Tribunale di Paola su conforme richiesta avanzata dalla Procura della Repubblica. Recentemente però, assistiti dagli Avvocati Corrado Politi e Valentino Mazzeo del Foro di Reggio Calabria, hanno citato in giudizio il Ministero della Giustizia per sentirlo condannare al risarcimento dei danni. La causa attualmente è in corso presso il Giudice Civile del Tribunale di Reggio Calabria (ed io sono tra le persone che verranno sentite in merito dall’Autorità Giudiziaria).

Corte Europea dei Diritti dell’Uomo – Causa Citraro e Molino contro l’Italia (clicca per leggere)

Paola, Quintieri (Radicali): Non risponde al vero la notizia che in carcere ci siano detenuti isolati


In riferimento alle notizie diffuse nella giornata di ieri dal difensore di un detenuto ristretto nella Casa Circondariale di Paola circa il suo isolamento totale, diurno e notturno, da oltre 40 giorni, mo corre l’obbligo di precisare che le stesse sono prive di fondamento.

Infatti, effettuati gli accertamenti del caso, non risulta che vi sia alcun detenuto isolato nella Casa Circondariale di Paola, anche perché sia la Sezione di Isolamento che il “Repartino” alla Prima Sezione sono chiuse (quest’ultimo è inagibile in quanto le quattro camere detentive sono state distrutte da alcuni detenuti).

In realtà il detenuto P.G., al momento del suo ingresso in Istituto nell’Istituto di Paola, ha chiesto espressamente al personale di Polizia Penitenziaria di essere allocato in una camera individuale, temendo per la propria incolumità, poiché sottoposto ad indagini per reati di riprovazione sociale (maltrattamenti in famiglia).

Inoltre, il P.G., ha chiesto al personale di Polizia Penitenziaria di poter rimanere a Paola, almeno fino al 10 dicembre, giorno in cui si discuterà la sua posizione innanzi al Tribunale del Riesame di Catanzaro, anche per potergli consentire di svolgere i colloqui con alcuni familiari.

Il P.G. sin dal suo ingresso in Istituto non è mai stato in isolamento, ma si trova allocato nella Quarta Sezione insieme agli altri detenuti, in una camera individuale, su sua esplicita richiesta, peraltro ribadita anche questa mattina al personale di Polizia Penitenziaria. Qualora il detenuto voglia essere allocato in vita comune, l’Amministrazione Penitenziaria si attiverà subito per la immediata traduzione in altro Istituto Penitenziario attrezzato di Sezione Protetta (Castrovillari o Vibo Valentia).

Tra l’altro, nelle scorse settimane, in occasione della visita che ho effettuato al Carcere di Paola insieme alla collega giurista Valentina Anna Moretti, non ho accertato la presenza di alcun detenuto sottoposto ad isolamento.

Al momento della visita (30/10/2019) nell’Istituto Penitenziario di Paola, a fronte di una capienza regolamentare di 182 posti, sono ristretti 210 detenuti, 78 dei quali stranieri (prevalentemente albanesi, marocchini, nigeriani, rumeni ed ucraini), con le seguenti posizioni giuridiche: 14 giudicabili, 19 appellanti, 15 ricorrenti, 162 definitivi di cui 5 ergastolani.

Emilio Enzo Quintieri
già Consigliere Nazionale Radicali Italiani

Carcere di Rebibbia, Quintieri (Radicali) replica al Dap “Quella detenuta non poteva essere isolata”


Oggi sfogliando “La Repubblica” noto un articolo a firma della giornalista Maria Elena Vincenzi dal titolo “Bimbi uccisi dalla madre detenuta. Il Dap: “Serviva l’isolamento”. Incuriosito per la “stranezza” del titolo, ho inteso approfondire, leggendo tutto il contenuto. Ebbene, questa è la parte su cui mi sono soffermato : “… Agli atti ci sono note in cui le guardie mettono nero su bianco “un pericolo per i due piccolini”. Ce ne sono diverse. Una, in particolare, arrivata sul tavolo della direttrice Ida Del Grosso (poi sospesa), lo stesso giorno della tragedia raccontava di un ematoma sulla testa del piccolo Divine. Non forniva alcuna spiegazione sul perché di quella ferita. Ma, questa è la considerazione di via Arenula, a seguito di quella segnalazione, la madre avrebbe dovuto essere messa in isolamento. Così non è stato… “.
Francamente, non riesco a capire come sia possibile scrivere queste fesserie. E non voglio credere che a farlo, come scrive la giornalista de “La Repubblica” sia stato proprio “il Dap” cioè il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia che gestisce tutti gli Istituti Penitenziari della Repubblica Italiana.
L’Ordinamento Penitenziario (O.P.), all’Art. 33, prevede – in maniera tassativa – quali siano i casi in cui sia ammesso l’isolamento del detenuto : 1) quando è prescritto per ragioni sanitarie; 2) durante l’esecuzione della sanzione della esclusione dalle attività in comune; 3) per gli imputati durante la istruttoria se e fino a quando ciò sia dire necessario dall’Autorità Giudiziaria.
Ed il Regolamento di Esecuzione Penitenziaria (Reg. Es. O.P.), all’Art. 73, prevede che l’isolamento per “ragioni sanitarie” debba essere “prescritto dal Medico nei casi di malattia contagiosa” e conclude con un divieto categorico : “Non possono essere utilizzate sezioni o reparti di isolamento per casi diversi da quelli previsti per legge.” (per Legge si intende l’O.P.).
Inoltre, per quel che si desume dall’articolo, non era possibile contestare qualche infrazione disciplinare (tra quelle previste dall’Art. 77 del Reg. Es. O.P. perché i detenuti non possono essere puniti per fatti diversi ai sensi dell’Art. 38 O.P.) alla detenuta per cui il Direttore dell’Istituto non poteva attivare il Procedimento disciplinare e disporre, in via cautelare, l’isolamento della stessa, in attesa della convocazione del Consiglio di Disciplina, Autorità competente a deliberare la sanzione ai sensi dell’Art. 40 O.P.
Quindi, è davvero incomprensibile, come per “Il Dap: “Serviva l’isolamento”.
Per quali ragioni quella detenuta avrebbe dovuto essere posta in “isolamento” dal Direttore, dal Vice Direttore o dal Vice Comandante di Reparto della Polizia Penitenziaria, sospesi dal servizio dal Capo del Dap Francesco Basentini per ordine del Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ?
Un eventuale provvedimento che disponesse l’isolamento nei confronti della detenuta, immotivato ed assunto all’infuori dei casi tassativi previsti dalla Legge, sarebbe stato illegittimo ed immediatamente annullato dal Magistrato di Sorveglianza d’ufficio o su reclamo della detenuta o del suo difensore ai sensi degli Artt. 35 bis e 69 O.P.

Emilio Enzo Quintieri

Comitato Nazionale Radicali Italiani

Visita dei Radicali nel Carcere di Paola: 17 celle inagibili, piove anche dentro le aule scolastiche


Lo scorso 23 agosto, una Delegazione di Radicali Italiani, previamente autorizzata dal Vice Capo Reggente del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia Riccardo Turrini Vita, si è recata in visita presso la Casa Circondariale di Paola.

La Delegazione visitante, composta da Emilio Enzo Quintieri, membro del Comitato Nazionale di Radicali Italiani e candidato Garante dei Diritti dei Detenuti in Calabria, da Valentina Anna Moretti, esponente radicale e praticante Avvocato del Foro di Paola e da Giuseppe Cuconato, Studente in Giurisprudenza dell’Università della Calabria, è stata accolta dal Commissario Capo Soccorsa Irianni, Vice Comandante di Reparto della Polizia Penitenziaria e dall’Ispettore Capo Attilio Lo Bianco, Coordinatore della Sorveglianza Generale e da altro personale addetto al Reparto.

Al momento della visita nell’Istituto erano presenti 221 detenuti, 119 dei quali stranieri (prevalentemente albanesi) con le seguenti posizioni giuridiche: 12 imputati, 16 appellanti, 22 ricorrenti e 171 definitivi. 43 tra i detenuti presenti, tutti definitivi, sono allocati nel Padiglione a custodia attenuata con regime custodiale aperto. Altri 5 detenuti invece si trovavano in permesso premio ex Art. 30 ter O.P. concesso dal Magistrato di Sorveglianza di Cosenza Paola Lucente.

Nell’ambito della visita la Delegazione ha riscontrato gravissime criticità nell’Istituto che ha immediatamente segnalato al Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Francesco Basentini, al Provveditore Regionale Reggente dell’Amministrazione Penitenziaria della Calabria Cinzia Calandrino, al Direttore della Casa Circondariale di Paola Caterina Arrotta, al Magistrato di Sorveglianza di Cosenza Paola Lucente ed al Garante Nazionale dei Diritti dei Detenuti presso il Ministero della Giustizia Mauro Palma.

ISOLAMENTO DEL DETENUTO A.N. PER MOTIVI PRECAUZIONALI

Tra le altre cose, la Delegazione visitante, ha denunciato la presenza continuativa di un detenuto calabrese A.N., nel Reparto di Isolamento, da circa 8 mesi per motivi precauzionali poiché lo stesso ha dichiarato di temere per la propria incolumità personale e di voler essere trasferito in altra struttura. La Direzione dell’Istituto ha già più volte sollecitato il trasferimento dello stesso ma ogni istanza al riguardo è stata respinta dai Superiori Uffici dell’Amministrazione Penitenziaria. Recentemente il detenuto ha posto in essere alcuni atti autolesionistici ed è stata disposta nei suoi confronti anche la sorveglianza a vista. Per tale ragione, la Delegazione, ha chiesto all’Amministrazione di rivalutare la questione poiché tale detenuto non può continuare a restare isolato.

INAGIBILITÀ DI NUMEROSE CAMERE PER INFILTRAZIONI METEORICHE

Durante la visita a tutti le Sezioni Detentive, la Delegazione, ha notato la chiusura di diverse camere di pernottamento sulla cui porta blindata era affisso un cartello che ne indicava la inagibilità. Chieste informazioni al personale di Polizia Penitenziaria veniva riferito che dette camere, erano inagibili poiché necessitavano di interventi di manutenzione straordinaria a causa della copiosa infiltrazione di acqua piovana. In particolare, la Delegazione, ha rilevato che nell’Istituto vi sono n. 17 camere inagibili così suddivise: 4 camere alla I Sezione, 4 camere alla II Sezione, 3 camere alla IV Sezione, 5 alla V Sezione ed 1 alla Sezione Infermeria. Inoltre, alla IV Sezione, altre 2 camere, a breve, dovranno parimenti essere dichiarate inagibili per gli stessi motivi. Su tale problematica, che risulta essere stata già rappresentata dalla Direzione dell’Istituto ai Superiori Uffici, allo stato pare vi sia stato solo un sopralluogo da parte del personale tecnico del Provveditorato Regionale della Calabria di Catanzaro. Per tale problematica, la Delegazione, ha chiesto che vengano disposti gli opportuni provvedimenti di manutenzione straordinaria per riattivare le camere allo stato inagibili.

AULE SCOLASTICHE DEGRADATE PER INFILTRAZIONI METEORICHE

La Delegazione, dopo aver visitato tutte le Sezioni, si è recata a visitare l’area trattamentale dell’Istituto ove sono presenti le aule scolastiche, la biblioteca, il teatro, la cappella, la palestra ed alcuni laboratori. Visitando le aule scolastiche ci si è subito resi conto della grave situazione in cui versano a causa delle copiose infiltrazioni meteoriche provenienti dal tetto, tanto da pioverci dentro. Anche tale circostanza, per quanto riferito, pare sia stata rappresentata dalla Direzione dell’Istituto ai Superiori Uffici ma, alla data della visita, non si aveva alcuna notizia al riguardo circa interventi di manutenzione straordinaria, nonostante l’imminente ripresa delle attività scolastiche e trattamentali. Altri analoghi problemi di infiltrazione che meritano di essere risolti sono stati riscontrati nel teatro, nell’Ufficio della Sorveglianza Generale e nel corridoio che conduce alle Sezioni. Inoltre, durante la visita al padiglione a custodia attenuata, si è rilevata la pericolosità del pavimento in gomma che andrebbe sostituito o, comunque, risistemato se possibile. Anche per tale situazione, la Delegazione, ha invitato l’Amministrazione Penitenziaria ed in particolare il Provveditorato Regionale di Catanzaro, a voler disporre con cortese urgenza degli accertamenti in merito tramite il personale dell’Ufficio Tecnico, necessari per procedere ad attivare gli interventi manutentivi straordinari al fin di elidere le gravi criticità prospettate, soprattutto per le aule scolastiche, in considerazione dell’imminente ripresa delle attività che, inevitabilmente, rischiano di essere sospese qualora non si intervenga.

ASSENZA “BOX-OFFICE” PER IL PERSONALE DI POL. PEN. NELLE SEZIONI

Altra nota dolente che merita di essere evidenziata riguarda l’assenza dei c.d. “Box-Office”, le postazioni di servizio destinate al personale di Polizia Penitenziaria per la vigilanza all’interno delle Sezioni detentive. Infatti, si è preso atto che i “Box-Office” destinati ai Poliziotti sono assolutamente inadeguati in termini di arredo e strumentazione, non conformi alla normativa vigente in materia, privi di condizionatori d’aria, di riscaldamento e di servizi igienici. In tutte le Sezioni, fatta eccezione per il padiglione a custodia attenuata, le postazioni dell’Agente sono collocate all’ingresso, nel corridoio, senza alcuna protezione, essendo costituite solo da un tavolino ed una sedia. Per quanto precede, l’Amministrazione, è stata invitata a voler disporre gli opportuni interventi volti alla risoluzione delle criticità prospettate, verificando la possibilità di dotare ogni Sezione detentiva di “Box-Office” adeguati e rispettosi della normativa vigente, nel rispetto della sicurezza e della dignità del personale operante.

NUMEROSA PRESENZA DI DETENUTI STRANIERI NELL’ISTITUTO

Una delle più importanti criticità dell’Istituto, peraltro già segnalata in passato, è senz’altro legata alla numerosa presenza di detenuti stranieri. La CC di Paola conta la più alta percentuale di stranieri che sono ristretti negli Istituti Penitenziari della Calabria e le difficoltà a gestire dette persone che non hanno alcun collegamento con il territorio (famiglia, affetti, etc.) sono di palmare evidenza. L’Istituto, come già rappresentato, peraltro è privo di mediatori culturali, sia dell’Amministrazione, che volontari o convenzionati con altri Enti ex Art. 35 c. 2 Reg. Es. O.P. Negli anni, per come riferito dal personale, la percentuale di stranieri nell’Istituto si attestava sempre intorno al 30/40 % mentre alla data odierna risulta essere del 60/70% comportando numerose difficoltà per la loro gestione penitenziaria. Infatti, tantissimi degli stranieri reclusi, essendo privi di fondi, chiedono di poter lavorare, per avere la possibilità di acquistare le sigarette, prodotti per l’igiene personale, intrattenere corrispondenza epistolare e telefonica con la famiglia, etc. Per cui, non essendo possibile assicurargli il lavoro o, comunque, offrirgli la possibilità di poter scrivere o telefonare ai familiari, detti soggetti ricorrono ad atti autolesionistici che, a lungo termine, possono sfociare in gesti auto soppressivi ed aggressioni al personale. Pare, infine, che l’Istituto di Paola, contrariamente ad altri stabilimenti penitenziari, non sia dotato di fondi da elargire agli indigenti o, comunque, non lo sia in misura adeguata. Per quanto precede, la Delegazione visitante, ha invitato l’Amministrazione Penitenziaria, centrale e periferica, ex Artt. 30 ed 85 Reg. Es. O.P., a valutare la possibilità di non assegnare più all’Istituto altri detenuti stranieri ed eventualmente, procedere ad un loro sfollamento, per le gravi difficoltà gestionali rappresentate. Inoltre, è stato chiesto che l’Istituto di Paola, venga dotato di un congruo fondo economico che la Direzione possa gestire per elargire sussidi alle persone bisognose, soprattutto per la rilevante presenza di detenuti stranieri. In ultimo, si è reiterata la richiesta di procedere ad attivare un servizio di mediazione culturale.

Nei prossimi giorni, la Delegazione di Radicali Italiani, farà visita alla Casa Circondariale di Castrovillari (lunedì 27 agosto) e poi al Carcere di Rossano (giovedì 30 agosto).

Visita alla CC di Paola del 23-08-2018 – Esiti (clicca per leggere)

Carceri/Giustizia, l’ennesimo richiamo dell’Unione Europea all’Italia ed all’Ungheria


Consiglio d'EuropaTroppi detenuti, meno carcere, più misure alternative. Oltre 40mila con problemi mentali. Nel corposo rapporto elaborato dall’European Committee on Crime Problems, presentato al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, c’è un paragrafo, il ventitreesimo, che mette sotto accusa l’Italia (e l’Ungheria). Riguarda le carceri e più in generale lo stato della giustizia. Vediamo. Si comincia con il ricordare che non da ora la Corte Europea ha denunciato la criticità di questo “problema strutturale”.

La soluzione più appropriata, si osserva, “consiste nell’applicazione più ampia di misure alternative alla detenzione”, provvedimento che, si auspica, “dovrebbe essere ridotta al minimo”. Si riconosce che l’Italia ha avviato riforme che vanno nella giusta direzione, ma al tempo stesso si osserva che malgrado i numerosi interventi sul piano internazionale, nel 2014 la durata della detenzione è aumentata dell’1%, con punte, in alcuni Paesi, del 5%. Il libro bianco, inoltre, ricorda l’importanza di adottare misure in grado di assicurare il pieno rispetto dell’articolo 3 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo: il divieto di trattamenti inumani e degradanti come interpretati dalla stessa Corte di Strasburgo.

Per questa ragione si raccomanda la “rottamazione” dei vecchi e usurati edifici carcerari, con nuove prigioni moderne in grado di offrire condizioni umane di detenzione: secondo la relazione, “i nuovi istituti penitenziari possono costare meno ed essere più adeguati alle esigenze dei detenuti per la risocializzazione e reinserimento nella società”.
Sempre in tema di carcere: oltre 42mila detenuti italiani – il 77 per cento degli oltre 54 mila totali – convivono con un disagio mentale: si va dai disturbi della personalità alla depressione, fino alla psicosi. Una situazione che comporta conseguenze estreme come l’autolesionismo (circa 7mila episodi in un anno) o il suicidio (solo nel 2014, 43 casi, e oltre 900 tentativi). Il carcere, secondo gli esperti della Società Italiana di Medicina e Salute Penitenziaria, è “un amplificatore dei disturbi mentali: l’isolamento insieme allo shock della detenzione, possono facilitare la comparsa o l’aggravarsi di un problema psichico, a volte latente”.

L’Indro, 13 ottobre 2016

Paola, il Pm procede per “istigazione al suicidio”. I Radicali visitano il Carcere


Casa Circondariale di PaolaOggi pomeriggio alle ore 15,00 presso l’Ospedale Riuniti di Reggio Calabria si terrà l’esame autoptico sul cadavere di Maurilio Pio Morabito, il 46enne reggino trovato impiccato alla finestra, la notte del 29 aprile 2016 intorno all’una circa, presso la Casa Circondariale di Paola, ove si trovava ristretto dal 1 aprile in espiazione di una condanna che avrebbe terminato il 30 giugno 2016.

L’esame autoptico si è reso necessario dopo la denuncia effettuata dai familiari del Morabito, assistiti dagli Avvocati Giacomo Iaria e Corrado Politi del Foro di Reggio Calabria, ed è stato disposto dal Pubblico Ministero di Reggio Calabria Salvatore Faro, su richiesta della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Paola, competente territorialmente, guidata dal Procuratore Bruno Giordano.

Gli accertamenti tecnici non ripetibili, per conto dell’Ufficio di Procura, saranno condotti dal Medico Legale Mario Matarazzo. Anche la famiglia ha nominato un proprio consulente di parte che prenderà parte all’esame autoptico per stabilire le cause, le modalità ed eventualmente i mezzi che hanno determinato la morte del detenuto reggino. Al momento, per quanto è trapelato, si procede nei confronti di ignoti per il reato di istigazione al suicidio previsto e punito dall’Art. 580 del Codice Penale.

Intanto, ieri mattina, la Direzione della Casa Circondariale di Paola, ha consegnato alla Magistratura, i filmati delle telecamere di sorveglianza presenti nell’Istituto che, contrariamente a quanto riferiva il detenuto ai propri congiunti, erano regolarmente attive e funzionanti. Nel pomeriggio, invece, una delegazione guidata dal radicale Emilio Enzo Quintieri, già membro del Comitato Nazionale di Radicali Italiani e composta da Valentina Moretti, Shyama Bokkory, Marco Calabretta e Lucia Coscarelli, giusta autorizzazione del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia, ha effettuato una visita ispettiva nello stabilimento penitenziario – in cui sono presenti 182 detenuti – durata circa quattro ore.

Sono stati visitati tutti gli spazi detentivi ivi compreso i reparti e le celle in cui è stato ubicato, durante la sua breve permanenza a Paola, il detenuto Maurilio Morabito. E’ stato accertato che la cella in cui il prevenuto è stato trovato cadavere dal personale di Polizia Penitenziaria è la numero 9 all’interno del Reparto di Isolamento posto al piano terra della struttura. Ed è una “cella liscia” cioè priva dell’arredo ministeriale (branda, materasso, sgabello, tavolino, etc.).

Delegazione Radicale CC PaolaSono già 32 i decessi dei detenuti avvenuti nel 2016 nelle Carceri della Repubblica, 12 dei quali per suicidio, sostiene il radicale Quintieri. A Paola, in ogni caso, non ci sono stati suicidi da diversi anni ed anche quelli tentati e gli atti di autolesionismo sono pochi rispetto a tanti altri Istituti. Qualcuno aveva ipotizzato che il detenuto sarebbe stato ucciso ma io ritengo di escluderlo categoricamente poiché era isolato e quindi separato dal resto della popolazione detenuta. Nessuno a Paola, né tra la Polizia Penitenziaria né tra i detenuti, lo voleva morto !

Quello che contesto però all’Amministrazione Penitenziaria, che ha l’obbligo giuridico di preservare la salute e la sicurezza dei detenuti, è quello di aver collocato il Morabito in isolamento e, peggio ancora, in una “cella liscia”, pratica che ritengo illegale, e senza disporre la “sorveglianza a vista” dello stesso nonostante avesse già manifestato le proprie intenzioni suicide ed i propri disturbi psichici.

Chi si occupa di carcere sa benissimo che il metodo più utilizzato per il suicidio è l’impiccamento, messo in atto durante l’isolamento, e durante periodi in cui il personale è più scarso o non è presente costantemente in un determinato reparto detentivo, come di notte ed il fine settimana. Molti suicidi avvengono nei momenti in cui i detenuti si trovano da soli e, tra questi, tanti mentre sono allocati nelle “celle lisce”. Esiste una forte associazione tra suicidio dei detenuti e tipo di alloggio assegnato.

Un detenuto posto in isolamento, o sottoposto a particolari regimi di detenzione (specialmente in cella liscia) è incapace di adattarvisi, è ad altissimo rischio di suicidio. Morabito aveva bisogno di essere rigorosamente sorvegliato ed assistito – continua l’esponente radicale Emilio Enzo Quintieri – ed invece è stato lasciato da solo in una cella, in condizioni al limite della tollerabilità. Il livello di osservazione avrebbe dovuto essere più rigoroso ed adeguato al grado di rischio che era ben noto all’Amministrazione Penitenziaria. Pare che al Morabito lo Specialista in Psichiatria in servizio nell’Istituto avesse prescritto la somministrazione di una terapia farmacologica che lui rifiutava di assumere avendo fondato timore di essere avvelenato. Anche da questo punto di vista, a mio avviso, si è operato con superficialità in quanto il detenuto avrebbe dovuto essere immediatamente trasferito in un Reparto di Osservazione Psichiatrica o in altra struttura sanitaria esterna per una migliore comprensione della situazione, la messa a punto di un trattamento psicofarmacologico adeguato ed una sorveglianza più intensificata finalizzata alla prevenzione del rischio suicidario.

Paola, la “morte annunciata” del suicida in cella. I Radicali annunciano ispezione


Casa Circondariale“Se dovesse accadere un mio eventuale decesso, facendo il tentativo di farlo passare per un suicidio, non è così in quanto amo troppo la vita e il mio fine pena è imminente, 30 giugno. Ovvio che l’agente che fa la notte sa”. Così aveva scritto – in una lettera indirizzata ai familiari ed al suo avvocato – Maurilio Pio Morabito che era ristretto nel carcere calabrese di Paola.

Una morte annunciata. Ieri è stato ritrovato morto nella sua cella. Ufficialmente un suicidio, ma considerando le premesse qualche dubbio è lecito. Morabito, 46 anni, era stato recluso nel carcere calabrese di Arghillà, e sarebbe stato aggredito e minacciato di morte. Nella prima lettera infatti lo aveva denunciato dichiarando “di aver ricevuto minacce di morte, conseguenti ai fatti accaduti nel carcere di Arghillà (Rc)”. Dopo quei fatti era stato trasferito nel carcere di Paola. Qualche giorno dopo aver spedito la lettera, datata 6 aprile 2015, nella sua cella posta nella Prima Sezione, si è verificato un incendio ed il Morabito è stato salvato dagli agenti.
L’uomo temeva per la propria vita, come se qualcuno fosse stato incaricato di ucciderlo. Infatti, dopo l’incendio, il detenuto aveva scritto l’ennesima lettera con la quale richiedeva – per la tutela della sua incolumità – “di essere trasferito in una struttura sita in qualsiasi punto della penisola, purché sia dotata di un’area protetta”. Inoltre chiedeva che per il tempo di attesa necessario al suo trasferimento “sia mantenuto il cancello ed il blindo 24 h chiuso e aperto soltanto per i vari colloqui, il divieto di incontro con qualunque detenuto anche lavorante”. Aveva paura Morabito, temeva chiaramente per la sua incolumità tanto da richiedere un isolamento vero e proprio.

Nei giorni scorsi l’attivista radicale Emilio Quintieri era stato allertato dai familiari del detenuto, perché il loro congiunto non aveva voluto nemmeno incontrali per il colloquio ed erano molto preoccupati per la sua vita. Quintieri si era subito attivato comunicando telefonicamente con la casa circondariale di Paola ed era stato riassicurato sul miglioramento delle condizioni di salute di Morabito. L’esponente radicale aveva comunque in programma di andare a fare una visita ispettiva nel carcere per verificare la situazione. Ma non ha fatto in tempo.
Suicidio ? Le modalità della cosa risultano un po’ strane. Secondo una prima ricostruzione dei fatti avrebbe chiesto una sigaretta a un piantone, con la quale poi avrebbe bruciacchiato una coperta e, dopo averla fatta a brandelli, l’avrebbe utilizzata come cappio per suicidarsi. Come ha potuto fare tutto ciò senza essere visto dal personale addetto alla sorveglianza del reparto e quindi del detenuto, soprattutto alla luce delle sue richieste per preservare la sua incolumità? Se la causa della sua morte non fosse il suicidio la risposta sarebbe da ricercarsi in quello che è accaduto nel carcere di Arghillà. Da chi è stato picchiato? Ma, soprattutto, perché è stato minacciato di morte? Morabito è stato arrestato per reati legati allo spaccio di stupefacenti, non risulta legato a nessuna associazione mafiosa. Il reato è comune tra la popolazione carceraria. Ha visto qualcosa che non doveva vedere o sentire? Sarà la magistratura a indagare sulla sua morte misteriosa. Intanto il militante radicale Emilio Quintieri nella prossima settimana farà una visita al carcere di Paola per tentare di capire che cosa può essere successo.

Damiano Aliprandi

Il Dubbio, 30 aprile 2016

Carceri, Bruno Bossio (Pd) e Locatelli (Psi) “Governo riveda Isolamento Disciplinare dei Detenuti”


Bruno Bossio CameraBisogna introdurre l’obbligo per l’Amministrazione Penitenziaria di interrompere, per almeno 5 giorni, l’esecuzione di plurimi provvedimenti applicativi della sanzione disciplinare dell’esclusione dalle attività in comune laddove questi eccedano la durata prevista dall’articolo 39, primo comma, numero 5, della Legge n. 354/1975, nonché la riduzione a 14 giorni, rispetto agli attuali 15, del limite massimo di durata dell’esclusione dalle attività in comune in conformità alle Raccomandazioni del Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura e delle pene o trattamenti inumani e degradanti ed in particolare in quelle contenute nel 21° Rapporto Generale (1 agosto 2010-31 luglio 2011).

Lo prevede l’emendamento 30.158 al Ddl 2798-A, attualmente all’esame dell’Assemblea di Montecitorio, presentato dall’On. Enza Bruno Bossio, Deputata calabrese del Pd, cofirmato anche dalla collega bercamasca Elda Pia Locatelli del Psi, entrambe aderenti anche al Partito Radicale. Favorevole alla proposta anche l’Amministrazione Penitenziaria che nel frattempo, in assenza di espresse disposizioni legislative o regolamentari e dimostrando sensibilità nei confronti di tale problematica, ha emanato una lettera circolare (la n 160093/2015 firmata dal Direttore della Direzione Generale dei Detenuti e del Trattamento Calogero Roberto Piscitello e dal Capo del Dipartimento Santi Consolo) con cui ha voluto adottare “un’interpretazione particolarmente attenta alla tutela della integrità psico-fisica del detenuto”.

Oggi l’esclusione dalle attività in comune, comminabile alle persone detenute ed internate, anche a quelle sottoposte a custodia cautelare, per non più di 15 giorni, è sanzione disciplinare dal contenuto eminentemente afflittivo perché implica l’isolamento continuo diurno e notturno. Proprio tale profilo di particolare penosità giustifica l’attuale assetto normativo dell’istituto, coerentemente circondato da una serie di cautele, a partire dalla necessità d’un costante controllo sanitario fino alla previsione di opportune ipotesi di sospensione della misura sanzionatoria. Il quadro normativo non disciplina, in modo esplicito, una ipotesi da non sottovalutare che è quella in cui una persona detenuta sia destinataria di plurimi provvedimenti disciplinari per un periodo eccedente i 15 giorni.

Spesso, tali sanzioni, sono state applicate senza soluzione di continuità nonostante la giurisprudenza di legittimità, come spiega Alessandro Albano, Funzionario dell’Ufficio Studi e Ricerche del Dap, abbia fornito risposta negativa. Invero, la Cassazione, chiamata a pronunciarsi in merito, ha ritenuto “indiscusso che la misura dell’esclusione dalle attività in comune è sottoposta al limite temporale di quindici giorni ed al controllo sanitario e che non è consentita l’applicazione continuata di detto tipo di sanzione, anche con soluzioni di continuità minime, come quella di un giorno, poiché così operando si verrebbe a configurare un’aperta violazione del principio costituzionale che vieta trattamenti contrari al senso di umanità”.

Tale principio di diritto, si inserisce perfettamente nel solco di quanto affermato dal Cpt nel suo 21° Rapporto Generale. Secondo la predetta circolare, nel caso di più provvedimenti sanzionatori che comportino, per la stessa persona, “la sottoposizione ad isolamento per un numero di giorni superiore ai quindici”, tale limite “va considerato inderogabile e, quindi, le Direzioni Penitenziarie non daranno esecuzione continuativa alle sanzioni in argomento ove il cumulo di queste sia superiore a quindici giorni.” Ciò non significa che il detenuto responsabile di gravi illeciti disciplinari non debba espiare, per intero, le sanzioni che, legittimamente e doverosamente, gli sono state inflitte. “Si deve, però, avere cura, allo scadere del quindicesimo giorno, di interrompere l’esecuzione di plurime sanzioni – e, dunque, dell’isolamento – per almeno cinque giorni. Soltanto all’esito di tale interruzione potrà applicarsi un ulteriore periodo di esclusione dalle attività in comune, sempre nel limite di durata di quindici giorni e, naturalmente, previa nuova acquisizione della certificazione medica ai sensi dell’Art. 39, comma 2, O.P.”.

Carcere di RossanoProprio sulla questione dell’isolamento, lo scorso anno, con l’Interrogazione a risposta in Commissione n. 5/03559 del 2014, all’esito dell’ispezione fatta con i Radicali alla Casa di Reclusione di Rossano (Cosenza), la Bruno Bossio aveva invitato il Governo Renzi ad assumere dei provvedimenti per assicurare che i detenuti venissero isolati soltanto in “circostanze eccezionali” e, comunque, nei soli casi tassativi stabiliti dal legislatore chiedendo, altresì, che venissero emanate delle direttive soprattutto per quanto concerneva l’esecuzione della sanzione. In numerosi Stati membri del Consiglio d’Europa, com’è noto, la tendenza va verso una riduzione della durata massima possibile dell’isolamento per motivi disciplinari. Il Cpt nel Rapporto del 2011 riteneva che “tale durata massima non dovrebbe eccedere 14 giorni per una particolare infrazione, e dovrebbe essere preferibilmente più breve ed inoltre si dovrebbe vietare d’imporre sanzioni disciplinari successive risultanti in un periodo d’isolamento ininterrotto che vada al di là di tale durata massima”. All’epoca, il Prof. Lətif Hüseynov, Presidente del Cpt, dichiarò che “l’isolamento può avere effetti estremamente dannosi per la salute psichica, somatica e per il benessere sociale dei detenuti, e tali effetti possono aumentare proporzionalmente al prolungamento della misura e alla sua durata indeterminata. Un indicatore è rappresentato dal fatto che il tasso dei suicidi dei detenuti sottoposti a tale regime è più elevato rispetto a quello riscontrato nel resto della popolazione carceraria”. 

La pratica dell’isolamento carcerario venne definita dal Prof. Juan E. Mendez, Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla Tortura durante la Terza Commissione dell’Assemblea Generale Onu del 2011, molto simile alla tortura e proprio per questi motivi venne chiesto a tutti i Paesi membri di mettere al bando la pratica della detenzione in isolamento e, al massimo, di utilizzarla solo in “circostanze eccezionali” per una durata di tempo molto limitata e, comunque, mai nel caso di giovani e persone con problemi mentali. Presentando il suo primo rapporto su tale pratica, il Prof. Mendez, evidenziò come la detenzione in isolamento indefinita o a tempo prolungato e comunque superiore ai 15 giorni avrebbe dovuto “essere soggetta a un’assoluta proibizione”, dal momento che molti studi scientifici hanno dimostrato che anche pochi giorni di isolamento sociale sono in grado di causare danni cerebrali permanenti, sottolineando come tale pratica sia contraria al principio di riabilitazione che è lo scopo finale dell’intero sistema penitenziario internazionale.

Per queste ragioni, l’On. Bruno Bossio, ha inteso proporre al Governo di “normativizzare” questo importante principio, raccomandato dal Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura ed affermato anche dalla Cassazione, che allo stato trova concreta applicazione solo grazie ad una recente circolare amministrativa.

Calabria, Il Carcere di Rossano è come Abu Ghraib, ma per i grillini va tutto bene


Carcere di RossanoIl Movimento 5 Stelle calabrese di Rossano ha mosso critiche nei confronti della deputata Enza Bruno Bossio del Pd, per la sua visita ispettiva al famigerato carcere (noi de Il Garantista l’abbiamo definito l’Abu Ghraib calabrese) dove ha riscontrato, e denunciato, casi di vera e propria tortura.

Secondo la lista grillina locale “Amici di Beppe Grillo, Rossano in Movimento”, le condizioni dei detenuti erano giustificate in quanto “in quella particolare ala del carcere di Rossano vengono rinchiuse determinate tipologie di soggetti che danno segni di elevata irrequietezza ovvero che vengono monitorati costantemente dallo psichiatra della Casa di detenzione in attesa dì un eventuale trasferimento nelle apposite strutture”.

Pronta la replica del radicale Emilio Quintieri, il quale collabora in perfetta sinergia con la deputata Bossio per le visite ispettive nelle carceri calabresi: “Infatti, nel reparto di isolamento (attualmente in fase di ristrutturazione dopo l’attività ispettiva dell’on. Bruno Bossio), possono essere “rinchiuse” soltanto quelle persone nei casi tassativi stabiliti dal legislatore.

Non vi è alcuna disposizione di legge che consentiva alla direzione della casa di reclusione di Rossano di allocare i detenuti che davano “segni di elevata irrequietezza” o per essere “monitorati costantemente dallo psichiatra” all’interno di quel reparto.

Anzi, vi è di più. Proprio per rafforzare l’eccezionalità della disciplina, il legislatore, ha stabilito il divieto per l’amministrazione penitenziaria, di utilizzare sezioni o reparti di isolamento per casi diversi da quelli previsti dalla legge. L’isolamento del detenuto rappresenta una situazione del tutto eccezionale in quanto idonea ad incidere negativamente sul diritto alla salute e al benessere individuale della persona e poiché, di norma, il detenuto, deve vivere insieme agli altri perché la vita in comune è un elemento basilare del trattamento penitenziario. Il medico può prescrivere l’isolamento per ragioni sanitarie e, più precisamente, solo in caso di malattia contagiosa, da eseguirsi in appositi locali dell’infermeria o in un reparto clinico.

A tal proposito, sono già numerosi, i medici (ed altri dipendenti dell’amministrazione penitenziaria] condannati dall’Autorità Giudiziaria competente, per omicidio colposo proprio per aver cagionato il suicidio di detenuti, specie quelli con disturbi psichiatrici conclamati, mettendoli in isolamento, misura prevista in casi eccezionali e tassativamente elencati, in violazione dell’ordinamento e del regolamento di esecuzione penitenziaria”.

Poi il radicale Emilio Quintieri puntualizza: “Quanto, invece, alle “celle” di questa “particolare ala del Carcere”, ribadisco la illegittimità del collocamento dei detenuti nelle “celle lisce” cioè prive dell’arredo ministeriale poiché, anche durante l’esecuzione dell’isolamento, ì detenuti debbono essere alloggiati in camere ordinarie pur se il loro comportamento sia tale da arrecare disturbo o da costituire pregiudizio per l’ordine e la disciplina.

Anche per questa particolare “prassi generalizzata” sono già state diverse le sentenze di condanna pronunciate noi confronti del personale dipendente dell’Amministrazione Penitenziaria. Le sanzioni disciplinari, infatti, devo essere “eseguite nel rispetto della personalità” in ossequio al principio costituzionale di cui all’art. 27 secondo cui le pene devono essere conformi ad umanità. E “rinchiudere” delle persone in cella, senza vestiti, senza alcun mobilio o suppellettile non può considerarsi sicuramente rispettoso della dignità umana!”.

Damiano Aliprandi

Il Garantista, 1 novembre 2014

Rossano, i Radicali difendono l’On. Bruno Bossio dalle accuse dei Cinque Stelle


Bruno-Bossio-e-Guccione-visita-carcere-RossanoDopo aver letto le farneticanti, vergognose e sorprendenti dichiarazioni degli “Amici di Beppe Grillo, Rossano in Movimento” nei confronti dell’On. Enza Bruno Bossio, Deputato del Partito Democratico e membro della Commissione Bicamerale Antimafia, per quanto riguarda la sua attività di Sindacato Ispettivo Parlamentare effettuata, tra l’altro, in perfetta sinergia con il Partito Radicale (unica Forza Politica che si occupa da decenni del “Pianeta Carceri”) e che ha interessato anche la Casa di Reclusione di Rossano (Cosenza), non posso esimermi dal fare alcune, doverose, precisazioni a seguito della lectio magistralis di diritto penitenziario fatta dagli sconosciuti grillini e ripresa anche dagli organi di stampa.

Relativamente al fatto che “in quella particolare ala del Carcere di Rossano vengono rinchiuse determinate tipologie di soggetti che danno segni di elevata irrequietezza ovvero che vengono monitorati costantemente dallo Psichiatra della Casa di detenzione in attesa di un eventuale trasferimento nelle apposite strutture” evidenzio che, tale trattamento riservato ai detenuti ristretti nell’Istituto di Rossano, è contrario alla Costituzione ed alla Legge Penitenziaria. Infatti, nel Reparto di Isolamento (attualmente in fase di ristrutturazione dopo l’attività ispettiva dell’On. Bruno Bossio), possono essere “rinchiuse” soltanto quelle persone nei casi tassativi stabiliti dal legislatore (Art. 33 O.P.). Non vi è alcuna disposizione di legge che consentiva alla Direzione della Casa di Reclusione di Rossano di allocare i detenuti che davano “segni di elevata irrequietezza” o per essere “monitorati costantemente dallo Psichiatra” all’interno di quel Reparto. Anzi, vi è di più. Proprio per rafforzare l’eccezionalità della disciplina, il legislatore, ha stabilito il divieto per l’Amministrazione Penitenziaria, di utilizzare sezioni o reparti di isolamento per casi diversi da quelli previsti dalla Legge. (Art. 73 c. 8 Reg. Es. O.P.). Principi poi richiamati anche dalla Circolare Dipartimentale n. 500422 del 02/05/2011. L’isolamento del detenuto rappresenta una situazione del tutto eccezionale in quanto idoena ad incidere negativamente sul diritto alla salute ed al benessere individuale della persona e poiché, di norma, il detenuto, deve vivere insieme agli altri perché la vita in comune è un elemento basilare del trattamento penitenziario. Il Medico può prescrivere l’isolamento per ragioni sanitarie e, più precisamente, solo in caso di malattia contagiosa, da eseguirsi in appositi locali dell’infermeria o in un reparto clinico (Art. 73 c. 1 Reg. Es. O.P.). A tal proposito, sono già numerosi, i Medici (ed altri dipendenti dell’Amministrazione Penitenziaria) condannati dall’Autorità Giudiziaria competente, per omicidio colposo proprio per aver cagionato il suicidio di detenuti, specie quelli con disturbi psichiatrici conclamati, mettendoli in isolamento, misura prevista in casi eccezionali e tassativamente elencati, in violazione dell’Ordinamento e del Regolamento di Esecuzione Penitenziaria.

Quanto, invece, alle “celle” di questa “particolare ala del Carcere”, ribadisco la illegittimità del collocamento dei detenuti nelle “celle lisce” cioè prive dell’arredo ministeriale poiché, anche durante l’esecuzione dell’isolamento, i detenuti debbono essere alloggiati in camere ordinarie pur se il loro comportamento sia tale da arrecare disturbo o da costituire pregiudizio per l’ordine e la disciplina. (Art. 73 c. 2 Reg. Es. O.P.). Anche per questa particolare “prassi generalizzata” sono già state diverse le sentenze di condanna pronunciate nei confronti del personale dipendente dell’Amministrazione Penitenziaria. Le sanzioni disciplinari, infatti, devo essere “eseguite nel rispetto della personalità” (Art. 38 c. 4 O.P.) in ossequio al principio costituzionale di cui all’Art. 27 c. 3 secondo cui le pene devono essere conformi ad umanità. E “rinchiudere” delle persone in cella, senza vestiti, senza alcun mobilio o suppellettile non può considerarsi sicuramente rispettoso della dignità umana !

Per quanto riguarda tutto il resto delle critiche rivolte dagli “Amici di Beppe Grillo di Rossano” all’On. Bruno Bossio, le stesse, sono destituite di fondamento e, pertanto, vanno rispedite al mittente o, piuttosto, indirizzate ai propri rappresentanti in Parlamento che mai, sino ad ora, si sono seriamente occupati delle problematiche penitenziarie. Nell’Interrogazione Parlamentare nr. 5-03339 del 16/09/2014 presentata dalla Deputata democratica ai Ministri della Giustizia, della Salute e del Lavoro e delle Politiche Sociali non vi sono assolutamente riportate “mezze verità” come invece sostenuto dai “grillini”. E’ stato espressamente sollecitato il Governo ad attivarsi, con urgenza, sia per incrementare l’organico della Polizia Penitenziaria e degli Educatori in modo da migliorare le condizioni lavorative del personale e rendere lo stesso adeguato alle esigenze della popolazione detenuta e sia per aumentare l’organico degli esperti psicologi o, comunque, assicurare l’incremento delle ore di lavoro di quelli attualmente assegnati per migliorare l’efficacia degli interventi trattamentali nei confronti dei detenuti. Infine, è stato chiesto ai Ministri, se non ritengano di implementare l’attività trattamentale dei detenuti, sia essa di studio e/o di formazione e lavoro, di avviare immediatamente un corso di formazione professionale affinchè i detenuti possano lavorare in cucina e, se non ritengano opportuno intervenire con urgenza, per riavviare il laboratorio di falegnameria denominato “Dedalo” di cui è dotato l’Istituto in modo da ampliare i posti di lavoro intramurario. L’On. Bruno Bossio non si è mai adoperata per favorire l’allontanamento del Comandante di Reparto della Polizia Penitenziaria. Il trasferimento del Vice Commissario Elisabetta Ciambriello è stato disposto dall’Ufficio del Personale del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria perche, evidentemente, ve ne erano i presupposti.

Venendo al “piano carceri razionale e degno di tal nome, come quello proposto dal M5S alla Camera”, bene ha fatto l’On. Bruno Bossio (e, contestualmente, il Parlamento ed il Governo) a non sostenerlo, poiché si trattava di un autentica accozzaglia di dati scollegati tra loro, anche non aggiornati, che non risolveva assolutamente la questione di prepotente urgenza, sempre più prepotentemente urgente, delle Carceri italiane, pluricondannate dalla giurisdizione europea. Francamente non capisco come si faccia ancora a parlare di “piano carceri” poiché si trattava di tre misere paginette accompagnate da una sola nota, con dati non aggiornati, risalenti addirittura al 2010. Il “piano carceri” dei grillini, all’epoca dei fatti, venne sonoramente bocciato da tutti, persino dalle Organizzazioni Sindacali della Polizia Penitenziaria.

Gli “Amici di Beppe Grillo di Rossano” quindi, a mio avviso, avrebbero fatto bene a continuare a tacere invece di improvvisarsi “professori” su qualcosa come la “comunità penitenziaria” che non conoscono e che ignorano completamente.

Emilio Enzo Quintieri