Carceri, Bruno Bossio (Pd) e Locatelli (Psi) “Governo riveda Isolamento Disciplinare dei Detenuti”


Bruno Bossio CameraBisogna introdurre l’obbligo per l’Amministrazione Penitenziaria di interrompere, per almeno 5 giorni, l’esecuzione di plurimi provvedimenti applicativi della sanzione disciplinare dell’esclusione dalle attività in comune laddove questi eccedano la durata prevista dall’articolo 39, primo comma, numero 5, della Legge n. 354/1975, nonché la riduzione a 14 giorni, rispetto agli attuali 15, del limite massimo di durata dell’esclusione dalle attività in comune in conformità alle Raccomandazioni del Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura e delle pene o trattamenti inumani e degradanti ed in particolare in quelle contenute nel 21° Rapporto Generale (1 agosto 2010-31 luglio 2011).

Lo prevede l’emendamento 30.158 al Ddl 2798-A, attualmente all’esame dell’Assemblea di Montecitorio, presentato dall’On. Enza Bruno Bossio, Deputata calabrese del Pd, cofirmato anche dalla collega bercamasca Elda Pia Locatelli del Psi, entrambe aderenti anche al Partito Radicale. Favorevole alla proposta anche l’Amministrazione Penitenziaria che nel frattempo, in assenza di espresse disposizioni legislative o regolamentari e dimostrando sensibilità nei confronti di tale problematica, ha emanato una lettera circolare (la n 160093/2015 firmata dal Direttore della Direzione Generale dei Detenuti e del Trattamento Calogero Roberto Piscitello e dal Capo del Dipartimento Santi Consolo) con cui ha voluto adottare “un’interpretazione particolarmente attenta alla tutela della integrità psico-fisica del detenuto”.

Oggi l’esclusione dalle attività in comune, comminabile alle persone detenute ed internate, anche a quelle sottoposte a custodia cautelare, per non più di 15 giorni, è sanzione disciplinare dal contenuto eminentemente afflittivo perché implica l’isolamento continuo diurno e notturno. Proprio tale profilo di particolare penosità giustifica l’attuale assetto normativo dell’istituto, coerentemente circondato da una serie di cautele, a partire dalla necessità d’un costante controllo sanitario fino alla previsione di opportune ipotesi di sospensione della misura sanzionatoria. Il quadro normativo non disciplina, in modo esplicito, una ipotesi da non sottovalutare che è quella in cui una persona detenuta sia destinataria di plurimi provvedimenti disciplinari per un periodo eccedente i 15 giorni.

Spesso, tali sanzioni, sono state applicate senza soluzione di continuità nonostante la giurisprudenza di legittimità, come spiega Alessandro Albano, Funzionario dell’Ufficio Studi e Ricerche del Dap, abbia fornito risposta negativa. Invero, la Cassazione, chiamata a pronunciarsi in merito, ha ritenuto “indiscusso che la misura dell’esclusione dalle attività in comune è sottoposta al limite temporale di quindici giorni ed al controllo sanitario e che non è consentita l’applicazione continuata di detto tipo di sanzione, anche con soluzioni di continuità minime, come quella di un giorno, poiché così operando si verrebbe a configurare un’aperta violazione del principio costituzionale che vieta trattamenti contrari al senso di umanità”.

Tale principio di diritto, si inserisce perfettamente nel solco di quanto affermato dal Cpt nel suo 21° Rapporto Generale. Secondo la predetta circolare, nel caso di più provvedimenti sanzionatori che comportino, per la stessa persona, “la sottoposizione ad isolamento per un numero di giorni superiore ai quindici”, tale limite “va considerato inderogabile e, quindi, le Direzioni Penitenziarie non daranno esecuzione continuativa alle sanzioni in argomento ove il cumulo di queste sia superiore a quindici giorni.” Ciò non significa che il detenuto responsabile di gravi illeciti disciplinari non debba espiare, per intero, le sanzioni che, legittimamente e doverosamente, gli sono state inflitte. “Si deve, però, avere cura, allo scadere del quindicesimo giorno, di interrompere l’esecuzione di plurime sanzioni – e, dunque, dell’isolamento – per almeno cinque giorni. Soltanto all’esito di tale interruzione potrà applicarsi un ulteriore periodo di esclusione dalle attività in comune, sempre nel limite di durata di quindici giorni e, naturalmente, previa nuova acquisizione della certificazione medica ai sensi dell’Art. 39, comma 2, O.P.”.

Carcere di RossanoProprio sulla questione dell’isolamento, lo scorso anno, con l’Interrogazione a risposta in Commissione n. 5/03559 del 2014, all’esito dell’ispezione fatta con i Radicali alla Casa di Reclusione di Rossano (Cosenza), la Bruno Bossio aveva invitato il Governo Renzi ad assumere dei provvedimenti per assicurare che i detenuti venissero isolati soltanto in “circostanze eccezionali” e, comunque, nei soli casi tassativi stabiliti dal legislatore chiedendo, altresì, che venissero emanate delle direttive soprattutto per quanto concerneva l’esecuzione della sanzione. In numerosi Stati membri del Consiglio d’Europa, com’è noto, la tendenza va verso una riduzione della durata massima possibile dell’isolamento per motivi disciplinari. Il Cpt nel Rapporto del 2011 riteneva che “tale durata massima non dovrebbe eccedere 14 giorni per una particolare infrazione, e dovrebbe essere preferibilmente più breve ed inoltre si dovrebbe vietare d’imporre sanzioni disciplinari successive risultanti in un periodo d’isolamento ininterrotto che vada al di là di tale durata massima”. All’epoca, il Prof. Lətif Hüseynov, Presidente del Cpt, dichiarò che “l’isolamento può avere effetti estremamente dannosi per la salute psichica, somatica e per il benessere sociale dei detenuti, e tali effetti possono aumentare proporzionalmente al prolungamento della misura e alla sua durata indeterminata. Un indicatore è rappresentato dal fatto che il tasso dei suicidi dei detenuti sottoposti a tale regime è più elevato rispetto a quello riscontrato nel resto della popolazione carceraria”. 

La pratica dell’isolamento carcerario venne definita dal Prof. Juan E. Mendez, Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla Tortura durante la Terza Commissione dell’Assemblea Generale Onu del 2011, molto simile alla tortura e proprio per questi motivi venne chiesto a tutti i Paesi membri di mettere al bando la pratica della detenzione in isolamento e, al massimo, di utilizzarla solo in “circostanze eccezionali” per una durata di tempo molto limitata e, comunque, mai nel caso di giovani e persone con problemi mentali. Presentando il suo primo rapporto su tale pratica, il Prof. Mendez, evidenziò come la detenzione in isolamento indefinita o a tempo prolungato e comunque superiore ai 15 giorni avrebbe dovuto “essere soggetta a un’assoluta proibizione”, dal momento che molti studi scientifici hanno dimostrato che anche pochi giorni di isolamento sociale sono in grado di causare danni cerebrali permanenti, sottolineando come tale pratica sia contraria al principio di riabilitazione che è lo scopo finale dell’intero sistema penitenziario internazionale.

Per queste ragioni, l’On. Bruno Bossio, ha inteso proporre al Governo di “normativizzare” questo importante principio, raccomandato dal Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura ed affermato anche dalla Cassazione, che allo stato trova concreta applicazione solo grazie ad una recente circolare amministrativa.

Bortolato (Giudice di Sorveglianza) : “Si alla modifica dell’Art. 4 bis ed all’abolizione dell’ergastolo ostativo”


Marcello Bortolato, MagistratoMentre il Senatore del Movimento Cinque Stelle Mario Michele Giarrusso, critica pesantemente l’On. Enza Bruno Bossio, Deputato Pd e membro della Commissione Bicamerale Antimafia, per la proposta di legge AC 3091 presentata lo scorso 4 maggio 2015 alla Camera dei Deputati, sottoscritta da altri Parlamentari del Partito Socialista Italiano, di Sinistra Ecologia e Libertà, Scelta Civica per l’Italia e Alleanza Popolare per l’Italia, accusandola di “voler togliere per legge l’ergastolo ai mafiosi stragisti dando il colpo mortale e definitivo alla lotta alla mafia”, il Magistrato di Sorveglianza di Padova Marcello Bortolato, membro della Giunta Esecutiva Centrale dell’Associazione Nazionale Magistrati (Anm) e del Comitato Esecutivo del Coordinamento Nazionale dei Magistrati di Sorveglianza (Conams), sostiene la necessità che l’attuazione della delega di cui al Disegno di Legge C. 2798 del Governo, attualmente all’esame della Commissione Giustizia di Montecitorio, “dovrebbe rispondere all’esigenza di una completa revisione del sistema del “doppio binario” introdotto con il Decreto Legge n. 306/1992, con riferimento all’Art. 4 bis dell’Ordinamento Penitenziario, nell’ottica di una riaffermazione del principio di individualizzazione del trattamento la cui piena applicazione deve rimanere affidata, nel merito, alla Magistratura di Sorveglianza.”

Il Giudice di Sorveglianza padovano ha le idee molto chiare (pur se espresse a titolo personale), idee che convergono, esattamente, con la coraggiosa iniziativa legislativa assunta dalla Deputata democratica calabrese. Bortolato, infatti, afferma che “Pur senza l’abolizione del tutto dell’Art. 4 bis o.p. (nodo centrale di tutto il sistema delle preclusioni) la delega dovrebbe comportarne una rivisitazione secondo linee razionali che ne recuperino la coerenza e la compatibilità con il diritto penitenziario della rieducazione, ispirate a criteri di ragionevolezza ed uguaglianza (che ad esempio escluda dal catalogo dei reati alcune ipotesi, via via introdotte nel corso degli anni, che non hanno più alcuna ragione d’esservi).”

Inoltre, contrariamente alle “cazzate” del parlamentare pentastellato siciliano, secondo il Magistrato Bortolato, che conosce molto bene la questione, “L’eliminazione di automatismi e preclusioni impone altresì una sostanziale abrogazione dell’Art. 58 quater o.p. (divieto di concessione in caso di revoca di benefici precedentemente concessi o di commissione di alcuni reati), così come la definitiva abolizione della preclusione alla detenzione domiciliare per i condannati per i reati di cui all’Art. 4 bis o.p. (Art. 47 ter c. 1 bis o.p.), che già possono usufruire del ben più ampio beneficio dell’affidamento in prova.”

Quanto, invece, allo specifico caso della pena dell’ergastolo, il componente della Giunta Esecutiva Centrale dell’Anm e del Comitato Esecutivo del Conams, aggiunge che “In materia di ergastolo la delega dovrebbe essere esercitata con l’eliminazione delle ipotesi di c.d. ergastolo “ostativo”, anche attraverso l’affrancamento della liberazione condizionale dalle preclusioni penitenziarie nonché l’espunzione (anche per i condannati a pene temporanee) dall’Ordinamento Penitenziario della “collaborazione” quale requisito per l’accesso ai benefici (Art. 58 ter o.p.) imponendo viceversa quale unica condizione di ammissibilità, oltre al fattore temporale, la prova positiva della dissociazione.”

Mario Giarrusso M5SLa posizione del Sen. Giarrusso, naturalmente, è diametralmente opposta poiché sostiene che “consentire l’accesso ai benefici degli sconti di pena era sino ad ora riservato ai mafiosi che collaboravano manifestando così il proprio ravvedimento. Con questa proposta di legge invece anche ai mafiosi irriducibili potranno accedere ai benefici degli sconti di pena e salvarsi dall’ergastolo. Sarebbe la fine della lotta alla mafia e la libertà per migliaia di pericolosi criminali. Noi non lo possiamo permettere”.

Quanto dichiarato dal Senatore Giarrusso che, tra l’altro è anche Avvocato, non corrisponde al vero dice Emilio Quintieri, esponente dei Radicali Italiani il quale collabora con l’On. Enza Bruno Bossio proprio per le questioni penitenziarie. Nessuno ha proposto “sconti di pena” per i “mafiosi irriducibili” che non si ravvedono così come nessuno ha proposto di liberare “migliaia di pericolosi criminali”.

Si tratta, invece, di una riforma “costituzionalmente orientata” dei presupposti per l’accesso ai benefici penitenziari ed alle altre misure alternative alla detenzione che prescinda in toto dal titolo di reato per il quale è intervenuta la condanna e dalla pretesa di comportamenti di collaborazione, ritenendo sufficientemente idonea la verifica – da parte del Gruppo di Osservazione e Trattamento dell’Istituto in cui il condannato si trova detenuto e della Magistratura di Sorveglianza competente – del percorso risocializzante compiuto dal condannato e la mancanza di elementi che facciano ritenere comprovati contatti con la criminalità organizzata. Il divieto di non concedere l’ammissione ai benefici ed alle misure extramurarie per i condannati per i reati di cui all’Art. 4 bis, solo per il fatto della loro mancata collaborazione con la Giustizia, appare di dubbia compatibilità con una concezione rieducativa della esecuzione penale, specie alla luce della copiosa giurisprudenza della Corte Costituzionale e della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che afferma che è in contrasto con la finalità rieducativa della pena ogni preclusione di natura assoluta all’accesso ai benefici penitenziari, che non lasci al Giudice di Sorveglianza la possibilità di verificare se le caratteristiche della condotta e la personalità del condannato giustifichino la progressione del trattamento rieducativo finalizzato al reinserimento sociale e, quindi, al suo ritorno in libertà al pari degli altri detenuti che hanno “collaborato” o la cui “collaborazione” sia stata ritenuta inesigibile o, comunque, irrilevante per essere stati integralmente accertati i fatti in giudizio.

On. Bruno Bossio PdQuesta discriminazione, fondata sul titolo di reato e sulla pretesa di atteggiamenti collaborativi – prosegue l’esponente del Partito Radicale – appare fortemente in contrasto con gli articoli 3 e 27 della Costituzione perché, se i soggetti richiedenti l’ammissione ai benefici ed alle misure alternative, sono ritenuti “meritevoli” perché non vi sono elementi che dimostrano in maniera certa l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata e perché comunque hanno fatto un certo percorso trattamentale durante l’espiazione della pena, non debbono trovare alcun altro “sbarramento preclusivo” all’ordinario regime di trattamento carcerario. L’On. Enza Bruno Bossio, proprio per tale motivo – conclude Emilio Quintieri – oltre alla nota proposta di legge, in questi giorni, depositerà in Commissione Giustizia alla Camera, delle proposte emendative al Disegno di Legge del Governo che ripropongono oltre alla revisione delle norme per l’accesso ai benefici ed alle misure alternative alla detenzione anche per i detenuti non collaboranti anche altre riforme della Legge Penitenziaria.