Caserta: maltrattamenti nell’Opg di Aversa, a processo 16 Medici tra cui l’ex direttore


OPG AversaE’ iniziato nei giorni scorsi innanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) davanti al Giudice Monocratico Rosaria Dello Stritto, il processo a carico di 16 tra Medici Psichiatri e Medici di Guardia dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario (OPG) di Aversa, tra cui l’ex Direttore Sanitario Adolfo Ferraro, per i reati di maltrattamenti e sequestro di persona ai danni di 27 ex internati nella struttura.

I fatti contestati sarebbero stati commessi tra il 2006 fino al gennaio 2011. Uno degli imputati e’ deceduto un mese fa. Secondo la Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere in persona del Pubblico Ministero Federica D’Amoddio, le vittime – una ventina si sono costituite parti civili e sono assistite dall’Avvocato Antonio Mirra – sarebbero state costrette dagli imputati a restare a letto per un periodo superiore a quello consentito, cioe’ 24 ore, e qualcuno sarebbe addirittura rimasto fermo nel letto, facendo i propri bisogni per un periodo di 12 giorni senza alcuna assistenza. Le indagini sulle condizioni dei pazienti dell’Opg partirono nel gennaio 2011 dopo il suicidio di un detenuto, che si impiccò nella sua cella.

Cella OPG AversaLa Procura fece sequestrare cartelle cliniche, documenti e foto. Proficuo per l’inchiesta giudiziaria fu anche lo scambio di informazioni con la Commissione d’inchiesta del Senato sul Servizio Sanitario Nazionale presieduta dal Senatore Pd Ignazio Marino, attuale Sindaco di Roma, che all’Opg di Aversa inviò nello stesso periodo i Nas dei Carabinieri. L’udienza è stata rinviata al 10 luglio prossimo per alcune irregolarità emerse nelle notifiche alle parti. L’Opg di Aversa, unitamente agli altri 5 sul territorio nazionale, è stato chiuso lo scorso 31 marzo 2015 anche se ancora non si è perfezionato il trasferimento degli internati presso le Residenze per le Misure di Sicurezza (Rems) della Regione Campania.

Caserta: maltrattamento e sequestro di persona agli internati nell’Opg di Aversa. Rinviati a giudizio 18 Medici


ERGASTOLO BIANCO, viaggio in un O.P.G. italianoIl Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) ha rinviato a giudizio l’ex direttore sanitario dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario “Filippo Saporito” di Aversa Adolfo Ferraro e 17 tra medici psichiatri e medici di guardia, per i reati di maltrattamenti e sequestro di persona commessi ai danni di alcuni internati tra il 2006 e la fine del 2011. Secondo la Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere gli indagati avrebbero costretto i pazienti a letto per periodi molto lunghi e con modalità non consentite.

Dagli accertamenti effettuati è emerso che le vittime sarebbero rimaste costrette a letto per un periodo superiore a quello consentito, cioè 24 ore, e qualcuno sarebbe addirittura rimasto fermo nel letto, facendo i propri bisogni per un periodo di 12 giorni senza alcuna assistenza. Le indagini sulle condizioni dei pazienti dell’Opg partirono nel gennaio 2011 dopo il suicidio di un detenuto, che si impiccò nella sua cella.

letti di contenzioneLa Procura fece sequestrare cartelle cliniche, documenti e foto. Proficuo per l’inchiesta giudiziaria fu anche lo scambio di informazioni con la Commissione d’inchiesta del Senato sul Servizio sanitario nazionale presieduta da Ignazio Marino, che all’Opg di Aversa inviò nello stesso periodo i Nas dei carabinieri. Il processo comincerà il 27 marzo 2015 davanti al Giudice Monocratico del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere.

«La verità è che non c’è stata alcuna norma che ha vietato, fino ad ora, l’utilizzo del letto di contenzione nelle carceri-ospedale d’Italia, è assurdo ora processare chi quei malati doveva gestirli». Scendono in campo le difese dei medici di base e degli psichiatri, in servizio all’Opg di Aversa, rinviati a giudizio per maltrattamenti e sequestro di persona. A parlare, è stato l’avvocato Giuseppe Stellato che ha spiegato che i letti su cui vengono legati i detenuti malati ci sono ancora nelle strutture perché per legge non sono vietati. Sotto i riflettori, come parte offesa, ci sono i malati che nessuno vuole, anche a fine pena. Perché pericolosi.

Padova, detenuto di Lecce si impicca in cella. Aveva 45 anni e godeva della semilibertà


Casa Circondariale di PadovaLo hanno ritrovato privo di vita nella sua cella nel carcere di Padova, dove stava scontando oltre 20 anni per omicidio e sequestro di persona. Il protagonista dell’ennesimo suicidio nelle carceri italiane è un detenuto leccese, Giovanni Pucci, 45enne originario di Castrignano del Capo, ritrovato in mattinata privo di vita.

L’uomo, dopo avere scontato diversi anni di carcere, godeva del regime di semilibertà e recentemente si era anche sposato. Per togliersi la vita, si sarebbe impiccato nella sua cella, durante le ore notturne. La drammatica notizia è stata diffusa dal sindacato di polizia penitenziaria Sappe. Fu arrestato nel 1999 per l’omicidio della dottoressa Maria Monteduro, uccisa nella notte tra il 24 ed il 25 aprile di quindici anni fa. Il suo nome, oltre che per il raccapricciante omicidio della dottoressa, era comparso all’interno di una inchiesta della squadra mobile di Padova su un traffico di stupefacenti tra le mura del carcere. Era stato sentito dagli investigatori poche ore prima del presunto suicidio proprio nell’ambito di tale inchiesta e forse il gesto potrebbe essere la risposta alla paura di un aggravamento di pena.

Pucci venne arrestato il 24 settembre del 1999 ad Alma Ata, nella capitale dell Kazakistan dove era andato a trovare il padre. Le indagini dell’allora pubblico ministero Leonardo De Castris (attuale procuratore capo di Foggia) e dei carabinieri del Nucleo investigativo riuscirono a venire a capo di un caso che era sembrato piuttosto complesso sin dall’inizio. Sconcerto e incredulità nel piccolo paese sud salentino si sono diffusi non appena la notizia è diventata di dominio pubblico e l’incombenza di informare i familiari. Pucci era difeso dagli avvocati Luca Puce e Giuseppe Stefanelli.

Sull’ennesimo suicidio è intervenuto il segretario nazionale del Coosp Domenico Mastrulli: “Continuano le vittime all’interno delle carceri italiane, anche se le motivazioni che spingono a gesti estremi ed inconsulti come questo restano un mistero delle carceri italiane e mondiali. La situazione penitenziaria in Italia ed il suo enorme sovraffollamento – 58mila unità ad oggi – nonostante le rassicurazioni del ministro Orlando e del Premier Renzi, continuano ad essere motivo di forte preoccupazione per il sindacato Coosp e per tutte le associazioni nazionali di categoria. Ciò che mancano in tutte le carceri italiane – continua Mastrulli – sono le unità operative (12 mila quelle mancanti). Probabilmente, questa ennesima tragedia si sarebbe potuta evitare”.

http://www.corrieresalentino.it – 25 Luglio 2014