Misteriosa morte di un detenuto di 42 anni nel Carcere di Trieste. La Magistratura apre una inchiesta


Casa Circondariale 1È morto sulla branda all’interno della sua cella dell’infermeria del Coroneo. Si chiamava Roberto Poropat, 42 anni. Il pm Massimo De Bortoli ha disposto l’autopsia affidandola al medico legale Fulvio Costantinides. Lo scopo è quello di individuare le cause della morte. E capire se possano essere state riconducibili a eventi non naturali. L’altra sera Poropat non ha lamentato alcun disturbo.

A dare l’allarme, ieri mattina, sono stati alcuni detenuti della stessa cella. Roberto Poropat era immobile. Lo hanno scosso pensando che stesse dormendo. Ma in breve si sono resi conto che era morto. Dopo poco sono arrivati alcuni agenti della polizia penitenziaria e i sanitari del 118. Hanno tentato di rianimare l’uomo. Ma non c’è stato nulla da fare. Sul posto anche alcuni investigatori della Squadra mobile incaricati dal pm di svolgere le indagini.

“Dai primi accertamenti – afferma Donato Capece, segretario generale del Sappe, sindacato autonomo polizia penitenziaria – sembrerebbe che il decesso sia avvenuto per cause naturali, tant’è che gli stessi compagni di cella credevano che dormisse. Il detenuto avrebbe finito di scontare la pena per reati a breve. Non risultava essere tossicodipendente e non assumeva terapie particolari”.

Capece sottolinea “la professionalità, la competenza e l’umanità che ogni giorno contraddistingue l’operato delle donne e degli uomini della polizia penitenziaria con tutti i detenuti per garantire una carcerazione umana e attenta pur in presenza ormai da anni di oggettive difficoltà operative come il sovraffollamento, le gravi carenze di organico di poliziotti, le strutture spesso inadeguate”.

“L’ho visto sabato scorso quando sono andata a fargli visita. Stava bene anche se era ingrassato”, racconta disperata la madre. Dice: “Non riesco a darmi una risposta. In carcere c’è gente di tutti i tipi. Roberto, non lo dico perché sono la mamma, era uno buono, forse troppo buono. Qualcuno potrebbe avergli fatto del male…”.

Roberto Poropat era finito nei guai per aver picchiato la fidanzata e aver messo a soqquadro alcuni locali della comunità di San Martino al Campo all’interno della villa “Stella Mattutina” di Opicina.

Aveva fatto irruzione a notte fonda nella stanza occupata dalla fidanzata dopo aver superato di slancio il muro di cinta e scardinato la porta d’ingresso. Poi aveva rovesciato il letto della giovane e aveva cercato di picchiare la ragazza, ma era stato sorpreso e stretto con le spalle al muro da un volontario della Comunità che aveva dato l’allarme.

La giovane era stata vittima poche ore prima di un altro episodio di violenza, sempre provocato, secondo l’accusa, da Roberto Poropat. La giovane era precipitata da un muricciolo, fratturandosi il polso e lesionandosi alcune costole. Così almeno aveva riferito in un primo momento. Poi è emersa una seconda versione: che la caduta non era accidentale e sarebbe stata procurata in un momento di rabbia, secondo la Procura, dallo stesso Roberto Poropat. C’è anche una terza versione: che Poropat abbia picchiato la giovane nella sua abitazione ma che lei per difendere l’uomo che diceva di volerle bene, abbia cercato di accreditare la tesi della caduta accidentale per non procurargli dei guai con la giustizia.

Corrado Barbacini

Il Piccolo, 13 Agosto 2014

Bernardini (Radicali), Carceri, ecco finalmente i dati chiesti al Ministro …. smetto lo sciopero della fame


Cella Carcere ItaliaIl Ministero della Giustizia, esaudisce una delle richieste dei radicali; forniti, infatti sul sito giustizia.it, i dati, carcere per carcere, delle capienze effettive e dei detenuti presenti.

Al 43° giorno di sciopero della fame, posso dire con una certa soddisfazione che il Ministro Andrea Orlando ha accettato la proposta che avanzavo da mesi che è quella di mettere online sul sito, carcere per carcere, le capienze regolamentari, i posti effettivamente disponibili, i detenuti presenti. Certo, non ha accettato di mettere online tanti altri parametri dei singoli istituti che sono essenziali per misurare la corrispondenza della detenzione ai dettati della Carta Costituzionale e alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo della cui violazione il nostro Stato è stato ritenuto “colpevole” con la sentenza pilota dell’8 gennaio 2013 (sentenza Torreggiani).

La disponibilità di questi dati, è comunque talmente importante per il diritto alla conoscenza dei cittadini, da portarmi alla decisione di sospendere temporaneamente il mio Satyagraha che prosegue con l’impegno di Marco Pannella e di centinaia di cittadini.

Per prima cosa, do atto al Ministro della Giustizia che – seppure con l’aiuto della Corte Costituzionale autrice della sentenza che ha abrogato la legge Fini-Giovanardi sulle droghe – è riuscito ad ottenere la diminuzione di alcune migliaia della popolazione detenuta.

carceri-sovraffollamento schede istituti penitenziariLo ha potuto fare grazie ai provvedimenti già messi in campo dai Ministri che lo hanno preceduto (in particolare, Annamaria Cancellieri) e ad altri – troppi e a-sistematici – licenziati durante il suo mandato. L’on. Orlando ha rivendicato di aver ottenuto questo risultato senza ricorrere, come avevano chiesto il Presidente della Repubblica e una delegazione dell’Onu che ha visitato recentemente l’Italia, a provvedimenti di clemenza che ad avviso dei radicali avrebbero invece consentito da tempo di rispettare l’obbligo di eseguire una pena “umana” e “non degradante”.

Dimenticando, inoltre, che un provvedimento di Amnistia (che noi radicali continuiamo a chiedere) consentirebbe, nel penale e con serie e positive ripercussioni nel civile, di abbattere in un sol colpo buona parte della mole di oltre 5 milioni procedimenti penali pendenti sulle scrivanie dei magistrati e destinati alla settaria e illegale amnistia delle prescrizioni. Ma veniamo alla “ciccia” dei dati forniti e vediamo perché ci starebbe un bell’invito a pranzo del Ministro Orlando a casa di Trilussa davanti ad un bel pollo arrosto.

Dei 49.987 posti regolamentari dei 199 istituti (su 204) censiti dal Dap, i posti effettivamente disponibili sono 45.784; occorre sottrarre, infatti, tutti quei posti inagibili per lavori in corso, ristrutturazioni, o chiusure per mancanza di personale che ammontano in totale a 4.203. Pertanto, al 31 luglio 2014, nelle nostre carceri c’erano 54.668 detenuti in 45.784 posti con una carenza di 8.884 posti. Il tasso di sovraffollamento è del 119,4%.

carceri-sovraffollamento-2 schedeIl sovraffollamento di circa il 120%, già di per sé drammatico perché vuol dire che 120 detenuti devono spartirsi lo spazio di 100 posti, lo è ancora di più se facciamo entrare in scena Trilussa a recitare la sagace poesia “la statistica” secondo la quale un povero cristo vedeva assegnarsi dalla statistica un pollo annuo che lui non vedeva nemmeno dipinto, mentre un altro fortunato di polli se ne mangiava due.

Ecco che se prendiamo in considerazione non tutti gli istituti, ma gli 89 che registrano un sovraffollamento superiore al 120%, scopriamo che per 27.828 detenuti il tasso di sovraffollamento è del 149,4%, visto che devono accalcarsi in 18.662 posti e che non possono certo consolarsi sapendo che in Italia ci sono decine di istituti dove i posti addirittura avanzano.

Rita Bernardini (Segretaria Nazionale di Radicali italiani)

Il Garantista, 13 agosto 2014

Corleone : Le Carceri sono senza Capo e senza il Garante Nazionale. Il Governo provveda con urgenza


Franco CorleoneAncora non è stato nominato il capo del Dap. Per la prima volta nella storia delle galere italiane si assisterà a un Ferragosto privo del vertice responsabile. Tra ferie dei provveditori e dei direttori, del personale civile e della polizia penitenziaria assisteremo alla novità degli istituti governati dai detenuti. Purtroppo non si tratterà di una felice autogestione ma la certificazione dello stato di abbandono.

Nemmeno l’ultimo Consiglio dei ministri prima della pausa estiva ha provveduto alla nomina del Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. Sono passati più di due mesi dalla non riconferma di Giovanni Tamburino e in questo periodo sono circolate le voci più disparate, dalle più inverosimili e pericolose ad alcune estremamente suggestive.

Questo tempo non è stato però utilizzato per una discussione pubblica su che tipo di gestione delle carceri sarebbe necessaria dopo la conclusione non definitiva seguita alla condanna della Corte europea dei diritti umani. Il decreto con le misure compensative non sana totalmente la situazione e l’Italia continua a essere un paese sorvegliato speciale ancora per un anno.

È un vero peccato che il ministro Orlando non abbia delineato un identikit del nuovo capo del Dap che segnasse una netta discontinuità e consentisse di avanzare candidature connotate da storie e programmi alternativi.

I garanti hanno chiesto senza esito un incontro con il ministro proprio per un confronto sul vertice del Dap, sulla nomina del garante nazionale dei detenuti, sulla riforma del carcere.

Pare invece che come in un gioco dell’oca si sia tornati alla casella iniziale, ma ciò che appare allucinante è che per la prima volta nella storia delle carceri italiane si assisterà a un ferragosto privo del vertice responsabile. Tra ferie dei provveditori e dei direttori, del personale civile e della polizia penitenziaria assisteremo alla novità degli istituti governati dai detenuti. Purtroppo non si tratterà di una felice autogestione ma la certificazione dello stato di abbandono delle galere. Per fortuna il numero dei detenuti è sceso a quota 54.100 e il rischio di rivolte (grazie anche al meccanismo premiale) è pari a zero; l’unico pericolo è che si verifichi qualche suicidio che comunque non farebbe notizia né susciterebbe scandalo.

Il rischio è che passi la convinzione che l’emergenza sia superata e che si possa tornare al tran tran dell’ordinaria amministrazione. Non può essere così, perché migliaia di detenuti, tremila a detta del ministro Orlando, molte di più secondo la valutazione delle associazione che hanno redatto il “Quinto Libro Bianco” sugli effetti della Fini-Giovanardi, stanno scontando una pena illegittima a dispetto della sentenza delle sezioni unite della Cassazione. Non può essere così perché molti istituti sono ben oltre la capienza regolamentare (finalmente siamo riusciti a far eliminare dai documenti dell’amministrazione la finzione della capienza tollerabile) e soprattutto perché in troppe carceri non sono ancora adottate le prescrizioni individuate dalla Commissione Palma per rispettare i principi costituzionali e le norme del Regolamento penitenziario del 2000.

Molte questioni essenziali per il rispetto dei diritti umani sono ancora aperte. Dalla chiusura non più procrastinabile degli Opg al riconoscimento del diritto alla affettività e alla previsione del reato di tortura. Per non dire dell’esecuzione penale esterna senza uomini e mezzi su cui si stanno scaricando non solo le alternative alla detenzione, ma anche la nuova messa alla prova per gli adulti. È davvero ora di mettere in cantiere una Conferenza nazionale sul carcere, sul suo fallimento come strumento riabilitativo e sul senso della pena. Idee, parole e pratiche si rivelano ormai consunte e davvero l’appuntamento con un nuovo Codice Penale che superi il Codice Rocco non può essere eluso. Il 21 novembre a Firenze l’Ufficio del garante della Regione Toscana organizzerà su questi temi un seminario internazionale. Può essere l’inizio di una riflessione. Ma sono urgenti e indifferibile le scelte che finora sono mancate e che tardano incomprensibilmente.

Franco Corleone (Garante dei detenuti della Toscana)

Il Manifesto, 13 agosto 2014

Conclusa l’Ispezione Ministeriale nel Carcere di Rossano. Il Ministro Orlando attende la relazione degli Ispettori


On. Enza Bruno Bossio - Deputato PdÈ stata portata a termine l’ispezione mirata nel carcere di Rossano Calabro (Cosenza) disposta dal ministro della Giustizia Andrea Orlando, a seguito della denuncia dell’on. Enza Bruno Bossio riferita alle condizioni detentive riscontrate personalmente dalla parlamentare nell’istituto penitenziario. Gli ispettori, secondo quanto si è appreso, sono arrivati già lunedì scorso ed avrebbero terminato il loro lavoro la sera stessa. Dal carcere, intanto, nessun commento, né da parte del direttore Giuseppe Carrà, né dalla polizia penitenziaria, dal momento che in istituto si attende di sapere l’esito dell’ispezione. Nel carcere di Rossano sono attualmente ospitati 260 detenuti, il 70% dei quali sta espiando una pena definitiva, 36 all’ergastolo, con un sovraffollamento, secondo un recente studio di Demoskopika, del 25,2%. Nell’istituto c’è anche una sezione di alta sicurezza dedicata ai terroristi islamici nella quale sono reclusi in 15.

Nei giorni scorsi, il Sappe, il sindacato della polizia penitenziaria, ha reso noto che gli agenti avevano sventato un tentativo di evasione di un gruppo di detenuti che stavano allargando le sbarre delle finestre per calarsi con le lenzuola.
Sabato scorso, Bruno Bossio si era recata nel carcere calabrese per una visita a sorpresa. Subito dopo aveva scritto al Garante dei detenuti del Lazio per denunciare condizioni di detenzione inumane e degradanti e i tentativi del personale della struttura per impedirgli l’accesso e la visita nelle varie sezioni del carcere, nonostante il proprio status di parlamentare.
Riguardo alle segnalazioni della parlamentare calabrese, Angiolo Marroni, Garante dei detenuti del Lazio, ha detto: «Ho ricevuto proprio in queste ore una dettagliata relazione da parte del deputato del Pd Vincenza Bruno Bossio sulla situazione del carcere di Rossano Calabro. Auspico che il ministro della Giustizia Andrea Orlando verifichi al più presto, come richiesto dal deputato, se siano rispettati i diritti fondamentali delle persone che sono ristrette in quella struttura».
«Quanto denunciato dall’on. Bruno Bossio – ha aggiunto Marroni – è grave ed inquietante e riporta le lancette della storia bruscamente indietro nel tempo, a comportamenti non degni di un Paese democratico. Spetta alle istituzioni fare piena luce sulla vicenda ed accertare eventuali responsabilità partendo da un dato di fatto incontrovertibile: le carcere fanno parte a pieno titolo della nostra società e certamente non sono luoghi franchi, dove è possibile sospendere regole e diritti».

Corriere della Calabria – 13 Agosto 2014

In cella nudi tra vomito e escrementi. Abu Ghraib è in Calabria. Il blitz della deputata Bruno Bossio


Cella carcereCostretti a vivere nelle loro feci e nel loro vomito. A dormire per terra, senza un materasso. I detenuti delle celle 1, 2 e 7 hanno ematomi su tutto il corpo. Alcuni di loro sostengono di essere stati pestati dai carcerieri. Ad uno gli avrebbero rotto un orecchio a forza di botte. Nessun medico, dice, l’ha poi visitato. Segregati completamente, anche durante l’ora d’aria che viene trascorsa in uno spazio più piccolo della cella, circondata da una rete metallica. Non è la descrizione del carcere di Guantamo o di Abu Grahib, e nemmeno delle celle turche descritte nel film “Fuga da mezzanotte”.

Accade qui da noi. A Rossano, provincia di Cosenza. Nello stesso carcere dove circa un mese fa un detenuto di etnia curda si è dato fuoco usando la piccola bomboletta di gas del fornellino usato per cucinare ed un accendino. Due anni fa si è suicidata anche una guardia carceraria, un assistente capo di 44 anni. Si è sparato un colpo di pistola alla tempia.
A descrivere l’orrore del carcere di Rossano è la deputata Enza Bruno Bossio del partito democratico. Ha accertato le condizioni inumane e degradanti durante una visita ispettiva, senza preavviso. Accompagnata dal Emilio Quintieri, ragazzo dei Radicali, calabrese, da sempre attento ai diritti dei detenuti. Gli addetti del carcere hanno cercato di impedire la visita della deputata, chiedendole di entrare in un altro momento. Lei ha insistito e alla fine hanno acconsentito che entrasse, ma da sola.

Poiché voleva capire come mai un detenuto che era al carcere di Catanzaro fosse stato trasferito all’improvviso a quello di Rossano, la deputata ha accettato di entrare alle condizioni poste. Una volta varcata la soglia dell’ istituto ha trovato una condizione terribile. Il detenuto in questione era in un reparto di isolamento. Non l’hanno fatta entrare nella sua cella, che comunque presentava condizioni accettabili. I familiari avevano detto alla Bruno Bossio che gli era stata bloccata la corrispondenza epistolare. Ad un certo punto però i detenuti, per attirare l’attenzione della deputata, si sono messi a gridare e allora ha potuto scoprire una situazione che lei non pensava nemmeno potesse esistere all’interno di un carcere italiano.

Una realtà atroce che in pochi hanno l’opportunità di vedere, compresi i deputati che fanno le visite ispettive con preavviso: detenuti semi-nudi, con le sole mutande addosso; un uomo in una cella senza il letto né un materasso, seduto per terra in mezzo ai suoi escrementi e sporcizia; un altro ha il letto nella, ma senza lenzuola e non ha vestiti; un altro per terra circondato dal suo vomito perché sta male, è celiaco e vomita in continuazione. Ha visto detenuti ricoperti di lividi, uno con un orecchio rotto che non ha ricevuto nessuna assistenza sanitaria.
Le guardie si sono giustificate dicendo che questi detenuti sono tenuti in quelle condizioni perché hanno tentato il suicidio, altri perché hanno tentato di evadere. Giustificazione senza senso, l’esperienza ha dimostrato gli effetti deleteri che l’isolamento produce sulla psiche e sul fisico delle persone costrette a subirlo.

Ad aggravare la situazione è stata la telefonata della comandante delle guardie penitenziarie, la vice commissaria Elisabetta Ciambrello: ha insultato la deputata dicendole che non si doveva permettere di entrare in carcere senza chiedere prima il permesso. Le è stato ricordato che il regolamento, per quanto riguarda le visite ispettive parlamentari, permette di fare le ispezioni anche all’improvviso e senza chiedere il permesso a nessuno.
Enza Bruno Bossio ha informato dell’accaduto la segretaria dei radicali Rita Bernardini, il responsabile nazionale carceri del Pd Sandro Favi e la segreteria del ministro della giustizia Orlando. Nei prossimi giorni procederà ad una formale denuncia indirizzata alla procura di Castrovillari e presenterà un’interrogazione parlamentare per chiedere una risposta scritta del governo. Il Ministro ha fatto sapere di essere stato informato della visita della deputata del Pd e di essere anche lui indignato, e ha giurato che interverrà immediatamente. Speriamo che sia vero, speriamo che lo faccia con efficacia.

Damiano Aliprandi

Il Garantista, 12 Agosto 2014

Ispezione al Carcere di Rossano: il drammatico racconto dell’On. Bruno Bossio


Casa CircondarialeLa frase clou si è sentita al termine dell’ispezione del carcere di Rossano (un diritto dovere di ogni parlamentare, del quale non molti si avvalgono):

“Onorevole lei non si doveva permettere di venire al Carcere senza preavviso. Quando si va a casa degli altri si chiede il permesso.”

Questo è quanto è stato detto alla parlamentare del Partito Democratico Enza Bruno Bossio dal Comandante della Polizia Penitenziaria di Rossano, il Vice Commissario Elisabetta Ciambriello, al termine dell’ispezione della deputata presso il carcere cosentino. Bossio si era recata nel tardo pomeriggio di sabato 9 agosto ai cancelli del carcere calabrese dopo che, da tempo, intrattiene una conversazione epistolare con un detenuto in isolamento.

Tra i diritti-doveri dei parlamentari infatti c’è quello delle visite ispettive nelle carceri italiane, cosa che gli onorevoli deputati e senatori possono fare in qualunque momento e in qualunque carcere dello Stivale: memorabili le visite ispettive dei deputati e dei senatori Radicali durante la loro permanenza in Parlamento, grazie alle quali è stato possibile far uscire dalle mura delle carceri le violenze, il disagio e sopratutto il regime di illegalità dilagante che imperversa un po’ in tutte le case circondariali italiane. Un diritto dovere codificato all’art. 67 dell’Ordinamento Penitenziario, che consente proprio ai membri del Parlamento ed ai loro accompagnatori diispezionare in qualunque momento gli Istituti Penitenziari senza la necessità di essere autorizzati per accertare se le condizioni di detenzione siano conformi al dettato costituzionale e cioè che non siano contrarie al senso di umanità e che rispettino la dignità della persona.

Al suo arrivo al carcere di Rossano la deputata Bossio è stata in ogni modo ostacolata nella sua visita: inizialmente gli agenti di Polizia Penitenziaria si rifiutavano addirittura di farla entrare, cosa avvenuta solo al termine di molte insistenze della parlamentare e l’accettazione di rinunciare ai propri accompagnatori (di fatto, un diritto negato alla stessa parlamentare).

A convincere Enza Bruno Bossio a visitare il carcere di Rossano è stata, dicevamo, una conversazione epistolare e telegrafica con un detenuto che lamentava, nei suoi scritti, di essereristretto in un regime di isolamento inumano nel quale gli erano negate anche lettere e telegrammi. Inizialmente gli agenti si erano offerti di portare il detenuto dalla Parlamentare in parlatorio, ma anche qui, dopo lunghe insistenze, la deputata democratica è riuscita a farsi condurre nel Reparto di Isolamento del carcere:

“Gli Agenti stavano provvedendo a chiudere le porte blindate delle celle di tutti i detenuti allocati in Isolamento, lasciando aperta solo quella del detenuto che volevo visitare. Ad un certo momento gli altri ristretti si sono messi ad urlare chiedendo che vedessi in che condizioni erano costretti a vivere. Ho chiesto di aprire le celle ma gli Agenti mi hanno detto che non avevano le chiavi per cui non sono potuta entrare. In ogni caso ho visto le condizioni illegali che, sinceramente, non pensavo esistessero in un carcere d’Italia. Ho trovatodetenuti sostanzialmente nudi, soltanto con gli slip, in delle celle in cui non c’era neanche il letto, quindi seduti per terra, in mezzo ai loro escrementi, al vomito ed ai piatti sporchi. Mi riferisco, in particolare, alle celle 1, 2 e 7. Uno di loro, italiano, era stato messo lì per aver tentato il suicidio e quindi, assolutamente, doveva essere tenuto in Isolamento. L’esperienza ha dimostrato gli effetti deleteri che l’isolamento produce sulla psiche e sul fisico delle persone costrette a subirlo. Gli altri due, a quanto pare, avevano tentato una evasione. Questi ultimi hanno sostenuto di essere stati pestati dalla Polizia Penitenziaria ed infatti si vedeva che avevano ricevuto delle percosse. Ad uno di loro avrebbero rotto anche un orecchio e non avrebbero ricevuto alcuna assistenza sanitaria”

Il carcere di Rossano registra anch’esso un grave stato di sovraffollamento: a fronte di una capienza regolamentare di 215 posti ospita infatti ben 258 detenuti, tra cui molti ristretti in regime di Alta Sicurezza.

L’atteggiamento ostracista della Polizia Penitenziaria è già stato segnalato dalla parlamentare del PD a chi si occupa di carceri da una vita, il segretario di Radicali Italiani Rita Bernardini, ma anche al responsabile carceri del PD ed alla segreteria del Ministro Andrea Orlando; nei prossimi giorni la parlamentare procederà anche ad una formale denuncia indirizzata alla Procura della Repubblica di Castrovillari ed ad una Interrogazione a risposta scritta rivolta al Governo.

Va detto che quanto riferito dal vice Commissario Ciambriello all’onorevole Bossio è, in sostanza, fondamentalmente sbagliato: i parlamentari, ed in particolare quelli del Sindacato Ispettivo Parlamentare, hanno una sorta di diritto/dovere in tal senso: le condizioni del carcere di Rossano raccontate dall’onorevole Bossio dimostrano l’importanza di tali visite.

Andrea Spinelli

Crimeblog.it – 10 Agosto 2014

Rossano, viaggio nel carcere degli orrori. Parla l’On. Enza Bruno Bossio, Deputato Pd


On. Enza Bruno Bossio PD“Avevo proprio voglia di scappare, di uscire e avvisare il mondo di questa situazione. Ma ci torno!”. Enza Bruno Bossio ha il piglio sicuro e una volontà di ferro. Quando le abbiamo chiesto di raccontarci cosa ha visto nel Carcere di Rossano, non usa mezzi termini: i detenuti in isolamento erano tenuti in condizioni medievali. “Non era un problema strutturale, ma di gestione: la struttura di Rossano, in sé non è male. Non è fatiscente come può essere invece quella di Fiano. E’ la gestione del detenuto che è punitiva in questi termini”. E pensare che quella alla struttura penitenziaria doveva essere una visita ispettiva come le altre… E invece, no. Quella che si è trovata sotto gli occhi la Bossio, Deputato del Partito Democratico e membro della Commissione Bicamerale Antimafia, è una condizione di degrado che non ha precedenti e che subito ha voluto denunciare, assieme al radicale Emilio Quintieri, che l’aveva accompagnata nella visita, ma che non è riuscito a entrare.

“Voglio partire subito dalla fine di questa vicenda: abbiamo già attivato il capo di gabinetto del Ministro e credo che nei prossimi giorni interverranno su questa situazione che io personalmente ho scoperto solo per caso”. Comincia così il suo racconto. “Quando sono andata a Rossano per la mia visita ispettiva non pensavo di trovare la situazione che ho potuto riscontrare. Ero lì semplicemente per incontrare un detenuto trasferito da poco che aveva fatto sapere attraverso i suoi familiari di essere preoccupato per la sua incolumità. Aveva avuto già anche altri problemi e sono voluta andare di persona per rendermi conto del perché arrivassero questo tipo di segnali”. Nel carcere di Rossano, però, le cose non sono così semplici. E anche l’ispezione (che rientra tra i diritti dei parlamentari) si rivela più complessa del previsto: “Arrivata lì non c’era né il comandante né il direttore e l’agente preposto non mi voleva far entrare” racconta la Bruno Bossio. “Io allora ho rivendicato le mie prerogative di entrare anche assieme ai miei accompagnatori. Alla fine ho dovuto accettare una mediazione e sono entrata da sola”.

Le difficoltà sono solo all’inizio: “Volevano portarmi il detenuto in una stanza, quasi fosse un colloquio, ma mi sono rifiutata rivendicando il diritto di visitare la cella. Mentre camminavo nel corridoio chiudevano i blindati per non farmi vedere le altre celle adducendo motivazioni varie”. In un primo momento la deputata spiega a Calabria24News di non aver prestato particolare attenzione alla cosa, non pensando che ci potesse essere qualcosa dietro. “Mentre parlavo con il detenuto che ero andata a incontrare” però, “gli altri hanno iniziato a urlare, chiedendomi di visitare anche le altre celle”. Lo spettacolo riscontrato è tremendo: “Ho trovato una cella completamente vuota, senza mobili, senza letto, con una persona praticamente nuda seduta a terra in condizione di evidente stato confusionale, in mezzo ai suoi escrementi, malamente puliti, e ai piatti sporchi. Nessuno mi spiegava perché fosse abbandonato in una simile condizione. Solo dopo una certa insistenza uno degli agenti mi ha spiegato che il detenuto aveva tentato il suicidio”. Non è tutto. “In altre due celle ho trovato una situazione simile, c’era però il letto… ma senza lenzuola”.

La cosa più grave, però, secondo la deputata Pd è ancora un’altra: “mentre ero lì mi hanno costretto ad allontanarmi e in ufficio mi hanno passato una vicecomandante che si è rivolta a me dicendo: come vi siete permessi di andare in casa d’altri senza avvisare… Io però l’avevo fatto apposta: non voglio che si sappia che arrivo lì. Lo faccio perché non voglio che si mettano a posto le cose prima”. “Ci dovrebbe essere un garante dei detenuti che purtroppo la Calabria non ha e che mi auguro venga nominato con il nuovo governo regionale” spiega a Calabria24News ribadendo tuttavia che la gestione delle strutture carcerarie è sempre stata di una competenza ministeriale “ed è giusto che sia così. Ma devo dire che questo Ministro, per quel che riguarda le carceri, si è dimostrato molto sensibile“. 

Monica Gasbarri

Calabria24News – 12 Agosto 2014

Carcere di Rossano, la denuncia del radicale Emilio Quintieri: degrado senza precedenti


Emilio Quintieri - Luigi MazzottaUna normale visita ispettiva in una delle strutture penitenziarie calabresi ha portato alla scoperta di una condizione di degrado senza precedenti. E’ la denuncia del radicale Emilio Quintieri che assieme all’onorevole Enza Bruno Bossio, Deputato del Partito Democratico e membro della Commissione Bicamerale Antimafia, ha visitato a sorpresa la Casa di Reclusione di Rossano (Cosenza) per accertare le condizioni di uno dei detenuti come richiesto dai familiari. Dopo numerose remore da parte del personale in servizio e il tentativo di impedire l’ispezione, la situazione riscontrata all’interno del reparto di isolamento del carcere si è rivelata drammatica.

Calabria24News ha intervistato Quintieri che ci ha raccontato l’accaduto: “Da un po’ di mesi a questa parte, assieme all’onorevole Bruno Bossio stiamo effettuando negli istituti penitenziari della Calabria delle visite ispettive a sorpresa. Quindi senza dare preannuncio, dal momento che i membri del parlamento e chi li accompagna hanno facoltà di effettuare ispezioni in qualsiasi momento senza avere bisogno di autorizzazione. Proprio avvalendosi delle sue prerogative di parlamentare, con la deputata del Pd, ci siamo presentati nella strutta di Rossano in provincia di Cosenza, per accertare le condizioni di detenzione di alcuni detenuti che ci avevano segnalato di essere sottoposti a trattamenti illegali; in particolare ci era nota la condizione di un ergastolano trasferito dalla sera alla mattina dalla casa circondariale di Catanzaro a quella di Rossano”.

Come avete saputo di questa situazione ? Tramite i familiari del detenuto al quale per fortuna è stato consentito di effettuare una telefonata. Questo è stato il suo unico contatto con l’esterno, essendogli stata bloccata illegalmente la corrispondenza, mentre  sappiamo che la legge stabilisce che in particolare la corrispondenza indirizzata ai membri del parlamento o a organismi nazionali e internazionali che si occupano di diritti umani non possa essere sottoposta a censura.

Cosa è successo quando siete arrivati a Rossano? La polizia penitenziaria, non appena ci siamo presentati, ha iniziato a fare storie, a temporeggiare… Un tira e molla che non ha fatto altro che insospettirci. Hanno tentato in tutti i modi di dissuadere l’onorevole Bruno Bossio dall’effettuare l’ispezione, sostenendo che non fossero in servizio né il comandante di reparto, né il direttore dell’Istituto.

Cercavano di perdere tempo, insomma… Esatto. Ovviamente, abbiamo replicato che essendo una ispezione urgente, la nostra intenzione era esclusivamente quella di accertare la veridicità di quanto ci era stato segnalato.

Siete riusciti a entrare comunque nella struttura? Ci è riuscita solo la collega e dopo notevoli insistenze. Ma io e l’altro suo collaboratore siamo dovuti rimanere fuori, nonostante la legge consenta ai parlamentari di essere accompagnati. Si è trattato dunque di una gravissima limitazione delle attività ispettive.

Nelle altre strutture ispezionate avete incontrato situazioni simili? No, nel modo più assoluto. E’ la prima volta che accade una cosa del genere. Visito le carceri da molto tempo, ho accompagnato diversi deputati e senatori di varie forze politiche e non è mai accaduta una cosa del genere. Anche il segretario nazionale di Radicali Italiani, Rita Bernardini, mi ha confermato che mai le era successo qualcosa di simile.

Una volta dentro la struttura, invece? In un primo momento hanno cercato di impedire alla deputata di vedere direttamente le celle e il reparto di isolamento per evitare che si rendesse conto di persona del trattamento che veniva riservato ai detenuti. Solo dopo esplicita richiesta è riuscita a entrare, ma i poliziotti hanno chiuso tutte le porte blindate delle celle, adducendo vari motivi. Incontrato però l’ergastolano che volevamo visitare, e raccolta la sua testimonianza, sono stati gli altri detenuti costretti in regime di isolamento a farsi sentire, mettendosi a urlare e a battere contro le celle, chiedendo il suo intervento.

Un vero e proprio grido di aiuto. Esatto. E gli agenti hanno cercato anche in questo caso di impedire l’ispezione, contravvenendo all’obbligo che hanno nei confronti dei Parlamentari. La collega Bruno Bossio ha potuto, tuttavia, constatare dagli spioncini le condizioni in cui versavano questi detenuti in celle sporche, prive di arredo, caldissime. I detenuti giacevano in terra e senza vestiti.

Le ragioni di questo degrado? Gli agenti hanno chiarito che i detenuti erano tenuti in questo modo (senza arredi e senza effetti personali) perché avevano tentato il suicidio e c’era il rischio che tentassero nuovamente di attentare alla propria vita. Mentre è comprovato che sottoporre le persone all’isolamento sia deleterio sia per il fisico che per la psiche.

Questa è la condizione peggiore che avete riscontrato nelle vostre visite ispettive? Guardi, una delle strutture peggiori che abbiamo visitato è quella di Catanzaro, per le carenze strutturali, con condizioni igieniche deprecabili e assolutamente fatiscente. Anche nella struttura di Catanzaro, però , pur avendo accertato situazioni drammatiche ,non si è raggiunta la condizione riscontrata qui a Rossano che non ha precedenti.

Quali sono ora le vostre prossime mosse? E’ stata già aggiornata Rita Bernardini, Sandro Favi , responsabile nazionale carceri del Partito Democratico e la segreteria del Ministro della Giustizia andrea Orlando. Successivamente verrà presentata una interrogazione a risposta scritta al Governo e stiamo predisponendo denuncia formale a procura della Repubblica di Castrovillari competente per il territorio di Rossano.

Monica Gasbarri

Calabria24News – 11 Agosto 2014

Carceri invivibili… e il Dap è ancora senza guida. Ispezione dell’On. Bruno Bossio (Pd) a Rossano


Novara 1Arginato il sovraffollamento – i detenuti sono scesi al minimo storico di 54.200 – l’emergenza carcere sembra essere stata cancellata dai media e dalla politica. Eppure, da oltre tre mesi l’Amministrazione penitenziaria è senza guida: il governo non ha ancora concertato la nomina del successore di Giovanni Tamburino ma da via Arenula fanno sapere che arriverà con il Consiglio dei ministri del 29 agosto.

Ormai è un testa a testa tra Giovanni Salvi, procuratore della Repubblica a Catania, e Giovanni Melillo, attualmente capo di gabinetto del ministro (Betta Cesqui, sostituto Procuratore generale andrebbe all’Ispettorato). Certo è che la mancanza di una guida e di una regia (nonché delle relative responsabilità) pesa sul problema – non meno grave del sovraffollamento, inteso come contabilità delle presenze – dell’invivibilità del carcere e della sua inadeguatezza ad adempiere il dettato costituzionale: un servizio finalizzato al reinserimento sociale dei detenuti, nel rispetto dei diritti fondamentali.

Emblematico quanto denunciato dalla parlamentare del Pd Enza Bruno Bossio dopo un’ispezione nel carcere di Rossano, il 9 agosto, in particolare nel Reparto di isolamento dove sono rinchiusi, nelle cosiddette “celle lisce”, i detenuti a rischio di suicidio. “Ho trovato detenuti sostanzialmente nudi, soltanto con gli slip, in celle in cui non c’era neanche il letto, seduti per terra in mezzo ai loro escrementi, al vomito e ai piatti sporchi – ha dichiarato a http://www.crimeblog.it. Uno di loro, italiano, era stato messo lì per aver tentato il suicidio e quindi doveva essere assolutamente tenuto in isolamento. Gli altri due avevano tentato un’evasione e hanno detto di essere stati pestati dalla polizia penitenziaria. Infatti avevano ricevuto percosse”. Ieri è scattata l’ispezione ministeriale.

Quest’anno ancora non si parla di “ferragosto in carcere”, la tradizionale trasferta dei parlamentari nelle carceri italiane per verificarne le condizioni di vivibilità, rese più difficili dalle temperature estive. Chiusa (politicamente) la pagina del “sovraffollamento, il problema sembra rimosso, fatta eccezione per i Radicali, sempre attivi su questo fronte, e per alcuni parlamentari, come appunto la Bossio che si è recata a Rossano, carcere con 258 detenuti, di cui molti in regime di Alta sicurezza, rispetto a una capienza regolamentare di 215 posti.

La Bossio si è presentata senza preavviso (non ne era tenuta poiché le visite ispettive sono un diritto del parlamentare) e perciò ha incontrato una serie di ostacoli, denunciati al ministro Orlando e alla Procura di Castrovillari. Il suo è il racconto di “un’ordinaria illegalità”.

Le “celle lisce”, in particolare, sono un problema antico e mai risolto. Ci finiscono in tanti: dai cosiddetti “psichiatrici” ai “depressi”. Spesso anche le matricole, che non reggono l’urto del carcere e manifestano propositi suicidari. Sono celle piantonate da un agente h24, per controllare, da uno psichiatra, per somministrare la terapia. Le chiamano “lisce” perché, per evitare che il detenuto “si faccia male”, c’è solo una branda di ferro, spesso senza materasso e lenzuola. Ma poiché il carcere “fa male”, nasce un circolo vizioso: il detenuto deve restare in cella liscia finché non è guarito, ma se non lascia la cella liscia continua a star male.

Quindi, starà sempre male. D’altra parte, nessuno si assume la responsabilità di cambiare procedura, rispondendo con un atto di cura – e non di punizione – a una chiara esigenza di cura. Non a caso gli psichiatri concordano che per curare la salute mentale dentro il carcere bisogna fare guerra al sistema carcerario. Perché il funzionamento del carcere si misura sulla sua vivibilità, intesa come qualità della vita.

Donatella Stasio

Il Sole 24 Ore, 12 agosto 2014