Spoleto, Illegittime le restrizioni per i detenuti 41 bis sui prodotti acquistabili al sopravvitto e sugli orari per cucinare


Lo scorso 9 maggio 2017 il Magistrato di Sorveglianza di Spoleto, Fabio Gianfilippi, con Ordinanza n. 772/2017, sollevava questione di legittimità costituzionale dell’Art. 41 bis c. 2 quater lett. f) O.P. nella parte in cui prevedeva l’assoluto divieto di cuocere i cibi per le persone detenute sottoposte al regime detentivo speciale per contrasto con gli Artt. 3 e 27 della Costituzione. Il 26 settembre 2018 la Corte Costituzionale (Presidente Giorgio Lattanzi, Redattore Nicolò Zanon), con Sentenza n. 186/2018, ha ritenuto fondata la questione sollevata dal Magistrato di Sorveglianza di Spoleto e, per l’effetto, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’Art. 41 bis c. 2 quater lett. f) O.P. Il 18 ottobre 2018 il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia, a seguito della Sentenza della Corte Costituzionale, emana una Circolare, che modifica quella del 2 ottobre 2017, con la quale consente l’acquisto di un numero limitato di generi alimentari da cuocere, acquistabili al sopravvitto, affidando il compito alle Direzioni degli Istituti Penitenziari, di regolamentare il tempo in cui sarà consentito ai detenuti sottoposti al regime ex Art. 41 bis O.P. di cucinare, secondo due fasce orarie, una per il pranzo ed una per la cena, per preservare la salubrità degli ambienti, la salvaguardia dell’ordinata convivenza, il rispetto del lavoro del personale e non condizionare i tempi previsti per le attività trattamentali. Subito dopo, la Direzione della Casa di Reclusione di Spoleto (come tutti gli altri Istituti Penitenziari dotati di Sezioni 41 bis O.P.), ha adottato apposito ordine di servizio con il quale ha stabilito che le fasce orarie per cucinare siano: 11,00-14,00 per il pranzo e 16,30-19,00 per la cena.

Il 13 aprile 2019, Vincenzo Bonaddio, un detenuto calabrese ristretto nella Casa di Reclusione di Spoleto e sottoposto al regime speciale ex Art. 41 bis O.P., difeso dall’Avvocato Carmine Curatolo del Foro di Paola, ha proposto reclamo giurisdizionale ex Art. 35 bis e 69 c. 6 lett. b) O.P. al Magistrato di Sorveglianza di Spoleto, lamentandosi delle limitazioni di cuocere i cibi al di fuori delle fasce orarie (11,00-14,00 e 16,30-19,00) e negli acquisti di generi alimentari al sopravvitto, suscettibili di cottura, disposte dall’Amministrazione Penitenziaria.

Il 1 luglio 2019, al termine dell’udienza, il Magistrato di Sorveglianza di Spoleto, Grazia Manganaro, con Ordinanza n. 1577/2019, ha ritenuto fondato il reclamo e, per l’effetto, lo ha accolto ordinando al Direttore della Casa di Reclusione di Spoleto di emettere nuovo ordine di servizio nel quale, disapplicate sul punto le circolari ministeriali contrastanti, sia consentito al detenuto reclamante di acquistare dal sopravvitto gli stessi cibi acquistabili presso le altre Sezioni dell’Istituto Penitenziario, e gli sia consentito di cucinarli senza previsione di fasce orarie particolari ad eccezione del limite già previsto della restituzione degli oggetti alle ore 20,00 e sino alle ore 7,00 di ogni giorno, entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento con obbligo di informare il Magistrato di Sorveglianza dell’avvenuta ottemperanza.

Nel provvedimento, veniva precisato che la Corte Costituzionale con la Sentenza n. 186/2018 aveva stabilito che la materia relativa alla limitazione della cottura dei cibi era tout court considerata al di fuori delle finalità proprie del regime differenziato, notoriamente volto ad impedire collegamenti del detenuto con posizioni di vertice in una consorteria criminale con i sodali ristretti o in libertà. Pertanto, occorreva garantire che i detenuti in regime differenziato siano sotto questo profilo particolare, assimilati in tutto ai detenuti delle Sezioni comuni e alta sicurezza. Non trovava alcuna giustificazione l’elenco dei generi alimentari da cuocersi acquistabili al sopravvitto più ristretto rispetto a quello in uso nelle Sezioni ordinarie perché discriminatorio e, allo stesso modo, essendo già prevista una fascia oraria delimitata nell’ambito della quale i ristretti in 41 bis sono dotati di strumenti per cucinare (7,00-20,00), dovendo poi restituirli, ulteriori fasce orarie prestabilite, non contemplate per i detenuti ristretti nelle Sezioni comuni o alta sicurezza dell’Istituto Penitenziario, si appalesavano analogamente discriminatorie (oltre a determinare proprio i pericoli che l’Amministrazione intenderebbe evitare in quanto i medesimi orari si sovrappongono, in tutto o in parte, con le pur limitate attività trattamentali svolte: ore all’aperto, colloquio mensile coi familiari, orari per effettuare la doccia, santa messa, di fatto limitando ulteriormente il tempo per cucinare i cibi). Inoltre, nessun problema vi era per quanto riguarda la salubrità degli ambienti, posto che i detenuti dispongono di stanze singole dotate di finestra e non disturbano, con eventuali odori o rumori, altri compagni, come invece ben può accadere, senza che perciò siano limitati i tempi in cui è possibile cucinare, in una Sezione ordinaria con stanza multipla. Per la stessa ragione, l’assenza di ulteriori fasce orarie, non sembra comportare un particolare aggravio delle attività di controllo sulla sicurezza, che si appuntano peculiarmente nella quotidiana restituzione degli oggetti atti a cucinare alle 20,00 e nella riconsegna alle 7,00 del mattino.

Come avviene sempre in questi casi, trattandosi di Ordinanza favorevole al detenuto, il Dipartimento l’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia, ha provveduto immediatamente ad impugnarla senza darvi esecuzione (nonostante il reclamo non produca alcun effetto sospensivo ex Artt. 35 bis O.P. e 666 c.p.p.), proponendo reclamo innanzi al Tribunale di Sorveglianza di Perugia. L’11 giugno 2020, al termine dell’udienza, il Tribunale di Sorveglianza di Perugia, Presidente ed Estensore Nicla Flavia Restivo, con Ordinanza n. 712/2020, pronunciandosi sul reclamo proposto dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, sulle conformi conclusioni della Procura Generale della Repubblica di Perugia, lo ha ritenuto infondato ed immeritevole di accoglimento e, per l’effetto, rigettato, confermando integralmente l’Ordinanza del Magistrato di Sorveglianza di Spoleto.

Probabilmente, anzi sicuramente, anche il provvedimento del Tribunale di Sorveglianza di Perugia non verrà eseguito e sarà impugnato dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, tramite l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Perugia, con ricorso presso la Corte di Cassazione.

Emilio Enzo Quintieri

Coronavirus, i detenuti di Cosenza ringraziano l’Amministrazione Penitenziaria ma chiedono allo Stato di non essere dimenticati


Con un comunicato diffuso pubblicamente, a mezzo della Direzione dell’Istituto, i detenuti della Sezione di Alta Sicurezza della Casa Circondariale di Cosenza “Sergio Cosmai”, a seguito della proroga della sospensione dei colloqui visivi con i propri familiari a causa dell’emergenza epidemiologica Coronavirus che sta interessando l’Italia, hanno inteso tranquillizzare i propri familiari circa il loro stato di salute e di vita all’interno dell’Istituto.

Inoltre hanno voluto ringraziare il Direttore Dott.ssa Maria Luisa Mendicino ed il Comandante di Reparto della Polizia Penitenziaria Commissario Capo Dott. Paolo Cugliari per la costante disponibilità al dialogo e per quanto messo in atto e in programma per consentire i contatti, telefonici e video, con i familiari, nonché il personale di Polizia Penitenziaria e dell’Area Sanitaria per l’assistenza prestata.

I detenuti hanno altresí colto l’occasione per dichiararsi vicini alla Comunità Nazionale tutta per lo sforzo in atto per battere il nemico invisibile “Coronavirus” e auspicano di non essere dimenticati dallo Stato.

Catanzaro, inaugurato Reparto Scolastico e Trattamentale per l’Alta Sicurezza nel Carcere di Siano


Mercoledì scorso, in tarda mattinata, presso la Casa Circondariale di Catanzaro “Ugo Caridi” è stato inaugurato un moderno ed attrezzato Reparto Scolastico e Trattamentale destinato ai detenuti del Circuito dell’Alta Sicurezza ristretti nella medesima sede penitenziaria.

Un evento che è il frutto del lavoro dei detenuti, i quali con la loro attività hanno reso possibile la fruizione di luoghi non utilizzati per anni, ha tenuto a precisare il Direttore dell’Istituto Angela Paravati che, nell’occasione, ha consegnato a ciascun detenuto impegnatosi in tale attività una ricompensa (encomio), che sarà inviata alla Magistratura di Sorveglianza competente, come previsto dagli Articoli 37 dell’Ordinamento Penitenziario e 76 del Regolamento di Esecuzione. Inoltre, una nota di apprezzamento, è stata rivolta dal Direttore al Coordinatore del Reparto, l’Ispettore Capo di Polizia Penitenziaria Giacinto Longo.

Il Reparto è stato inaugurato dal Vescovo dell’Arcidiocesi di Catanzaro – Squillace Mons. Vincenzo Bertolone, che ha proceduto al taglio del nastro e benedetto i nuovi locali : aule scolastiche per la scuola primaria e secondaria, laboratori di sartoria, musica, informatica ed anche una palestra.

All’iniziativa erano presenti il Vice Direttore dell’Istituto Emilia Boccagna, il personale di Polizia Penitenziaria ed i Funzionari Giuridico Pedagogici, i Magistrati di Sorveglianza di Catanzaro Laura Antonini e Angela Cerra, il Dirigente Scolastico del Centro Provinciale per l’Istruzione degli Adulti Giancarlo Caroleo, il Direttore dell’Ufficio Detenuti e Trattamento del Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria della Calabria Giuseppa Irrera e l’Ingegnere Rosario Focà dell’Ufficio Tecnico dello stesso Provveditorato.

Presenti, inoltre, una delegazione di Radicali Italiani, l’ex Consigliere Nazionale Emilio Enzo Quintieri, candidato Garante Regionale dei Diritti dei Detenuti della Calabria e Valentina Anna Moretti, che nella mattinata, previa autorizzazione del Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Francesco Basentini, hanno accompagnato una delegazione di Studenti di Giurisprudenza dell’Università della Calabria in visita all’Istituto Penitenziario di Catanzaro.

La mattinata si è conclusa con l’offerta di un buffet realizzato dal laboratorio di pasticceria gestito all’interno del carcere dai detenuti dell’Alta Sicurezza ed il finale dell’evento è stato allietato dalla musica dell’oboe di un detenuto.

Il Premio Nazionale “Sulle ali della libertà” vinto dal detenuto Argentieri. Martedì cerimonia al Carcere di Rossano


Il Premio Nazionale “Sulle ali della libertà”, giunto alla sua seconda edizione, promosso e ideato dall’Associazione Isola Solidale (in collaborazione con l’Agenzia Comunicatio), che a Roma, da oltre 50 anni, accoglie le persone detenute che hanno commesso reati per i quali sono state condannate, che si trovano agli arresti domiciliari, in permesso premio o che, giunte a fine pena, si ritrovano prive di riferimenti familiari e in stato di difficoltà economica, ha come obiettivo quello di promuovere la cultura negli Istituti Penitenziari. Il Premio consiste in un buono di 1.000 euro da spendere per l’acquisto di libri.

L’anno scorso, il premio nazionale, era stato vinto da Alessandro L., 46 anni, detenuto da 23 anni nella Casa Circondariale di Roma Rebibbia, che ha ottenuto – primo in Italia – il dottorato di ricerca in Sociologia e Scienze applicate, presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, con lo studio dal titolo: “Rieducazione, formazione e reinserimento sociale dei detenuti. Uno studio comparativo ed etnografico dei detenuti rientranti nella categoria “Alta Sicurezza” in Italia: percorsi di vita, aspettative, e reti sociali di riferimento”. Alessandro che è in carcere ininterrottamente dal 1995, aveva conseguito la Laurea con lode in Sociologia nel 2013 ed a breve, conseguirà anche una seconda Laurea in Scienze del Servizio Sociale.

Quest’anno, invece, il premio se lo è aggiudicato Francesco Argentieri, di Mesagne (Brindisi), 45 anni, da tempo ristretto nel Reparto di Alta Sicurezza (As3) della Casa di Reclusione di Rossano (Cosenza). Argentieri, il 18 maggio 2017, si è laureato in Servizio Sociale e Sociologia presso l’Aula Caldora dell’Università della Calabria con una tesi dal titolo: “La sfera pubblica: il carcere come progetto sociale”. La Commissione, presieduta dal Prof. Ercole Giap Parini e composta dai Prof. Pierluigi Adamo, Antonino Campennì, Franca Garreffa, Donatella Loprieno, Giorgio Marcello, Annalisa Palermiti, Antonio Samà e Giovanna Vingelli, dopo aver ascoltato l’illustrazione della tesi, gli assegnò il voto più alto (106/110) su tutti i numerosi studenti che sostennero l’esame di laurea.

La cerimonia di premiazione si terrà martedì 30 aprile presso il Teatro della Casa di Reclusione di Rossano, attualmente diretta dal Dirigente Penitenziario Maria Luisa Mendicino e, tra gli altri, vedrà la partecipazione di Alessandro Pinna, Presidente dell’Associazione “L’isola solidale”, promotrice del concorso, congiuntamente ad alcuni membri della stessa nonché dei Professori Ercole Giap Parini e Olimpia Affuso del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università della Calabria.

Nella circostanza, inoltre, si terrà lo spettacolo teatrale “Lo cunto dei ristretti”, inserito nel cartellone della Sesta Giornata Nazionale del Teatro in Carcere, patrocinata anche dal Ministero della Giustizia, che coinvolgerà i detenuti del Circuito di Alta Sicurezza (As3) impegnati in qualità di attori, di tecnici di scenografia e costumi nonché di tecnici audio e luci. La rappresentazione costituisce il fecondo epilogo del progetto “Lo cunto dei ristretti” che si inserisce nel percorso costruito dal Centro Studi Scuola Pubblica (Cesp) e dalla rete delle scuole ristrette, volto a potenziare il ruolo della scuola e della cultura quali elementi portanti dell’esecuzione penale. Difatti, il teatro in carcere costituisce una pratica formativa non tradizionale, utile a ri-scoprire le proprie capacità e inclinazioni atteso che nel laboratorio teatrale è possibile sperimentare ruoli e dinamiche differenti da quelli che caratterizzano la detenzione, privilegiando meccanismi relazionali improntati alla collaborazione, allo scambio e alla condivisione.

Il lavoro svolto, pur partendo dal progetto originale, “Il Pentamerone” (cinque giornate) di Giambattista Basile, ha subito, in corso d’opera, una trasformazione frutto della creatività dei partecipanti i quali hanno contribuito alla stesura del copione con apporti di scrittura drammaturgica legata alla loro condizione quotidiana e con l’utilizzo del proprio dialetto di origine. “Lo cunto de li cunti” è una raccolta di 50 fiabe in lingua napoletana edite tra il 1634 e il 1636. Si è sostituito il dialetto napoletano del 600 con i dialetti di appartenenza, come strumento di espressione autentica. La conduzione del laboratorio artistico-espressivo è stata affidata ad Antonello Antonante, Direttore artistico del Teatro dell’Acquario di Cosenza. Fanno parte dell’Equipe Dora Ricca, scenografa e regista e la Prof.ssa Antonietta Cosenza, Docente del Centro Provinciale per l’Istruzione degli Adulti (CPIA) di Cosenza “Valeria Solesin” e referente del progetto.

Soddisfazione per la vittoria del premio nazionale “Sulle ali della libertà” da parte del detenuto Francesco Argentieri, è stata espressa da Emilio Enzo Quintieri, già Consigliere Nazionale dei Radicali Italiani e candidato Garante Regionale dei Diritti dei Detenuti della Calabria che, nei giorni scorsi, unitamente a Valentina Moretti e Danilo Crusco, ha visitato la Casa di Reclusione di Rossano, previamente autorizzato dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia. Anche Quintieri, Moretti e Crusco, parteciperanno allo spettacolo teatrale ed alla cerimonia di premiazione che si terrà nel Carcere di Rossano.

Rossano, 15 detenuti As iscritti all’Unical. Radicali chiedono l’uso del pc nelle celle


Stamattina nella Casa di Reclusione di Rossano alcuni detenuti iscritti al Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali (Dispes) dell’Università della Calabria (Unical) sosterranno l’esame scritto di “Politica Economica”.

I detenuti avevano chiesto a me ed alla collega Valentina Moretti di presenziare all’esame ma, per altri impegni (avremmo dovuto essere in visita alla Casa Circondariale di Palermo Pagliarelli), non abbiamo potuto farlo, promettendo di essere presenti al prossimo esame (che dovrebbe essere quello di “Sociologia della Devianza”).

Al precedente esame scritto di “Statistica” (ed in altri ancora in passato) diversi detenuti hanno conseguito voti altissimi (27 e 30).

Al momento i detenuti studenti universitari sono 15, tutti appartenenti al Circuito dell’Alta Sicurezza (As3), alcuni dei quali condannati alla pena dell’ergastolo ostativo cd. “fine pena mai”.

Lo scorso 30 agosto, autorizzato dal Vice Capo Reggente del Dap del Ministero della Giustizia Riccardo Turrini Vita, ho effettuato una visita all’Istituto ed all’esito della stessa (11 settembre) ho sollecitato l’Amministrazione Penitenziaria ad autorizzare l’uso ed il possesso, nelle camere detentive, di personal computer portatili ai detenuti iscritti all’Università per motivi di studio, in ossequio a quanto previsto dagli Artt. 40 e 44 del Regolamento di Esecuzione Penitenziaria e dalle relative Circolari Dipartimentali.

L’Istituto Penitenziario di Rossano fa parte del “Polo Universitario Penitenziario” (Pup), recentemente istituito dall’Università della Calabria e dal Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria della Calabria con un Protocollo (stipulato il 3 luglio) tra il Rettore Gino Mirocle Crisci ed il Provveditore Regionale Reggente Cinzia Calandrino.

Emilio Enzo Quintieri

Comitato Nazionale Radicali Italiani

Carceri, Consolo (Capo Dap), 200 “Osservati Speciali” tra i detenuti islamici in Italia


Santi Consolo Capo DAPIl piombo a Parigi. L’eco degli applausi, come hanno riferito alcune fonti, di un gruppo di qaedisti detenuti nel carcere calabrese di Rossano. E, probabilmente, l’esultanza complice e silenziosa in centinaia di occhi dietro altre sbarre. Prima che Parigi fosse squarciata dal terrore venerdì 13 novembre, erano già “oltre duecento su 10 mila e 400 detenuti di fede islamica, gli “osservati speciali” negli istituti di pena italiani. Aumenteranno certamente nelle prossime settimane per il più imponente impegno dell’amministrazione penitenziaria e per i controlli più stringenti”. Lo dice Santi Consolo, capo del Dap, a corollario delle proprie dichiarazioni a caldo sul rinnovato impegno nel disinnesco di possibili polveriere islamiste dentro le carceri.

Si tratta, spiega Consolo, di “persone sottoposte a particolare vigilanza in armonia con la posizione soggettiva dei singoli condannati e il rispetto della loro dignità e, nei casi più critici, a monitoraggio costante”. Insomma, gente in potenziale predicato di fiancheggiamento, adesione o proselitismo alla lotta jihadista. Con un poscritto netto: “C’è bisogno, subito, di nuove forze. Non soltanto agenti, ma pure interpreti, mediatori culturali, tecnici informatici”.

Dottor Consolo, non è notizia di giornata che la jihad trovi supporter nelle carceri. In concreto, come prevenire? Come soffocare proselitismo, adesione, al limite associazionismo occulto fra potenziali jihadisti?

“La premessa è, appunto, d’obbligo: non scopriamo adesso un fenomeno che da mesi teniamo sotto osservazione. Agenti e personale amministrativo hanno seguito e seguono corsi di formazione specifici, tesi al riconoscimento e al trattamento di atteggiamenti capaci di denotare simpatia e, per gradi, favoreggiamento e adesione all’islamismo radicale. Giusto andare sul concreto: dalla foggia della barba che qualcuno si decida a lasciar crescere, fino al volantino eventualmente affisso in cella o corridoio. Individuato il comportamento, si agisce per gradi, dalla verifica all’osservazione, alla segnalazione, fino al monitoraggio. Forniamo costantemente i nostri dati all’organo interforze Casa, il Comitato per l’analisi della sicurezza e antiterrorismo”.

I detenuti osservati vengono sottoposti a regimi differenziati? Come si fa a evitare contatti e incontri?

“Compatibilmente con il regime del trattamento deciso caso per caso e nel rispetto della dignità della persona, si può arrivare a un regime di alta sorveglianza che limiti la comunicazione fra i detenuti. Innanzitutto, con passeggi e “aree trattamentali” separate. Senza trascurare l’aspetto del culto: i detenuti di fede islamica sono circa 10 mila e 400, dei quali fra 7 e 8 mila praticanti. Non avrebbe senso, anzi sarebbe controproducente, limitarne la libertà religiosa.

In questa direzione va il protocollo firmato con l’Unione delle comunità islamiche italiane che incentiva l’accesso di ministri di culto e mediatori culturali dentro le carceri. La pratica di culto corretta serve a mettere in luce ciò che corretto, eventualmente, non è. Chi è detenuto è già fragile, spesso, sul piano psicologico. Si può far molto per scoraggiare il condizionamento dei “male inclinati”, prevenendone scelte sbagliate. Ma non basta ancora, abbiamo bisogno di forze fresche e specializzate”.

Vuoti di organico nell’amministrazione penitenziaria, dunque. Basta invocare più agenti?

“Non si tratta soltanto di reclutare nuove risorse di polizia penitenziaria, per quanto un massiccio innesto sia ormai improrogabile. Ho inoltrato al governo una proposta di emendamento alla legge di stabilità per l’assunzione di 800 agenti. Confido nella sensibilità delle forze politiche perché non incontri ostacoli, non ho paura di riuscire retorico se affermo che i risultati nella prevenzione della formazione di sacche islamiste negli istituti di pena, sono frutto dell’impegno anche oltre le proprie forze di polizia penitenziaria e personale amministrativo. Abbiamo bisogno anche di interpreti, mediatori culturali, tecnici informatici. Ho fatto prima l’esempio della barba lunga. Che fare davanti a uno scritto in arabo appeso al muro? Benissimo, se è un passo del Corano. Molto meno bene se inneggia alla guerra santa. Ma ci vuole chi l’arabo lo legge e lo intende”.

Il Dap ha “aperto” all’utilizzo dei computer e del web in cella. Ci illustra criteri e modalità di prevenzione? Non dimentichiamo che a margine degli attacchi di Parigi, gli inquirenti hanno scoperto persino comunicazioni fra terroristi utilizzando le chat di play station e videogame…

“L’uso del computer viene consentito in relazione a casi specifici, e nella misura richiesta dalle esigenze e dalle inclinazioni di studio del detenuto. La macchina viene tarata e resa inaccessibile a chiavette e altri dispositivi. Il detenuto vuole laurearsi o diplomarsi? Gli viene aperto l’accesso al sito dell’istituzione scolastica o universitaria. Non corriamo rischi eccessivi da questo punto di vista. Ma è vero: le maglie digitali sono spesso aperte in modo imprevedibile. Perciò insisto: c’è bisogno di tutte le professionalità, dagli agenti ai tecnici informatici specializzati”.

Giornale di Sicilia, 21 novembre 2015

Carcere di Parma, è cambiata la modalità dei colloqui con i famigliari: la gioia dei detenuti As1


carcere_latina-2Nel carcere di Parma da qualche giorno la vita è meno dura. La direzione del penitenziario ha accettato di dare più spazio ai famigliari dei detenuti, concedendo 4 ore in famiglia all’interno delle mura di via Burla. Una novità frutto del dialogo intrapreso fra differenti attori presenti a Parma, avviato per migliorare le condizioni di vita dei coscritti.

La Direzione del carcere ha recentemente autorizzato una differente modalità di svolgimento dei colloqui tra i detenuti appartenenti al circuito AS1, dedicando una giornata alla affettività ed incontro con le famiglie. Il colloquio, della durata di 4 ore, si è svolto in una grande sala nella quale ciascun detenuto ha avuto modo di avere vicino i propri familiari e consumare con loro il pranzo, grazie all’impegno dell’associazione di volontariato “Per ricominciare”

“Tra i molteplici benefici che un approccio di questo genere ha nella cura degli affetti familiari – racconta Roberto Cavalieri, garante dei detenuti a Parma – riporto la testimonianza della figlia di un detenuto, di 23 anni e studentessa universitaria di farmacia, la quale, attraverso il garante dei detenuti, ha voluto ringraziare la direzione e gli operatori del carcere in quanto la “Giornata in famiglia” gli ha permesso di pranzare per la prima volta nella sua vita con suo padre condannato all’ergastolo”.

I detenuti della Sezione AS1 hanno scritto una lettera per ringraziare pubblicamente l’Amministrazione Penitenziaria di Parma e l’impegno di chi ha reso possibile l’iniziativa:

————————————

Carcere_lettera_detenuti_con_firmeQualche tempo fa alcuni di noi, discutendo con le Educatrici di questo carcere avanzarono richiesta per trascorrere una “Giornata in famiglia”; una giornata al di fuori dei consueti canoni del colloquio.

Nel corso dei mesi ci siamo resi conto che la Direzione stava davvero operando affinché l’evento si realizzasse.

Il progetto di una giornata dedicata all’incontro tra papà, nonni, zii con i loro figli e nipoti è l’evento che abbiamo coltivato con grande entusiasmo e nel quale ci siamo proiettati con sguardo curioso ed emozionato, osservandone lo sviluppo attraverso le parole, le attività e l’impegno di queste meravigliose Educatrici, le quali sostenute dal Direttore, dr. Carlo Berdini, dalla Vice Direttrice, dr.ssa Lucia Monastero, dal Comandate e dalla Polizia Penitenziaria stessa, dall’Associazione “Per ricominciare”, hanno portato a compimento un progetto a noi particolarmente caro.

Forse basterebbe la parola entusiasmo per dirvi ciò che proviamo, poiché è proprio quello il sentimento con il quale noi, detenuti condannati a lunghe pene e in prigione da più di vent’anni, ci siamo avvicinati a questo appuntamento e l’incoraggiamento che abbiamo ricevuto dal Direttore nel sapere possibile questo tipo di incontro è divenuto atto di allegra passione, trasmesso e poi vissuto con i nostri familiari, anche per coloro tra noi le cui figlie o figli hanno ormai superato l’età dell’infanzia (in ogni caso parliamo di chi per noi rappresenta il futuro e porta con sé il futuro, poiché ogni incontro è stupore, è diritto alla affettività, è forte sentire del senso di appartenenza).

Abbiamo gioito, giocato, dato corpo alla fantasia e osservato che la sensazione palpabile di oppressione che il carcere innegabilmente porta con sè, per qualche ora era sparita e quei frenetici e semplici gesti infantili hanno riconquistato il diritto al rumore, hanno lasciato il segno, hanno parlato con il nostro tenace desiderio di costruire il ritorno.

Siamo consapevoli che la nostra vita, per quanto realizzato, non è cambiata, tuttavia grazie alla solidarietà offerta dall’Associazione “Per ricominciare”, dalla sua Presidente, dr.ssa Emilia Zaccomer, e da tutte quelle splendide persone li presenti si è arieggiata una sala, si è dato valore alla solidarietà e all’ospitalità. Vorremmo dirvi, cordiali e affettuosi amici de l’Associazione “Per ricominciare” che il vostro impegno in favore della serenità dei bimbi molto centra con quanto avvenuto nella giornata del 24 agosto non solo perché avete sempre lavorato in favore dei minori, non solo perché avete fatto giocare i nostri rampolli. Voi ci avete parlato di solidarietà, ci avete offerto il vostro cibo, ci avete permesso di realizzare un incontro tra culture diverse, tra religioni diverse, il tutto all’interno di uno spazio che ha parlato di vite, di famiglie, di incontri, di rispetto reciproco. Voi ci avete donato il sorriso dei nostri cari e noi speriamo abbiate vissuto un’esperienza altrettanto rilevante, delicata e sincera, umile e generosa e siamo sicuri che i vostri familiari e le persone con le quali vi relazionate vi leggeranno con orgoglio ed emozione, questo è certo, perché con a vostra solidarietà avete reso felici tanti cuori; cuori imprigionati e segnati dalla lontananza e dal dolore.

Noi confidiamo vivamente che un simile momento non resti episodico e possa ripetersi, possa migliorarsi, perché esperienze del genere possono rappresentare per la società civile fonte di riflessione propositiva, giacché la speranza e la voglia di partecipazione sono risorse che non vanno smarrite o derise dall’indifferenza.

Il nostro messaggio vuole trasmettere un grazie a tutti coloro che hanno permesso si realizzasse l’evento e tra loro inseriamo il Garante comunale dei detenuti, dr. Roberto Cavalieri, per il contributo che sappiamo generoso e costante. Come costante è stata per noi la sua presenza in questi anni.

Esprimiamo con sincera lealtà la nostra gioia e il nostro ringraziamento verso un atto che è si previsto dalla legge, ma è pur sempre un atto coraggioso che valorizza un percorso lineare di chi è disponibile al confronto, allo sviluppo del trattamento e alla tutela di un insieme di soggettività tra loro unite: “i nostri familiari”.

Un grande abbraccio.

Carcere di Parma, Sezione AS1, 24 Agosto 2015

ANTONIO DI GIRGENTI – GIOVANNI MAFRICA – DOMENICO MORELLI – CORRADO FAVARA – ROBERTO REITANO – GIUSEPPE PISCOPO – CIRO PUCCINELLI – GIOVANNI AVARELLO – GIANFRANCO RUA’ – DOMENICO FERRAIOLI – GIUSEPPE BARRANCA – VITO MAZZARA – ENZO DI BONA – DOMENICO TESTA – GIOACCHINO NUNNARI – FIORE BEVILAQUA – VINCENZO NICASTRO – CIRO STOLDER – PIETRO VERNENGO – GAETANO BOCCHETTI – ANDREA GANCITANO – ANTONIO SORRENTO – LUIGI CAPOZZA – ANTONIO ROMEO – SALVATORE BENIGNO – GIOVANNI DONATIELLO – AURELIO CAVALLO

Comunicato Garante Comunale Detenuti di Parma e lettera Detenuti AS1

 

Parma, un giorno “in famiglia” per i detenuti della Sezione di Alta Sicurezza (As1)


CC Parma DAP“Un giorno per ricominciare”, colloquio collettivo e pranzo con i familiari in una grande sala. “Forse basterebbe la parola entusiasmo per dirvi ciò che proviamo, poiché è proprio quello il sentimento con il quale noi, detenuti condannati a lunghe pene e in prigione da più di vent’anni, ci siamo avvicinati a questo appuntamento”: i 31 detenuti della sezione AS1 (appartenenti alla criminalità organizzata di tipo mafioso) del carcere di Parma riassumono così, in un passaggio di una lettera aperta, l’esperienza della prima “Giornata in famiglia”.

Si è trattato – spiega Dires – Redattore Sociale – di un colloquio collettivo di quattro ore, in una grande sala nella quale ciascuno di essi ha avuto modo di avere vicino i familiari e con loro dividere il pranzo: tavoli da giardino, uno per nucleo. Un evento eccezionale, già messo in pratica per i detenuti comuni ma all’esordio assoluto nel caso di detenuti AS1, in carcere da 25, 30 anni, molti dei quali condannati all’ergastolo ostativo (e con colloqui molto più ridotti: quattro ore al mese).

“Una ragazza di 23 anni, studentessa in farmacia, mi ha chiesto di ringraziare la direzione e gli operatori del carcere perché è stata l’occasione di pranzare, per la prima volta nella sua vita, con suo padre condannato all’ergastolo. La sua testimonianza, le sue parole, mi hanno molto colpito”, racconta alla Dires Roberto Cavalieri, Garante per i detenuti di Parma. Prossimo obiettivo, passare dalla straordinarietà all’ordinarietà: “Ho detto al direttore che momenti come questo possono dimostrarsi più utili di tanti corsi di formazione. Eravamo preoccupati per la sicurezza, ma tutto si è svolto nella più totale tranquillità. Mi piacerebbe riproporlo, magari sotto Natale”.

“Giornata in famiglia”, resa possibile anche grazie alla collaborazione con l’associazione di volontari penitenziari “Per ricominciare”, si inserisce in un più ampio percorso verso un progressivo miglioramento delle condizioni di vita dei detenuti del carcere di Parma della sezione AS1: “Sono stati loro a consegnarmi una lettera firmata per ringraziare pubblicamente l’amministrazione penitenziaria e il lavoro di tutti coloro che hanno reso possibile l’iniziativa”, continua Cavalieri. “Il progetto di una giornata dedicata all’incontro tra papà, nonni, zii con i loro figli e nipoti è l’evento che abbiamo coltivato con grande entusiasmo e nel quale ci siamo proiettati con sguardo curioso ed emozionato”, si legge nella lettera, che continua: “L’incontro è divenuto atto di allegra passione, trasmesso e poi vissuto con i nostri familiari, anche per coloro tra noi le cui figlie o figli hanno ormai superato l’età dell’infanzia. In ogni caso parliamo di chi per noi rappresenta il futuro e porta con sé il futuro, poiché ogni incontro è stupore, è diritto alla affettività, è forte sentire del senso di appartenenza”.

I detenuti ringraziano i volontari di “Per ricominciare” che hanno offerto il cibo: “Abbiamo gioito, giocato, dato corpo alla fantasia e osservato che la sensazione palpabile di oppressione che il carcere innegabilmente porta con sé, per qualche ora, era sparita e quei frenetici e semplici gesti infantili hanno riconquistato il diritto al rumore, hanno lasciato il segno, hanno parlato con il nostro tenace desiderio di costruire il ritorno”.

Tra i firmatari, anche due detenuti recentemente trasferiti a Parma da Padova (per la chiusura dei reparti di massima sicurezza), una decisione che numerose polemiche – da entrambe le parti – aveva suscitato: “Il fatto che anche loro, che nel carcere emiliano erano arrivati decisamente malvolentieri, abbiano gradito l’iniziativa ci dà grande soddisfazione: speriamo di continuare su questa strada”, conclude Cavalieri.

La Repubblica, 8 settembre 2015

 

Giustizia: caldo, ferie e meno volontari; ecco perché tanti suicidi di detenuti in estate


detenuti sbarre cellaL’Amministrazione penitenziaria “ha richiamato l’attenzione delle direzioni degli istituti penitenziari a mettere in atto tutti i necessari interventi per agevolare condizioni detentive meno afflittive a causa delle elevate temperature di questa stagione estiva”.

Dal 4 gennaio al 31 agosto 2015 si sono verificati 29 casi di suicidi di persone detenute, 12 casi si sono verificati tra giugno e agosto. Lo rende noto il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, rilevando che “il periodo estivo presenta indubbiamente maggiori criticità rispetto agli altri periodi dell’anno, dovute non solo all’aumento della temperatura, particolarmente elevata questa estate, bensì anche agli aspetti organizzativi, sui quali incide il periodo feriale del personale penitenziario, con la conseguente riduzione delle attività trattamentali. Parimenti, il volontariato, che negli altri periodi dell’anno assicura sempre la sua massima preziosa attenzione, registra una minore presenza”.

La serie storica dei suicidi di detenuti (a partire dal 1990) dimostra che non può essere attribuito a un unico fattore (sovraffollamento, condizioni climatiche, stato giuridico, fine pena, rapporti con la famiglia, aspettative per il futuro, malattia, nazionalità, ecc.).

la causa scatenante del gesto suicidano, quanto piuttosto a un insieme di cause. In riferimento agli articoli di stampa che hanno evidenziato l’intensificarsi dei suicidi nel periodo estivo, il Dap precisa che “ha richiamato l’attenzione delle direzioni degli istituti penitenziari a mettere in atto tutti i necessari interventi per agevolare condizioni detentive meno afflittive a causa delle elevate temperature di questa stagione estiva. In particolare, è stato raccomandato di consentire un più frequente utilizzo delle docce e l’apertura dei blindati anche nelle ore notturne per consentire un maggiore flusso di aria; intensificare il consumo di frutta e verdura; disponibilità di borse termiche e di ghiaccio per raffreddare le bevande e per la conservazione dei cibi; garantire la possibilità di usufruire, come per il resto dell’anno, di colloqui pomeridiani e festivi”. Per fronteggiare l’emergenza idrica, in atto da mesi presso la casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere, dovuta al mancato collegamento dell’impianto idrico dell’istituto all’acquedotto comunale, è stata notevolmente diminuita la presenza dei detenuti, disponendo, tra l’altro, il trasferimento di circa 130 detenuti, di cui 30 del circuito Alta Sicurezza, presso altri istituti campani. Ciò ha reso possibile liberare i piani alti dell’istituto.

Il Provveditorato regionale della Campania ha inoltre emanato provvedimenti atti ad attenuare il disagio derivante da tale criticità, mediante la distribuzione di due litri di acqua potabile al giorno a ogni detenuto, in aggiunta al vitto ordinario; la fornitura di taniche di venti litri per ogni stanza da utilizzare quale riserva in caso di improvvisa mancanza di acqua; la fornitura di frigoriferi nei reparti per il deposito di bottiglie d’acqua o di altri generi alimentati; la fornitura e l’installazione di sei cisterne di acqua potabile ubicate nelle cucine detenuti e mensa agenti.

Il Garantista, 2 settembre 2015

Romeo (Ergastolano) : Sono marchiato come cattivo e pericoloso per tutta la vita


Carcere Due Palazzi di PadovaRiflessioni per il Tavolo 2 degli Stati Generali sull’esecuzione della pena.

Un mio compagno di detenzione un paio di anni fa mi ha detto: “Tommaso saremo più sereni e soddisfatti se ci facciamo la galera come al 41bis: aria, cella e nessun tipo di dialogo con le istituzioni”, perché era certo che alle istituzioni non gli interessa niente del nostro percorso di reinserimento. Preciso che quel mio compagno si riferiva a tutti quei detenuti condannati per 416bis e in particolare a chi era stato sottoposto al regime del 41bis e oggi si trova in Alta Sicurezza 1.

Quando ho deciso di impegnare il mio tempo in modo diverso, anche perché l’istituto di Padova a differenza degli altri istituti di pena dava la possibilità anche ai detenuti della sezione AS1 di partecipare ad alcune attività, ho scelto di frequentare la redazione di Ristretti Orizzonti. Due anni di questo mio nuovo modo di farmi il carcere mi hanno dato molte soddisfazioni, in particolare gli incontri con gli studenti delle scuole del Veneto. Questa mia soddisfazione la trasmetto a chi mi sta vicino, in particolare alle mie figlie, in questi due anni la mia mente rimane impegnata in discorsi costruttivi. Arrivo a convincermi di aver smentito il pensiero di quel mio compagno, anche se mia madre ogni tanto mi avvertiva “non illudere le tue figlie”.

Oggi però sto ancora aspettando una decisione sulla mia richiesta di declassificazione, e ho il timore che arrivi un rigetto della mia istanza che, oltre a riportarmi alla carcerazione vecchia maniera cioè “all’ozio forzato”, mi riporterebbe all’amara realtà che chi amministra la giustizia non è interessato al mio percorso di rinserimento. Eppure in questi due anni ho incontrato sia detenuti di media sicurezza, che persone non detenute come studenti, giornalisti, magistrati, ho partecipato a più convegni con centinaia di persone della società esterna, all’ultimo “La Rabbia e la Pazienza” sono anche intervenuto, e mai la mia presunta pericolosità si è manifestata. Ma tutto questo temo che non basti, preciso che con la mia istanza di declassificazione non ho chiesto di varcare il portone del carcere, ma solamente di stare in una sezione di media sicurezza perché solo così potrei continuare il percorso che ho intrapreso.

Questi due anni a Ristretti Orizzonti sono stati belli e costruttivi. Ma questa sarà forse l’ultima illusione che prenderò nella mia carcerazione, perché oggi rischio di dover dare ragione a quel mio compagno che credevo scettico, ma invece forse è solo realista, se davvero succederà che i miei ventitré anni di carcere nei regimi e circuiti speciali non basteranno a farmi finalmente andare in una sezione un po’ più aperta, perché vorrà dire che per le istituzioni sarò “Cattivo e Pericoloso per tutta la vita”.

Tommaso Romeo, Ergastolano detenuto Carcere Padova

Ristretti Orizzonti, 27 agosto 2015