L’irruzione dell’on. Enza Bruno Bossio nel carcere di Rossano ci ha svelato all’improvviso una realtà che forse nemmeno potevamo sospettare. Una cosa è indignarsi per le celle minuscole, per il sovraffollamento, per l’assenza di strutture, per la mancata rieducazione, per la repressione, eccetera eccetera. Tutte cose che sappiamo, da tanto tempo.
Una cosa diversa è scoprire che dentro le celle ci sono persone trattate peggio delle bestie, che c’è violenza estrema, sadismo, sopraffazione, violazione di ogni legge. Le immagini che l’articolo qui accanto descrive sono quelle dei lager, come Guantánamo, come Abu Ghraib. Siamo scesi in piazza tante volte per chiedere che fossero chiuse Guantánamo e Abu Ghraib. Se è vero che nel carcere di Rossano c’era un detenuto lasciato a terra, sul pavimento, malato, circondato dal suo vomito, se è vero che diversi detenuti presentavano ematomi e dicevano di essere stati picchiati (…)
Se è vero che qualcuno trascorreva l’ora d’aria in quattro o cinque metri quadrati, peggio di un maiale all’ingrasso, di una gallina in batteria, se tutto questo è vero bisogna chiudere il carcere di Rossano. Chiudere. E forse – per una volta lasciatelo dire a noi – sarebbe anche il caso che la magistratura aprisse un’indagine. Dopodiché, fatte queste due cose essenziali e urgentissime, bisognerà anche porsi delle domande. Se l’on Bruno Bossio, che ha fatto irruzione senza preavviso nel carcere, in agosto, quando nessuno se l’aspettava, ha trovato questa situazione, è legittimo sospettare che la medesima situazione possa esserci in molte altre carceri, dove magari non sono avvenute visite improvvise dei deputati?
È chiaro che è possibile. L’iniziativa dell’on Bruno Bossio ci fa capire a quel grado di gravità e di inciviltà sia giunta la situazione delle carceri in Italia. E quanto ipocrita e insufficiente sia stato il varo di una leggina che dispone qualche giorno di sconto di pena o una mancia di 240 euro al mese per chi subisce le torture del sovraffollamento.
Il problema delle carceri è gigantesco, e lo standard delle nostre prigioni spinge l’Italia, in una virtuale classifica della civiltà, tra i più arretrati paesi del terzo mondo. Non si può restare fermi di fronte a questa situazione. Il problema carceri è il più urgente nell’agenda. Se vogliamo che l’Italia resti nel novero dei paesi civili bisogna che le forze politiche, almeno per una volta, si tappino le orecchie, non ascoltino gli urlacci e gli insulti della vasta platea giustizialista, mettano in conto la perdita di un po’ di voti e pongano mano a una riforma seria delle carceri.
In quattro passi. Primo passo: subito amnistia e indulto, per allentare la pressione nelle celle e nei tribunali. Va fatto a settembre, come hanno chiesto il papa e Napolitano, e come da anni, senza sosta, con le proteste e gli scioperi della fame, è sostenuto dai radicali e da Pannella. Secondo depenalizzazione di tutti i reati minori.
Terzo, riforma radicale della carcerazione preventiva che riduca a poche decine di casi le custodie cautelari. Quarto, norme sulla responsabilità civile dei giudici, che abbattano il numero dei procedimenti penali pretestuosi. In questo modo si può arrivare in tempi rapidissimi alla riduzione del 60 o 70 per cento della popolazione carceraria. E a quel punto sarà necessario trovare il modo per avere la certezza di controlli su come si vive nelle prigioni, e probabilmente anche una forte riforma, in senso garantista, di tutti i regolamenti carcerari (a partire dall’abolizione dello sciaguratissimo articolo 41 bis).
Non costa niente una riforma di questo genere. Anzi, produce risparmi. Costa dei voti, questo sì, costa le grida di Travaglio e dell’Anm. E se per una volta, solo per una volta, cari politici di sinistra e di destra, ve ne fregaste di Travaglio e dell’Anm?
P.S. Certo che se ci fossero in giro più deputate e deputati come Enza Bruno Bossio, sarebbe una buona cosa.
Piero Sansonetti
Il Garantista, 12 agosto 2014