Leva (Pd) : “Piegare per forza il diritto penale alle logiche del consenso è quanto di più sbagliato ci possa essere”


On Danilo Leva Partito Democratico“Immaginare che la lotta alla corruzione si possa svolgere solo ed esclusivamente con un aumento delle pene ed un allungamento della prescrizione è una illusione. Può essere utile se un partito desidera che i sondaggi gli siano favorevoli, ma non serve a risolvere il problema della corruzione”. Danilo Leva, avvocato, parlamentare del Pd, già responsabile Giustizia del partito durante la segreteria Epifani, considera non tutte positive le iniziative di riforma della giustizia messe in campo dal governo di Matteo Renzi. “Con questi interventi non si va al cuore dei problemi e non li si affrontano per quelli che sono. L’impostazione di fondo è quella di rincorrere l’ opinione pubblica con soluzioni che, si è certi, ne incontrano il favore. Ma è sbagliato e sicuramente poco efficace per rendere davvero efficiente il sistema giudiziario: piegare per forza il diritto penale alle logiche del consenso è quanto di più sbagliato ci possa essere”.

I problemi, però, esistono davvero. E troppi processi finiscono con una prescrizione. Come va affrontato allora questo handicap, che giustamente desta anche proteste e rabbia, soprattutto quando sono in gioco inchieste che riguardano l’uso del denaro pubblico?

“Quando si parla di prescrizione ci vuole equilibrio. Non bisogna dimenticare che è un principio a garanzia del cittadino, il quale ha diritto a un processo dalla durata ragionevole. Allungare i termini della prescrizione a dismisura, come è stato fatto, non va bene. A causa del combinato disposto dell’aumento della pena e dell’aumento della prescrizione, più tutti i meccanismi di sospensione tra i diversi gradi di giudizio, si arriva, per alcune tipologia di reati, a oltre 15 anni. Si arriva al paradosso che un cittadino si può veder comminare una condanna dopo oltre15 anni. In uno stato di diritto come il nostro, con un sistema della pena improntato alla prevenzione e alla rieducazione, arrivare alla pena dopo così tanti anni, a chi è utile? E’ utile a far aumentare  un punto nei sondaggi, ma non  a costruire un sistema penale efficiente”.

Però il sistema penale va reso più efficiente, altrimenti non solo non funziona bene, ma troppe persone vengono per anni pubblicamente messe di fronte al paese come possibili rei, e poi o finiscono prosciolti o prescritti, o se sono colpevoli, patteggiano in tempi brevi pene che limitano il rischio di finire al fresco e scompaiono dalle inchieste.  

“Non ci sono scorciatoie: bisogna accorciare i tempi del processo, rendendo più efficiente la macchina della giustizia, e bisogna essere efficaci, con pena certa, che produca effetti, rimuovendo la differenza tra pena edittale, pena comminata e pena effettivamente eseguita. Oggi non c’è nulla di tutto questo. Qualche passo in avanti è stato fatto, naturalmente. Penso alla riforma della responsabilità civile e a quella della custodia cautelare. Ma rischiano di essere vanificati da questo continuo rincorrere la pancia degli italiani, invece di affrontare i problemi. Senza considerare le contraddizioni. Con una mano si aumentano le pene per il furto in appartamento e con l’altra si introduce l’istituto della tenuità del fatto, peraltro declinato in modo discutibile”.

Che i processi debbano essere più veloci è chiaro. Ma quali iniziative si devono prendere per ottenere sul serio questo risultato?

“Intanto dovremmo fare una riflessione  vera sulla fase delle indagini preliminari. Segnalo in proposito che oggi la maggior parte dei processi si prescrive nella fase delle indagini preliminari. Non è un fatto fisiologico. Quindi credo che sia necessario aprire una riflessione vera per capire ciò che accade. Per esempio, io penso che sarebbe necessario e utile introdurre alcuni termini di fase, relativi alle indagini preliminari, molto più stringenti anche rispetto a quelli che abbiamo oggi”.

I termini già esistono. Perché non funzionano?

“La verità è che, chiuse le indagini preliminari, il pm non ha l’obbligo di esercitare subito l’azione penale. Può farlo subito come due anni più tardi. Ecco. Questo per esempio è un meccanismo che rischia di trasformare l’obbligatorietà dell’azione penale in discrezionalità, che è ben altra cosa”.

E allora?

“E allora potremmo collegare la durata ragionevole del processo alla sospensione o meno dei termini di prescrizione tra il primo, il secondo grado e il terzo grado. Nel senso che i termini stessi si posso sospendere se il pm ha esercitato l’azione penale entro un tot di tempo, altrimenti non si può dar corso alla sospensione. D’altra parte, il processo non può trasformarsi né in un giudizio anticipato di colpevolezza, né tantomeno  una sorta di calvario che poi mortifica la dignità stessa del cittadino”.

Non sono proposte semplici da spiegare all’opinione pubblica…

“Quando si fanno le riforme bisogna capire quali obiettivi di fondo bisogna raggiungere, quale strada bisogna percorrere. Non è l’andare in sé l’obiettivo. Ma l’andare in una direzione. E secondo me la direzione è che bisogna costruire un sistema penale sicuramente efficiente e che torni a fare il suo mestiere. Anche dal punto di vista della prevenzione. Per esempio, i reati contro la Pubblica Amministrazione andrebbero perseguiti con determinazione, introducendo anche  strumenti investigativi che siano  forti, come quelli oggi in vigore per combattere i reati di mafia. Così combatti la corruzione, non con misure di propaganda….”

E le intercettazioni? Sono indispensabili per trovare le prove ma troppo spesso finiscono sui giornali anche conversazioni che non c’entrano con il reato da perseguire.

“Nell’ordinamento già esiste l’udienza stralcio. E le intercettazioni sono uno strumento indispensabile per le indagini quale mezzo di  ricerca delle prove. E’ uno strumento che da questo punto di vista non va assolutamente indebolito. Quel che si può e si dovrebbe fare è introdurre un sistema di responsabilità oggettive per la fuga di notizie. Beninteso, responsabilità di chi lascia fuggire le notizie, non certo del giornalista che utilizza le informazioni: lui fa solo il proprio mestiere. Tanto è vero che quando le notizie, come dire?, non devono uscire, non escono mai, quando invece fa comodo farle uscire escono sempre. Non possiamo prendercela con i giornalisti. Il tema riguarda la fonte. C’è già l’obbligo di non mettere nelle ordinanze le trascrizioni delle intercettazioni non pertinenti. Chi è che non lo rispetta? Perché non lo rispetta? Perché informazioni che non devono circolare circolano? La responsabilità è di chi lascia circolare quelle informazioni. Ma questi sono solo alcuni temi nell’ambito della riforma della giustizia. Per esempio: si può pensare a una riforma del Csm?”

Parliamo anche di struttura. Di attrezzature. Ce ne sono a sufficienza per rendere i processi più rapidi, è un problema di organizzazione o di mezzi?

“Mi limito a ribadire che riformare la giustizia senza soldi e senza investimenti è impossibile. Se un cancelliere lavora fino alle due di pomeriggio e non anche di pomeriggio perché non ci sono i soldi per gli straordinari, è inutile pensare al processo veloce. Certo, in molti casi è anche un problema di organizzazione. Ma la vera riforma della giustizia è questa: vogliamo velocizzare i processi? Non c’è bisogno di norme strane. Bisogna consentire di avere personale nelle cancellerie, consentire l’affermazione del processo telematico, bisogna insomma mettere qualche soldo su questo grande obiettivo di modernizzazione. La bacchetta magica è questa”.

Roberto Seghetti

http://www.ilcampodelleidee.it – 09 Maggio 2015