Carceri, Bruno Bossio (Pd) e Locatelli (Psi) “Governo riveda Isolamento Disciplinare dei Detenuti”


Bruno Bossio CameraBisogna introdurre l’obbligo per l’Amministrazione Penitenziaria di interrompere, per almeno 5 giorni, l’esecuzione di plurimi provvedimenti applicativi della sanzione disciplinare dell’esclusione dalle attività in comune laddove questi eccedano la durata prevista dall’articolo 39, primo comma, numero 5, della Legge n. 354/1975, nonché la riduzione a 14 giorni, rispetto agli attuali 15, del limite massimo di durata dell’esclusione dalle attività in comune in conformità alle Raccomandazioni del Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura e delle pene o trattamenti inumani e degradanti ed in particolare in quelle contenute nel 21° Rapporto Generale (1 agosto 2010-31 luglio 2011).

Lo prevede l’emendamento 30.158 al Ddl 2798-A, attualmente all’esame dell’Assemblea di Montecitorio, presentato dall’On. Enza Bruno Bossio, Deputata calabrese del Pd, cofirmato anche dalla collega bercamasca Elda Pia Locatelli del Psi, entrambe aderenti anche al Partito Radicale. Favorevole alla proposta anche l’Amministrazione Penitenziaria che nel frattempo, in assenza di espresse disposizioni legislative o regolamentari e dimostrando sensibilità nei confronti di tale problematica, ha emanato una lettera circolare (la n 160093/2015 firmata dal Direttore della Direzione Generale dei Detenuti e del Trattamento Calogero Roberto Piscitello e dal Capo del Dipartimento Santi Consolo) con cui ha voluto adottare “un’interpretazione particolarmente attenta alla tutela della integrità psico-fisica del detenuto”.

Oggi l’esclusione dalle attività in comune, comminabile alle persone detenute ed internate, anche a quelle sottoposte a custodia cautelare, per non più di 15 giorni, è sanzione disciplinare dal contenuto eminentemente afflittivo perché implica l’isolamento continuo diurno e notturno. Proprio tale profilo di particolare penosità giustifica l’attuale assetto normativo dell’istituto, coerentemente circondato da una serie di cautele, a partire dalla necessità d’un costante controllo sanitario fino alla previsione di opportune ipotesi di sospensione della misura sanzionatoria. Il quadro normativo non disciplina, in modo esplicito, una ipotesi da non sottovalutare che è quella in cui una persona detenuta sia destinataria di plurimi provvedimenti disciplinari per un periodo eccedente i 15 giorni.

Spesso, tali sanzioni, sono state applicate senza soluzione di continuità nonostante la giurisprudenza di legittimità, come spiega Alessandro Albano, Funzionario dell’Ufficio Studi e Ricerche del Dap, abbia fornito risposta negativa. Invero, la Cassazione, chiamata a pronunciarsi in merito, ha ritenuto “indiscusso che la misura dell’esclusione dalle attività in comune è sottoposta al limite temporale di quindici giorni ed al controllo sanitario e che non è consentita l’applicazione continuata di detto tipo di sanzione, anche con soluzioni di continuità minime, come quella di un giorno, poiché così operando si verrebbe a configurare un’aperta violazione del principio costituzionale che vieta trattamenti contrari al senso di umanità”.

Tale principio di diritto, si inserisce perfettamente nel solco di quanto affermato dal Cpt nel suo 21° Rapporto Generale. Secondo la predetta circolare, nel caso di più provvedimenti sanzionatori che comportino, per la stessa persona, “la sottoposizione ad isolamento per un numero di giorni superiore ai quindici”, tale limite “va considerato inderogabile e, quindi, le Direzioni Penitenziarie non daranno esecuzione continuativa alle sanzioni in argomento ove il cumulo di queste sia superiore a quindici giorni.” Ciò non significa che il detenuto responsabile di gravi illeciti disciplinari non debba espiare, per intero, le sanzioni che, legittimamente e doverosamente, gli sono state inflitte. “Si deve, però, avere cura, allo scadere del quindicesimo giorno, di interrompere l’esecuzione di plurime sanzioni – e, dunque, dell’isolamento – per almeno cinque giorni. Soltanto all’esito di tale interruzione potrà applicarsi un ulteriore periodo di esclusione dalle attività in comune, sempre nel limite di durata di quindici giorni e, naturalmente, previa nuova acquisizione della certificazione medica ai sensi dell’Art. 39, comma 2, O.P.”.

Carcere di RossanoProprio sulla questione dell’isolamento, lo scorso anno, con l’Interrogazione a risposta in Commissione n. 5/03559 del 2014, all’esito dell’ispezione fatta con i Radicali alla Casa di Reclusione di Rossano (Cosenza), la Bruno Bossio aveva invitato il Governo Renzi ad assumere dei provvedimenti per assicurare che i detenuti venissero isolati soltanto in “circostanze eccezionali” e, comunque, nei soli casi tassativi stabiliti dal legislatore chiedendo, altresì, che venissero emanate delle direttive soprattutto per quanto concerneva l’esecuzione della sanzione. In numerosi Stati membri del Consiglio d’Europa, com’è noto, la tendenza va verso una riduzione della durata massima possibile dell’isolamento per motivi disciplinari. Il Cpt nel Rapporto del 2011 riteneva che “tale durata massima non dovrebbe eccedere 14 giorni per una particolare infrazione, e dovrebbe essere preferibilmente più breve ed inoltre si dovrebbe vietare d’imporre sanzioni disciplinari successive risultanti in un periodo d’isolamento ininterrotto che vada al di là di tale durata massima”. All’epoca, il Prof. Lətif Hüseynov, Presidente del Cpt, dichiarò che “l’isolamento può avere effetti estremamente dannosi per la salute psichica, somatica e per il benessere sociale dei detenuti, e tali effetti possono aumentare proporzionalmente al prolungamento della misura e alla sua durata indeterminata. Un indicatore è rappresentato dal fatto che il tasso dei suicidi dei detenuti sottoposti a tale regime è più elevato rispetto a quello riscontrato nel resto della popolazione carceraria”. 

La pratica dell’isolamento carcerario venne definita dal Prof. Juan E. Mendez, Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla Tortura durante la Terza Commissione dell’Assemblea Generale Onu del 2011, molto simile alla tortura e proprio per questi motivi venne chiesto a tutti i Paesi membri di mettere al bando la pratica della detenzione in isolamento e, al massimo, di utilizzarla solo in “circostanze eccezionali” per una durata di tempo molto limitata e, comunque, mai nel caso di giovani e persone con problemi mentali. Presentando il suo primo rapporto su tale pratica, il Prof. Mendez, evidenziò come la detenzione in isolamento indefinita o a tempo prolungato e comunque superiore ai 15 giorni avrebbe dovuto “essere soggetta a un’assoluta proibizione”, dal momento che molti studi scientifici hanno dimostrato che anche pochi giorni di isolamento sociale sono in grado di causare danni cerebrali permanenti, sottolineando come tale pratica sia contraria al principio di riabilitazione che è lo scopo finale dell’intero sistema penitenziario internazionale.

Per queste ragioni, l’On. Bruno Bossio, ha inteso proporre al Governo di “normativizzare” questo importante principio, raccomandato dal Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura ed affermato anche dalla Cassazione, che allo stato trova concreta applicazione solo grazie ad una recente circolare amministrativa.

Bruno Bossio (Pd) : “Si riconosca ai Sindaci e Presidenti di Provincia il diritto di ispezionare le Carceri”


Palazzo Montecitorio RomaIl regime delle visite ispettive e dei colloqui con i detenuti, attualmente, è disciplinato dall’Art. 67 dell’Ordinamento Penitenziario. Tale articolo, com’è noto, riconosce a determinate persone o categorie di persone, che esplicano funzioni o ricoprono cariche pubbliche di particolare rilievo, il diritto di visitare gli stabilimenti carcerari ed avere colloqui con i detenuti quando lo si desidera e senza dare alcun preavviso. Per altri, invece, occorre una specifica autorizzazione da parte del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (Art. 117 c. 2 Reg. Es. OP). Ovviamente, in tale ultima circostanza, non si tratta di una “visita ispettiva” poiché è il Dap che fissa le modalità della stessa. Tra le “Autorità” legittimate all’accesso, senza autorizzazione, non sono ricompresi i Sindaci ed i Presidenti delle Province o gli Assessori da questi delegati nell’ambito del territorio di loro competenza. Eppure, riconoscere tale diritto a questi soggetti, è necessario in considerazione del fatto dei loro compiti e funzioni in materia sanitaria, urbanistica ed edilizia nonché delle iniziative degli enti locali per la formazione e l’inserimento lavorativo dei detenuti. Per tali motivi, negli anni scorsi, in Parlamento, ci hanno provato in tanti, a far modificare l’Art. 67. Si può dire che è una “battaglia storica” della Sinistra Parlamentare !

Nella XIV Legislatura, il 30/11/2005, l’Aula di Montecitorio, con 281 voti favorevoli, 107 contrari, 9 astenuti (presenti 397, maggioranza 195, votanti 388) approvò la proposta di legge n. 3532 presentata il 13/01/2003 dall’On. Ermete Realacci (Margherita) ed altri Deputati (Verdi, Ds, PdCi, Sdi, Udeur, Prc, An, Udc, Fi, etc.). Venne subito trasmessa all’altro ramo del Parlamento ma, a causa dello scioglimento anticipato, non riuscì ad essere approvata anche dal Senato. Venne riproposta ancora dalla Sinistra nella XV Legislatura sia alla Camera dall’On. Realacci (Ulivo) che al Senato dai Senatori Cesare Salvi (Ulivo) e Natale Ripamonti (Verdi) ma non se ne fece nulla. Poi nella XVI tentarono nell’ardua impresa i Radicali eletti nelle liste del Pd. La proposta di legge (n. 3722 del 21/09/2010) venne presentata alla Camera dall’On. Rita Bernardini ed altri e pur essendo stato terminato, favorevolmente, il suo esame in Commissione Giustizia il 28/03/2012, non riuscì ad esser calendarizzata ed approvata. Anche nell’attuale legislatura ci sono state diverse proposte in entrambi i rami del Parlamento, riproponenti la proposta del Segretario Nazionale dei Radicali. A Montecitorio sono due i progetti di legge, uno presentato da Sandro Gozi e Roberto Giachetti (Pd) e l’altro da Walter Verini, Capogruppo del Pd in Commissione Giustizia ed altri democrat. A Palazzo Madama, invece, vi è una sola proposta da parte del Senatore socialista Lucio Barani, appartenente al Gruppo di Grandi Autonomie e Libertà, rimaste tutte senza alcun esito.

revisione art 67 opNei giorni scorsi, in Commissione Giustizia, alla Camera, la questione è stata nuovamente riproposta dall’On. Enza Bruno Bossio, Deputato del Partito Democratico, notoriamente vicina al Partito Radicale e molto attiva nell’attività di sindacato ispettivo nei Penitenziari. Infatti, tra le proposte emendative presentate al ddl 2798, vi è il 26.45 con il quale si propone di aggiungere al comma 1 dell’Art. 26, dopo la lettera i) la seguente lettera : “l) revisione dell’Art. 67 della Legge 26 luglio 1975, n. 354 e successive modifiche ed integrazioni in materia di visite agli Istituti Penitenziari per consentire anche ai Sindaci, ai Presidenti delle Province ed agli Assessori delegati dei predetti Enti nel cui territorio siano situati gli Istituti Penitenziari, di farvi ingresso senza necessità di autorizzazione al fine di verificare le condizioni di vita dei detenuti, compresi quelli in isolamento giudiziario”. Tale emendamento porta anche la firma dei Deputati Danilo Leva, Bruno Censore, Luigi Lacquaniti ed Ernesto Preziosi del Pd, Daniele Farina, Celeste Costantino e Gianni Melilla di Sel ed Elda Pia Locatelli del Psi.

Nel frattempo, la Commissione Giustizia di Montecitorio, continua l’esame in sede referente del progetto di legge del Governo e delle circa 350 proposte emendative presentate dai Deputati appartenenti ai vari Gruppi Parlamentari. Tali proposte, attualmente, sono al vaglio della Presidente e relatrice On. Donatella Ferranti (Pd) e del Governo che dovrà deliberare sulla loro ammissibilità.

Ci auguriamo che, almeno questa volta, grazie all’emendamento dell’On. Bruno Bossio, dopo oltre 10 anni di “battaglie” nei due rami del Parlamento, tra le figure istituzionali, religiose ed ispettive che potranno visitare gli Istituti Penitenziari senza autorizzazione ed intrattenere colloqui con i detenuti, vi siano ricompresi anche i Sindaci, i Presidenti di Provincia e gli Assessori Comunali e Provinciali specificatamente delegati, ponendo fine a questa gravissima lacuna normativa. Attualmente, infatti, la “trasparenza” all’interno delle Carceri e la verifica delle condizioni di vita dei detenuti viene assicurata sul territorio nazionale da pochissimi membri del Parlamento e, nell’ambito delle loro circoscrizioni, dai Consiglieri Regionali che si avvalgono di questa importante prerogativa che è diretta a verificare proprio l’attuazione di quel precetto costituzionale, sancito dall’Art. 27 comma 3 della Costituzione, che prevede che l’esecuzione della pena (e della custodia per gli imputati) avvenga in condizioni che siano rispettose della dignità umana e, che tendano, al recupero ed al reinserimento sociale dei detenuti.

Emilio Quintieri, Radicali Italiani

Bortolato (Giudice di Sorveglianza) : “Si alla modifica dell’Art. 4 bis ed all’abolizione dell’ergastolo ostativo”


Marcello Bortolato, MagistratoMentre il Senatore del Movimento Cinque Stelle Mario Michele Giarrusso, critica pesantemente l’On. Enza Bruno Bossio, Deputato Pd e membro della Commissione Bicamerale Antimafia, per la proposta di legge AC 3091 presentata lo scorso 4 maggio 2015 alla Camera dei Deputati, sottoscritta da altri Parlamentari del Partito Socialista Italiano, di Sinistra Ecologia e Libertà, Scelta Civica per l’Italia e Alleanza Popolare per l’Italia, accusandola di “voler togliere per legge l’ergastolo ai mafiosi stragisti dando il colpo mortale e definitivo alla lotta alla mafia”, il Magistrato di Sorveglianza di Padova Marcello Bortolato, membro della Giunta Esecutiva Centrale dell’Associazione Nazionale Magistrati (Anm) e del Comitato Esecutivo del Coordinamento Nazionale dei Magistrati di Sorveglianza (Conams), sostiene la necessità che l’attuazione della delega di cui al Disegno di Legge C. 2798 del Governo, attualmente all’esame della Commissione Giustizia di Montecitorio, “dovrebbe rispondere all’esigenza di una completa revisione del sistema del “doppio binario” introdotto con il Decreto Legge n. 306/1992, con riferimento all’Art. 4 bis dell’Ordinamento Penitenziario, nell’ottica di una riaffermazione del principio di individualizzazione del trattamento la cui piena applicazione deve rimanere affidata, nel merito, alla Magistratura di Sorveglianza.”

Il Giudice di Sorveglianza padovano ha le idee molto chiare (pur se espresse a titolo personale), idee che convergono, esattamente, con la coraggiosa iniziativa legislativa assunta dalla Deputata democratica calabrese. Bortolato, infatti, afferma che “Pur senza l’abolizione del tutto dell’Art. 4 bis o.p. (nodo centrale di tutto il sistema delle preclusioni) la delega dovrebbe comportarne una rivisitazione secondo linee razionali che ne recuperino la coerenza e la compatibilità con il diritto penitenziario della rieducazione, ispirate a criteri di ragionevolezza ed uguaglianza (che ad esempio escluda dal catalogo dei reati alcune ipotesi, via via introdotte nel corso degli anni, che non hanno più alcuna ragione d’esservi).”

Inoltre, contrariamente alle “cazzate” del parlamentare pentastellato siciliano, secondo il Magistrato Bortolato, che conosce molto bene la questione, “L’eliminazione di automatismi e preclusioni impone altresì una sostanziale abrogazione dell’Art. 58 quater o.p. (divieto di concessione in caso di revoca di benefici precedentemente concessi o di commissione di alcuni reati), così come la definitiva abolizione della preclusione alla detenzione domiciliare per i condannati per i reati di cui all’Art. 4 bis o.p. (Art. 47 ter c. 1 bis o.p.), che già possono usufruire del ben più ampio beneficio dell’affidamento in prova.”

Quanto, invece, allo specifico caso della pena dell’ergastolo, il componente della Giunta Esecutiva Centrale dell’Anm e del Comitato Esecutivo del Conams, aggiunge che “In materia di ergastolo la delega dovrebbe essere esercitata con l’eliminazione delle ipotesi di c.d. ergastolo “ostativo”, anche attraverso l’affrancamento della liberazione condizionale dalle preclusioni penitenziarie nonché l’espunzione (anche per i condannati a pene temporanee) dall’Ordinamento Penitenziario della “collaborazione” quale requisito per l’accesso ai benefici (Art. 58 ter o.p.) imponendo viceversa quale unica condizione di ammissibilità, oltre al fattore temporale, la prova positiva della dissociazione.”

Mario Giarrusso M5SLa posizione del Sen. Giarrusso, naturalmente, è diametralmente opposta poiché sostiene che “consentire l’accesso ai benefici degli sconti di pena era sino ad ora riservato ai mafiosi che collaboravano manifestando così il proprio ravvedimento. Con questa proposta di legge invece anche ai mafiosi irriducibili potranno accedere ai benefici degli sconti di pena e salvarsi dall’ergastolo. Sarebbe la fine della lotta alla mafia e la libertà per migliaia di pericolosi criminali. Noi non lo possiamo permettere”.

Quanto dichiarato dal Senatore Giarrusso che, tra l’altro è anche Avvocato, non corrisponde al vero dice Emilio Quintieri, esponente dei Radicali Italiani il quale collabora con l’On. Enza Bruno Bossio proprio per le questioni penitenziarie. Nessuno ha proposto “sconti di pena” per i “mafiosi irriducibili” che non si ravvedono così come nessuno ha proposto di liberare “migliaia di pericolosi criminali”.

Si tratta, invece, di una riforma “costituzionalmente orientata” dei presupposti per l’accesso ai benefici penitenziari ed alle altre misure alternative alla detenzione che prescinda in toto dal titolo di reato per il quale è intervenuta la condanna e dalla pretesa di comportamenti di collaborazione, ritenendo sufficientemente idonea la verifica – da parte del Gruppo di Osservazione e Trattamento dell’Istituto in cui il condannato si trova detenuto e della Magistratura di Sorveglianza competente – del percorso risocializzante compiuto dal condannato e la mancanza di elementi che facciano ritenere comprovati contatti con la criminalità organizzata. Il divieto di non concedere l’ammissione ai benefici ed alle misure extramurarie per i condannati per i reati di cui all’Art. 4 bis, solo per il fatto della loro mancata collaborazione con la Giustizia, appare di dubbia compatibilità con una concezione rieducativa della esecuzione penale, specie alla luce della copiosa giurisprudenza della Corte Costituzionale e della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che afferma che è in contrasto con la finalità rieducativa della pena ogni preclusione di natura assoluta all’accesso ai benefici penitenziari, che non lasci al Giudice di Sorveglianza la possibilità di verificare se le caratteristiche della condotta e la personalità del condannato giustifichino la progressione del trattamento rieducativo finalizzato al reinserimento sociale e, quindi, al suo ritorno in libertà al pari degli altri detenuti che hanno “collaborato” o la cui “collaborazione” sia stata ritenuta inesigibile o, comunque, irrilevante per essere stati integralmente accertati i fatti in giudizio.

On. Bruno Bossio PdQuesta discriminazione, fondata sul titolo di reato e sulla pretesa di atteggiamenti collaborativi – prosegue l’esponente del Partito Radicale – appare fortemente in contrasto con gli articoli 3 e 27 della Costituzione perché, se i soggetti richiedenti l’ammissione ai benefici ed alle misure alternative, sono ritenuti “meritevoli” perché non vi sono elementi che dimostrano in maniera certa l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata e perché comunque hanno fatto un certo percorso trattamentale durante l’espiazione della pena, non debbono trovare alcun altro “sbarramento preclusivo” all’ordinario regime di trattamento carcerario. L’On. Enza Bruno Bossio, proprio per tale motivo – conclude Emilio Quintieri – oltre alla nota proposta di legge, in questi giorni, depositerà in Commissione Giustizia alla Camera, delle proposte emendative al Disegno di Legge del Governo che ripropongono oltre alla revisione delle norme per l’accesso ai benefici ed alle misure alternative alla detenzione anche per i detenuti non collaboranti anche altre riforme della Legge Penitenziaria.

Bruno Bossio (Pd) : La Legge Penitenziaria va cambiata. No all’ergastolo ostativo !


On. Bruno Bossio PdLa mia proposta di legge va a modificare quelle norme dell’Ordinamento Penitenziario (Art. 4 bis) che prevedono il divieto di concessione di ogni beneficio e misura alternativa alla detenzione ai condannati per taluni delitti definiti “ostativi” per il solo fatto della loro mancata “collaborazione”. In particolare, questo divieto, nel caso dei condannati all’ergastolo, si traduce in una vera e propria “pena di morte occulta” come recentemente l’ha definita Papa Francesco.

Infatti, oggi, gli ergastolani ristretti nelle nostre Carceri sono 1.584, molti di loro reclusi da oltre 26 anni, senza liberazione condizionale, altri da più di 30 anni, durata massima stabilita per le pene detentive. Tra questi, quelli “ostativi”, sono circa 1.000 ed il loro “fine pena”, come si evince dai rispettivi certificati di detenzione, è il 31/12/9999, una data fissata tra circa 8 mila anni. Per loro, se non “collaborano”, le porte del carcere non si apriranno mai più. Anche se questa “collaborazione” non potrà più avvenire poiché il detenuto non è più in grado di esprimerla o perché non può farlo avendo paura di ritorsioni nei confronti dei propri familiari da parte dei suoi vecchi sodali. Questo tipo di pena trasforma il reo in vittima: l’uomo e la sua dignità vengono totalmente annullati ed è chiaramente in contrasto con il principio costituzionale della rieducazione del condannato a cui la pena deve tendere e con quanto prescrive la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo. Da qui la mia proposta di legge per la revisione delle norme”.

Lo dichiara l’Onorevole Enza Bruno Bossio, Deputato del Partito Democratico e membro della Commissione Bicamerale Antimafia, prima firmataria della coraggiosa proposta di legge A.C. n. 3091 che reca “Modifiche agli articoli 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e 2 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, in materia di revisione delle norme sul divieto di concessione dei benefìci penitenziari nei confronti dei detenuti o internati che non collaborano con la giustizia” , iniziativa che riprende per la gran parte la proposta avanzata dalla Commissione Ministeriale istituita dall’ex Ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri e presieduta dal Prof. Francesco Palazzo, Ordinario di Diritto Penale all’Università degli Studi di Firenze.

La proposta, oltre all’On. Bruno Bossio, è stata condivisa e sottoscritta dall’On. Walter Verini, Capogruppo del Partito Democratico in Commissione Giustizia a Montecitorio e dai Deputati Roberto Rampi, Luigi Lacquaniti, Danilo Leva, Chiara Scuvera, Camilla Sgambato, Ernesto Magorno, Gea Schirò, Federico Massa, Cristina Bargero, Romina Mura e Alfredo Bazoli del Partito Democratico, Pia Locatelli del Partito Socialista Italiano, Paola Pinna di Scelta Civica per l’Italia e Franco Bruno di Alleanza per l’Italia.

“Con questa norma sarà possibile – prosegue l’On. Bruno Bossio – far venir meno il divieto d’accesso al lavoro esterno, ai permessi premio e alle misure alternative alla detenzione diverse dalla liberazione anticipata anche quando risulti che la mancata collaborazione del condannato non faccia venir meno il sussistere dei requisiti, diversi dalla collaborazione medesima, che di quei benefici permettono la concessione, ai sensi dell’Ordinamento Penitenziario”. Infatti, per la concessione dei benefici e delle misure alternative alla detenzione in carcere vengono richieste informazioni a diversi Uffici Giudiziari e di Polizia circa il mantenimento di collegamenti, da parte dei condannati, con la criminalità organizzata. Ebbene, nella maggior parte dei casi, le note informative si limitano a riferire i fatti precedenti alla carcerazione ed alle condanne, vecchi di decenni, esprimendo sempre parere negativo per l’accoglimento delle istanze formulate alla Magistratura di Sorveglianza.

Questa proposta, invece, prevede che non si debbano esprimere pareri ma fornire elementi conoscitivi concreti e specifici fondati su circostanze di fatto espressamente indicate che dimostrino in maniera certa l’attualità di tali collegamenti e che gli eventuali pareri espressi non possano essere utilizzati nella motivazione delle decisioni giurisdizionali. “In tal modo soprattutto la pena dell’ergastolo verrà finalmente resa maggiormente compatibile con gli standard richiesti dalla nostra Costituzione e dal diritto dell’Unione Europea ribadendo il principio secondo il quale, dopo un lungo periodo di detenzione, debbano prevalere le esigenze umanitarie”, conclude l’On. Bruno Bossio.

Scheda Lavori Progetto di Legge On. Bruno Bossio (Pd)

Intervista di Radio Radicale all’On. Bruno Bossio

 

Radio Carcere : il 6° suicidio del 2015. Ne discutono l’On. Bruno Bossio (PD), il Sen. Buemi (PSI) con gli On. Pannella e Bernardini (Radicali)


radioradicale logoCarceri: il sesto suicidio del 2015, che questa volta si è verificato nel carcere Opera di Milano. Riforme: l’on. Enza Bruno Bossio, Deputato del Partito Democratico e membro della Commissione Bicamerale Antimafia e il Senatore Enrico Buemi del Partito Socialista Italiano, condividono gli obiettivi dello sciopero della fame di Marco Pannella che chiede che lo Stato Italiano rispetti gli obblighi enunciati dal Presidente Napolitano nel suo messaggio inviato alle Camere l’8 ottobre del 2013 e si augura che il Presidente Mattarella operi nella stessa direzione. Le recenti dichiarazioni del capo del Dap, il Presidente Santi Consolo, circa l’aumento della capienza effettiva delle carceri e circa il fatto che “oggi nessun detenuto vive con meno di 3 mq a testa”. Giustizia: la mozione che domani verrà presentata dal sen. Enrico Buemi in commissione guistizia, che ha come scopo quello di seplificare la procedura per gli indennizzi in favore di chi a subito ritardi nella risposta di giustizia.

Radio Carcere con Marco Pannella, Rita Bernardini, Enza Bruno Bossio ed Enrico Buemi

Ispezione al Carcere di Vibo Valentia. Socialisti e Radicali “Condizioni detentive conformi alla Legge”


Casa Circondariale di Vibo ValentiaContinua l’attività del Partito Radicale in Calabria. Nella giornata di ieri, su iniziativa del radicale calabrese Emilio Quintieri, si è tenuta una Visita Ispettiva presso la Casa Circondariale di Vibo Valentia. L’ispezione è stata effettuata dal Senatore della Repubblica Enrico Buemi (PSI), membro delle Commissioni Parlamentari Giustizia e Antimafia di Palazzo Madama. Il socialista Buemi, nella circostanza, è stato accompagnato oltre da Quintieri anche da Leonardo Trento, già Assessore alla Provincia di Cosenza e Dirigente del Partito Socialista Italiano.

La delegazione è stata ricevuta dai Vice Commissari di Polizia Penitenziaria Domenico Montauro e Paolo Cugliari, rispettivamente Comandante e Vice Comandante di Reparto. Al momento della visita era assente il Direttore dell’Istituto. Dopo un breve colloquio con i vertici della Polizia Penitenziaria, gli esponenti politici, sono stati accompagnati all’interno del Carcere ove hanno visitato la Sezione Isolamento, i Reparti in cui sono allocati i detenuti appartenenti al circuito dell’Alta Sicurezza (As3) e la Sezione in cui sono ristretti i “Sex Offenders”, detenuti imputati o condannati per reati di tipo sessuale, aperta proprio la scorsa settimana. Nel corso della visita sono stati ispezionati anche i cortili passeggio, il Teatro, la Cucina, le Aule Scolastiche, le Sale Colloquio, le Sale per la Socialità, gli Ambulatori ed i locali dell’Area Sanitaria. La struttura penitenziaria vibonese – a fronte di una capienza regolamentare di 365 posti (50 dei quali non disponibili per lavori di ristrutturazione) – ospita 258 detenuti (57 in esubero). Tra i detenuti, il 40% di essi, per come riferito dai Sanitari Penitenziari, soffre di disturbi mentali o patologie psichiatriche. Circostanza questa che il Governo (Vice Ministro della Giustizia On. Enrico Costa) non ha elencato nella recentissima risposta fornita all’Interrogazione Parlamentare dell’On. Vittorio Ferraresi, Capogruppo del Movimento Cinque Stelle in Commissione Giustizia alla Camera dei Deputati. Pochissimi, invece, i detenuti tossicodipendenti (3) e sieropositivi (2) presenti nell’Istituto.

Leonardo Trento ed Enrico BuemiNon è stato riscontrato nulla di illegale anzi, le condizioni di detenzione, sono risultate del tutto conformi alla Costituzione ed alla Legge Penitenziaria. In particolare, la delegazione socialista e radicale, ha verificato la ristrutturazione completa dei reparti detentivi ed il loro adeguamento al regolamento di esecuzione penitenziaria del 2000 (fatta eccezione per l’Isolamento) il quale stabilisce che, le docce, debbono essere sistemate in un vano annesso alla camera di pernottamento e non all’interno di locali comuni posti nel Reparto. Stanno per essere ultimati, altresì, i lavori di tinteggiatura dei corridoi interni alle Sezioni. Per quanto concerne la vigilanza sull’Istituto Penitenziario da parte dell’Autorità Giudiziaria competente è stato riferito che il Magistrato di Sorveglianza di Catanzaro vi si reca mensilmente sia per colloqui con i detenuti e sia per ispezioni dei locali. Relativamente all’assistenza medico sanitaria, la stessa, viene garantita 24 ore su 24. Nell’Istituto, peraltro, sono presenti ben 12 branche specialistiche (Oculistica, Neurologia, Psichiatria, Cardiologia, Radiologia, Dermatologia, Chirurgia, Otorinolarigoiatria, Odontoiatria, Infettivologia, Fisioterapia ed Ortopedia). Quanto all’area verde esterna di cui è dotato l’Istituto, la stessa, è chiusa e non funzionante da tempo, per non meglio definite problematiche strutturali. Sono presenti anche dei mediatori linguistico – culturali per i detenuti stranieri. L’Istituto non è dotato di un impianto di illuminazione notturna nelle celle per cui, i controlli, da parte del personale di vigilanza, avvengono con delle torce a batteria di intensità attenuata per come prevede la Legge. Due sono le cucine dell’Istituto (anche se ne funziona soltanto una) preposte alla preparazione del vitto. I locali sono stati trovati puliti e ben attrezzati. I detenuti che vi lavorano, sono alle dipendenze dell’Amministrazione Penitenziaria.

La Casa Circondariale di Vibo Valentia dispone di un laboratorio adibito alla lavorazione dell’alluminio, di dimensioni ampissime e, soprattutto, di macchinari all’avanguardia. Qualche anno fa, la gestione venne affidata ad un’impresa esterna, specializzata nella produzione di infissi, che riusciva ad impiegare 8 detenuti. Attualmente, tale laboratorio, risulta chiuso e non funzionante per mancanza di commesse. Carente il personale di Polizia Penitenziaria che presta servizio nell’Istituto, anche per i numerosi distacchi, missioni ed aspettative (circa una trentina). Un organico esiguo se si considera anche che nell’Istituto ci sono ben 6 reparti, con detenuti che non possono incontrarsi: comuni, alta sicurezza e protetti. Insufficiente anche il personale dell’Area Giuridico Pedagogica (Educatori) ed inadeguata l’assistenza psicologica per la popolazione ristretta, garantita soltanto per poche ore mensili/settimanali da esperti dipendenti dell’Amministrazione Penitenziaria e dell’Azienda Sanitaria Provinciale. A tutti i detenuti ristretti nella struttura carceraria vibonese, eccetto quelli classificati “Alta Sicurezza” – per come accertato da Buemi, Trento e Quintieri – in conformità alle indicazioni della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo, vengono garantite almeno 8 ore al giorno al di fuori della camera di pernottamento.

 

Di Lello (Psi): Meno detenuti per droga ? I manettari se ne facciano una ragione


On. Marco Di Lello“È strano come in Italia nulla vada mai bene: prima c’erano troppi carcerati, ora, per qualcuno, troppo pochi”. Lo dichiara l’Onorevole Marco Di Lello, Presidente dei Deputati del Partito Socialista Italiano (PSI) e membro della Commissione Giustizia di Palazzo Montecitorio, nel replicare agli esponenti della Lega Nord che hanno rimarcato gli effetti della legge svuota-carceri e delle norme sulla depenalizzazione del possesso di stupefacenti.

“Lo svuota-carceri approvato cinque mesi fa, prevede di evitare l’arresto nei casi di piccolo spaccio per andare incontro alla necessità affrontare la questione del sovraffollamento, nella convinzione che oltre 20mila detenuti erano e sarebbero un numero indegno di un paese civile. Dopo questo primo provvedimento di depenalizzazione di reati minori. Ora è urgente intervenire in materia di custodia cautelare. Il Parlamento continuerà in questa direzione nei prossimi mesi. I manettari – conclude l’On. Di Lello – se ne facciano una ragione”.

Buemi (Psi) : Nessuno c’è l’ha con i Magistrati ma, quando sbagliano. anche loro debbono pagare


Sen. Enrico Buemi PSI“L’Anm grida al lupo, quando il lupo, di fatto, ha fatto marcia indietro”. Esordisce cosi’ il Senatore Enrico Buemi, Capogruppo del Partito Socialista Italiano (PSI) in Commissione Giustizia a Palazzo Madama, interpellato dal Velino, a proposito della reazione del sindacato delle toghe alle linee guida del Governo sulla riforma della giustizia in materia di responsabilità civile dei magistrati. Buemi, che e’ relatore della norma al Senato e che sulla responsabilità civile dei magistrati ha presentato la pdl n. 1070, spiega che la sanzione applicabile in caso di colpa grave del magistrato “e’ molto limitata rispetto all’elaborazione fatta in commissione Giustizia, dove si profilava che il minimo recupero economico potesse essere intorno al 50% del danno arrecato”. Mentre nelle linee guida della riforma del ministro della Giustizia Andrea Orlando e’ previsto che il risarcimento per chi ha subito il danno può arrivare fino al 50% dello stipendio annuo netto del magistrato al momento in cui sono avvenuti i fatti.

“Una briciola di incremento – commenta Buemi – rispetto a una situazione che prima era irrisoria. Stiamo infatti parlando di qualche migliaio di euro di incremento, passando dal 30% al 50% dello stipendio, e cioè a 25/30 mila euro di risarcimento del danno, in più col vincolo del prelievo mensile di un massimo del quinto dello stipendio”. Il risarcimento previsto dal ministero non e’ proporzionale al danno. “Di fronte a un danno che potrebbe essere di decine di migliaia di euro, penso in particolare ai magistrati del civile, c’e’ una non proporzionalità, tra il danno arrecato e la sanzione applicata”, osserva Buemi.

Un discorso che vale anche per i comportamenti che prevedono la limitazione della libertà. “I magistrati – spiega ancora Buemi – non hanno mai risposto civilmente per gli arresti prolungati nel tempo che hanno generato azioni di risarcimento da parte di coloro che li hanno subiti. In 25 anni di applicazione della norma Vassalli – ricorda il senatore Psi – solo quattro casi sono andati a compimento, ma nessuno ha avuto un’azione di rivalsa”. Insomma “il lupo non c’e’ e nessuno c’e’ l’ha con i magistrati che svolgono azione meritoria – osserva Buemi rispondendo alle preoccupazione dell’Anm – inoltre e’ sempre un giudice che deve stabilire se un altro giudice ha commesso o no colpa grave nell’esercizio delle sue funzioni”.

Quando la riforma passerà all’esame del Parlamento “chiederò ai colleghi un atteggiamento coerente e lo chiederò anche al presidente del Consiglio, che in più riprese ha detto che ci deve essere lo stesso tipo di recupero rispetto al danno arrecato. Non dico che ci debba essere un recupero al cento per cento, ma ci deve essere una proporzionalità – ribadisce Buemi – tra il danno arrecato e l’azione di concorso all’indennizzo della parte che ha subito il danno, un indennizzo che non può essere irrisorio”.