Detenuti Rebibbia : Per ottenere la “liberazione anticipata speciale ?”…. dipende dal Giudice


carcere rebibbiaCaro Manifesto, siamo i detenuti del carcere di Rebibbia nuovo complesso e studenti in Giurisprudenza del “Gruppo Universitario Libertà di Studiare” iscritti all’Università La Sapienza.

Scriviamo questa lettera sicuri di rappresentare sentimenti e aspettative di migliaia di detenuti di tutte le carceri italiane. Vogliamo innanzitutto ringraziare per l’attenzione che la vostra testata riserva alla popolazione detenuta volta a migliorare le condizioni di vita di noi reclusi, e però mentre voi vi impegnate, a noi detenuti non viene concesso neanche quello che la legge prevede e che allevierebbe la nostra pena.

La legge 10/2014 che ha convertito il decreto 146/2013 sta causando enormi disparità di trattamento e diseguaglianze disastrose. Ogni magistrato di sorveglianza sta dando una sua personale interpretazione all’interno dello stesso Tribunale. Del tema, come da allegata interrogazione al ministero di Giustizia da parte del vice presidente della Camera on. Roberto Giachetti, sono state interessate tutte le autorità competenti ma ad oggi, nessuna risposta concreta è stata attivata.

La questione consiste nel fatto se debbano essere concessi i giorni di liberazione speciale anche a quei detenuti inclusi nell’art. 4 bis dell’Ordinamento penitenziario – il 75% della popolazione reclusa – che la legge 10/2014 ha escluso ma che il decreto 146/2013 comprendeva, detenuti che però avevano fatto richiesta per avere concessi i giorni al magistrato di sorveglianza durante la vigenza del decreto. Moltissimi autorevoli costituzionalisti sostengono che gli effetti di chi ha fatto la richiesta mentre il decreto era in vigore sono fatti salvi, e che la legge si applica dal momento in cui è approvata.

Alcuni magistrati danno questa interpretazione in ossequio alla legge n. 400/1988 (art, 15) per cui hanno concesso i giorni di liberazione speciale integrativa (30 in più per ogni semestre) a tutti quelli che ne avevano fatto domanda prima della pubblicazione della legge di conversione n. 10 del 21 febbraio 2014. Altri magistrati invece sostengono che la legge travolge gli effetti del Dl anche se richiesti prima e così non danno i giorni.

Anche questi però in vigenza di decreto li avevano dati, senza tra l’altro rispettare l’ordine di presentazione di domanda ma valutando l’urgenza, cioè il fatto che i giorni assegnati portavano a fine pena i detenuti, ammettendo così che in vigenza di decreto lo stesso andava applicato, ma non per tutti e non in ordine cronologico. Se alcuni magistrati di Sorveglianza non fossero stati “lenti” entro 60 giorni avrebbero avuto la possibilità di espletare per intero il loro lavoro, cosa che alcuni magistrati, più solerti, hanno fatto.

Nella stessa cella detenuti con reati gravi, omicidio, reati di mafia, hanno avuto gli arretrati dei giorni di liberazione anticipata speciale, perché hanno avuto la “fortuna” di avere come magistrati di sorveglianza quelli che interpretano che gli effetti sono fatti salvi, e invece detenuti per rapina aggravata per l’utilizzo di “spray al peperoncino” si sono visti negare i giorni perché la sorte gli ha dato magistrati di sorveglianza che interpretano che gli effetti sono travolti dalla legge.

I detenuti del 4 bis, come detto prima, sono il 75% della popolazione carceraria italiana quindi il provvedimento di legge che ha suscitato così tanto clamore è quasi del tutto inutile oltre che anticostituzionale.

È veramente incredibile come in questo caso si possa affidare la protezione di un diritto fondamentale qual è la libertà, garantita con riserva di legge costituzionale, al libero arbitrio o alla libera valutazione o alla personale sensibilità del singolo magistrato di sorveglianza, senza che possa esserci una univoca giusta valutazione come principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge vorrebbe.

Voi potete aiutarci, intervenire, accendendo i riflettori sul tema, perché a tutti i detenuti possa essere concesso il beneficio della liberazione anticipata speciale come è opinione dei costituzionalisti, che lo hanno ribadito in occasione di un recente convegno dell’Associazione Italiana dei costituzionalisti tenutosi presso il Teatro interno al Carcere di Rebibbia, noi detenuti siamo impotenti!

Oltre 20.000 detenuti potrebbero avere concesso il beneficio che sarebbe per i reclusi di lungo corso al massimo di 180 giorni, che sono tantissimi perché rubati all’amore della famiglia e alla vita, senza contare che sarebbero tanti giorni in meno da risarcire ai detenuti, così come ha sentenziato la Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo di cui al provvedimento risarcitorio interno in questi giorni in ratifica alle Camere.

Siamo sicuri che la vostra sensibilità verso i più deboli anche questa volta troverà la giusta attenzione e nel ringraziarvi inviamo distinti saluti. Con stima e fiducia.

Il Manifesto, 20 agosto 2014

Carceri : E’ entrata in vigore la Legge sui risarcimenti ai detenuti che hanno subito trattamenti inumani e degradanti


cella detenuti 1È in vigore da oggi la legge di conversione del decreto del che prevede misure compensative per i detenuti che hanno subito un trattamento inumano, in violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. La legge è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale di ieri. Risarcimenti, in denaro o attraverso sconti di pena, stretta sulle misure cautelari, novità sulla detenzione minorile e più agenti di polizia penitenziaria i punti principali della legge, che ha avuto il 2 agosto via libera definitivo con il voto di fiducia del Senato al decreto licenziato il 24 luglio dalla Camera.

Il decreto era stato messo a punto dalla presidenza del Consiglio dei ministri e dal ministro della Giustizia Andrea Orlando e approvato dal Cdm il 20 giugno. La legge contiene le misure previste dopo la “promozione” dell’Italia da parte del Consiglio d’Europa, per gli interventi sull’emergenza carceraria. Alla scadenza prevista dalla sentenza Torreggiani, che ha condannato l’Italia per la situazione delle carceri, Strasburgo ha infatti valutato positivamente le azioni avviate dal governo, rimandando un ulteriore “esame” a giugno del prossimo anno.

Cosa prevede la legge

Otto euro al giorno di indennizzo o sconti di pena per i detenuti che hanno vissuto o tuttora vivono in carcere in condizioni inumane. Ecco, in sintesi, le principali novità della legge sui rimedi compensativi in vigore da oggi.

Risarcimenti

Sconti di pena o soldi ai detenuti reclusi in “condizioni inumane”. Per compensare la violazione della Convenzione sui diritti dell’uomo, se la pena è ancora da espiare è previsto un abbuono di un giorno per ogni dieci durante i quali è avvenuta la violazione del diritto a uno spazio e a condizioni adeguate. Per chi non si trova più in carcere è previsto un risarcimento pari a 8 euro per ciascuna giornata di detenzione trascorsa in condizioni non conformi alle indicazioni della Corte europea dei diritti dell’uomo. La richiesta, in questo caso, va fatta entro 6 mesi dalla fine della detenzione. Da qui al 2016 per i risarcimenti saranno disponibili 20,3 milioni di euro.

Stretta sul carcere preventivo

Divieto di custodia cautelare in carcere in caso di pena non superiore ai 3 anni. In altri termini, se il giudice ritiene che all’esito del giudizio la pena irrogata non sarà superiore ai 3 anni, per esigenze cautelari potrà applicare solo gli arresti domiciliari. La norma non vale però per i delitti ad elevata pericolosità sociale (tra cui mafia e terrorismo, rapina ed estorsione, furto in abitazione, stalking e maltrattamenti in famiglia) e in mancanza di un luogo idoneo per i domiciliari. Viene ribadito invece il divieto assoluto (norma già esistente) del carcere preventivo e dei domiciliari nei processi destinati a chiudersi con la sospensione condizionale della pena. Chi trasgredisce ai domiciliari, peraltro, va in carcere.

Benefici minori a under 25

Le norme di favore previste dal diritto minorile sui provvedimenti restrittivi si estendono a chi non ha ancora 25 anni (anziché 21 come oggi). In sostanza, se un ragazzo deve espiare la pena dopo aver compiuto i 18 anni ma per un reato commesso da minorenne, l’esecuzione di pene detentive e alternative o misure cautelari sarà disciplinata dal procedimento minorile e affidata al personale dei servizi minorili fino ai 25 anni. Sempre che il giudice, pur tenendo conto delle finalità rieducative, non lo ritenga socialmente pericoloso.

Ai domiciliari senza scorta

A meno che non prevalgano esigenze processuali o di sicurezza, l’imputato che lascia il carcere per i domiciliari lo farà senza accompagnamento delle forze dell’ordine.

Più Magistrati di Sorveglianza

Qualora l’organico sia scoperto di oltre il 20% dei posti, il Csm in via eccezionale (riguarda solo i vincitori del concorso bandito nel 2011) destinerà alla magistratura di sorveglianza anche i giudici di prima nomina. È anticipata al 31 luglio la scadenza del commissario straordinario per l’edilizia penitenziaria.

Più agenti penitenziari

Cresce di 204 unità l’organico della polizia penitenziaria, con un saldo finale che vedrà meno ispettori e più agenti. Giro di vite su comandi e distacchi del personale Dap presso altri ministeri o amministrazioni pubbliche, per due anni saranno vietati.

Gonnella (Antigone) : Come nuovo Capo dell’Amministrazione Penitenziaria servirebbe un “Brubaker”


Carceri1Pare che 29 agosto il Governo nominerà il nuovo capo dell’amministrazione penitenziaria. Ci piacerebbe che abbia il coraggio di non essere solo un funzionario pubblico come Robert Redford nel famoso film.

Pare che 29 agosto il Governo nominerà il nuovo capo dell’amministrazione penitenziaria nota ai più come Dap. Non è una nomina di secondo piano. Nelle sue mani vi è il destino di circa 500 mila persone, tra detenuti, poliziotti, operatori vari e i loro familiari.

Dalla sua capacità, dalla sua autorevolezza morale e dalle sue idee dipenderà il modello di pena riservato ai 54 mila detenuti ristretti nelle nostre prigioni e alle decine di migliaia di persone attualmente in esecuzione penale esterna. Il capo Dap è trattato, finanche ai fini previdenziali, alla pari del capo della Polizia.

Si usa la parola capo non a caso. Non è un dirigente come tutti gli altri. È uno dei vertici del sistema pubblico italiano. Si capisce come il ruolo attragga molti. Da tre mesi, ovvero da quando a fine maggio l’Italia si è presentata davanti al comitato del Consiglio d’Europa che controlla l’esecuzione delle sentenze dalla Corte Europea dei diritti Umani per rendere conto di quanto fatto dopo essere stata condannata per la situazione delle proprie carceri, il seggio è vacante.

L’attenzione pubblica intorno al tema penitenziario, un tema di difficile digestione da parte dei media e delle forze politiche, è stata crescente tra il 2011 e il 2014. I messaggi di Giorgio Napolitano e gli scioperi della fame e della sete di Marco Pannella, a cui va un saluto riconoscente, sono stati importanti. Da qualche mese l’attenzione è scemata. Di carcere si parla poco, molto poco. Qualche giorno fa una deputata del Partito democratico (On. Enza Bruno Bossio n.d.r.) ha denunciato nefandezze, umiliazioni e prevaricazioni da lei viste nel carcere di Rossano in Calabria.

Quel racconto di persone costrette a vivere in isolamento tra i loro escrementi avrebbe meritato ben diversa esposizione mediatica. Dalla periferia penitenziaria italica arrivano segnali non proprio rassicuranti. Pratiche poco rispettose dei diritti umani trovano terreno fertile là dove non c’è una direzione forte e ostinata in senso contrario, ovvero nel senso della costruzione di una pena pienamente rispettosa della dignità umana.

L’Italia sarà ancora un anno sotto la supervisione degli organismi giurisdizionali europei. Un anno nel quale, in fretta, bisognerà definitivamente cestinare antiche e consolidate prassi custodiali fortemente lesive dei diritti fondamentali della persona detenuta. Nei mesi precedenti alla decisione del Consiglio d’Europa lo si è iniziato a fare (si pensi alla decisione di superare la pratica medievale di lasciare i detenuti chiusi nelle celle fino a 20-22 ore al giorno) e si è anche avviato un percorso di trasparenza nei dati.

Un ruolo decisivo lo ha avuto il nostro Mauro Palma nella sua doppia funzione di presidente del Consiglio europeo per la cooperazione nell’esecuzione penale e di consigliere del Ministro della Giustizia. È indubbio che senza il suo contributo l’Italia avrebbe subito ben altra sorte a Strasburgo. Sarebbero probabilmente piovute condanne per il passato e si sarebbe consolidata sfiducia per il futuro.

Come detto, tra qualche giorno dopo mesi di vacatio saranno nominati i vertici del Dap. Il primo messaggio che vorremmo arrivasse dal nuovo futuro capo dell’amministrazione penitenziaria deve essere quello diretto a bandire del tutto la violenza fisica e psichica dalla vita reclusa. Va ridisegnato in altri termini il rapporto tra custodi e custoditi, oggi non sempre all’insegna della legalità. Chi ha costruito o avallato il modello Rossano deve subirne le conseguenze. Chi viceversa ha creduto in un modello legale e umanocentrico deve essere pubblicamente sostenuto.

Robert Redford in Brubaker, film di Stuart Rosenberg del lontano 1980, racconta una storia realmente accaduta negli anni sessanta del secolo scorso in Arkansas. Il criminologo Thomas Murton per riformare il sistema carcerario dello Stato si finse detenuto. Così scoprì una quotidianità fatta di violenze, vessazioni, soprusi e spie. Pochi mesi fa il nuovo capo delle carceri del Colorado, Rick Raemisch, si è fatto rinchiudere per quasi un giorno intero in una cella di isolamento per poi raccontare al mondo la crudele disumanità del trattamento subito.

Ci piacerebbe che il prossimo capo Dap abbia il coraggio di non essere solo un funzionario pubblico. Vorremmo che sappia di cosa si parla quando si usano termini come sbobba, superiore, domandina, camosci e girachiavi in modo da non iniziare da zero una scalata di conoscenze. Vorremmo un capo Dap che parli la lingua della legalità, della dignità e della nonviolenza. Il trattamento dei detenuti di mafia o sottoposti al regime di cui all’articolo 41-bis – circa 700 rispetto ai 54 mila totali – non è una scusa per nominare un giudice, e ancor più un pm, ai vertici dell’amministrazione.

Siamo arrivati alle condanne europee a causa di un sistema che ha fallito nei suoi obiettivi costituzionali. Una responsabilità che è anche esito di un modello gestionale nel quale le correnti della magistratura hanno trattato la questione penitenziaria come un posto di potere piuttosto che un problema da risolvere. Il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha finora usato un linguaggio fortunatamente distante da quello intollerante e violento di alcuni suoi predecessori. Ha usato parole chiare per spiegare quale debba essere il senso della pena in una società democratica. Ci auguriamo che si sia preso questi mesi di tempo, lasciando il sistema penitenziario privo di testa, per fronteggiare le pressioni di chi pretendeva ruoli di vertice al Dap in continuità con il passato. Se così non fosse sarebbe l’ennesima occasione persa.

Patrizio Gonnella (Presidente dell’Associazione Antigone)

Il Manifesto, 21 agosto 2014