Droghe: Sono migliaia i detenuti che scontano ancora le pene illegali della Fini Giovanardi


Corte di cassazione1Nel primo anniversario della sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittime le pene draconiane previste dalla Fini-Giovanardi per le droghe “leggere” (da 6 a 20 anni di reclusione) e ripristinato le più miti pene della legge precedente (da 2 a 6 anni), le Sezioni Unite della Cassazione sono chiamate a risolvere i prevedibili contrasti insorti tra pubblici ministeri e giudici, di legittimità e di merito, sulla incidenza della pronuncia della Consulta sulle condanne definitive in corso di esecuzione.

Gli appelli di giuristi e associazioni per un intervento legislativo che prevenisse tali contrasti, adottando una soluzione equa ed uniforme per tutti i condannati, sono caduti nel vuoto e così, nella latitanza della politica, sarà ancora una volta il massimo organo della giurisdizione penale che, nell’udienza di domani, dovrà dire una parola definitiva sulla sorte di migliaia di detenuti che stanno scontando pene “illegittime”.

I giudici di piazza Cavour si trovano la strada parzialmente spianata da una precedente decisione delle stesse Sezioni Unite, che, sia pure con riferimento ad una diversa vicenda, nel maggio scorso hanno spazzato via il feticcio del “giudicato”, invocato da una parte della magistratura per contrastare gli effetti delle decisioni della Consulta sulle condanne definitive.

Ma i giudici più restii a dare piena attuazione ai valori costituzionali, non potendo continuare ad invocare lo sbarramento del “giudicato”, si sono attestati su una nuova frontiera. Dicono che la decisione della Consulta vale solo per i casi in cui la condanna definitiva superi il minimo della pena prevista dalla Fini-Giovanardi, che coincide con il massimo previsto dalla ripristinata legge precedente (6 anni di reclusione). In altre parole, secondo questa giurisprudenza, può considerarsi “illegale” solo la parte di pena che superi il minimo della legge precedente, sicché, per ripristinare la legalità, basterebbe eliminare la pena eccedente.

Questo orientamento non tiene conto di un dato, ben noto a chiunque abbia una qualche conoscenza delle prassi giudiziarie. La commisurazione della pena è una scelta che i giudici compiono collocando il fatto da giudicare nella “cornice edittale” prevista dalla legge vigente e riservando il minimo ai fatti di minore gravità. È perciò evidente che il minimo della pena inflitta nel vigore della illegittima legge Fini-Giovanardi (6 anni di reclusione) potrebbe riguardare, e quasi sempre riguarda, fatti che, se giudicati secondo i parametri legali ripristinati dalla decisione della Consulta, avrebbero meritato un minimo di 2 anni o comunque una pena di gran lunga inferiore.

Perciò la giurisprudenza più attenta a dare effettiva attuazione ai valori costituzionali, ritiene che tutte le condanne in corso di espiazione inflitte nel vigore della Fini-Giovanardi per droghe leggere vadano annullate e il trattamento sanzionatorio vada rideterminato dal giudice della esecuzione sulla base delle pene previste dalle precedenti norme costituzionalmente legittime (più miti, anche se ancora troppo severe).

Sono appunto questi contrastanti orientamenti giurisprudenziali che i giudici della Cassazione dovranno risolvere nell’udienza di domani. L’auspicio è che le Sezioni Unite proseguano il percorso della ragione intrapreso nel maggio scorso, ponendo fine alla esecuzione delle pene illegittime.

Resta comunque il rammarico per tutti coloro che l’inerzia della politica ha nel frattempo condannato ad espiare, nell’ancora sovraffollate galere, una pena che per i principi costituzionali del nostro ordinamento non avrebbero dovuto espiare.

Luigi Saraceni

Il Manifesto, 25 febbraio 2015

Droghe: Anastasia (Antigone) : Subito un decreto per le pene illegittime


Stefano AnastasiaAl decreto-legge promesso a Strasburgo sulle carceri si aggiunga un articolo, semplice semplice, con cui si stabilisce che il giudice dell’esecuzione provvede d’ufficio alla rideterminazione della pena illegittima nella misura in cui essa è stata ridotta in astratto (dei due terzi, nel caso della dichiarazione di incostituzionalità della Fini-Giovanardi).

Dunque anche su questo avevamo ragione: non è possibile eseguire pene illegittime. Come la Corte costituzionale ci ha dato ragione sulla illegittimità della legge Fini-Giovanardi, così le sezioni unite della Cassazione ci hanno dato ragione sull’impossibilità di continuare l’esecuzione di pene determinate sulla base di norme giudicate costituzionalmente illegittime.

Il caso all’esame della Suprema Corte riguardava l’esecuzione di pene viziate dalle norme incostituzionali della legge Cirielli, la “Three Strikes Law” dè noaltri, ma c’erano precedenti sull’aggravante di immigrazione clandestina (anch’essa giudicata incostituzionale dalla Consulta) e gli effetti della decisione inevitabilmente si riflettono sulle pene spropositate volute dalla Fini-Giovanardi.

Eccole qua, le tre leggi del sovraffollamento penitenziario italiano riunite nel comune giudizio di illegittimità costituzionale. Non si poteva far di meglio per rendere chiaro al colto e all’inclita che quella vergogna nazionale non è il frutto di una congiunzione astrale, ma di precise scelte politiche di cui qualcuno porta la responsabilità.

Vedremo se Governo e Parlamento saranno capaci di “cambiare verso” in queste delicate materie. Intanto, però, bisogna affrontare il destino di quelle migliaia di detenuti che stanno scontando una pena illegittima. Quello affermato dalla Cassazione è un principio di diritto che vale nel caso concreto. I singoli giudici di merito potranno richiamarvisi per decidere quelli che verranno loro sottoposti. Ma quanti delle migliaia di detenuti condannati sulla base di pene illegittime sanno che stanno scontando una pena cui non dovrebbero essere tenuti? E quanti sanno che possono rivolgersi a un giudice per farsela rideterminare? E quanti sono i giudici che, come a Milano qualche settimana fa, potrebbero confermare una pena minima in base alla Fini-Giovanardi per il solo fatto che rientra nei nuovi limiti di pena, senza considerare che ora sarebbe una pena massima? Il campo delle ingiustizie potrebbe allargarsi fino a includere la maggioranza di quei detenuti in esecuzione di pene illegittime.

All’indomani della sentenza della Corte costituzionale avevamo chiesto al Governo un decreto ad hoc, affinché fosse fissata per legge la rideterminazione delle pene illegittime. L’amministrazione penitenziaria avrebbe potuto almeno informare i detenuti interessati della possibilità di ricorrere al giudice dell’esecuzione. Nulla di tutto ciò è successo, salvo qualche modifica migliorativa del discutibile decreto Lorenzin. Ora però la pronuncia della Cassazione ripropone il problema e in alcune procure si comincia a paventare il collasso degli uffici di esecuzione. Bene, sarà dunque il momento per recuperare il tempo perduto: nel decreto-legge promesso a Strasburgo per sanare la mancanza di rimedi compensativi alla violazione dei diritti dei detenuti in Italia, si aggiunga un articolo, semplice semplice, con cui si stabilisca che il giudice dell’esecuzione provvede d’ufficio alla rideterminazione della pena illegittima nella misura in cui essa è stata ridotta in astratto (dei due terzi, nel caso della dichiarazione di incostituzionalità della Fini-Giovanardi).

Non è la riforma organica che ci vorrebbe sulle droghe, non è un provvedimento di clemenza ad hoc come quello che Obama sta mettendo in opera negli Usa, non è il generale provvedimento di clemenza che servirebbe per ricondurre alla piena legalità le carceri italiane, ma – almeno – cancellerebbe l’ulteriore vergogna di migliaia di detenuti trattenuti in carcere sulla base di una legge dichiarata incostituzionale.

di Stefano Anastasia, Presidente Nazionale Onorario Antigone Onlus

Il Manifesto, 4 giugno 2014