Droga, Radicali: basta vite spezzate dal proibizionismo. Occorre subito legalizzare


antonella-soldo-e-riccardo-magi-drogaSul suicidio del 16 enne di Lavagna andrà fatta piena chiarezza. La prima ricostruzione dei fatti – tuttavia – lascia supporre che siamo davanti a una nuova vita spezzata dalle politiche proibizioniste. Politiche che in questi decenni non hanno inciso sulla diffusione e il consumo di droghe, ma hanno invece rovinato e rovinano l’esistenza di tantissimi cittadini, per lo più giovani o giovanissimi, come il protagonista di quest’ultima tragica vicenda. Lo afferma Antonella Soldo e Riccardo Magi, Presidente e Segretario del Movimento Radicali Italiani.

Lo confermano dati dell’ultima relazione al parlamento sullo stato delle dipendenze: a fronte di oltre 13 mila denunce complessive per derivati della cannabis – molte di più che per le altre sostanze – i consumatori in Italia restano stabili e superano i 6 milioni. Così, mentre dagli Usa giungono notizie di un calo dei consumi a seguito della legalizzazione della cannabis, nel nostro paese le politiche proibizioniste criminalizzano i cittadini, riempiono le carceri, arricchiscono le narcomafie, intasano i tribunali e, soprattutto, espongono i minori ai pericoli del contatto con la criminalità: circa un terzo degli studenti italiani tra i 15 e i 19 anni ha sperimentato il consumo di almeno una sostanza illecita nel corso dell’ultimo anno e la cannabis è quella maggiormente utilizzata.

E’ ora che il legislatore apra finalmente gli occhi e si decida ad approvare una riforma antiproibizionista come quella che come Radicali abbiamo proposto con la legge popolare per la cannabis legale e la decriminalizzazione dell’uso di tutte le sostanze depositata alla camera con le firme di 68 mila cittadini. Radicali Italiani – concludono Soldo e Magi – continuerà a battersi per questo, anche tra i giovani nelle scuole, dove sempre più spesso siamo invitati a parlare di legalizzazione, per confrontarci sulla base di dati e fatti concreti, e non dell’ideologia.

13 Febbraio 2017 – http://www.radicali.it 

Droghe, Milioni di sanzioni per uso personale. Incalcolabile il numero delle persone finite in galera


marijuanaIl numero di quanti sono finiti in galera in un quarto di secolo per la legge sulle droghe è impressionante e probabilmente incalcolabile per intero.

“Troveremo una soluzione per dire con più chiarezza che drogarsi non è lecito. Ma il carcere per i tossicodipendenti, quello no. In coscienza non mi sento di arrivarci. E per la verità mi sembra non ci pensino neanche i socialisti”. Così dichiarava, certamente in buona fede, Rosa Russo Iervolino, madre della disciplina sulle droghe all’epoca in discussione (“la Repubblica”, 30-31 ottobre 1988).

Il numero di quanti sono finiti in galera per quella legge in un quarto di secolo (sic!), nonostante le mitigazioni introdotte dal referendum del 1993 e, all’opposto, grazie anche alla recrudescenza portata dalla legge Fini-Giovanardi del 2006, è impressionante e probabilmente incalcolabile per intero.

Basti solo ricordare che i detenuti presenti in carcere al 31 dicembre sono passati dai 29.113 del 1990 ai 34.857 del 1991 e ai 46.968 del 1992.

Un numero invece definito è quello delle sanzioni amministrative (per modo di dire, dato che in caso di inottemperanza possono divenire penali).

Secondo i dati più recenti, contenuti ne “Le tossicodipendenze in Italia”, anno 2013, a cura del ministero dell’Interno, dall’11 luglio 1990 al 31 dicembre 2013 le segnalazioni ai Prefetti a norma dell’art. 75 T.U. 309/90 – che sanziona le condotte di minore gravità, vale a dire la detenzione per uso personale – sono state in totale 989.702, 243.220 le sanzioni comminate e 142.953 le richieste di programma terapeutico, mentre le persone segnalate sono state ben 828.416 (33.431 nel solo 2013), di cui 72.754 minorenni.

Le segnalazioni riguardano in larghissima misura il possesso di cannabinoidi (727.842 in totale, di cui 28.362 nel 2013), seguiti a distanza da eroina (rispettivamente 134.581 e 2230) e cocaina (99.146 e 4350).

Esattamente rovesciata la casistica dei morti: nel 2013 si sono registrate 349 vittime (secondo i dati aggiornati al 5 novembre 2014); dei 199 casi in cui è stato possibile risalire alla presunta sostanza causa del decesso, 148 sono da eroina, 30 da cocaina e solo 2 da hashish, numero di cui oltretutto è lecito dubitare, giacché “si tratta di dati non sempre supportati da esiti peritali o da esami autoptici e/o tossicologici”. Insomma, la sostanza meno pericolosa è quella più pesantemente criminalizzata e perseguita.

Il fallimento delle norme in vigore è testimoniato dai numeri ma anche ammesso dagli addetti. Come scrive in premessa la pubblicazione: “Il consumo di sostanze stupefacenti, pur coinvolgendo in gran parte il mondo giovanile, continua ad avere grande diffusione nella popolazione in generale. Infatti, l’uso di droga risulta molto diffuso anche tra persone adulte e ben integrate nel contesto sociale e lavorativo, configurandosi come fenomeno esteso a tutti gli strati della società e quindi non più relegato alla condizione di emarginazione sociale”.

Si potrebbe concludere con le parole di allora del vicepresidente del Consiglio, il socialista Gianni De Michelis, tifoso della linea punizionista: “È apparso chiaro che la legge del 1975 non è servita ad arginare il fenomeno della droga né a impedirne l’aggravarsi. Quindi è ormai necessario compiere un salto di qualità” (“la Repubblica”, 29 ottobre 1988).

Quel “salto di qualità”, la nuova legge del 1990 imposta dagli oltranzisti catto-socialisti, oltre a non arginare, ha prodotto centinaia di migliaia di inquisiti, sanzionati, imprigionati, talvolta suicidati, costretti a un uso di sostanze reso più pericoloso dalla clandestinità e dal governo mafioso del mercato, con relativo maggior rischio di contrarre Aids e altre malattie. In un paese civile sarebbe materia di “class action” e richiesta di risarcimento dei danni, individuali e sociali.

Sergio Segio

Il Manifesto, 17 giugno 2015

 

Droghe, Bruno Bossio (Pd) : Vanno superate le politiche proibizioniste !


On. Enza Bruno Bossio1Proprio oggi, 26 giugno, in occasione della Giornata internazionale della lotta alla droga, è a mio avviso necessario ribadire la necessità di un ripensamento delle politiche sulle sostanze stupefacenti e la conseguente riforma che dovrebbe far seguito ai disastrosi dati della ”guerra alla droga” per come è stata condotta nel nostro Paese.

Il fallimento, in tutto il mondo e non solo in Italia, delle politiche proibizioniste ci impone l’adozione di un approccio nuovo, scientifico e non più ideologico, al problema, che prenda atto del danno perpetrato in questi anni in termini di diritti della persona ai cosiddetti “tossicodipendenti”, oltre che al danno economico inferto al Paese nell’aver ”lasciato” in mano alle mafie la gestione della questione droga.
La ‘ndrangheta è, oggi, la più economicamente forte e meno militarmente fiaccabile delle organizzazioni criminali proprio grazie al controllo da essa esercitato sul traffico internazionale degli stupefacenti.
Come parlamentare calabrese è mio preciso dovere non sottrarmi a simili valutazioni.

Sento perciò di aderire alla lodevole iniziativa del Partito Radicale, che assieme all’Associazione Luca Coscioni per la libertà scientifica, ha lanciato una mobilitazione nell’ambito della campagna mondiale della Global Commission on Drug Policy ”Hey, We Need To Talk About Drugs” e dell’Open Society Foundations a sostegno della campagna ”Support. Don’t Punish”, avviata in 50 Paesi.

L’abolizione, quest’anno, della Fini-Giovanardi deve essere solo il primo passo verso l’affermazione, subito – e su questo faccio appello al Governo -, della possibilità di utilizzare la cannabis per la terapia del dolore e – col tempo – la piena legalizzazione delle cosiddette droghe leggere, nel solco di quel consenso sul tema oramai ampiamente riscontrabile in tutta l’Unione Europea.

On. Enza Bruno Bossio

Deputato Pd – Commissione Parlamentare Antimafia

http://www.enzabrunobossio.it

È ora di parlare di droghe. – Firma l’appello dell’Associazione Luca Coscioni !


ll 26 giugno si celebra la giornata mondiale per la lotta alla droga. Una guerra persa, sotto gli occhi di tutti e sulla pelle di troppi. Per questo è ora di parlare di droghe.Decenni di proibizionismo sulle sostanze stupefacenti hanno fatto aumentare la produzione, i traffici, i consumatori. E i profitti delle organizzazioni criminali.
Solo in Italia il giro d’affari della narcomafie è stimato intorno ai 25 miliardi euro. Le droghe sono il bancomat della criminalità in tutto il mondo. Circolano ovunque, dalle scuole alle carceri. Le Nazioni Unite confermano di anno in anno che il fenomeno non diminuisce. Anzi.

La guerra alla droga ha consegnato quello che dovrebbe essere un problema socio-sanitario al diritto penale, facendolo diventare una questione di ordine pubblico e, in certi casi, di sicurezza nazionale.

Ben 33 paesi prevedono addirittura la pena di morte per reati connessi alle droghe. Solo in Iran nel 2013 sono state 328 le persone giustiziate per questo, mentre nel mondo “democratico” un detenuto su quattro è in carcere per reati legati alle sostanze stupefacenti. Reati che non fanno vittime.
La proibizione sulle piante e le sostanze psicoattive derivate ha anche imposto enormi limitazioni alle ricerca scientifica pura e a quella applicata allo sviluppo di nuove terapie per decine di malattie, bloccando il progresso della scienza con danni gravissimi per la salute di milioni di persone.

Per questo ci appelliamo al governo, al parlamento e ai media affinché parlino di droghe. Chediamo che il tema venga affrontato in modo non ideologico, con dati ufficiali ed evidenze scientifiche. Con le esperienze positive in atto in altri paesi e includendo le analisi di politici, economisti, giuristi ed esperti nazionali e internazionali che denunciano il fallimento del proibizionismo e propongono possibili alternative radicali.

L’ex segretario delle Nazioni Unite Kofi Annan, l’ex commissario europeo Javier Solana, gli ex presidenti della Colombia, César Gaviria, del Messico, Ernesto Zedillo, del Brasile, Fernando Henrique Cardoso, del Cile, Ricardo Lagos, del Portogallo, Jorge Sampaio e della Svizzera, Ruth Dreifuss con la loro Global Commission chiedono al mondo la nostra stessa cosa, anche in vista di una sessione speciale dell’Assemblea generale delle Nazioni unite prevista per il 2016.

Se anche tu vuoi che dal 26 giugno si inizi a parlare finalmente di droghe, firma e condivi questo appello !

FIRMA SUBITO QUESTO APPELLO  che chiede di parlare di droghe partendo dai fatti e valutando anche le proposte antiproibizioniste. Insieme al Partito radicale, gireremo la tua richiesta a Governo, Parlamento e media.

Marco Perduca, Filomena Gallo, Marco Cappato

Giustizia: la legge sulle droghe va in Gazzetta Ufficiale… ma è quella sbagliata


marijuanaNessuna differenza tra sostanze, nel testo aggiornato delle norme dopo il decreto Lorenzin.

In Italia gli antiproibizionisti devono fare un doppio lavoro: non solo prefigurare alternative concrete e fattibili all’evidente fallimento delle attuali politiche sulle droghe ma anche tirare per la giacchetta i governi che si succedono a Palazzo Chigi, quando non rispettano in malafede le loro stesse leggi o incorrono in buonafede in errori madornali.

L’ultimo caso, scoperto da noi radicali e dall’Aduc, è quello del pasticcio della pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale del 20 maggio 2014 (n. 115) del “Testo coordinato e aggiornato” del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 36, il cosiddetto “Decreto Lorenzin”. Si tratta del provvedimento che aggiorna le leggi in vigore, recependo le ultime disposizioni. In questo caso avrebbe dovuto recepire gli effetti della sentenza della Corte Costituzionale del febbraio scorso che ha abrogato la legge Fini-Giovanardi, ripristinando la divisione in tabelle delle sostanze già prevista dalla precedente legge sugli stupefacenti.

Nulla di rivoluzionario o di particolarmente difficile. Eppure, il governo, in particolare il ministero di Giustizia, è incorso in un errore grossolano, gravido di pericolose conseguenze: sulla Gazzetta Ufficiale è stato pubblicato un testo sbagliato, che riporta l’art. 73 del Testo unico 309/90 – articolo fondamentale perché fissa le pene per la produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti – in una versione che non tiene conto della nuova divisione in Tabelle approvata dal Parlamento e della conseguente differenziazione delle pene a seconda che si tratti delle cosiddette “droghe pesanti” (Tabella I) o della cannabis e derivati (Tabella II). Non è un errore di poco conto perché il testo errato, essendo quello “ufficiale”, è stato subito ripreso e rilanciato dalle banche dati giuridiche online.

Non solo. Ad aumentare la confusione ci si è messo anche il Dipartimento Antidroga dell’ex Serpelloni (ma è davvero ex?) che dà il peggio di sé pubblicando sul suo sito, nella sezione “Normativa”, solamente il decreto-legge originario di marzo e non la legge di conversione di maggio… e l’articolo 73 sbagliato, quello appena pubblicato in Gazzetta ufficiale. Tutto questo crea enorme confusione, a scapito della certezza del diritto.

E ora che fare? Chiediamo al Ministro di Giustizia di provvedere a spron battuto a una pubblicazione corretta e completa in Gazzetta ufficiale della legge di conversione del “Decreto Lorenzin”, tenendo finalmente conto delle modifiche apportate dalla sentenza della Consulta. Potrebbe essere l’occasione buona per la pubblicazione di un nuovo Testo unico sulle sostanze stupefacenti, perché quello attuale, sottoposto agli innumerevoli “taglia e cuci” degli ultimi 24 anni, è diventato un vestito di Arlecchino: l’art. 73 citato ha subito sette aggiornamenti.

Ma gli interventi tecnici non possono bastare: occorre che finalmente il premier Renzi (che ha tenuto le deleghe in materia) riformi radicalmente il Dipartimento Politiche Antidroga: serve un Dipartimento non arroccato nella torre d’avorio ma che sappia dialogare e interagire con le regioni, i comuni, i servizi per dipendenze, le comunità. E occorre che il governo convochi finalmente in autunno la Sesta Conferenza Nazionale sulle Droghe; sempre il Testo Unico prescrive che tale Conferenza si tenga ogni tre anni; l’ultima fu fatta a Trieste nel 2009, in piena era “Giovanardi-Serpelloni”.

Una conferenza nazionale per fare il punto sull’efficacia o meno delle politiche proibizioniste; per ridare dignità alla politiche di riduzione del danno; per incardinare la sperimentazione di nuove iniziative, dalle narco sale ai pill-test sulle sostanze.

Come potete constatare, a dispetto di chi li accusa di ideologismo settario, gli antiproibizionisti radicali sono sempre stati pragmatici e concreti. Ci attendiamo dal governo una risposta altrettanto pragmatica e concreta, nella consapevolezza che ogni norma si ripercuote su persone concrete, vittime del regime proibizionista, fuori e dentro le carceri. Non dimentichiamolo mai.

di Giulio Manfredi (Direzione Radicali Italiani)

Il Manifesto, 11 giugno 2014

Droga. Ok Camera alla fiducia su dl droghe, 335 sì e 186 no


 La Camera dei Deputati, con 335 voti a favore e 186 contrari, ha votato la fiducia posta dal Governo Renzi sulla conversione in legge del decreto nr. 36/2014 riguardante le droghe e le sostanze psicotrope, adottato a seguito della sentenza della Corte Costituzionale. Sono previste per domani mattina le dichiarazioni di voto e per le 12 -12.30 il voto finale. Il testo passerà successivamente all’esame del Senato della Repubblica.

Il testo dell’articolo unico che contiene le nuove norme, in parte riscritto nel corso dell’esame parlamentare da parte delle commissioni Giustizia e Affari sociali, punta ad armonizzare la disciplina delle sostanze stupefacenti e psicotrope alla luce della sentenza della Consulta che cancellando la Fini-Giovanardi ha ripristinato per il reato di traffico illecito la distinzione prevista dalla Iervolino-Vassalli tra ‘droghe leggere’ (da 2 a 6 anni) e ‘droghe pesanti’ (da 8 a 20 anni).

Oltre a rimodellare le tabelle, il decreto reintroduce istituti e norme (come i lavori di pubblica utilità o l’uso personale) travolti dalla incostituzionalità della Fini-Giovanardi. Ecco, in sintesi, le principali novità.

Piccolo spaccio. Sanzioni più basse per lo spaccio di lieve entità. La cessione illecita di piccole dosi di stupefacenti sarà ora colpita con la reclusione da 6 mesi a 4 anni e una multa da mille a 15mila euro. In pratica, la riduzione della pena evita la custodia cautelare in carcere; l’arresto facoltativo sarà possibile solo in caso di flagranza. Il reato non distingue tra droghe leggere e pesanti, spetterà al giudice graduare l’entità della pena in base alla qualità e quantità della sostanza spacciata e alle altre circostanze del caso concreto. Il piccolo spacciatore potrà usufruire del nuovo istituto della messa alla prova.

Nuove tabelle. Sono cinque, la I e III raggruppano le droghe pesanti, la II e la IV quelle leggere. L’ultima riguarda i medicinali. Le tabelle, che ricomprendono anche le circa 500 sostanze classificate a decorrere dal 2006, sono rimodellate in modo da renderle coerenti con il regime sanzionatorio antecedente alla legge Fini-Giovanardi. Eventuali modifiche e aggiornamenti spettano al ministro della Salute, sentiti il Consiglio e l’Istituto superiore di sanità.

Marijuana 3Spinelli. Nella tabella delle droghe leggere confluiscono tutte le cannabis, senza distinzione tra indica, sativa, ruderalis o ibride. Ma tutte le droghe sintetiche riconducibili per struttura chimica o effetti tossicologici al tetraidrocannabinolo (Thc), il principale principio attivo della cannabis, rientrano invece nella tabella I sulle droghe pesanti.

Uso personale. L’acquisto o la detenzione di sostanze per uso personale non ha rilevanza penale. Restano ferme le sanzioni amministrative (quali la sospensione della patente, del porto d’armi, del passaporto o del permesso di soggiorno) che avranno però durata variabile a seconda che si tratti di droghe pesanti (da 2 mesi a un anno) o leggere (da uno a 3 mesi).

Modica quantità. Nell’accertare l’uso personale, oltre ad altre circostanze sospette, occorre in particolare considerare l’eventuale superamento dei ‘livelli soglia’ fissati dal ministero della Salute nonché le modalità di presentazione delle sostanze stupefacenti con riguardo al peso lordo complessivo o al confezionamento frazionato.

Lavori pubblica utilità. Nel caso di piccolo spaccio o altri reati minori commessi da un tossicodipendente il giudice può applicare, anziché detenzione e multa, la pena del lavoro di pubblica utilità. Tale sanzione alternativa deve essere chiesta dall’imputato e ha una durata equivalente alla condanna detentiva. E’ revocabile se si violano gli obblighi connessi al lavoro e non può sostituire la pena per più di due volte.