“Cucchi era un drogato che rubava ed aggrediva le vecchiette per drogarsi”. Agente di Polizia Penitenziaria segnalato al Dap


“Cucchi era un drogato che rubava ed aggrediva le vecchiette per drogarsi.” Questo è quanto si è permessa di scrivere Pina Bernardini, Assistente Capo del Corpo di Polizia Penitenziaria su un gruppo del social network facebook “Sostenitori Polizia Penitenziaria”, commentando un post riguardante la proposta di intitolare una strada della Città di Roma al 31enne geometra romano che nell’ottobre del 2009, mentre era in stato di arresto perché trovato in possesso di sostanza stupefacente, venne sottoposto ad un pestaggio violentissimo con calci, pugni e schiaffi da parte di alcuni Carabinieri (Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro), che oggi sono finalmente imputati per il delitto di omicidio preterintenzionale innanzi alla Prima Sezione della Corte di Assise di Roma.

Dopo aver letto le dichiarazioni volgari ed indecenti della Poliziotta Penitenziaria, ho immediatamente provveduto a segnalare la questione con un esposto al Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Francesco Basentini per le valutazioni del caso ed i provvedimenti di competenza, informandone anche l’Avv. Fabio Anselmo, difensore della famiglia Cucchi.

Ritengo gravissimo e non più tollerabile il fatto che degli Operatori Penitenziari, peraltro in servizio nei Reparti detentivi e quindi a diretto contatto con i detenuti, possano esprimersi in questi modi sui social network, nonostante le disposizioni dipartimentali vigenti in materia. Non mi risulta che il Cucchi, fosse gravato da precedenti penali per furto od aggressione ai danni delle vecchiette al fin di potersi drogare oppure che i suoi familiari lo avessero abbandonato in carcere come invece ha scritto l’Assistente Capo della Polizia Penitenziaria Pina Bernardini.

Per tale ragioni, mi sono formalmente rivolto al Capo dell’Amministrazione Penitenziaria inviandogli anche gli screenshot, chiedendogli di voler disporre gli opportuni accertamenti affinché non solo la Bernardini ma tutti gli Operatori Penitenziari che si rendano responsabili di tali comportamenti vengano sanzionati, nel rispetto di quanto prevedono le disposizioni dipartimentali, il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici, il Regolamento di servizio del Corpo di Polizia Penitenziaria e le Regole Penitenziarie Europee emanate dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa.

Nel Corpo di Polizia Penitenziaria ci sono tantissime brave persone che svolgono il loro lavoro con grande professionalità e straordinaria umanità ma, purtroppo, ci sono anche tanti personaggi come la Bernardini che andrebbero destituiti dal Corpo, poiché con i loro comportamenti ledono gravemente l’immagine di tutta l’Amministrazione Penitenziaria, offuscando agli occhi della cittadinanza il suo prezioso e delicato mandato costituzionale.

Emilio Enzo Quintieri

già Consigliere Nazionale Radicali Italiani

Catanzaro, inaugurato Reparto Scolastico e Trattamentale per l’Alta Sicurezza nel Carcere di Siano


Mercoledì scorso, in tarda mattinata, presso la Casa Circondariale di Catanzaro “Ugo Caridi” è stato inaugurato un moderno ed attrezzato Reparto Scolastico e Trattamentale destinato ai detenuti del Circuito dell’Alta Sicurezza ristretti nella medesima sede penitenziaria.

Un evento che è il frutto del lavoro dei detenuti, i quali con la loro attività hanno reso possibile la fruizione di luoghi non utilizzati per anni, ha tenuto a precisare il Direttore dell’Istituto Angela Paravati che, nell’occasione, ha consegnato a ciascun detenuto impegnatosi in tale attività una ricompensa (encomio), che sarà inviata alla Magistratura di Sorveglianza competente, come previsto dagli Articoli 37 dell’Ordinamento Penitenziario e 76 del Regolamento di Esecuzione. Inoltre, una nota di apprezzamento, è stata rivolta dal Direttore al Coordinatore del Reparto, l’Ispettore Capo di Polizia Penitenziaria Giacinto Longo.

Il Reparto è stato inaugurato dal Vescovo dell’Arcidiocesi di Catanzaro – Squillace Mons. Vincenzo Bertolone, che ha proceduto al taglio del nastro e benedetto i nuovi locali : aule scolastiche per la scuola primaria e secondaria, laboratori di sartoria, musica, informatica ed anche una palestra.

All’iniziativa erano presenti il Vice Direttore dell’Istituto Emilia Boccagna, il personale di Polizia Penitenziaria ed i Funzionari Giuridico Pedagogici, i Magistrati di Sorveglianza di Catanzaro Laura Antonini e Angela Cerra, il Dirigente Scolastico del Centro Provinciale per l’Istruzione degli Adulti Giancarlo Caroleo, il Direttore dell’Ufficio Detenuti e Trattamento del Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria della Calabria Giuseppa Irrera e l’Ingegnere Rosario Focà dell’Ufficio Tecnico dello stesso Provveditorato.

Presenti, inoltre, una delegazione di Radicali Italiani, l’ex Consigliere Nazionale Emilio Enzo Quintieri, candidato Garante Regionale dei Diritti dei Detenuti della Calabria e Valentina Anna Moretti, che nella mattinata, previa autorizzazione del Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Francesco Basentini, hanno accompagnato una delegazione di Studenti di Giurisprudenza dell’Università della Calabria in visita all’Istituto Penitenziario di Catanzaro.

La mattinata si è conclusa con l’offerta di un buffet realizzato dal laboratorio di pasticceria gestito all’interno del carcere dai detenuti dell’Alta Sicurezza ed il finale dell’evento è stato allietato dalla musica dell’oboe di un detenuto.

Infanticidio al Carcere di Roma Rebibbia, prosciolti i vertici dell’Istituto sospesi dal Dap su disposizione di Bonafede


Non avevo alcun dubbio e lo avevo detto all’epoca dei fatti quando espressi la mia solidarietà al Direttore, al Vice Direttore ed al Vice Comandante di Reparto della Polizia Penitenziaria della Casa Circondariale Femminile di Roma Rebibbia, dopo la sospensione dal servizio disposta dal Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Francesco Basentini per ordine del Ministro della Giustizia On. Alfonso Bonafede.

Quel provvedimento di sospensione era incomprensibile perché non vi erano responsabilità di alcun genere né da parte dei Dirigenti Penitenziari né da parte del Funzionario del Corpo di Polizia Penitenziaria. Non sono stati loro ad applicare la custodia in carcere ad Alice Sebesta ed a consentirgli di tenere con s i sue due piccoli figli, Faith e Divine, entrambi morti dopo essere stati scaraventati dalla mamma per le scale dell’Istituto Penitenziario. La detenuta non aveva dato alcun segno di squilibrio o altro disturbo psichico; l’unica insofferenza mostrata riguardava la convivenza con le altre detenute di etnia rom.

Questa mattina il Direttore dell’Istituto Ida Del Grosso, il suo Vice Gabriella Pedote e la Vice Comandante della Polizia Penitenziaria Antonella Proietti, sono state prosciolti in sede disciplinare per tutti gli addebiti ascrittigli in ordine a quanto verificatosi il 18 settembre scorso presso la Casa Circondariale Femminile di Roma Rebibbia.

Infatti, il Consiglio di Disciplina dell’Amministrazione Penitenziaria ha appurato che quando la detenuta Sebesta arrivò nella Sezione Femminile di Rebibbia, i vertici dell’Istituto, a partire proprio dal Direttore, per ben due volte, avvertirono l’Azienda Sanitaria Locale che le condizioni della donna apparivano critiche e preoccupanti sul piano psichico.

Mi auguro che sia il Capo Dipartimento Basentini che il Ministro Bonafede facciano immediatamente le loro pubbliche scuse al Direttore, al Vice Direttore ed al Vice Comandante del Reparto di Polizia Penitenziaria della Casa Circondariale Femminile di Roma Rebibbia, avendole illegittimamente sospese dal servizio, senza aver avuto alcuna responsabile per quanto accaduto.

Emilio Enzo Quintieri

già Consigliere Nazionale di Radicali Italiani

Caso Battisti: manca il “dolo intenzionale”, archiviazione per Salvini e Bonafede. Resta indagato Basentini


Secondo quanto trapelato, il Tribunale dei Ministri di Roma, nei giorni scorsi, in accoglimento della richiesta avanzata dalla locale Procura della Repubblica, avrebbe disposto l’archiviazione del Procedimento Penale originato da una mia denuncia, nei confronti dei Ministri dell’Interno e della Giustizia Sen. Matteo Salvini ed On. Alfonso Bonafede, per mancanza del “dolo intenzionale”, una forma di dolo più intensa rispetto a quella generica, richiesta affinché si perfezioni il reato di abuso d’ufficio ex Art. 323 del Codice Penale, per quanto concerne il video effettuato durante la traduzione del detenuto Cesare Battisti, l’ex terrorista dei pac arrestato in Bolivia nel gennaio scorso.

In effetti, il reato di abuso d’ufficio, punisce il Pubblico Ufficiale che, nello svolgimento delle proprie funzioni, intenzionalmente procura a sé stesso o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale o reca ad altri un danno ingiusto in violazione di leggi o di regolamenti. Nel caso in specie, non è bastato che i due Ministri del Governo Conte, Salvini e Bonafede, con la loro condotta, abbiano violato leggi e regolamenti perché per procedere contro di loro il legislatore prevede – espressamente – che lo facciano “intenzionalmente”. E non vi sono elementi – sia secondo la Procura della Repubblica che il Tribunale dei Ministri – che possano dimostrare l’intenzione certa di cagionare un danno ingiusto al detenuto Battisti, al di là della condotta illecita posta in essere.

Presso la Procura della Repubblica di Roma, allo stato, pende un’altro fascicolo per il reato di omissione d’atti d’ufficio ex Art. 328 del Codice Penale, nei confronti del Dott. Francesco Basentini, Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia (anche lui era stato denunciato per abuso d’ufficio in concorso con i Ministri Salvini e Bonafede e con i Sottosegretari di Stato alla Giustizia Vittorio Ferraresi e Jacopo Morrone).

Basentini, quale Capo dell’Amministrazione Penitenziaria e Superiore del Gruppo Operativo Mobile della Polizia Penitenziaria che ha eseguito la traduzione del detenuto Battisti, avrebbe dovuto adottare tutte le opportune cautele per proteggere lo stesso dalla curiosità del pubblico e da ogni altra specie di pubblicità al fine di ridurne i disagi, come previsto dalla Legge Penitenziaria e dalle altre disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia ed in particolare dall’Art. 42 bis c. 1 e 4 dell’Ordinamento Penitenziario e dall’Art. 114 c. 6 bis del Codice di Procedura Penale.

Inoltre, dal punto di vista pratico – operativo, l’Amministrazione Penitenziaria, durante le traduzioni ha l’obbligo di proteggere i soggetti detenuti, arrestati o comunque in condizioni di restrizione della libertà personale, “al fine di tutelare più efficacemente l’inviolabile diritto di ciascun individuo al rispetto della propria dignità e della propria riservatezza come disposto dalla Circolare n. 558 del 08/04/1993 del Ministro di Grazia e Giustizia On. Giovanni Conso, a seguito delle modifiche all’Ordinamento Penitenziario introdotte dal Parlamento con l’Art. 2 della Legge n. 492 del 12/12/1992.

Secondo la Circolare del Ministro di Grazia e Giustizia (successivamente trasmessa a tutto il personale dell’Amministrazione Penitenziaria con nota Prot. n. 116242/3-891 del 07/05/1993 a firma del Vice Direttore Generale del Dipartimento per “pronta, doverosa e scrupolosa applicazione”) “.. E’ indubbio, peraltro, che la nuova normativa, proprio per la ratio che la ispira, impone a chi esegue la traduzione di operare in modo che l’attività di accompagnamento coattivo non sia, nè appaia degradante o lesiva della dignità della persona umana. Occorre evitare che si debba assistere alla divulgazione, soprattutto attraverso il mezzo televisivo, di scene raffiguranti imputati o “indagati” in manette letteralmente aggrediti da fotografi ed operatori televisivi in occasione delle loro traduzione negli Istituti Penitenziari o nelle aule di giustizia. Al riguardo, va richiamata l’attenzione degli organi responsabili della vigilanza e della custodia delle persone fermate, arrestate o comunque detenute affinché nel corso delle traduzioni provvedano alla scrupolosa osservanza delle previsioni del quarto comma dell’Art. 42 bis L. 354/1975, adottando, anche per non incorrere in condotte costituenti illecito disciplinare, ogni opportuna cautela finalizzata a proteggere i soggetti tradotti dalla curiosità del pubblico e da ogni specie di pubblicità, evitando ad essi inutili disagi. La necessità di evitare alle persone da tradurre inutili disagi si collega al principio generale, costituzionalmente garantito, secondo il quale non è consentito il ricorso a mezzi di coercizione non giustificati o non necessari nei confronti di persone sottoposte a restrizione della libertà.”

Inoltre, più recentemente, per quanto riguarda il personale del Corpo di Polizia Penitenziaria, la Circolare n. 3643/6093 del Capo Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria relativa a “Modello Operativo – Traduzioni e Piantonamenti” diffusa con nota Prot. n. GDAP-0094125-2013 del 14/03/2013, ha ribadito nuovamente che “Nel corso delle traduzioni devono essere adottate tutte le opportune cautele per proteggere i detenuti o gli internati dalla curiosità del pubblico e da ogni specie di pubblicità al fine di ridurne i disagi, secondo l’esempio che dette il glorioso Patrono del Corpo, S. Basilide.”

Quanto al reato di omissione d’atti d’ufficio, a differenza dell’abuso d’ufficio, non occorre il “dolo intenzionale” ma esclusivamente il “dolo generico” cioè la semplice coscienza e volontà di rifiutare l’atto non ritardabile che il Pubblico Ufficiale sapeva di dover compiere.

Vedremo, più in là, come si determinerà la Procura della Repubblica di Roma in ordine a tale ulteriore accusa nei confronti del Capo Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria o di altro personale ritenuto responsabile che sarà identificato nel corso delle attività investigative.

Delegazione Radicale visita le Carceri di Cosenza e Paola: 258 detenuti a Cosenza e 212 a Paola


Venerdì scorso, una delegazione radicale composta da Emilio Enzo Quintieri e Valentina Anna Moretti, ha effettuato una visita alla Casa Circondariale di Cosenza. Stamattina, invece, la delegazione, si è recata sul Tirreno presso la Casa Circondariale di Paola.

Entrambe le visite sono state autorizzate da Lina Di Domenico, Vice Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia, su richiesta dell’ex Consigliere Nazionale dei Radicali Italiani Quintieri, candidato alla carica di Garante Regionale dei Diritti delle persone detenute o private della libertà personale della Regione Calabria.

A Cosenza, la delegazione visitante, è stata accolta ed accompagnata dall’Ispettore Superiore Francesco Bufano, Vice Comandante del Reparto di Polizia Penitenziaria, dal Funzionario Giuridico Pedagogico Maria Francesca Branca e da una decina di Allievi Agenti di Polizia Penitenziaria mentre a Paola, dal Commissario Capo Davide Pietro Romano e dall’Ispettore Capo Attilio Lo Bianco, Vice Comandante della Polizia Penitenziaria e Coordinatore della Sorveglianza Generale. Inoltre, al Carcere di Paola, la delegazione, è stata ricevuta dal Direttore Caterina Arrotta.

Nell’Istituto di Cosenza, che ha una capienza regolamentare di 218 posti detentivi, al momento della visita, erano ristrette 258 persone, 59 delle quali straniere, di cui 103 appartenenti al circuito dell’Alta Sicurezza (As3 criminalità organizzata) e 155 a quello della Media Sicurezza, con le seguenti posizioni giuridiche : 50 in attesa di primo giudizio, 23 appellanti, 20 ricorrenti e 162 definitivi. Vi erano, altresì, 2 condannati ammessi al regime della semilibertà ex Art. 50 O.P., 2 detenuti in permesso premio ex Art. 30 ter O.P. e 4 detenuti al lavoro esterno ex Art. 21 O.P. Tra la popolazione detenuta vi sono 14 tossicodipendenti di cui 9 in terapia metadonica, 12 sieropositivi, 80 con problemi psichiatrici e 5 affetti da epatite C.

Nell’Istituto di Paola, che ha una capienza regolamentare di 182 posti detentivi (ci sono 2 camere attualmente non disponibili per un totale di 4 posti), al momento della visita, erano ristrette 212 persone, 103 delle quali straniere, tutte appartenenti al circuito della Media Sicurezza, con le seguenti posizioni giuridiche: 16 in attesa di primo giudizio, 25 appellanti, 15 ricorrenti e 156 definitivi di cui 6 ergastolani. Solo 40 detenuti, ritenuti a basso indice di pericolosità e con un fine pena non molto lungo, sono assegnati alla moderna Sezione a custodia attenuata, aperta qualche anno fa, in cui è operativo il sistema della “sorveglianza dinamica”. Unico dato certo rilevato a Paola è la presenza di 17 tossicodipendenti ma vi sono anche diversi detenuti con problemi psichiatrici ed altre patologie.

Nell’Istituto Penitenziario di Cosenza, recentemente affidato al Dirigente Maria Luisa Mendicino in seguito al collocamento a riposo per raggiunti limiti di età del Direttore Filiberto Benevento, sono state riscontrate alcune problematiche che saranno oggetto di ulteriore approfondimento. Inoltre si è constatata la perdurante chiusura dell’area verde esterna, nonostante sia stata ristrutturata ed attrezzata, grazie ad un finanziamento di 50 mila euro della Cassa delle Ammende. Pare che, a breve, anche grazie alle continue sollecitazioni dei Radicali Italiani, puntualmente effettuate all’esito di ogni visita, la stessa sarà resa fruibile ai detenuti per lo svolgimento di colloqui all’aperto con le famiglie ed in modo particolare con figli e nipoti in tenera età o adolescenti e/o genitori anziani, così come avviene ormai da tempo negli altri Istituti Penitenziari della Provincia di Cosenza.

Nella Casa Circondariale di Paola, nell’ultima visita tenutasi il 23 agosto 2018, erano state accertate diverse gravi criticità, oggetto anche di una Interrogazione Parlamentare a risposta scritta rivolta al Ministro della Giustizia da parte dell’Onorevole Riccardo Magi, Deputato di +Europa e Segretario Nazionale di Radicali Italiani. Tra le altre cose, era stata riscontrata la inagibilità di 17 camere di pernottamento per un totale di 34 posti detentivi, a causa delle copiose infiltrazioni di acqua piovana. Infine, per lo stesso motivo, risultavano degradate le aule scolastiche ed altri locali tra cui il teatro, l’ufficio della sorveglianza generale ed il corridoio centrale di ingresso alle sezioni detentive. Successivamente all’intervento dei Radicali Italiani presso i vertici dell’Amministrazione Penitenziaria, della Magistratura di Sorveglianza e del Garante Nazionale dei Diritti dei Detenuti e dell’atto di sindacato ispettivo parlamentare, tali problematiche sono state parzialmente risolte atteso che, come accertato, sono state ripristinate quasi tutte le camere che erano inagibili e ristrutturate tutti i locali destinati alle attività scolastiche. Continuano a persistere le infiltrazioni meteoriche nel corridoio centrale di ingresso agli spazi detentivi, nella 4 Sezione ed in tutta l’area destinata ai colloqui con i familiari e gli avvocati dei detenuti. Tale situazione sarà rappresentata al Capo ed al Vice Capo dell’Amministrazione Penitenziaria Francesco Basentini e Lina Di Domenico, al Provveditore Regionale della Calabria Massimo Parisi, al Magistrato di Sorveglianza di Cosenza Silvana Ferriero ed al Garante Nazionale dei Diritti dei Detenuti.

Nei prossimi giorni, seguiranno le visite dei Radicali Italiani alla Casa Circondariale di Castrovillari (venerdì 15) ed alla Casa di Reclusione di Rossano (martedì 19).

Video Battisti, indagato Basentini, Capo del Dap, per omissione d’atti d’ufficio


Video di Battisti, la Procura della Repubblica di Roma ha chiesto l’archiviazione per i Ministri dell’Interno e della Giustizia Sen. Matteo Salvini e On. Alfonso Bonafede perché ritiene che non vi sia il dolo intenzionale, cioè l’elemento soggettivo, richiesto dalla norma incriminatrice per la configurabilità del reato di abuso d’ufficio ex Art. 323 cp, ma prosegue l’indagine sull’operato dell’Amministrazione Penitenziaria.

Per il momento il Capo del Dipartimento Francesco Basentini, Magistrato in aspettativa, a seguito della mia denuncia, è sottoposto ad indagini preliminari per il reato di omissione d’atti d’ufficio ex Art. 328 cp in quanto Capo dell’Amministrazione e diretto Superiore Gerarchico del Gruppo Operativo Mobile della Polizia Penitenziaria che ha gestito la traduzione del detenuto Battisti, per non aver disposto le opportune cautele a tutela della dignità umana del detenuto traducendo, stabilite dalle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia.

Il Capo del Dap Basentini, come ho già scritto alla Procura di Roma, è stato sempre presente ai fatti – come dimostrano alcune foto in cui è perfettamente ripreso tra cui questa – peraltro non impedendo ai Ministri Salvini e Bonafede (ed altri soggetti) di fare foto e filmati al detenuto mentre veniva tradotto.

Nella denuncia, tra l’altro, ho chiesto all’Autorità Giudiziaria di accertare eventuali ulteriori responsabilità, penali e disciplinari, del personale del Corpo di Polizia Penitenziaria valutando, in modo particolare, la condotta tenuta dal Responsabile del Nucleo e dal Capo Scorta.

Sulla richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura della Repubblica di Roma, si dovranno pronunciare i Giudici del Tribunale dei Ministri di Roma.

Il carcere nel tempo della paura, il Giudice Maisto contesta le “linee programmatiche” del nuovo Capo del Dap


Il 5 dicembre 2018 il nuovo Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Francesco Basentini, ha inviato al personale del Dap le sue «Linee programmatiche», con una circolare in cui invita «ad adottare tutte le iniziative per garantire la tempestiva esecuzione delle disposizioni». Per fortuna nella Premessa del documento tali indicazioni sono qualificate solo come «tendenziali», perché, se invece fossero effettive, rappresenterebbero sicuramente una drammatica battuta di arresto del lungo e faticoso cammino di attuazione dell’Ordinamento penitenziario in senso costituzionale e una tragedia per gli scenari di un sistema carcerario futuro.

La Circolare restituisce un quadro eccessivamente desolante e caotico delle carceri senza tenere in nessun conto il passato più recente, caratterizzato dalla riduzione dei suicidi e degli autolesionismi, dall’adeguamento alle sentenze della Corte Edu e da tante pratiche virtuose promosse da quei territori oggi deprecati.

Il documento si presenta come il progetto di riorganizzazione, secondo criteri economici e di controllo verticistico del sistema, di una qualsiasi altra «macchina» amministrativa postmoderna e tecnologica, trascurando la specificità umana che connota «questa» amministrazione, deputata alla cura di persone in carne ed ossa, alla loro crescita responsabile ed attiva, e perciò orientata ai valori della Costituzione.
Alla programmata rigidità del sistema, monocentrico e standardizzato, non potrà che corrispondere un’inutile e dannosa inflessibilità verso i detenuti, con l’istituzione supplementare di «squadrette» di polizia penitenziaria – nuovi piccoli Gom («gruppi di intervento operativo dotati di equipaggiamento idoneo ad affrontare ogni possibile evento critico») – ed una maggiore applicazione di sanzioni disciplinari, sia con i divieti tipici del regime di sorveglianza particolare, sia con i trasferimenti da un penitenziario all’altro come strumento anomalo di punizione.

L’assetto prefigurato non è quello del carcere che rieduca, che responsabilizza per l’inserimento nel contesto sociale, perché mortifica il necessario pluralismo delle figure professionali penitenziarie. Un carcere improntato alla rigidità, con la previsione del monopolio dell’informazione attraverso la figura del Referente della comunicazione, la militarizzazione dei funzionari direttivi (copiando la legge di riforma della pubblica sicurezza del 1981), inquadrati nei ruoli della polizia penitenziaria.

Ulteriore elemento di separatezza dell’istituzione sarebbe l’implementazione della partecipazione a distanza dei detenuti alle udienze per evitarne la traduzione in nome dell’abolizione del fenomeno qualificato, erroneamente, «come tornelli o porte girevoli».

In un siffatto contesto la «popolazione detenuta», «i soggetti reclusi» verrebbero trasformati in «risorsa dell’amministrazione penitenziaria». Il presunto miglioramento della «qualità di vita» si ridurrebbe, così, alla restrizione degli spazi intramurari di libertà mediante la revisione della sorveglianza dinamica, ad una scelta «allargata» dei canali televisivi ed al massiccio aumento del lavoro di pubblica utilità non retribuito, a tutto vantaggio delle carceri e degli uffici giudiziari. Ritornerebbe così la prigione come disciplinamento dei corpi.

In una situazione di ripresa – crescente, rapida e non casuale – di quel sovraffollamento che mortifica la dignità del mondo umano delle galere, ci si limita ad evocare indefinite «soluzioni di minor impatto finanziario», dimenticando l’efficacia di una pur possibile sinergia con la Magistratura di sorveglianza per l’implementazione di quelle misure alternative alla detenzione che, comunque, rappresenterebbero una strategia diversificata del contrasto alla criminalità.

Francesco Maisto *

*Magistrato, già Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Bologna

Il Manifesto, 2 gennaio 2019

Carcere di Rossano, situazione disastrosa, 21 giorni per avere l’esito di un esame del sangue


Riprende l’attività di monitoraggio all’interno degli Istituti Penitenziari della Calabria da parte dei Radicali Italiani, autorizzata dal Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia Francesco Basentini. Ad annunciarlo l’ex Consigliere Nazionale Emilio Enzo Quintieri, candidato alla carica di Garante Regionale dei Diritti dei Detenuti, che giovedì prossimo insieme al Prof. Mario Caterini, Docente di Diritto Penale dell’Università della Calabria e ad una delegazione di Studenti del corso di laurea magistrale di “Intelligence ed Analisi del Rischio” del Dipartimento di Lingue e Scienze dell’Educazione, farà visita alla Casa di Reclusione di Rossano, allo stato amministrata dal Direttore “in missione” Caterina Arrotta, dirigente titolare dell’Istituto di Paola.

All’esito della precedente visita, svoltasi il 30 agosto scorso, la delegazione dei Radicali Italiani, aveva relazionato, oltre alle criticità afferenti la Sezione As2 in cui sono ristretti i detenuti imputati o condannati per terrorismo internazionale di matrice islamica, una serie di problematiche al Capo Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, al Provveditore Regionale Reggente, al Direttore dell’Istituto, al Magistrato di Sorveglianza di Cosenza ed al Garante Nazionale dei Diritti dei Detenuti.

Tra le criticità segnalate vi è quella afferente l’organizzazione del Servizio Sanitario Penitenziario: la delegazione, nel corso della visita, ha avuto modo di interloquire col personale sanitario che presta servizio nell’Istituto, alle dipendenze dell’Asp di Cosenza. Dai colloqui è emerso che nell’Istituto, ormai da tempo, manca un ecografo nonostante la presenza di un medico specialista, il che determina la traduzione di numerosi detenuti presso il locale Presidio Ospedaliero per le indagini ecografiche con tempi di attesa abbastanza lunghi (rispetto a quelli intramoenia) e con tutte le problematiche che ne conseguono per l’Amministrazione Penitenziaria (carburante, manutenzione veicoli, costo personale) dovute al servizio di traduzione individuale diretta su strada a mezzo del Corpo di Polizia Penitenziaria (circa 200 traduzioni nel solo 2017). Ed infatti, com’è noto, per un detenuto appartenente al circuito della media sicurezza occorrono 3 unità di Polizia Penitenziaria, per un detenuto appartenente al circuito dell’Alta Sicurezza – Sottocircuito As3 criminalità organizzata – occorrono 4 unità e per un detenuto appartenente al Sottocircuito As2 terrorismo internazionale servono addirittura 6 poliziotti. Inoltre, vista la carenza del personale in forza al Nucleo Traduzioni e Piantonamenti, altro personale addetto agli Uffici ed alle Sezioni detentive, deve assentarsi dal servizio per coadiuvare i loro colleghi nelle traduzioni.

Eppure, tempo addietro, l’Asp di Cosenza, aveva provveduto ad acquistare un apparecchio ecografico di ultima generazione, munito anche di ecocolordoppler (costato circa 20 mila euro), assegnandolo al Carcere di Rossano che col medico specialista, riusciva ad eseguire tutti gli accertamenti intramoenia (anche 10/15 al giorno), senza necessità di traduzioni in strutture esterne (ove, comunque, non è possibile praticare il servizio con le stesse modalità). Pare che, a seguito di non meglio precisati lavori sul tetto dell’area sanitaria, da parte di una ditta esterna, tale apparecchio sia stato danneggiato e reso inservibile (ci sarebbe piovuto di sopra). Tale questione, peraltro, pare non sia stata mai sollevata da nessuno, prima dei Radicali che hanno chiesto di disporre degli accertamenti per individuare eventuali responsabilità e per ripristinare il servizio.

Altra problematica relativa sempre al Servizio Sanitario Penitenziario della Casa di Reclusione di Rossano, in cui sono ristretti numerosi soggetti affetti dal virus dell’epatite b e c, riguarda il ritardo con il quale vengono comunicati dall’Asp di Cosenza gli esiti degli esami ematochimici dei detenuti ed in particolare modo quello emocromocitometrico. Il personale sanitario ha riferito alla delegazione visitante che tali risultati, nonostante la loro semplicità (ed infatti per i cittadini liberi sono previsti, al massimo, 24/48 ore di attesa), giungono all’Istituto, dai Laboratori di Cosenza, addirittura dopo 21 giorni dal prelievo. Ciò, sempre secondo i sanitari, impedisce di gestire in maniera appropriata ed efficiente i detenuti portatori del virus con una ottimizzazione del percorso diagnostico – terapeutico – assistenziale e del trattamento secondo quanto previsto dai protocolli e linee guida più innovativi. Anche per questa problematica, i Radicali, hanno chiesto all’Amministrazione Penitenziaria, centrale e periferica, di sollecitare la Regione Calabria e l’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, ad una migliore organizzazione del servizio, garantendo tempi assolutamente più brevi per la comunicazione all’Istituto degli esiti degli esami, per una migliore tutela della salute delle persone ristrette, affinché il carcere non sia considerato come un luogo in cui vige un regime di extraterritorialità rispetto alle garanzie fondamentali assicurate dallo Stato.

Infine, la delegazione radicale, ha espresso soddisfazione per la stipula del protocollo di intesa tra la Direzione del Carcere di Rossano e l’Asp di Cosenza per la prevenzione e gestione degli eventi suicidari. A tale proposito, è stata colta l’occasione per sollecitare l’Amministrazione Penitenziaria, centrale e regionale, a voler fornire tempestivamente all’Istituto il materiale (effetti letterecci) in tessuto non tessuto per la consegna a quei detenuti nei confronti dei quali siano state disposte eccezionali misure di sicurezza, evitando di lasciare gli stessi privati di ogni genere di conforto, ivi compreso le lenzuola, in condizioni di disagio e di afflizione di difficile sopportazione, specialmente quando tale condizione si protragga per considerevoli periodi di tempo.

Ulteriori segnalazioni, non di minor importanza, sono state fatte in ordine al funzionamento dell’area amministrativo – contabile (nonostante l’organico sia al completo), alla carenza di personale di Polizia Penitenziaria (dal 10 settembre 5 unità sono assenti per partecipare al corso di Vice Ispettore e non rientreranno fino a marzo 2019, restano in servizio 123 unità su 153), alla carenza di attività lavorativa intramoenia (lavorano pochissimi detenuti), all’autorizzazione per l’uso ed il possesso nelle camere detentive del personal computer per motivi di studio ai 15 detenuti iscritti all’Università della Calabria, alla impraticabilità del campo sportivo (perché quando piove si allaga per molto tempo, non essendoci impianto di drenaggio), al potenziamento delle linee telefoniche dell’Istituto perché insufficienti (sono presenti solo 2 linee telefoniche) ed infine in ordine alla illegittima prassi di sospendere le telefonate straordinarie o escludere dalle attività lavorative quei detenuti che siano stati sanzionati disciplinarmente.

Carcere di Rebibbia, Quintieri (Radicali) replica al Dap “Quella detenuta non poteva essere isolata”


Oggi sfogliando “La Repubblica” noto un articolo a firma della giornalista Maria Elena Vincenzi dal titolo “Bimbi uccisi dalla madre detenuta. Il Dap: “Serviva l’isolamento”. Incuriosito per la “stranezza” del titolo, ho inteso approfondire, leggendo tutto il contenuto. Ebbene, questa è la parte su cui mi sono soffermato : “… Agli atti ci sono note in cui le guardie mettono nero su bianco “un pericolo per i due piccolini”. Ce ne sono diverse. Una, in particolare, arrivata sul tavolo della direttrice Ida Del Grosso (poi sospesa), lo stesso giorno della tragedia raccontava di un ematoma sulla testa del piccolo Divine. Non forniva alcuna spiegazione sul perché di quella ferita. Ma, questa è la considerazione di via Arenula, a seguito di quella segnalazione, la madre avrebbe dovuto essere messa in isolamento. Così non è stato… “.
Francamente, non riesco a capire come sia possibile scrivere queste fesserie. E non voglio credere che a farlo, come scrive la giornalista de “La Repubblica” sia stato proprio “il Dap” cioè il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia che gestisce tutti gli Istituti Penitenziari della Repubblica Italiana.
L’Ordinamento Penitenziario (O.P.), all’Art. 33, prevede – in maniera tassativa – quali siano i casi in cui sia ammesso l’isolamento del detenuto : 1) quando è prescritto per ragioni sanitarie; 2) durante l’esecuzione della sanzione della esclusione dalle attività in comune; 3) per gli imputati durante la istruttoria se e fino a quando ciò sia dire necessario dall’Autorità Giudiziaria.
Ed il Regolamento di Esecuzione Penitenziaria (Reg. Es. O.P.), all’Art. 73, prevede che l’isolamento per “ragioni sanitarie” debba essere “prescritto dal Medico nei casi di malattia contagiosa” e conclude con un divieto categorico : “Non possono essere utilizzate sezioni o reparti di isolamento per casi diversi da quelli previsti per legge.” (per Legge si intende l’O.P.).
Inoltre, per quel che si desume dall’articolo, non era possibile contestare qualche infrazione disciplinare (tra quelle previste dall’Art. 77 del Reg. Es. O.P. perché i detenuti non possono essere puniti per fatti diversi ai sensi dell’Art. 38 O.P.) alla detenuta per cui il Direttore dell’Istituto non poteva attivare il Procedimento disciplinare e disporre, in via cautelare, l’isolamento della stessa, in attesa della convocazione del Consiglio di Disciplina, Autorità competente a deliberare la sanzione ai sensi dell’Art. 40 O.P.
Quindi, è davvero incomprensibile, come per “Il Dap: “Serviva l’isolamento”.
Per quali ragioni quella detenuta avrebbe dovuto essere posta in “isolamento” dal Direttore, dal Vice Direttore o dal Vice Comandante di Reparto della Polizia Penitenziaria, sospesi dal servizio dal Capo del Dap Francesco Basentini per ordine del Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ?
Un eventuale provvedimento che disponesse l’isolamento nei confronti della detenuta, immotivato ed assunto all’infuori dei casi tassativi previsti dalla Legge, sarebbe stato illegittimo ed immediatamente annullato dal Magistrato di Sorveglianza d’ufficio o su reclamo della detenuta o del suo difensore ai sensi degli Artt. 35 bis e 69 O.P.

Emilio Enzo Quintieri

Comitato Nazionale Radicali Italiani

Rossano, Radicali denunciano criticità nel reparto As2 per terrorismo internazionale


Abbiamo riscontrato delle criticità nel Carcere di Rossano, nel reparto As2 ove sono ristretti detenuti per terrorismo internazionale islamista. Lo afferma Emilio Enzo Quintieri, Consigliere Nazionale dei Radicali Italiani all’esito di una visita effettuata insieme all’esponente radicale Valentina Anna Moretti nelle scorse settimane presso la Casa di Reclusione di Rossano, autorizzata dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia. La Delegazione, su delega dell’Autorità Dirigente, è stata ricevuta ed accompagnata dal Vice Ispettore Nicola Scigliano ed altro personale di Polizia Penitenziaria in servizio.

Nell’Istituto Penitenziario di Rossano, che è uno dei quattro Istituti d’Italia (gli altri sono quelli di Sassari, Nuoro e L’Aquila), è presente una Sezione di Alta Sicurezza (AS2) destinata ai detenuti imputati o condannati per reati riguardanti il terrorismo internazionale di matrice islamica. Questa Sezione, è divisa in tre piani : il piano terra ed il primo piano sono composti ciascuno da otto camere, una saletta per la socialità ed un locale adibito ad infermeria. Al piano ancora inferiore sono ubicati: la sala di culto per i detenuti musulmani, i locali passeggi, molto angusti e coperti da una rete metallica, un locale barberia ed il locale infermeria. Nonostante la presenza di tale Sezione con diversi detenuti stranieri provenienti da Paesi tradizionalmente di fede islamica, nell’Istituto, non è presente alcun Funzionario Mediatore Culturale dipendente dell’Amministrazione Penitenziaria. Ed infatti, l’attività di mediazione linguistico – culturale, è garantita da alcuni volontari, la cui presenza è limitata a pochissime ore al mese. La maggior parte dei detenuti ristretti in tale Sezione ha la posizione giuridica di “giudicabile” per cui in attesa di giudizio. Tanti di loro, come accertato dalla Delegazione, non sanno nemmeno di cosa siano accusati, perché spesso nemmeno gli atti processuali vengono tradotti nella loro lingua o in altra lingua che sia loro comprensibile. Ciò nonostante la normativa interna ed internazionale preveda che a tutti i detenuti stranieri venga assicurata una adeguata mediazione linguistica e culturale; soprattutto nella fase processuale è stabilito il diritto all’interprete ed alla traduzione degli atti al fine di comprendere le accuse ascrittegli e di seguire il compimento degli atti cui partecipano in maniera tale da potersi difendere adeguatamente e garantire un equo processo. Inoltre, è previsto il diritto all’assistenza gratuita di un interprete per le comunicazioni con il difensore prima di rendere un interrogatorio, ovvero al fine di presentare una richiesta, istanza o memoria all’Autorità Giudiziaria competente.

Durante la visita alla Sezione detentiva, diversi detenuti hanno lamentato che il televisore posto in ogni camera è incastonato nel telaio in ferro soprastante il cancello d’ingresso con lo schermo rivolto verso l’interno del locale e l’amplificazione verso l’esterno (nel corridoio), per cui non è possibile ascoltare la televisione senza arrecare fastidio a tutta la Sezione se non stando in piedi accanto al cancello d’ingresso e tenendo il volume basso. Non si comprende per quali ragioni, esclusivamente in detta Sezione, il televisore debba essere posizionato nelle condizioni appena descritte con oggettive difficoltà nella focalizzazione delle immagini e della comprensione dell’audio, se non da posizione ravvicinata (e con il volume sempre basso per non disturbare gli altri). Inoltre, il detenuto, a causa della collocazione ad un’altezza piuttosto elevata dell’apparecchio, per guardare la televisione, è costretto a tenere il collo proteso all’insù, assumendo pertanto una postura innaturale e scomodissima ed evidentemente non mantenibile, da chiunque, per molto tempo. Ci risulta, scrive Quintieri nella sua informativa, che, in casi analoghi, la Magistratura di Sorveglianza ha accolto alcuni reclami proposti dai detenuti soggetti al regime detentivo ex Art. 41 bis O.P. ordinando all’Amministrazione Penitenziaria di sistemare meglio gli apparecchi televisivi all’interno delle loro camere. Appare assolutamente necessario che l’Amministrazione provveda tempestivamente ad una ricollocazione degli apparecchi televisivi all’interno della Sezione, mediante il sistema che verrà ritenuto concretamente più idoneo ed efficace, ad una distanza ed altezza da terra idonee a permettere ai detenuti, l’agevole visione ed ascolto dei programmi televisivi, essendo peraltro molteplici le soluzioni oggi disponibili sul mercato.

Altra problematica, riferita dai detenuti, è che ormai da diverso tempo, per non meglio definite “ragioni di sicurezza” non possono più usufruire del Campo Sportivo dell’Istituto, contrariamente a quanto avveniva in precedenza. Per loro resta possibile svolgere attività sportiva “al chiuso” presso la palestra per due volte alla settimana. Com’è noto (anche) le attività sportive sono inserite dall’Ordinamento Penitenziario (Art. 15 O.P.) tra i principali elementi del trattamento, assieme ad istruzione, lavoro, religione, contatti con il mondo esterno e con la famiglia. Durante la precedente visita all’Istituto, svolta il 23 giugno scorso, alla Delegazione era stato riferito dal personale di Polizia Penitenziaria che per la Sezione AS2 era stato proposto di allestire un campo di calcio a 5 attiguo ai cortili passeggio e che il relativo progetto era stato sottoposto al Provveditorato Regionale per la Calabria. Nella loro informativa i Radicali Italiani hanno chiesto che l’Amministrazione provveda a risolvere tale problematica, consentendo ai detenuti della Sezione AS2 di poter usufruire del Campo Sportivo utilizzato dal resto della popolazione detenuta, atteso che il trattamento deve essere conforme ad umanità, improntato ad assoluta imparzialità, senza discriminazioni in ordine a nazionalità, razza e condizioni economiche e sociali, a opinioni politiche e a credenze religiose, proprio per assicurare parità di condizioni di vita tra i detenuti (Artt. 1 e 4 O.P.). Sono state chieste, infine, notizie relative alla proposta progettuale di allestimento di un campo di calcio a 5 attiguo ai cortili passeggio ad esclusivo uso dei detenuti appartenenti alla Sezione AS2.

Sulla questione, anche l’Ufficio del Garante Nazionale dei Diritti dei Detenuti presso il Ministero della Giustizia, nelle Raccomandazioni 2016-2017 “Norme e normalità” sugli standard di vita penitenziaria, ha precisato che : “Ai detenuti ristretti nelle Sezioni di “Alta Sicurezza 2” (AS2), i quali rispondono di o sono stati condannati per reati aggravati dalla finalità di terrorismo di sedicente fondamentalismo religioso e ai detenuti cosiddetti “attenzionati” per rischio di radicalizzazione, deve essere assicurato un programma ampio di attività che, seppure modulate secondo le connotazioni del particolare regime, diano loro in ogni caso la possibilità di muoversi, essere impegnati nel lavoro e nello studio (qualora richiesto), avere relazioni con altri, anche al fine di offrire effettivi elementi di comprensione dell’evolversi del loro atteggiamento, delle dinamiche che essi realizzano nel rapporto con gli altri, degli eventuali atteggiamenti di proselitismo o, al contrario, di recesso dalle precedenti scelte. Una quotidianità detentiva, infatti, che lasci le persone nelle proprie stanze per quasi la totalità della giornata, in una sorta di tempo vuoto, non dà strumenti di conoscenza, non consente di capire quali situazioni si stiano nel concreto determinando, non offre elementi per un reinserimento al termine dell’esecuzione della pena che aiuti i singoli e tuteli concretamente la sicurezza della società esterna.”

Gli esiti della visita, nei giorni scorsi, sono stati formalmente comunicati al Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Francesco Basentini, al Provveditore Regionale Reggente per la Calabria Cinzia Calandrino, al Direttore della Casa di Reclusione di Rossano Giuseppe Carrà, al Magistrato di Sorveglianza di Cosenza Silvana Ferriero ed al Garante Nazionale dei Diritti dei Detenuti presso il Ministero della Giustizia Mauro Palma.