“Un giorno per ricominciare”, colloquio collettivo e pranzo con i familiari in una grande sala. “Forse basterebbe la parola entusiasmo per dirvi ciò che proviamo, poiché è proprio quello il sentimento con il quale noi, detenuti condannati a lunghe pene e in prigione da più di vent’anni, ci siamo avvicinati a questo appuntamento”: i 31 detenuti della sezione AS1 (appartenenti alla criminalità organizzata di tipo mafioso) del carcere di Parma riassumono così, in un passaggio di una lettera aperta, l’esperienza della prima “Giornata in famiglia”.
Si è trattato – spiega Dires – Redattore Sociale – di un colloquio collettivo di quattro ore, in una grande sala nella quale ciascuno di essi ha avuto modo di avere vicino i familiari e con loro dividere il pranzo: tavoli da giardino, uno per nucleo. Un evento eccezionale, già messo in pratica per i detenuti comuni ma all’esordio assoluto nel caso di detenuti AS1, in carcere da 25, 30 anni, molti dei quali condannati all’ergastolo ostativo (e con colloqui molto più ridotti: quattro ore al mese).
“Una ragazza di 23 anni, studentessa in farmacia, mi ha chiesto di ringraziare la direzione e gli operatori del carcere perché è stata l’occasione di pranzare, per la prima volta nella sua vita, con suo padre condannato all’ergastolo. La sua testimonianza, le sue parole, mi hanno molto colpito”, racconta alla Dires Roberto Cavalieri, Garante per i detenuti di Parma. Prossimo obiettivo, passare dalla straordinarietà all’ordinarietà: “Ho detto al direttore che momenti come questo possono dimostrarsi più utili di tanti corsi di formazione. Eravamo preoccupati per la sicurezza, ma tutto si è svolto nella più totale tranquillità. Mi piacerebbe riproporlo, magari sotto Natale”.
“Giornata in famiglia”, resa possibile anche grazie alla collaborazione con l’associazione di volontari penitenziari “Per ricominciare”, si inserisce in un più ampio percorso verso un progressivo miglioramento delle condizioni di vita dei detenuti del carcere di Parma della sezione AS1: “Sono stati loro a consegnarmi una lettera firmata per ringraziare pubblicamente l’amministrazione penitenziaria e il lavoro di tutti coloro che hanno reso possibile l’iniziativa”, continua Cavalieri. “Il progetto di una giornata dedicata all’incontro tra papà, nonni, zii con i loro figli e nipoti è l’evento che abbiamo coltivato con grande entusiasmo e nel quale ci siamo proiettati con sguardo curioso ed emozionato”, si legge nella lettera, che continua: “L’incontro è divenuto atto di allegra passione, trasmesso e poi vissuto con i nostri familiari, anche per coloro tra noi le cui figlie o figli hanno ormai superato l’età dell’infanzia. In ogni caso parliamo di chi per noi rappresenta il futuro e porta con sé il futuro, poiché ogni incontro è stupore, è diritto alla affettività, è forte sentire del senso di appartenenza”.
I detenuti ringraziano i volontari di “Per ricominciare” che hanno offerto il cibo: “Abbiamo gioito, giocato, dato corpo alla fantasia e osservato che la sensazione palpabile di oppressione che il carcere innegabilmente porta con sé, per qualche ora, era sparita e quei frenetici e semplici gesti infantili hanno riconquistato il diritto al rumore, hanno lasciato il segno, hanno parlato con il nostro tenace desiderio di costruire il ritorno”.
Tra i firmatari, anche due detenuti recentemente trasferiti a Parma da Padova (per la chiusura dei reparti di massima sicurezza), una decisione che numerose polemiche – da entrambe le parti – aveva suscitato: “Il fatto che anche loro, che nel carcere emiliano erano arrivati decisamente malvolentieri, abbiano gradito l’iniziativa ci dà grande soddisfazione: speriamo di continuare su questa strada”, conclude Cavalieri.
La Repubblica, 8 settembre 2015