Calabria, il Carcere di Rossano come “Guantánamo”, si viene pestati per uno sguardo. Ed il Direttore annuncia querele


CARCERE ROSSANOQuattrocentodieci persone hanno beneficiato del decreto Svuota Carceri in Calabria contribuendo alla notevole riduzione della popolazione carceraria. Nonostante la situazione nei carceri calabresi pare sia lievemente migliorata, a livello infrastrutturale si registrano ancora gravi carenze. In diversi istituti pare non vi siano né acqua calda né riscaldamento, mentre le infiltrazioni di acqua piovana invadono le celle dove alcuni detenuti sono costretti a trascorrervi oltre 21 ore al giorno privi di assistenza psichica e sanitaria.

Nessun intervento è stato programmato per rendere più vivibile la permanenza tra le celle, ma quello che più preoccupa sono le violenze che in alcune case circondariali continuano ad essere denunciate. A parlarne è Italo di Sabato presidente dell’Osservatorio nazionale sulla Repressione che rileva condizioni di vita aberranti nelle strutture presenti in Calabria, una delle poche regioni italiane in cui non esiste ancora la figura regionale del Garante per i Diritti dei Detenuti. Esiste, infatti, solo un Garante Comunale a Reggio Calabria.

“Un detenuto trentottenne – spiega Di Sabato – condannato per furto a cinque anni di reclusione, ha definito il carcere di Rossano la Guantánamo italiana dove basta uno sguardo o una parola sbagliata per far scattare il pestaggio. Si veniva picchiati per niente. Naturalmente durante la permanenza nella struttura è difficile che tali episodi vengano denunciati, soprattutto per il timore di ripercussioni.

L’ispezione avvenuta a Rossano qualche mese fa ha portato alla luce condizioni igieniche degradanti con i detenuti costretti a convivere con i propri escrementi a causa del malfunzionamento della rete fognaria”. Il direttore del carcere di Rossano, Carrà interpellato sulla vicenda ha dichiarato “non intendo rilasciare dichiarazioni in merito. Anzi, provvederò a querelare chiunque tratti l’argomento come ho intenzione di fare per il giornalista de Il Garantista che trattò il caso tempo fa”. “Anche nel carcere di Siano, – continua il presidente dell’Osservatorio sulla Repressione – sono stati denunciati episodi di pestaggi e di bassa tortura come la censura delle lettere. Il problema è che in Italia, come testimoniato dalle segnalazioni della Corte Europea i carceri sono solo delle discariche sociali. Non vi è nessun progetto di recupero solo un fomentare nel detenuto sentimenti di rabbia e vendetta nei confronti delle istituzioni”.

Maria Teresa Improta

http://www.quicosenza.it, 6 novembre 2014

 

Carceri, nuovo appello dei Detenuti di Catanzaro al radicale Quintieri


Cella Carcere SianoImpegno civile. E’ quello che l’ecologista radicale Emilio Quintieri mette, ormai da anni, al servizio di chi non ha voce. La sua attenzione è rivolta ai detenuti, reclusi nella carcere italiane, costretti a vivere in condizioni, a volte disumane, che hanno poco a che fare con un paese dove vige la democrazia e il rispetto della dignità delle persone. Chi ha sbagliato non merita di essere emarginato, anzi, crediamo che lo Stato gli debba garantire strumenti di rieducazione sociale, al fine di permettere ad ogni singolo detenuto che ha scontato il suo debito con la giustizia ed aver fatto pace con la legge di trovare una collocazione nella società civile e non di essere “marchiato” indelebilmente con l’etichetta di colpevole a vita. Continuano le denunce da parte dei detenuti ristretti presso la Casa Circondariale di Catanzaro Siano per le condizioni illegali in cui sono costretti a sopravvivere dallo Stato.
Questa volta, a scrivere all’Ecologista Radicale Emilio Quintieri, è il detenuto Natale Ursino di Locri, da 10 mesi rinchiuso in custodia cautelare presso il Carcere di Catanzaro. Quel che scrive Ursino conferma esattamente – sostiene Quintieri – quanto raccontano gli altri detenuti e che, tra l’altro, abbiamo reso noto al Governo tramite una Interrogazione Parlamentare a risposta scritta indirizzata ai Ministri della Giustizia e della Salute Paola Severino e Renato Balduzzi. L’atto di Sindacato Ispettivo nr. 4-08865, sotto integralmente riportato, è stato presentato a Palazzo Madama durante la 853^ seduta e firmato e sottoscritta dai Senatori della Repubblica Marco Perduca e Donatella Poretti (Radicali), Salvo Fleres (Grande Sud), Roberto Di Giovan Paolo, Francesco Ferrante e Roberto Della Seta (Partito Democratico) che, tra l’altro, sono stati invitati ad effettuare una Visita Ispettiva presso l’Istituto Penitenziario di Catanzaro.

Sono state ampiamente descritte tutte quelle situazioni illegali che riguardano gli Istituti di Pena della Calabria con particolare riferimento alla Casa Circondariale di Siano ove, a fronte di una capienza regolamentare di 354 posti, sono rinchiuse 600 persone, la metà delle quali appartenente al circuito dell’Alta Sicurezza.

Abbiamo denunciato al Governo oltre al problema del sovraffollamento anche tutta una serie di circostanze che rendono l’esecuzione della pena completamente illegale in primo luogo perché non rispetta quei diritti umani fondamentali tutelati dalle norme di rango costituzionale e da quelle europee ed internazionali vigenti in materia. Vivono in tre in delle camere detentive, volgarmente note come “celle” originariamente destinate ad ospitare un solo detenuto, chiusi per 21 ore al giorno in pochi metri quadrati, con la sola possibilità di stare sdraiati nei loro letti a castello, perché tutti quanti in piedi contemporaneamente non avrebbero la possibilità di muoversi a causa della presenza del tavolino, degli sgabelli e degli armadietti. E tale stato di cose nuoce anche dal punto di vista dell’ordine e della sicurezza poiché agli Agenti della Polizia Penitenziaria addetti alla sorveglianza nei Reparti viene materialmente difficile procedere agli opportuni e necessari controlli.  Nemmeno gli animali allo Zoo, per dirla come il detenuto Natale Ursino – prosegue il cetrarese Emilio Quintieri – sono tenuti in queste condizioni.

E’ indubbio che per queste persone la reclusione si traduca in una vera e propria tortura, proibita dalla Costituzione, dalla Convenzione Europea dei Diritti Umani e da altri Trattati Internazionali che lo Stato Italiano a firmato e ratificato ma che, regolarmente, continua a violare. Per questi motivi l’Italia è stata – dal 1959 ad oggi – chiamata in giudizio innumerevoli volte dinanzi alla Corte Europea di Strasburgo e ripetutamente condannata (oltre 2.000 sentenze di condanna) per violazione della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali ed in particolare modo proprio per violazione dell’Art. 3 che stabilisce “Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti. Peggio dell’Italia c’è solo la Turchia ed a seguire la Russia e Polonia. E non è certo degno di uno Stato che si definisce civile e democratico posizionarsi al secondo posto nella classifica dei 47 Stati membri dell’Unione Europea per violazione dei diritti umani fondamentali : tanto basta per avere certezza della conclamata, abituale e flagrante criminalità dello Stato. “L’attività sportiva è quasi inesistente, abbiamo accesso una sola volta alla settimana per 2 ore al Campo Sportivo. La sporcizia non ha eguali. C’è una colonia di topi, a migliaia, una vera invasione, con il serio rischio di esser morsi e subire la gravissima infezione di cui sono portatori i ratti – dice il detenuto locrese Natale Ursino nella sua lettera – Le docce oltre ad essere insufficienti e scarsamente igieniche, spesso siamo costretti a farle con l’acqua fredda e per lavarci dobbiamo privarci dell’ora d’aria all’aperto perché gli orari coincidono con l’ora d’aria.”

Come si può tollerare una simile condizione ? Abbiamo un regime carcerario che non comprime solo la libertà personale – protesta l’esponente dei Verdi Europei aderente ai Radicali Italiani – ma li obbliga a vivere in condizioni irrispettose della dignità umana ed a subire disagi, difficoltà e sofferenze non prevista da alcuna norma giuridica o sentenza. Eppure la Corte Europea dei Diritti Umani è stata molto chiara: l’Art. 3 della Convenzione impone allo Stato di garantire la detenzione in condizioni compatibili con il rispetto della dignità umana.

Qui Cosenza, 31 Dicembre 2012