La Giunta delle Camere Penali Italiane: “C’è un’emergenza carceri e il Governo è l’unico a negare”


unione-camere-penaliPer contrastare la diffusione del coronavirus nelle carceri italiane è necessario diminuire il numero dei detenuti nelle carceri italiane. È quello che dichiara la delibera della Giunta dell’Unione delle Cameri Penali Italiane che esorta il Governo e il Parlamento ad agire in questa direzione.

La Giunta evidenzia più volte la “posizione negazionista” assunta dal “solo Governo”, al contrario di altre istituzioni interessate come il Consiglio Superiore della Magistratura, l’Associazione Nazionale Magistrati, i Presidenti dei più importanti Tribunali di Sorveglianza, l’Università, i Sindacati, il Volontariato e dell’appello del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

L’esecutivo è quindi invitato ad adottare misure efficaci provenienti nei confronti della situazione emergenziale nella quale versano le carceri. Criticato anche l’intervento del Ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, che “ha fornito dati che sconcertano per mancanza di logica e di concretezza di intervento, quali la scarcerazione di 200 detenuti a fronte di 6.000 che si è indicato potrebbero godere delle misure varate, rinviando con noncuranza fino al mese di maggio le possibili applicazioni”.

Posto anche che il “Garante dei detenuti ha ineffabilmente chiarito che il c.d. isolamento all’interno delle carceri dei detenuti portatori di sintomi avviene con una media di tre persone per cella” la Giunta dichiara “che la vera ed indifferibile esigenza di prevenire ed evitare una massiva diffusione del contagio tra la popolazione carceraria può essere soddisfatta solo con una immediata e significativa diminuzione della stessa, in misura tale da eliminare il sovraffollamento rispetto ai posti disponibili e di assicurare anche all’interno degli istituti penitenziari la praticabilità delle misure di prevenzione del contagio che lo stesso Governo impone ai cittadini liberi”.

Tale misura, sottolinea il testo, è stato portato avanti all’estero e invece i provvedimenti adottati dal Governo appaiono (e tali sono ormai unanimemente giudicati) totalmente inadeguati ed addirittura paradossali, come la subordinazione della detenzione domiciliare all’applicazione di braccialetti elettronici che non sono disponibili”.

La Giunta dell’Unione delle Camere Penali chiede allora “con la massima urgenza al Governo ed al Parlamento, anche in sede di conversione in legge del decreto emanato, di adottare ben più incisivi interventi, che l’Unione delle Camere Penali Italiane è in grado di indicare (anche offrendosi per la elaborazione dei testi), ovviamente nei limiti quali-quantitativi che assicurino una applicazione a favore di persone detenute per reati di non rilevante allarme sociale, quali:

– la detenzione domiciliare, indipendentemente dalla disponibilità del braccialetto elettronico, per residui di pena inferiori a 2 anni

– la sospensione fino al 30 giugno della emissione degli ordini di carcerazione di pene fino a 4 anni divenute definitive

– la liberazione anticipata speciale, di 75 giorni a semestre, per buona condotta e l’estensione da 45 a 75 giorni per i semestri già oggetto di concessione

– la concessione di licenze speciali di 75 giorni ai detenuti semiliberi

– per i detenuti in attesa di giudizio, che rappresentano oltre un terzo della popolazione carceraria e che sono presunti innocenti dalla Costituzione, l’attribuzione al giudice competente di un termine di 5 giorni per riesaminare la situazione cautelare in funzione della concessione degli arresti domiciliari, tenendo in considerazione il pericolo alla loro salute in rapporto alla caratteristica di extrema ratio della detenzione cautelare”.

La Giunta auspica infine “un recupero di responsabilità e di umanità, non solo nei confronti della popolazione detenuta, degli agenti di custodia e di tutte le persone che operano nelle carceri, ma anche di tutti i cittadini, perché le strutture sanitarie attualmente sottoposte ad uno sforzo oltre ogni limite immaginabile, non potrebbero sopportare un ulteriore carico di pazienti, peraltro portatori di esigenze di controllo inattuabili”.

Il Riformista, 29 marzo 2020

I Detenuti del Carcere di Cosenza scrivono al Presidente Mattarella contro la chiusura delle Scuole


Tutti i detenuti ristretti nella Casa Circondariale di Cosenza, con atto trasmesso dalla Direzione dell’Istituto, hanno scritto al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per protestare contro la soppressione dei corsi di istruzione secondaria superiore attivi all’interno del carcere.

La Segreteria del Quirinale ha risposto con una breve nota di non avere alcuna competenza al riguardo e che avrebbe inviato la lettera dei detenuti di Cosenza alle Autorità competenti.

Probabilmente, al Quirinale, non sanno che (anche) il Presidente della Repubblica è competente a ricevere i reclami dei detenuti, come prevede l’Art. 35 dell’Ordinamento Penitenziario (Legge n. 354/1975).

L’Art. 34 c. 1 della Costituzione afferma che: “La scuola è aperta a tutti”, riconoscendo in modo chiaro che il diritto all’istruzione è di tutti, indipendente dalle condizioni di ciascuno, per cui il Presidente della Repubblica, anziché limitarsi a dire di non avere competenze, avrebbe potuto accogliere il reclamo dei detenuti, raccomandando alle Autorità Scolastiche di rivedere le decisioni intraprese, perché la Costituzione di cui Egli è garante prevede che ogni cittadino, anche quello privato della libertà personale, abbia il diritto di poter frequentare una scuola e di studiare, soprattutto per dare concreta attuazione a quanto stabilito dall’Art. 27 della Costituzione che sancisce la finalità rieducativa della pena, per favorire il progressivo reinserimento dei condannati nella Società, eliminando o riducendo al minimo il rischio che loro tornino a delinquere.

Chiudere le Scuole in carcere significa negare ai detenuti il diritto costituzionale all’istruzione. Non sono cittadini liberi che, chiusa una Scuola, possono sceglierne un’altra da frequentare. Possibile che chi di competenza non lo riesca a capire ?

Emilio Enzo Quintieri

già Consigliere Nazionale Radicali italiani

Adriano Sofri, ex Leader di Lotta Continua : Una condanna è per sempre


Adriano-Sofri«Fine pena mai» è la tetra formula che compare sulle cartelle biografiche delle persone condannate all’ergastolo in Italia. Fino al 1987 voleva dire che il detenuto sarebbe morto dietro le sbarre, poi con la riforma dell’ordinamento, è stato stabilito che dopo 10 anni si può accedere ai permessi, dopo 20 alla semilibertà e dopo 26 alla libertà condizionale. Funziona così (eccetto per i condannati per i reati ostativi – Art. 4 bis O.P., che nello specifico caso degli ergastolani sono la maggior parte, che non usciranno mai più dal Carcere, neanche per brevi permessi, se non dopo morti, salvo che collaborino con la Giustizia ai sensi dell’Art. 58 ter O.P. Emilio Quintieri).

Adriano Sofri è stato condannato nel 1990 a 22 anni di carcere in quanto mandante dell’omicidio del commissario Luigi Calabresi. È uscito nel 2012 per decorrenza dei termini. Il processo, invero, fu controverso: lui si è sempre assunto la ‘responsabilità morale’ dell’omicidio, ma ha sempre negato ogni responsabilità diretta, ritenendosi innocente dal punto di vista penale. Comunque uno la voglia mettere, lasciando da parte il merito delle accuse e ogni valutazione sui cosiddetti Anni di Piombo (a proposito, sarebbe anche il caso di cominciare a parlare di certi temi inquadrandoli da un punto di vista storico, prima o poi. Ma questo è un altro discorso), Adriano Sofri è oggi un uomo libero a tutti gli effetti: ha scontato la sua pena, può andare dove preferisce e fare quello che vuole. Questo dovrebbe essere pacifico in ogni stato di diritto, in ogni democrazia, ovunque. Poi è venuto fuori che il 19 giugno scorso il ministero della Giustizia ha indicato proprio Sofri tra i membri di uno dei tavoli di lavoro che il governo vorrebbe mettere in piedi per riformare il sistema carcerario italiano, una delle vergogne più grandi del paese, definito a più riprese dagli osservatori indipendenti come «disumano e degradante».

La nomina di Sofri avrebbe una certa logica, a ben guardare: a parte che ogni detenuto potrebbe offrire prospettive interessanti sulle patrie galere, bisogna riconoscere che l’ex Lotta Continua è uno dei massimi esperti italiani sul tema. Ne ha scritto spesso sui giornali, nel 2002 diede alle stampe il libro «Altri Hotel», uno dei documenti più importanti per capire la detenzione e quello che vuol dire. Insomma, è una voce che verrebbe ascoltata ovunque proprio perché competente in materia. Ovviamente le cose non sono andate così. Circostanza in effetti ovvia a guardare la qualità del dibattito italiano in generale e sulle carceri in particolare. Così, la polemica è scoppiata con un comunicato del Sappe (il sindacato degli agenti di polizia penitenziaria) che ha bollato la scelta del ministero come «inaccettabile, inammissibile, intollerabile e insopportabile», ha invocato l’intervento di Mattarella, ha buttato lì che «gli italiani onesti e con la fedina penale immacolata pagheranno con le loro tasse le trasferte, i pasti ed i gettoni di presenza» al reprobo e suggellato il tutto con quello che probabilmente ritenevano essere un paradosso: «E’ come far sedere Totò Riina al tavolo di revisione del 41 bis».

Sui social network c’è voluto pochissimo perché scoppiasse il finimondo. Su Twitter l’hashtag #Sofri è schizzato in testa ai trend topic nel giro di pochi minuti. Alla fine, proprio Sofri ha annunciato che, dopo essere stato semplicemente interpellato al telefono, non parteciperà ai futuri tavoli a tema, ritenendo di averne abbastanza «delle fesserie in genere e delle fesserie promozionali in particolare». La risposta, recapitata al Foglio, smonta una per una le accuse piovute dal sindacato di Polizia: Sofri ha dichiarato di aver esplicitamente richiesto di non ricevere nemmeno un centesimo per la sua consulenza e ha aggiunto che comunque «Riina, benché non sia necessariamente ‘il massimo competente del 41 bis’ ne è certo competente: e troverei del tutto ragionevole che, in una seria indagine sulla realtà del 41 bis, venisse anche lui interpellato in qualità di ‘competente’. Questo genere di competenza ed esperienza non ha infatti a che fare con l’innocenza, o la colpevolezza, o la gravità della colpevolezza, di chi finisce in carcere».

Il problema, a guardare la qualità della polemica e degli intervenuti, è che il dibattito pubblico italiano si conferma spaventosamente manettaro, quando si parla di giustizia e di ingiustizia. Chi ha subito una condanna, può anche averla scontata tutta fino all’ultimo giorno, ma sarà sempre e comunque destinato a dover subire l’ostracismo da parte del sedicente consesso civile. La riabilitazione non esiste e sembra quasi che la galera sia esclusivamente uno strumento punitivo per chi ha fatto il cattivo, cosa che non sta scritta nemmeno sul Codice di Hammurabi.

Per non dire che, nel caso specifico, non si dibatte della colpevolezza o dell’innocenza di Sofri, ma semplicemente di quello che potrebbe essere il suo parere su un tema per il quale lui è indubbiamente preparato, sia nella teoria sia nella pratica. Ma la cosa più scoraggiante in assoluto è che il dibattito pubblico in tema di giustizia sembra valere soltanto quando si parla di «tintinnar delle manette», possibilmente tante, alla faccia della Costituzione, dello stato di diritto, dell’umanità e del buon senso. Ma nel paese in cui un avviso di garanzia è già una condanna, in fondo, non dovrebbe stupire che il fine pena sia sempre mai.

Mario Di Vito

23 Giugno 2015, http://www.glistatigenerali.com

Pannella (Radicali), “Contento che anche il Ministro Orlando dica che le nostre Carceri sono criminogene”


On. Marco Pannella“Saluto quanto detto oggi dal ministro della giustizia Andrea Orlando e cioè che oggi il carcere è criminogeno. Ci tengo a dire al ministro Orlando formalmente che sono felice di una cosa per nulla scontata. Dico ad Orlando grazie di questa posizione che avrà ascoltato anche il Presidente della Repubblica Mattarella”.

Così Marco Pannella ha commentato quanto detto oggi dal ministro della giustizia Andrea Orlando a Napoli, e cioè che attualmente le carceri sono criminogene. “Il ministro della giustizia – aggiunge – ha detto ufficialmente che il carcere è criminogeno, quando secondo Costituzione e scienza la funzione del carcere è proprio quella di decriminalizzare.

Non è capitato spesso che un ministro abbia detto quello che ha detto lui oggi. Saluto questo pubblico riconoscimento. Prima ancora ricordo che abbiamo avuto lo splendido messaggio alle Camere del Presidente della Repubblica Napolitano che faceva proprie le nostre tesi e che noi abbiamo fatto nostra mozione di Radicali Italiani“.

 “In Italia ci sono norme che producono e non riducono il crimine”. Così il ministro della Giustizia Andrea Orlando intervenendo alla tavola rotonda del seminario “Il carcere dei diritti, verso gli Stati Generali” in corso di svolgimento presso il Circolo Ufficiali di Napoli, a Palazzo Salerno. “Spendiamo tre miliardi di euro l’anno per l’esecuzione delle pene – il ragionamento del Guardasigilli – e abbiamo i tassi di recidiva più alti d’Europa. Perché la paura ha generato paura, ha innescato una spirale che non si interrompe mai”.

Di qui l’impegno del ministro affinché, in vista degli Stati generali dello status delle carceri e rispetto alla riforma dell’ordinamento penitenziario, “dobbiamo riempire di contenuti la delega e porci la domanda su quale sia la chiave di volta per cambiare l’opinione comune”. Perché, appunto, se in Italia le norme esistenti “producono e non riducono il crimine”, allora, Questo deve essere un elemento di riflessione su cui si deve richiamare l’attenzione del forze politiche e dell’opinione pubblica”

Carceri, Per l’ex Presidente Napolitano ed il Ministro Orlando “sono criminogene”


Ministro Orlando (2)Il Presidente Emerito si affida a Mattarella: “avrà a cuore la questione penitenziaria”. Il ministro: “norme da rifare”. Non capita tutti i giorni di ascoltare un ministro della Giustizia che definisce “criminogene” le carceri.

Né di sentire un Presidente Emerito della Repubblica come Giorgio Napolitano pregare il suo successore Sergio Mattarella di “avere al centro della sua attenzione la questione penitenziaria”. Sono proprio queste però le espressione pronunciate ieri nel corso del seminario “Il carcere dei diritti, verso gli Stati Generali”, organizzato dal Garante per i detenuti della Campania, Adriana Tocco, insieme con la Fondazione Mezzogiorno Europa.

“Il tema del sovraffollamento non dico è stato completamente risolto ma sicuramente oggi siamo in condizioni migliori di un anno fa”, esordisce Orlando. Che spiega come l’attenuarsi dell’emergenza di tipo strettamente “numerico” sia proprio il presupposto utile per affacciarsi sulla nuova sfida, ossia “il tema del trattamento e dell’esecuzione della pena”, che poi è proprio l’oggetto centrale degli Stati generali, che si svolgeranno in vari “tavoli” fino al prossimo autunno.

Il guardasigilli ha ricordato che nei prossimi giorni sarà a Strasburgo per illustrare i “progressi compiuti” alla Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, l’organismo chiamato a verificare l’attuazione degli ammonimenti seguiti alla sentenza Torreggiani “Rappresenteremo cosa l’Italia ha fatto nel corso di quest’anno, pur nella consapevolezza che c’è ancora molto da fare”. I numeri d’altronde dicono che la forbice tra reclusi e posti disponibile nelle carceri si è molto assottigliata, con 53mila reclusi per una capienza di 49mila, ma non siamo ancora all’allineamento.

Ma appunto Orlando lascia nell’uditorio una certa impressione soprattutto quando dichiara apertamente che “oggi il carcere come è in Italia produce crimine e non riduce le potenzialità criminali nel Paese”. Un’affermazione pesantissima proprio perché fatta dal ministro della Giustizia, in linea d’altronde con le posizioni sempre più nette assunte dal numero uno di via Arenula su questo tema negli ultimi tempi. La valutazione si trasforma in atto d’accusa quando il guardasigilli dice che “chi ha utilizzato la paura ha davvero generato paura”.

Non si tratta però solo di propaganda. A parte le chiassate di partiti come la Lega, nel nostro Paese c’è un problema strutturale, dovuto a “norme cancerogene. Spendiamo tre miliardi di euro l’anno per l’esecuzione delle pene e abbiamo i tassi di recidiva più alti d’Europa”. Si cercherà di rimediare proprio con le proposte che verranno fuori dagli Stati generali dell’esecuzione penale, destinate a dare corpo alla legge delega sulla riforma dell’ordinamento penitenziario: “Dobbiamo riempirla di contenuti e porci la domanda su quale sia la chiave di volta per cambiare l’opinione comune”, dice ancora il ministro.

La commozione di Napolitano

Giorgio Napolitano cella NapoliNel corso del suo intervento, Giorgio Napolitano non riesce a nascondere la commozione. Parte “da lontano”: “È importante fare le leggi con audacia, ma oggi non ci troviamo di fronte solo ad un problema normativo, ma anche e soprattutto culturale. Noto un impoverimento sul piano dei valori della società italiana”, sono le parole del presidente emerito della Repubblica. Che ribadisce quindi l’urgenza della questione specifica alla base del convegno, la riforma penitenziaria: “Nel nostro Paese non sono state fatte le riforme necessarie. Penso che sia arrivato il momento di cambiare la legge del 1975.

Il presidente Mattarella, che degnamente esercita la funzione di Capo dello Stato, avrà sicuramente al centro della sua attenzione la questione penitenziaria”, è la previsione di Napolitano, che nel corso del proprio mandato a mostrato di aver così a cuore l’argomento da farne oggetto del suo unico messaggio alle Camere con il suo intervento nel 2013 dopo la condanna della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, ed è qui che arriva la commozione.

“Ci sono stati dei miglioramenti, come ricorrere a pene alternative in certi casi. Molto ancora non è stato, penso agli gli stranieri che finiscono in carcere solo per aver violato la legge sull’immigrazione clandestina”.

Non manca un pur misurato atto d’accusa al sistema mediatico: “L’informazione adesso partecipa alla polemica sulle riforme, quelle in particolare che riguardano il Senato, si preoccupano del fatto che questa modifica potrebbe indebolire la democrazia parlamentare, ma quanto spazio hanno dedicato all’attività stessa del Parlamento? Zero. Quello che fanno le Camere”, fa notare il presidente emerito, “non viene pubblicato.

Da poco sono rientrato e non sono entusiasta di ciò che ho trovato”. Napolitano è accompagnato dalla moglie e compagna di sempre Clio, e approfitta dunque della sua Napoli per lanciare un monito agli organi di informazione e alla politica stessa: “Oggi si pensa a condannare un intercettato, prima ancora che si arrivi alla conclusione delle indagini, o che ci sia un rinvio a giudizio.

Mi dispiace dirlo, ma oltre a rivolgermi ad un anello fondamentale come quello dell’informazione, chiamo in causa la politica. Non voglio soffermarmi sul solito tema della decadenza della politica, ma proprio la politica deve essere capace di rilanciare il Paese e soprattutto deve essere portatrice di valori sani”. Parole che pesano, e che forse alla politica, a questo punto, non conviene più ignorare.

Errico Novi

Il Garantista, 10 giugno 2015

Pannella (Radicali) va dal Presidente Mattarella : “Servono Carceri più civili”


Marco Pannella 2Il primo dei politici ad essere ricevuto al Quirinale dal nuovo presidente della Repubblica è stato Marco Pannella. Sergio Mattarella ha dato udienza al leader radicale, che gli aveva chiesto formalmente un incontro nei giorni scorsi, ascoltando le richieste che sui temi della giustizia e delle carceri gli sono state avanzate.

Pannella ha anche girato un video prima di entrare nello studio del presidente, trasmesso poi dalla tv dei radicali, e salutato Mattarella con un caloroso “Ciao Sergio”. Nei prossimi giorni, il capo dello Stato ha in agenda diversi incontri, a cominciare da un importante colloquio sulla situazione economica del paese: vedrà infatti il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco.

Al Quirinale è poi atteso, nell’ambito del giro d’orizzonte con gli esponenti del governo, il ministro della Difesa Pinotti. Il nuovo capo dello Stato sta anche completando la fase di presa di contatto con la “macchina” del Colle, e sta lavorando alla formazione del suo staff.

Le nuove nomine di alcuni del suoi consiglieri sono attese entro la fine della prossima settimana, mentre il capo dello Stato sta ancora valutando le soluzioni per il delicato ruolo di segretario generale. Fra le diverse ipotesi (restano in corsa i nomi di Alessandro Pajno e Ugo Zampetti) anche quella di una proroga per qualche tempo dell’attuale segretario Donato Marra.

Mattarella ieri ha anche inviato il suo primo messaggio nelle vesti di capo dello Stato alla cerimonia per l’Expo che si è svolta a Milano. “Serve un nuovo modello di sviluppo contro l’inaccettabile aumento delle diseguaglianze tra paesi ricchi e popolazioni povere, in costante lotta per sopravvivere alla denutrizione”. Si tratta di “una sfida globale”, che interessa l’intero pianeta e che richiede “scelte politiche e azioni condivise” per la gestione sostenibile delle risorse troppo spesso messe a rischio da “comportamenti egoistici ed irresponsabili”.

La Repubblica, 8 febbraio 2015

Giustizia: Gonnella (Antigone) a Mattarella “rimetta in piedi l’istituto della Grazia”


Carcere - Sentinella PenitenziariaA lanciare l’appello al neoeletto presidente della Repubblica è Patrizio Gonnella. “Nei prossimi giorni la chiederemo per un detenuto pakistano, condannato a 9 anni e 4 mesi per droga dopo un processo di 19 anni durante i quali si è comportato in modo irreprensibile”.

“Il presidente Mattarella rimetta in piedi l’istituto della grazia, negli ultimi tempi un po’ dimenticato. Nei prossimi giorni la chiederemo per un detenuto pakistano, condannato a 9 anni e 4 mesi per droga dopo un processo di 19 anni durante i quali si è comportato in modo irreprensibile”. A lanciare l’appello e probabilmente la prima richiesta di grazia al neoeletto presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel giorno del suo insediamento al Quirinale è Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone che oggi ha presentato un libro dal titolo “Detenuti stranieri in Italia. Norme, numeri e diritti”.

Al nuovo presidente, Gonnella chiede “un’attenzione alla questione della giustizia e del carcere che non sia l’attenzione che alcuni interlocutori gli chiedono di fare il vigile contro Berlusconi – ha aggiunto. A noi di Berlusconi non ce ne frega nulla. Deve essere il guardiano della Costituzione e automaticamente metterà al centro gli articoli 13 e 27 che vietano le violenze e che indicano quale deve essere la funzione della pena. Speriamo che dia un messaggio alle Camere e orienti l’opinione pubblica e le forze politiche intorno ad un’idea che ci riporti a Beccaria, cioè che il diritto penale è stato pensato non per vessare, ma per limitare il potere di chi aveva il potere di punire”.

Al nuovo presidente della Repubblica, però, l’associazione Antigone chiede subito un intervento urgente. Una grazia per un detenuto pakistano di 57 anni, oggi nel carcere di Rebibbia a Roma. “Stiamo costruendo la domanda di grazia per Iqbal Muhammad – ha detto Gonnella -. È un detenuto pakistano arrestato nel 1994 per traffico di droga. Si è fatto 11 mesi di custodia cautelare, 4 mesi di arresti domiciliari, dopo di che nei successivi 19 anni è tornato libero, ha lavorato, ha cresciuto una famiglia, oggi ha una figlia di 26 anni, ha fatto il volontario nelle parrocchie. Si è comportato come si deve comportare un cittadino ordinario”.

Nel frattempo il processo è andato avanti e qualche mese fa è arrivata la sentenza di condanna: 9 anni e 4 mesi per droga. “Negli ultimi 19 anni si è comportato in modo irreprensibile – ha aggiunto Gonnella. Questa non è giustizia, ma vendetta e pena senza senso. Per questo chiederemo insieme a lui la grazia. Speriamo che questo capo dello Stato rimetta in piedi l’istituto della grazia, perché la grazia è stata un po’ dimenticate negli ultimi anni. Sono state usate un po’ come se fosse una grazia politica, invece noi vorremmo che ritornasse ad avere quel suo ruolo che è quello di mettere una toppa dove la giustizia non ha funzionato”.

Giovanni Augello

Redattore Sociale, 4 febbraio 2015

Presidente Mattarella, nel suo discorso si è dimenticato delle Carceri e della Giustizia


Mattarella - NapolitanoIl discorso del Presidente si segnala per una macroscopica omissione. Il tema della giustizia è, ormai, da anni al centro non solo del dibattito politico, ma anche delle attese dei cittadini. Argomenti quali quello delle carceri, dell’uso abnorme della carcerazione preventiva e delle intercettazioni telefoniche, della responsabilità civile dei Magistrati, della esposizione mediatica di alcuni Procuratori della Repubblica, non hanno avuto, nel messaggio presidenziale, alcun riscontro.

Il discorso alle Camere del nuovo Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, non ha brillato per originalità e neppure ha dato conto di un particolare rinnovato vigore nella volontà di affrontare in modo deciso i problemi del Paese. Esso non si è discostato in modo significativo dai messaggi dei Presidenti che lo hanno preceduto e, come sempre accade quando si è in presenza di ripetizioni, sorge immediata la preoccupazione che si sia solo rinnovato un rito. A questa prima impressione se ne deve aggiungere un’altra.

Il discorso del Presidente si segnala per una macroscopica omissione. Il tema della giustizia, nelle sue varie articolazioni, è, ormai, da anni al centro non solo del dibattito politico, ma anche delle attese dei cittadini. Esiste, nel Paese, un problema giustizia che ha avuto una centralità, che non è mai venuta meno durante tutta la seconda Repubblica.

Argomenti quali quello delle carceri, dell’uso abnorme della carcerazione preventiva e delle intercettazioni telefoniche, della responsabilità civile dei Magistrati, della esposizione mediatica di alcuni Procuratori della Repubblica, non hanno avuto, nel messaggio presidenziale, alcun riscontro. Anzi, se si considera il discorso del Presidente Mattarella con il metro dei discorsi tenuti da Napolitano e da Ciampi, l’unico vero elemento di discontinuità è costituito dalla mancata attenzione ai temi della giustizia.

In particolare, suscita sorpresa l’assenza di qualsiasi attenzione al tema delle carceri, ove si consideri la preoccupazione che vi è stata, nel discorso presidenziale, sulla necessità di prestare attenzione agli ultimi e a coloro che non hanno voce. Nelle carceri italiane, così come in quelle di tutto il mondo, finiscono soprattutto gli ultimi. E se vi è una categoria di cittadini che non ha voce, è proprio quella dei detenuti.

Si tratta di una evidenza tale da aver unito nel denunciare il problema carcerario soggetti diversi quali il Presidente Napolitano, i Radicali, Papa Giovanni Paolo II. Un Presidente che rivolge la sua attenzione agli ultimi, e che non si dà carico dei problemi delle carceri in Italia, finisce con il togliere autenticità e credibilità alla professione di attenzione per chi soffre e non ha nulla. Ma anche i pochi riferimenti alla giustizia, contenuti nel discorso presidenziale, destano preoccupazione. A parte un fugace accenno all’esigenza di una maggiore celerità nella conclusione delle procedure giudiziarie, il contenuto del messaggio presidenziale si è esaurito nella indicazione della esigenza di combattere la corruzione e la mafia.

Si tratta di fenomeni che richiedono una forte mobilitazione morale e culturale, che deve investire il modo stesso di concepire la cosa pubblica. Corruzione sono anche lo sperpero di denaro pubblico attraverso gli enti inutili e le società a partecipazione pubblica, l’inefficienza come stato permanente della pubblica amministrazione.

Combattere la corruzione significa anche rettificare l’attuale rapporto tra pubblico e cittadino, restituendo a quest’ultimo i diritti di cui dovrebbe essere titolare in uno Stato autenticamente democratico. Di tutto questo non c’è traccia significativa. Ed allora il riferimento alla lotta alla corruzione ed alla mafia rischia di essere un appiattimento su quelle posizioni giustizialiste, che vedono la soluzione di tutti i problemi nel distribuire più carcere a tutti.

Certamente, il discorso di insediamento di un Presidente della Repubblica non è un atto sufficiente a giudicarne la figura e l’operato. Si vedrà quale sarà l’atteggiamento concreto quando sarà chiamato a dipanare i nodi che vengono dai problemi sopra indicati. Tuttavia, il tenore del discorso non può non suscitare preoccupazione in ordine alla sensibilità del nuovo Presidente rispetto ai problemi della giustizia.

Astolfo Di Amato

Il Garantista, 4 febbraio 2015

Pannella (Radicali): Mattarella ? lo valuteremo su carceri e legalizzazione delle droghe


On. Marco PannellaIl leader dei Radicali sulla manovra del premier per portare il siciliano al Quirinale: “è stato molto abile, ma ha una visione a lungo termine?”.

Non si lascia ipnotizzare come il resto del mondo politico italiano dalle evoluzioni tattiche del premier, dopo le elezioni del Presidente della Repubblica. Dal suo osservatorio in via della Torre Argentina, sede del Partito Radicale, così vicino così lontano al Parlamento, Marco Pannella preferisce affrontare la vittoria di Sergio Mattarella da tutt’altra prospettiva.

Del resto l’84enne leader radicale, ha sempre preferito muovere le proprie guerriglie a partire da uno sguardo sulle dinamiche e sugli strumenti giuridici internazionali. Laico anche sulla figura del democristiano Mattarella, Marco Pannella conta soprattutto su un impegno concreto sui temi dei diritti dei carcerati e della giustizia.

Pannella. alla fine tutti o quasi d’accordo sul nome di Sergio Mattarella. Lei che ne pensa del nuovo presidente della Repubblica?

“C’è qualcuno che ritiene che è esattamente quello che ci voleva. Io dico che i nomi in campo più o meno si equivalevano”.

Non mi sembra molto entusiasta.

“Più che altro, aspetto di vedere come si muoverà su alcuni temi importanti per noi radicali. Di Mattarella posso dire che quando era ministro della Difesa ha abolito la naja e ha avviato il paese verso la professionalizzazione delle forze dell’ordine, che era una nostra battaglia da decenni”.

Un punto a suo favore. E invece per quanto riguarda il leit motiv di questi giorni, “moriremo democristiani”?

“Ma guarda, da questo punto di vista devo dire che i radicali hanno sempre avuto rapporti ottimi con il mondo cattolico, formali ma ottimi. Non solo con il papa attuale, che mi ha telefonato, ma anche, per restare alla Sicilia, la regione del presidente, con tanti esponenti del partito popolare, con lo stesso Sturzo. C’è anche un aneddoto che riguarda papa Wojtyla, quando il sindaco comunista Petroselli presentò la sua giunta al pontefice, erano i primi anni 80, e arrivato ad Angiolo Bandinelli, disse: “Questo è quello di Pannella” e lui rispose, tra la sorpresa di tutti: “Ah, lui ci vuole bene. Dio ce l’ha dato e nessuno ce lo tocchi”.

Mi sembra di capire che per il momento sospende il giudizio su Mattarella. A bocce ferme, invece, qual è il suo giudizio sull’operato di Napolitano al Colle?

“Sicuramente con l’ultimo atto, il suo discorso sulle carceri, il mio giudizio non può che essere sostanzialmente positivo. Dirò di più, quelle sue dichiarazioni noi le abbiamo assunte come manifesto operativo”.

Addirittura.

“Certo, un presidente della Repubblica, parla di obbligo di ripristinare una situazione di normalità per quanto riguarda la giustizia e le condizioni carcerarie per far rientrare l’Italia in una situazione di legalità a livello internazionale, è una bomba che prima o poi esploderà. E Se non si fosse dimesso, lo stesso Napolitano avrebbe dovuto fare qualcosa per dar seguito a queste parole, come ad esempio scrivere alla Corte internazionale di giustizia”.

Adesso c’è Mattarella al suo posto.

“E noi lo giudicheremo su come interverrà sulla giustizia, sulle carceri e anche quale sarà la sua posizione rispetto alla legalizzazione delle droghe”.

Adesso chiede troppo a un democristiano!

“Ma no, perché ormai il mondo va in quella direzione. Guarda anche gli Stati Uniti che stanno legalizzando. L’atmosfera è diversa da quando abbiamo iniziato la battaglia antiproibizionista in un clima totalmente sfavorevole”.

Resta il fatto che un presidente della Repubblica non è un capo del Governo.

“Infatti, noi chiediamo che svolga fino in fondo la sua funzione di garante e non di arbitro”.

Qual è la differenza?

“Che l’arbitro nella politica italiana si barcamena tra interessi diversi, invece il garante deve difendere l’applicazione delle leggi, soprattutto quelle internazionali. Ad esempio anche sul dissesto idrogeologico, abbiamo presentato diversi esposti a livello internazionale, e sono sicuro che ci verrà dato ragione. Ecco, il presidente della Repubblica deve essere garante, come ha fatto Giorgio Napolitano”.

I suoi detrattori dicono che ha fatto politica, altroché garante.

“Questo succede perché negli ultimi trent’anni i presidenti della Repubblica hanno seguito un altro tipo di comportamento. Io glielo dissi a Giorgio appena eletto, “se proteggerai i principi costituzionali fino in fondo, avrai tutti i costituzionalisti contro”.

Tornando a queste ultime elezioni per il Colle. Pensa che se non avesse annunciato di doversi curare per un tumore, Emma Bonino sarebbe stata tra i papabili, questa volta?

“Nonostante i radicali vengano scientificamente tagliati fuori dai media, Emma Bonino risulta sempre la più popolare nei sondaggi. Ma appunto, i partiti hanno paura di noi”.

L’esito finale del voto è stato un capolavoro politico di Renzi?

“Certo, è stato abilissimo. Ma il punto è un altro. Quanto questa sua abilità reggerà nel tempo? Quanto le sue posizioni, le sue intuizioni, sono radicate nel tempo? Questo è quello che conta. Noi radicali abbiamo le stesse posizioni da quarant’anni, e ad esempio sulla legalizzazione delle droghe, ci sono voluti parecchi anni, ma adesso il vento è favorevole in tutto il mondo. Ma Renzi è quello che non ha voluto firmare i nostri referendum perché diceva che toccava al Parlamento occuparsene. Mentre Berlusconi è venuto a firmarli tutti davanti alle telecamere”.

Il patto del Nazareno reggerà dopo lo schiaffo di Renzi su Mattarella?

“Ma che importa! Queste sono cose che cambiano di sei mesi in sei mesi. Quello che conta è se l’Italia risponderà all’appello di Napolitano, e alle richieste dell’Europa sulla giustizia. Per questo chiediamo a Mattarella di dare seguito alle parole di Giorgio”.

Qualcuno le risponderebbe che ci sono cose che vengono prima della giustizia, come ad esempio la crisi economica.

“Ma le due cose sono assolutamente legate. Chi viene a investire in Italia, quando qui un creditore per riavere i suoi soldi deve aspettare un processo che non inizia prima di tre o quattro anni?”.

A proposito d’Europa, la soluzione si chiama Tsipras?

“Noi radicali abbiamo lottato per anni contro l’aumento esponenziale del debito pubblico. La strada scelta è invece stata quella di tassare il mondo del commercio e le imprese. Con i risultati disastrosi che tutti vedono”.

Lorenzo Misuraca

Il Garantista, 3 febbraio 2015