“Oltre le sbarre”, Quintieri e Moretti (Radicali) ospiti di “Linea Rovente”


Nei giorni scorsi, insieme alla collega Valentina Moretti, siamo stati ospiti della trasmissione televisiva “Linea Rovente” su Teleuropa Network condotta dalla giornalista Alessandra Carrieri.

Abbiamo parlato delle Carceri della Calabria, del trattamento dei detenuti e delle condizioni lavorative del personale penitenziario.

Qui trovate il link per vedere la puntata “Oltre le sbarre” http://www.tenonline.tv/linea-rovente-22-marzo-2018-oltre-le-sbarre/

Carceri, Giustizia, Valentina Moretti (Radicali) interviene alla Corte di Appello di Catanzaro


moretti-corte-di-appello-catanzaroQuesta mattina, presso il Palazzo di Giustizia di Catanzaro, si è tenuta la Solenne Cerimonia di inaugurazione dell’Anno Giudiziario per il 2017, presieduta dal Presidente della Corte di Appello di Catanzaro, il Dott. Domenico Introcaso. Erano presenti tutti i Magistrati Inquirenti e Giudicanti del Distretto di Catanzaro, numerose Autorità Politiche, Civili, Religiose e Militari, rappresentanti del Ministero della Giustizia, del Consiglio Superiore della Magistratura, del Consiglio Nazionale Forense, dell’Ordine degli Avvocati, dell’Associazione Nazionale Magistrati nonché del Movimento Nazionale Radicali Italiani.

Per i Radicali, su delega della Segreteria Nazionale, è intervenuta l’esponente radicale Valentina Anna Moretti, laureanda in Giurisprudenza all’Università della Calabria e membro della Delegazione visitante gli Istituti Penitenziari della Calabria. Ad accompagnarla Emilio Enzo Quintieri, già membro del Comitato Nazionale di Radicali Italiani.

Qui sotto, troverete il discorso integrale letto in Aula dalla delegata di Radicali Italiani, molto apprezzato da parte di tutti gli intervenuti.

 

INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2017

CORTE DI APPELLO DI CATANZARO

28 Gennaio 2017

 

Signor Presidente, Signor Procuratore Generale

Signori Magistrati e Signori Avvocati

Autorità Politiche, Civili e Militari

Signore e Signori

 

Sono onorata di intervenire in quest’Aula, come delegata del Movimento Nazionale Radicali Italiani, al pari degli altri compagni radicali in tutte le sedi delle Corti di Appello d’Italia.

Preliminarmente, desidero ringraziare il Signor Presidente della Corte di Appello di Catanzaro, per averci concesso la possibilità di partecipare ed intervenire a questa solenne cerimonia.

Ancora una volta, come avviene oramai da decenni, l’Anno Giudiziario, è inaugurato nel segno e nel contesto di un’emergenza, anzi di più “emergenze”, che, quando si dà per scontato che l’ordinamento giuridico, la giustizia, il suo ruolo tra le istituzioni dello Stato, possano una volta essere condizionate “dall’emergenza”, è ben difficile che, poi si possa considerare di “esserne fuori” ed escludere che, invece, sempre nuove ne sopravvengano.

Emergenze mafia, emergenze corruzione, emergenze terrorismo.

Mi chiedo se questa giustizia, quella “delle emergenze” possa essere considerata “giustizia” e se sia compatibile con i principi fondamentali cui essa deve essere improntata nei Paesi civili come l’Italia!

Non sarà qui ed ora che potrà darsi una risposta d’ordine generale. Ma è impossibile, se non si vuole che questo diventi uno squallido rituale magari anche un pochetto ridicolo, non interrogarci sul fatto che stanno tragicamente venendo al pettine i nodi rappresentati da questa “devianza” della giustizia.

Cominciamo da uno di quelli che oramai sono diventati scandalosi.

Eventi recentissimi hanno richiamato l’attenzione sul “sistema” dei pentiti, perché di un complesso sistema si tratta, che costituisce l’architrave di ogni prova non solo in materia di criminalità organizzata; hanno creato un loro mondo, una loro “verità”: si sostengono e si “ispirano” reciprocamente.

Ogni tanto clamorosi casi di falsità, evidenti manifestazioni di “pentimenti” strumentali, lasciano intravedere le magagne del problema. Ma a tutti si risponde che i pentiti sono “essenziali” per la “lotta” alla criminalità organizzata. Questo “supera” il problema della affidabilità delle loro dichiarazioni. Ma quante sentenze sono viziate, false, ingiuste, perché fondate su dichiarazioni di pentiti che saranno pure risultati “essenziali” per la lotta, ma non altrettanto per la certezza delle accuse fondate sulle loro “rivelazioni”?

E qui bisogna soffermarsi a riflettere su ciò che la storia della nostra legislazione processuale ci dimostra. Quando fu introdotta nel codice di procedura penale la formula della necessità, per addivenire ad una sentenza di condanna, della dimostrazione della colpevolezza dell’imputato “al di là di ogni ragionevole dubbio” (escludendo quindi, ad esempio, il valore di una pur altissima probabilità) avrebbe dovuto verificarsi una svolta, un “terremoto” nell’esito dei processi penali.

Avrebbe dovuto scomparire per sempre la tendenza a far dipendere le condanne dall’esigenza di “dare un esempio”, di rendere meno allettante l’idea del ricorso al crimine, ma non è stato così. Non sono nemmeno cambiate le parole con le quale le sapienti motivazioni prevalgono sulla ragionevolezza dei motivi delle condanne. Le statistiche non ne hanno risentito. Ancora una volta la legge è risultata non essere fatta per realizzare il suo semplice e chiaro dettato.

E’ in corso un sempre più marcato e frequente ricorso a norme di legge “alla giornata”, spesso al di fuori e contro il sistema complessivo del diritto, per soddisfare sentimenti e reazioni della pubblica opinione in ordine a particolari in sé non essenziali dei comportamenti considerati. L’uso di qualche termine straniero, entrato nel linguaggio usuale da un sistema giuridico totalmente diverso dal nostro, completa il quadro di uno sfascio del sistema.

La proporzionalità delle pene secondo la gravità effettiva del delitto è stata compromessa e rovinata dall’esigenza di adattare le leggi penali alla contingenza di momenti di allarme e di esecrazione per certi reati.

E qui si deve dire chiaramente che la “giustizia di lotta”, per “campagne”, di volta in volta contro questa o quella forma di criminalità, oltre a determinare pregiudizi e deformazioni delle valutazioni delle prove necessarie per applicare le norme repressive, finisce per portare alla disgregazione ed allo sfascio dell’armonia degli ordinamenti giuridici.

Da un punto di vista soggettivo, poi, questo tipo di giustizia finisce per conferire a chi è chiamato ad esercitarla una visione del proprio compito che, anziché di applicazione e, quindi, di soggezione alla legge, è di superiorità della giurisdizione al diritto: la pericolosa involuzione della funzione giuridica e del corpo stesso della Magistratura spinta ad assumere tendenze, ad essere parte, partito, ed a deformare l’Istituzione che rappresenta con l’assunzione di un ruolo concorrente e finalizzato alla supremazia rispetto agli altri organi costituzionali dello Stato.

Infine, mi si consenta, di esprimere qualche considerazione sull’attuale situazione penitenziaria distrettuale di Catanzaro. Com’è noto, come Radicali, ci siamo sempre occupati del “Pianeta Carcere” e continuiamo ad occuparcene con grande impegno, anche con frequenti visite a tutti gli Istituti, grazie all’autorizzazione dell’Amministrazione Penitenziaria che intendo, pubblicamente, ringraziare anche in questa sede.

In questo Distretto Giudiziario vi sono 7 Istituti Penitenziari (6 Case Circondariali ed 1 Casa di Reclusione). Oltre la metà (4 su 7) continuano ad esser sovraffollati. A Paola l’indice di affollamento è del 130%, a Cosenza del 129%, a Crotone del 107% ed a Rossano del 104%.

Manca il personale di Polizia Penitenziaria; in particolare i Funzionari ed i Sottufficiali (8 Commissari, 41 Ispettori, 69 Sovrintendenti). Mancano i Funzionari Giuridico Pedagogici ed anche quelli del Servizio Sociale.

Manca, addirittura, il Provveditore Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria della Calabria. E’ dal 2010 che non è stato più nominato, in pianta stabile, nessun Dirigente Generale per la nostra Regione!

Nel ringraziarvi per la cortese attenzione riservatami, auguro a tutti voi Magistrati ed Operatori del diritto un buon anno giudiziario.

Valentina Anna MORETTI

Delegata del Movimento Radicali Italiani

 

Rapporto annuale del Blog Emilio Quintieri di WordPress.com : 65 mila visite nel 2015


I folletti delle statistiche di WordPress.com hanno preparato un Rapporto annuale 2015 per il Blog “Emilio Quintieri”.

Ecco un estratto:

Il Madison Square Garden può accogliere 20 000 spettatori per un concerto. Questo blog è stato visto circa 65.000 volte nel 2015. Se fosse un concerto al Madison Square Garden, ci vorrebbero circa 3 rappresentazioni esaurite perché lo vedessero altrettante persone.

Clicca qui per vedere il rapporto completo.

Catanzaro, Visita dei Radicali al Carcere di Siano : situazione decisamente migliorata


Delegazione Radicale CC Catanzaro“Spes contra spem”: speranza, contro ogni speranza. Sperare e lottare anche quando le condizioni sembrano disperate. Nell’ambito dell’iniziativa “Spes contra spem”, che in Calabria ha visto alcuni militanti radicali impegnati nella visita di tutte le carceri del territorio calabrese, nella giornata di ieri abbiamo visitato, come delegazione di radicali (presenti Giuseppe Candido, Antonio Giglio – Consigliere comunale di Catanzaro, iscritto da anni al Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito – Emilio Quintieri, Rocco Ruffa) la Casa Circondariale “Ugo Caridi” di Catanzaro, accompagnati dal personale della polizia penitenziaria, e dalla direttrice del carcere dott.ssa Angela Paravati. Verificate, come sempre, le condizioni della struttura, e ascoltati i detenuti. Confermato, rispetto all’ultima visita (effettuata l’1 gennaio scorso) il dato positivo sul sovraffollamento. Rispetto alle condizioni rilevate durante la visita effettuata a fine marzo 2014, quando ancora le presenze (484) erano maggiori della capienza regolamentare dichiarata di 617 che, in realtà, era di 329 perché erano ancora indisponibili i 288 posti del padiglione nuovo, al momento la situazione è decisamente migliorata. Nella struttura, ieri, durante la visita, erano presenti 570 detenuti (di cui 320 comuni e 250 di alta sicurezza, 0 in regime di 41-bis), tutti uomini; un numero inferiore rispetto alla capienza regolamentare dichiarata di 627 posti; ma a questi, vanno sottratti 72 posti dell’ultimo piano del nuovo padiglione perché ancora inutilizzati. Praticamente la struttura è al completo. 136 sono i detenuti stranieri; 8 i tossicodipendenti in terapia con metadone.

Carcere Siano - reparti detentiviCi sono diverse sale attrezzate come palestra, un campo sportivo, il teatro e c’è un laboratorio dentistico con tre odontoiatri che vi lavorano a turno; per quanto riguarda le cure mediche alcuni detenuti lamentano tempi di attesa lunghi. Negativo il dato sulla quasi completa impossibilità di lavorare: solo 145 di loro possono farlo e lavorano alle dipendenze dell’Amministrazione penitenziaria. Per tutti gli altri ci sono solo socialità, passeggio, e alcuni lavoretti interni al carcere, che li tengono “impegnati” per sei ore al giorno. Il resto del tempo i detenuti lo passano nelle celle che, ad eccezione di quelle del nuovo padiglione, sono umide, e hanno il water nello stesso angusto loculo dove c’è pure la cucina e il lavabo. Problemi di umidità anche nelle docce, che nei vecchi padiglioni sono tutte in comune.

Nell’area sanitaria sono presenti, nei vari turni di lavoro, 10 medici che garantiscono un servizio h24, con la possibilità di fare viste specialistiche con la presenza settimanale del cardiologo, dermatologo, diabetologo, infettivologo, neurologo, ortopedico, urologo, otorinolaringoiatra ed è presente il defibrillatore.   Su una pianta organica di 401 agenti di polizia penitenziaria, effettivi in servizio ce ne sono appena 293, di cui 48 impegnati nel nucleo traduzioni. E su 547 detenuti sono 7 gli educatori che lavorano nella struttura. Detenuti in attesa di giudizio: 107, di cui 66 appellanti, 45 ricorrenti, 38 in posizione mista. Zero suicidi nel 2015. Frequenti, anche se diminuiti rispetto al recente passato, gli atti di autolesionismo, 14 nel 2015; 12 i detenuti che usufruiscono di permesso premio. Siamo rimasti stupiti dallo smantellamento, avvenuto nel totale silenzio da parte del DAP, del Reparto Alta Sicurezza AS2, in cui, da anni, erano ospitati detenuti per motivi politici (Brigate Rosse, Anarchici). Nel mese di dicembre, gli 8 detenuti sono stati tradotti dalla Polizia Penitenziaria in altra Casa circondariale, fuori Regione. Negativo il fatto che non ci siano più progetti per fare lavorare i detenuti all’esterno: si ritorna, quindi, alla vecchia concezione del carcere, dove i progetti di reinserimento e di recupero – fondati su idee di civiltà, giuridica e non – sono prossimi allo zero a causa del disinteresse della maggior parte della Politica e delle amministrazioni. Il carcere viene visto come un ghetto, una struttura da isolare e dimenticare; l’argomento “carcere” e “detenuti” è malvisto anche dalla gran parte dell’opinione pubblica, che preferisce affrontare il tema parlando alla pancia dei cittadini.

Antonio Giglio e Giuseppe Candido, Militanti Radicali

Catanzaro, Violati i diritti dei detenuti. Il Prap Calabria non esegue gli ordini della Magistratura di Sorveglianza


Casa Circondariale Catanzaro SianoSono tanti anni che i Radicali Italiani e pochi altri sostengono che la legalità prima di pretenderla bisognerebbe darla e che le nostre carceri, che dovrebbero essere il regno del diritto, siano i luoghi più illegali del Paese ove non esiste alcuna effettiva tutela giurisdizionale dei diritti dei detenuti sanciti dall’Ordinamento Penitenziario. In Calabria, come nel resto delle altre Regioni d’Italia, viene sistematicamente violato il principio di umanità e di territorialità della pena.

Negli scorsi mesi Giuseppe Macrì, 47 anni, di Delianuova in Provincia di Reggio Calabria, ristretto nella Casa Circondariale “Ugo Caridi” di Catanzaro in espiazione di una condanna a 6 anni di reclusione per detenzione abusiva di arma da sparo, durante una visita ispettiva esperita il 16/06/2015 dal Magistrato di Sorveglianza di Catanzaro Angela Cerra, rappresentava di avere seri problemi di salute e che voleva essere trasferito a Reggio Calabria, perché la vicinanza ai suoi figli lo avrebbe fatto stare meglio. Dalle informazioni acquisite presso la Direzione della Casa Circondariale di Catanzaro emergeva che, effettivamente, il condannato, era affetto da numerose patologie e che aveva bisogno di cure e controlli periodici, soprattutto neurologici, psichiatrici ed otorinolaringoatrici.

Per cui, l’avvicinamento al proprio nucleo familiare, poteva sicuramente giovare al miglioramento del tono dell’umore e dello stato psicologico del detenuto con probabile riduzione degli episodi critici. Le doglianze del detenuto, a cui resta da espiare ancora qualche anno, hanno trovato riscontro durante l’istruttoria espletata e lo stesso Dirigente del Servizio Sanitario Penitenziario ha segnalato l’opportunità di un trasferimento del predetto in altro Istituto il più possibile vicino alla residenza del suo nucleo familiare. Per tale motivo, il Magistrato di Sorveglianza Angela Cerra, in accoglimento del reclamo, disponeva che l’Amministrazione Penitenziaria (Prap e Dap), provvedesse con sollecitudine ad adottare le determinazioni di competenza in merito a quanto indicato nella parte motiva del decreto del 07/07/2015 e cioè di trasferire il detenuto richiedente in un Istituto Penitenziario il più vicino possibile al luogo di residenza dei propri familiari.

Giuseppe MacrìL’Amministrazione Penitenziaria, nei giorni scorsi, in esecuzione di quanto disposto dall’Ufficio di Sorveglianza di Catanzaro, disponeva l’assegnazione e la traduzione del detenuto Macrì dalla Casa Circondariale di Catanzaro (distante 134 km) a quella di Vibo Valentia (distante 79 km) mentre lo stesso aveva richiesto di essere trasferito in uno degli Istituti di Reggio Calabria (distante 65 km) o, comunque, per come disposto dal Giudice Cerra, in altro Istituto più vicino alla residenza del nucleo familiare (ad esempio la Casa Circondariale di Palmi, distante 31 km oppure quella di Locri, distante 69 Km).

Tra l’altro, secondo quanto denunciato ai Radicali dai familiari del Macrì, nel nuovo Istituto di Vibo Valentia, il proprio congiunto, non avrebbe più assicurate le cure necessarie per la tutela della sua salute e non avrebbe nemmeno più la possibilità di avere un altro detenuto piantone in cella che gli presti assistenza quando ne abbia la necessità.

L’Ordinamento Penitenziario (Legge nr. 354/1975) all’Art. 42 dispone che i trasferimenti dei detenuti siano disposti per gravi e comprovati motivi di sicurezza, per esigenze dell’Istituto, per motivi di Giustizia, di salute, di studio e familiari e che nel disporre detti trasferimenti debba essere favorito il criterio di destinare i soggetti in Istituti prossimi alla residenza delle famiglie.

Decreto Magistrato Sorveglianza Catanzaro Reclamo MacrìNon si comprende, per quale motivo, l’Amministrazione Penitenziaria, abbia individuato e tradotto il detenuto presso la Casa Circondariale di Vibo Valentia, Istituto come Catanzaro lontano dal luogo di residenza del nucleo familiare, quando invece vi sono tanti altri Carceri nella zona di Reggio Calabria, sicuramente più vicini alla famiglia dello stesso. Eppure il provvedimento disposto dalla Magistratura di Sorveglianza, Autorità preposta al controllo della legalità dell’esecuzione della detenzione le cui decisioni sono vincolanti per l’Amministrazione Penitenziaria, è abbastanza chiaro perché parla di “altro Istituto il più possibile vicino al suo nucleo familiare”.

Nel caso in questione, si registra ancora una volta, l’ennesima violazione del principio di umanità e di territorialità della pena e quindi dei diritti fondamentali dei detenuti nonché l’inottemperanza, da parte dell’Amministrazione Penitenziaria centrale e periferica, delle determinazioni assunte dalla Magistratura di Sorveglianza che priva la tutela giurisdizionale dei diritti dei detenuti di ogni effettività e che, contestualmente, lede gravemente le attribuzioni costituzionalmente riconosciute al potere giudiziario ed in particolare alla Magistratura di Sorveglianza quale titolare della giurisdizione in materia di diritti dei detenuti e di eventuali loro violazioni ad opera dell’Amministrazione Penitenziaria.

Ci si aspetta che, con cortese sollecitudine, il Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria della Calabria, provveda con urgenza a riesaminare nuovamente il caso del detenuto Giuseppe Macrì disponendo il suo trasferimento in altro Istituto Penitenziario più vicino alla residenza del nucleo familiare così come disposto dal Magistrato di Sorveglianza e come sancito dall’Ordinamento Penitenziario che assegna grande rilevanza al mantenimento ed al miglioramento delle relazioni familiari.

Emilio Quintieri

Carceri/Giustizia, Intervista di Radio Radicale all’On. Bruno Bossio sulla situazione di Cosenza e Regina Coeli


Radio Radicale logoCarceri/Giustizia, Intervista di Lanfranco Palazzolo, giornalista di Radio Radicale, all’Onorevole Enza Bruno Bossio (Deputato PD-Radicale) sulla situazione nelle Carceri di Cosenza (visita ispettiva effettuata in data 20/07/2015) e di Regina Coeli e la vicenda di Mafia Capitale.

Intervista di Radio Radicale all’On. Bruno Bossio, Deputato Pd – Radicale (clicca per ascoltare)

Intervista all’On Bruno Bossio (Pd) sull’Ergastolo Ostativo e sulla sua iscrizione al Partito Radicale


radioradicale logoIntervista di Radio Radicale all’On. Enza Bruno Bossio sull’Ergastolo Ostativo e sulla sua iscrizione al Partito Radicale

L’Onorevole Enza Bruno Bossio, Deputato del Partito Democratico e membro della Commissione Bicamerale Antimafia, intervistata da Giovanna Reanda di Radio Radicale, parla delle proposte legislative fatte al Disegno di Legge del Governo, attualmente in discussione in Commissione Giustizia, tra cui quella dell’abrogazione dell’ergastolo ostativo e della revisione dell’Art. 4 bis dell’Ordinamento Penitenziario, di cui è prima firmataria insieme a tanti altri Deputati. In conclusione, l’On. Bruno Bossio, ha annunciato la sua iscrizione al Partito Radicale.

 

Carceri, il Ministro della Giustizia Orlando favorevole alla proposta dell’On Bruno Bossio


 

On_Vincenza_Bruno_BossioNei giorni scorsi, alla Camera dei Deputati, l’On. Enza Bruno Bossio, Deputato Pd e membro della Commissione Bicamerale Antimafia, ha presentato una proposta di legge (la n. AC 3091 del 04/05/2015) per delle “Modifiche agli articoli 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e 2 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, in materia di revisione delle norme sul divieto di concessione dei benefìci penitenziari nei confronti dei detenuti o internati che non collaborano con la giustizia”.

L’iniziativa legislativa assunta dall’On. Bruno Bossio, basata anche sulla proposta della Commissione Palazzo istituita dall’ex Ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri, è stata condivisa anche dall’On. Walter Verini, Capogruppo del Partito Democratico in Commissione Giustizia a Palazzo Montecitorio nonché dal altri Deputati : Danilo Leva, Gea Schirò, Luigi Lacquaniti, Chiara Scuvera, Roberto Rampi, Mario Tullo, Federico Massa, Cristina Bargero, Ernesto Magorno, Romina Mura, Camilla Sgambato, Alfredo Bazoli, Vanna Iori, Edoardo Patriarca, Ernesto Preziosi (Pd), Pia Elda Locatelli (Partito Socialista Italiano), Franco Bruno (Alleanza per l’Italia) e Paola Pinna (Scelta Civica per l’Italia). E non si esclude che, nei prossimi giorni, la proposta di legge possa essere sottoscritta da altri membri del Parlamento.

Nel frattempo, tale proposta, lo scorso 8 maggio è stata assegnata alla II Commissione Giustizia, in sede referente, ed inviata per il parere alle Commissioni I Affari Costituzionali e XII Affari Sociali della Camera dei Deputati. Tra l’altro, proprio nella Commissione Giustizia presieduta dall’On. Donatella Ferranti (Pd), si sta esaminando il Disegno di Legge n. 2798 proposto dal Governo che, tra le altre cose, prevede anche una delega per la revisione delle norme dell’Ordinamento Penitenziario che prevedono l’esclusione all’accesso ai benefici penitenziari per i condannati alla pena dell’ergastolo. Dunque, l’Art. 4 bis della Legge Penitenziaria, quello che con la proposta dell’On. Bruno Bossio si intende modificare.

Andrea OrlandoIl Ministro della Giustizia, On. Andrea Orlando, qualche giorno fa, intervenendo a Roma ad un Convegno promosso dal Prof. Glauco Giostra, Coordinatore del Comitato Scientifico degli Stati Generali dell’Esecuzione Penale, quanto al parametro di delega che fa riferimento alla revisione dei limiti di pena per facilitare l’accesso alle misure alternative, ha dichiarato che “si potrà dare rilievo e significato ad eventuali esperienze di conciliazione e riparazione, per anticipare ulteriormente la liberazione del condannato. Credo che ci possa essere ampia e matura condivisione, al netto di dettagli tecnici, sul terzo criterio di delega : esso prescrive l’eliminazione di automatismi e di preclusioni che impediscano o rendano molto difficile, sia per i recidivi sia per gli autori di determinate categorie di reati, l’individualizzazione del trattamento rieducativo; nonché la revisione della disciplina di preclusione dei benefici penitenziari per i condannati alla pena dell’ergastolo. Ponendo comunque al riparo le istanze di effettività della sanzione e di sicurezza collettiva.”

“Si impone un allineamento dell’Ordinamento Penitenziario agli ultimi pronunciamenti della Corte Costituzionale – dice il Ministro – che più volte ha affermato l’incostituzionalità di un sistema sanzionatorio che si fondi irragionevolmente su automatismi o preclusioni assolute. Si tratta, dunque, di un intervento necessario, che va però calibrato con prudenza, tenendo conto che l’equilibrio tra esigenze di sicurezza e di recupero del condannato, impone un’attenta riflessione per i reati di criminalità organizzata e di terrorismo.”

Non può e non deve essere smantellato l’Articolo 4 bis dell’Ordinamento Penitenziario, per quanto sia concreta l’esigenza di una rivisitazione del suo contenuto che ne assicuri la coerenza sistematica e la ragionevolezza delle applicazioni pratiche. Il criterio di delega che incide sull’ergastolo ostativo – continua il Ministro della Giustizia Andrea Orlando – tiene conto della giurisprudenza della Cedu. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, nella decisione del 25 novembre 2014 sul caso Vasilescu contro il Belgio, ha affermato che, quando manca una prospettiva di liberazione anticipata per l’ergastolano, il trattamento è inumano e viola l’Art. 3 della Convenzione. Se è vero che attualmente l’Ordinamento contempla dei correttivi che permettono anche ai condannati all’ergastolo, a determinate condizioni, di poter uscire dal carcere e rientrare nella collettività – quali la semilibertà o la liberazione condizionale – sono moltissimi i casi di detenuti in espiazione della pena dell’ergastolo per reati ostativi; è indispensabile sul punto una adeguata riflessione, che assicuri il raccordo di tutte le istanze complessivamente coinvolte.”.

Con la proposta dell’On. Bruno Bossio, viene, infatti, proposto di aggiungere alle ipotesi contemplate nell’articolo 4 bis quella secondo cui i medesimi benefìci possono essere concessi anche quando risulti che la mancata collaborazione non fa venir meno il sussistere dei requisiti, diversi dalla collaborazione medesima, che di quei benefìci permettono la concessione. Con ciò rimanendo fermo il presupposto generale per l’applicabilità del nuovo comma 1 bis, costituito dal fatto che «siano stati acquisiti elementi tali da escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva»: presupposto attraverso il quale resta previsto, con riguardo ai condannati o internati per i delitti di cui al comma 1, un regime più rigoroso, circa la concessione dei benefìci in oggetto, rispetto ai condannati o internati per i delitti di cui al comma 1-ter, il quale richiede, per il medesimo fine, che «non vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva». 
La proposta di legge, pertanto, non abroga la disposizione del comma 1 dell’articolo 4-bis, che per certe tipologie di delitto subordina, ordinariamente, l’applicabilità dei benefìci ivi previsti alla collaborazione con la giustizia, bensì intende eliminare l’attuale sussistere di casi in cui tale disposizione risulta insuperabile: ipotesi, quest’ultima, che si configura drammatica nell’eventualità (frequente per i reati di cui al citato comma 1) della condanna all’ergastolo precludendo, di fatto, al non collaborante – senza alcuna considerazione dei motivi o del contesto della mancata collaborazione – qualsiasi prospettiva di affrancamento dalla condizione detentiva o anche di uscita solo temporanea dal carcere (a parte il caso eccezionale del permesso di necessità di cui all’Art. 30 della Legge n. 354/1975). La proposta di legge, piuttosto, trasforma l’attuale previsione della mancata collaborazione come presunzione ordinariamente assoluta di insussistenza dei requisiti che consentono, di regola, l’accesso del detenuto o dell’internato ai benefìci previsti dalla Legge n. 354/1975 in una presunzione relativa e in quanto tale superabile, con adeguata motivazione, da parte del giudice: fermo restando sempre, come detto, che «siano stati acquisiti elementi tali da escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva». 

All’articolo 4-bis della legge n. 354 del 1975 si propone di aggiungere un nuovo comma 3-ter sancendo che le informazioni richieste dall’autorità giudiziaria agli organi preposti per l’ammissione dei condannati o degli internati ai benefìci penitenziari non debbano contenere alcun parere sulla concessione di tali benefìci ma fornire elementi conoscitivi concreti e specifici fondati su circostanze di fatto espressamente indicate che dimostrino in maniera certa la permanenza dell’attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva. Si ritiene opportuno, altresì, stabilire che gli eventuali pareri espressi nelle note informative non possono essere utilizzati nella motivazione della decisione. Infatti, frequentemente, per come riportato dalla giurisprudenza di legittimità, la magistratura di sorveglianza per negare la concessione dei benefìci in questione si limita a trascrivere in modo apodittico, riproducendo il contenuto generico delle informative del comitato provinciale per la sicurezza pubblica o delle Forze di polizia, senza enunciare gli elementi di fatto dai quali ha tratto il proprio convincimento afferente i collegamenti del condannato con la criminalità.

262780_455911204467755_282597913_nIl comma 2 dell’articolo unico della proposta di legge ha l’effetto di estendere la disposizione del comma 1 dell’articolo 2 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, che preclude ai condannati e agli internati, in assenza di collaborazione, anche l’accesso alla liberazione condizionale, un istituto che «rappresenta un particolare aspetto della fase esecutiva della pena restrittiva della libertà personale e si inserisce nel fine ultimo e risolutivo della pena stessa, quello, cioè, di tendere al recupero sociale del condannato. (Corte costituzionale, sentenza n. 204 del 1974). L’aggiunta, al secondo periodo del comma 1 dell’articolo 2 del citato decreto-legge n. 152 del 1991, del riferimento nella sua interezza al comma 1-bis dell’articolo 4-bis della legge n. 354 del 1975, pone rimedio, fra l’altro, all’inconveniente tecnico determinatosi in forza delle modifiche introdotte con il decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, attraverso lo scorporo in più commi di quanto in precedenza previsto unitariamente al comma 1 dell’articolo 4-bis della legge n. 354 del 1975 per cui, non essendo stato richiamato, nel nuovo testo del primo periodo del comma 1 dell’articolo 2 del decreto-legge n. 152 del 1991, anche il suddetto nuovo comma 1-bis dell’articolo 4-bis della legge n. 354 del 1975 (in quanto norma non indicante elenchi di delitti rilevanti ai fini delle ipotesi di preclusione dell’accesso alla liberazione condizionale), tale comma 1-bis non risulta più ripreso, ora, con riguardo alla liberazione condizionale (pure per la parte che non costituisce contenuto della presente proposta di legge). 

La proposta sopra formulata trova la sua motivazione principale nell’insostenibilità della presunzione assoluta del mancato realizzarsi del fine rieducativo della pena, o dei progressi nella rieducazione ritenuti rilevanti dalla legge ai fini dei benefìci penitenziari, per il mero sussistere di una condotta non collaborante ai sensi dell’articolo 58-ter della legge n. 354 del 1975 da parte del detenuto che pure sia stato autore di uno dei reati particolarmente gravi di cui al comma 1 dell’articolo 4-bis della medesima legge n. 354 del 1975.

     PROPOSTA DI LEGGE

 Art. 1.      1. All’articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 1-bis sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e altresì nei casi in cui risulti che la mancata collaborazione non escluda il sussistere dei presupposti, diversi dalla collaborazione medesima, che permettono la concessione dei benefìci citati»;

          b) dopo il comma 3-bis è aggiunto il seguente:
      «3-ter. Le informazioni previste dal presente articolo non devono contenere pareri sulla concessione dei benefìci, bensì fornire elementi conoscitivi concreti e specifici fondati su circostanze di fatto espressamente indicate che dimostrino in maniera certa l’attualità di collegamenti dei condannati o internati con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva. Gli eventuali pareri espressi dagli organi preposti non possono essere utilizzati nella motivazione della decisione».

      2. Al comma 1 dell’articolo 2 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, le parole: «commi 2 e 3» sono sostituite dalle seguenti: «commi 1-bis, 2 e 3».

Proposta di Legge AC 3091 dell’On. Bruno Bossio ed altri

Intervento del Ministro della Giustizia On. Andrea Orlando

 

 

 

Padova, detenuto calabrese morì in cella. Il Pm chiede l’archiviazione del caso


Casa Circondariale di Padova“Errori innegabili dei medici, ma non hanno inciso sul decesso del paziente”. Innegabili gli errori di 5 medici in servizio nel carcere Due Palazzi, secondo la procura di Padova. Ma, comunque, tali errori non hanno condizionato la perforazione dell’intestino destinata a innescare una setticemia mortale. Ecco perché il pm Francesco Tonon, titolare dell’inchiesta, ha sollecitato l’archiviazione del procedimento penale avviato a carico dei sanitari per la morte di Francesco Amoruso, originario di Crotone, detenuto nel carcere di Padova, ucciso a 45 anni da una peritonite stercoracea, una perforazione di un tratto dell’intestino con infiammazione del peritoneo, dovuta alla fuoriuscita di feci e batteri.

L’uomo – che stava scontando una condanna per rapina, omicidio e reati legati allo spaccio di droga, fine pena il 15 luglio 2023 – aveva cominciato a stare male il 6 marzo 2014: cinque visite nell’arco di 24 ore e dolori sempre più forti curati con Buscopan, un antidolorifico. Troppo tardi. Ricovero il 7 marzo, poi la morte l’indomani. “Non sono emersi elementi idonei a sostenere l’accusa in giudizio nei confronti dei sanitari della casa di reclusione che hanno avuto in cura il paziente…” si legge nella richiesta di archiviazione trasmessa all’ufficio gip, richiamando le conclusioni dei due consulenti tecnici della procura, il dottor Matteo Corradin di Bologna e il professor Massimo Montisci di Padova. Entrambi gli specialisti hanno escluso che gli errori – sia diagnostici (non è stato approfondito il quadro clinico) sia per quanto riguarda l’evoluzione della patologia (non sono stati ordinati esami) – abbiano inciso nella perforazione che ha scatenato l’infezione dovuta a un’ulcerazione dell’intestino in seguito a costipazione cronica. Perforazione che sarebbe avvenuta nelle 24 ore successive al primo sanguinamento. E se Amoruso fosse stato subito trasferito in ospedale? La colonscopia non sarebbe stata eseguita che tra le 12 e le 48 ore successive perché, prima che la situazione precipitasse, c’era un quadro clinico non di emergenza.

Cristina Genesin

Il Mattino di Padova, 8 maggio 2015

Bruno Bossio (Pd) : La Legge Penitenziaria va cambiata. No all’ergastolo ostativo !


On. Bruno Bossio PdLa mia proposta di legge va a modificare quelle norme dell’Ordinamento Penitenziario (Art. 4 bis) che prevedono il divieto di concessione di ogni beneficio e misura alternativa alla detenzione ai condannati per taluni delitti definiti “ostativi” per il solo fatto della loro mancata “collaborazione”. In particolare, questo divieto, nel caso dei condannati all’ergastolo, si traduce in una vera e propria “pena di morte occulta” come recentemente l’ha definita Papa Francesco.

Infatti, oggi, gli ergastolani ristretti nelle nostre Carceri sono 1.584, molti di loro reclusi da oltre 26 anni, senza liberazione condizionale, altri da più di 30 anni, durata massima stabilita per le pene detentive. Tra questi, quelli “ostativi”, sono circa 1.000 ed il loro “fine pena”, come si evince dai rispettivi certificati di detenzione, è il 31/12/9999, una data fissata tra circa 8 mila anni. Per loro, se non “collaborano”, le porte del carcere non si apriranno mai più. Anche se questa “collaborazione” non potrà più avvenire poiché il detenuto non è più in grado di esprimerla o perché non può farlo avendo paura di ritorsioni nei confronti dei propri familiari da parte dei suoi vecchi sodali. Questo tipo di pena trasforma il reo in vittima: l’uomo e la sua dignità vengono totalmente annullati ed è chiaramente in contrasto con il principio costituzionale della rieducazione del condannato a cui la pena deve tendere e con quanto prescrive la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo. Da qui la mia proposta di legge per la revisione delle norme”.

Lo dichiara l’Onorevole Enza Bruno Bossio, Deputato del Partito Democratico e membro della Commissione Bicamerale Antimafia, prima firmataria della coraggiosa proposta di legge A.C. n. 3091 che reca “Modifiche agli articoli 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e 2 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, in materia di revisione delle norme sul divieto di concessione dei benefìci penitenziari nei confronti dei detenuti o internati che non collaborano con la giustizia” , iniziativa che riprende per la gran parte la proposta avanzata dalla Commissione Ministeriale istituita dall’ex Ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri e presieduta dal Prof. Francesco Palazzo, Ordinario di Diritto Penale all’Università degli Studi di Firenze.

La proposta, oltre all’On. Bruno Bossio, è stata condivisa e sottoscritta dall’On. Walter Verini, Capogruppo del Partito Democratico in Commissione Giustizia a Montecitorio e dai Deputati Roberto Rampi, Luigi Lacquaniti, Danilo Leva, Chiara Scuvera, Camilla Sgambato, Ernesto Magorno, Gea Schirò, Federico Massa, Cristina Bargero, Romina Mura e Alfredo Bazoli del Partito Democratico, Pia Locatelli del Partito Socialista Italiano, Paola Pinna di Scelta Civica per l’Italia e Franco Bruno di Alleanza per l’Italia.

“Con questa norma sarà possibile – prosegue l’On. Bruno Bossio – far venir meno il divieto d’accesso al lavoro esterno, ai permessi premio e alle misure alternative alla detenzione diverse dalla liberazione anticipata anche quando risulti che la mancata collaborazione del condannato non faccia venir meno il sussistere dei requisiti, diversi dalla collaborazione medesima, che di quei benefici permettono la concessione, ai sensi dell’Ordinamento Penitenziario”. Infatti, per la concessione dei benefici e delle misure alternative alla detenzione in carcere vengono richieste informazioni a diversi Uffici Giudiziari e di Polizia circa il mantenimento di collegamenti, da parte dei condannati, con la criminalità organizzata. Ebbene, nella maggior parte dei casi, le note informative si limitano a riferire i fatti precedenti alla carcerazione ed alle condanne, vecchi di decenni, esprimendo sempre parere negativo per l’accoglimento delle istanze formulate alla Magistratura di Sorveglianza.

Questa proposta, invece, prevede che non si debbano esprimere pareri ma fornire elementi conoscitivi concreti e specifici fondati su circostanze di fatto espressamente indicate che dimostrino in maniera certa l’attualità di tali collegamenti e che gli eventuali pareri espressi non possano essere utilizzati nella motivazione delle decisioni giurisdizionali. “In tal modo soprattutto la pena dell’ergastolo verrà finalmente resa maggiormente compatibile con gli standard richiesti dalla nostra Costituzione e dal diritto dell’Unione Europea ribadendo il principio secondo il quale, dopo un lungo periodo di detenzione, debbano prevalere le esigenze umanitarie”, conclude l’On. Bruno Bossio.

Scheda Lavori Progetto di Legge On. Bruno Bossio (Pd)

Intervista di Radio Radicale all’On. Bruno Bossio