Toscana: per il Tribunale di Sorveglianza l’Opg di Montelupo è “fuorilegge”, serve Rems


OPG Montelupo FiorentinoAccolto il ricorso firmato da 47 internati ospitati dalla struttura che doveva chiudere lo scorso 1 aprile e trasferire i detenuti. Ma la Regione è in ritardo. Da qui l’ordine dei giudici: “Entro tre mesi il presidente della giunta ponga rimedio al pregiudizio e adotti i necessari provvedimenti”.

L’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Montelupo è “fuorilegge”. Lo ha stabilito il Tribunale di sorveglianza accogliendo un ricorso firmato da 47 detenuti internati nella struttura che, per legge, avrebbe dovuto chiudere lo scorso 1 aprile. Gli internati avrebbero dovuto essere trasferiti già da tempo nelle Rems, ma la Regione è in ritardo. Pur avendo individuato la sede della Rems nell’ex manicomio di Volterra, di fatto non è pronta per il trasferimento dei pazienti. Da qui l’ordine dei giudici: “Entro tre mesi il presidente della giunta ponga rimedio al pregiudizio e adotti i necessari provvedimenti”.

“La Regione Toscana viola la legge sulla pelle dei malati psichiatrici, che continuano a restare nell’Opg di Montelupo nonostante la sua chiusura fosse prevista per lo scorso 1 aprile. Sette mesi di ritardo ingiustificato che adesso è stato condannato anche dal Tribunale di Sorveglianza e per cui la Regione meriterebbe il commissariamento sul tema Opg, così come previsto dal piano nazionale di superamento di queste strutture”. Così la parlamentari di Sel Marisa Nicchi e Alessia Petraglia commentano la notizia della condanna.

“È da anni – aggiungono Nicchi e Petraglia – che il Governo chiede alla Regioni di chiudere gli Opg. Eppure, nonostante tutto questo tempo, la Toscana non si è ancora attrezzata per un serio superamento di queste strutture ormai anacronistiche. Adesso, senza perdere ulteriore tempo prezioso, vanno aperte immediatamente le Rems e qui vanno trasferiti i pazienti psichiatrici, che stanno subendo i ritardi della politica continuando a vivere in condizioni legalmente inadeguate”. “Il ritardo – concludono – è reso ancor più grave dal fatto che difficilmente si potrà immaginare di superare gli Opg con un tocco di bacchetta magica. Occorre avviare un lavoro lungo di coinvolgimento delle realtà del territorio, creando percorsi e strutture incentrate sulla cura e sul reinserimento dei detenuti”.

quotidianosanita.it, 7 novembre 2015

Gli Opg sono chiusi per legge ma ancora sono pieni di internati. Regioni inadempienti


OPG Castiglione delle StiviereRitardi. Maltrattamenti. Polemiche. Una legge chiude gli Ospedali psichiatrici, ma nel 2015 in Italia ci sono ancora internati. Colpe e numeri di una impasse. Fu una rivoluzione. Avvenne con l’entrata in vigore alla fine degli anni 70 della Legge Basaglia, nota come legge 180/1978, in onore a Franco Basaglia, medico promotore dell’iniziativa.

Si cercò, grazie agli studi del dottor Thomas Szasz, di superare non solo la logica manicomiale, ma di imporre la chiusura dei manicomi, regolamentando invece il trattamento sanitario obbligatorio. Lo scopo era istituire i servizi di igiene mentale pubblici con l’intento non di rinchiudere chi era afflitto da gravi patologie psichiatriche, ma puntando al bisogno di risocializzare i pazienti. Se la situazione in quell’ambito sembra notevolmente migliorata (i 76 istituti psichiatrici sparsi nel territorio nazionale sono stati sostituiti da numerose strutture residenziali, servizi psichiatrici diagnostici e cura, centri di salute mentale e altre strutture riabilitative) diverso era lo scenario nei casi in cui i malati si macchiavano di delitti e crimini, venendo giudicati pericolosi per sé e per la comunità.

Se prima furono create le case di reclusione, che sostituivano i manicomi criminali, con la riforma dell’ordinamento penitenziario del 1975 entrarono a far parte del sistema penale italiano gli Ospedali psichiatrici giudiziari (Opg). Le cose, però, non erano molto cambiate. Si registravano dei casi in cui prevaleva la logica detentiva, non quella sanitaria. L’iter iniziò nel 2008 col decreto ministeriale di riordino della sanità penitenziaria, e proseguì nel 2010 con l’istituzione di una Commissione d’inchiesta istituita dal Senato presieduta da Ignazio Marino per superare gli Opg.

La Commissione poi, in un’indagine condotta sugli ospedali di Barcellona Pozzo di Gotto (Me), Aversa (Ce), Napoli, Montelupo Fiorentino (Fi), Reggio Emilia e Castiglione delle Stiviere, accompagnata da un video girato dalla troupe di RaiTre, trasmessa durante Presa Diretta, documentò che fra diversi Opg e i vecchi manicomi criminali non c’erano molte differenze. Strutture fatiscenti, lenzuola sporche, muri scrostati dall’umidità, muffa, materassi accatastati, immondizia in giro, persone lasciate senza cure e costrette a subire condizioni disumane, totalmente antigeniche, con i ratti che uscivano dai gabinetti, come visto nell’Opg di Aversa. Con una forte scarsità di personale (medici che nelle singole strutture erano presenti solo quattro ore a settimana, e che dovevano curare 300 pazienti) e spazi ristretti, con tre metri quadrati a malato, in violazione delle norme istituite dalla Commissione europea per la prevenzione della tortura.

L’inchiesta aveva poi documentato il caso di una persona finita dentro 25 anni prima “per essersi travestito da donna e aver spaventato i bambini di una scuola”.

Chiusura definitiva sempre rimandata. Una situazione insostenibile. Si valutava quindi il possibile intervento governativo e il relativo commissariamento, come suggerito dal comitato Stop Opg – costituito da sigle come il Forum salute mentale, Cgil, Ristretti Orizzonti, Fondazione Basaglia, Arci, A buon diritto eccetera.

La chiusura è stata rimandata tre volte in due anni (non va dimenticato che si sarebbero dovute superare queste strutture già nel 2013: una prima proposta di legge fu fatta nel febbraio 2012, che ne fissava l’addio al marzo successivo, prorogata al marzo 2015 dalla legge 81/2014).

La chiusura definitiva degli Opg, si diceva, dovrebbe risultare come una data storica, simile al 1978, ma è veramente così? Com’è la situazione odierna?

La legge presenta degli elementi di discontinuità: la gestione di questi soggetti (i “rei folli”) sarebbero a carico dei Dipartimenti di salute mentale del Sistema sanitario nazionale, legati al territorio, ma rilegati in strutture alternative che sostituiscono così gli Opg, le Rems – Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza, strutture molto più piccole, massimo con 20 posti, dove dovrebbero essere mandati quei soggetti ritenuti non dimissibili dagli Opg (una ristretta minoranza degli attuali internati che, spiega Cesare Bondioli, responsabile carceri di Psichiatria democratica, erano circa 700 nell’ultima rilevazione ministeriale, dei quali oltre la metà dimissibili) o anche nuovi, per i quali il giudice abbia disposto una misura di sicurezza detentiva.

Le Rems dovrebbero solo attuare la gestione sanitaria degli ospitati, visto che “l’attività perimetrale di sicurezza e di vigilanza esterna, ove necessario in relazione alle condizioni dei soggetti interessati” sarebbe stata svolta “nel limite delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente”. La legge ha poi previsto, una volte per tutte, l’applicazione della misura di sicurezza del ricovero in Opg o in una Casa di cura e custodia solo in via sussidiaria e residuale, qualora risulti inidonea qualsiasi altra misura, nonché una serie di corsi di formazione per gli operatori del settore, ponendo fine al cosiddetto “ergastolo bianco”, dato che le misure di sicurezza non devono superare la pena detentiva massima per il reato commesso. Ciò dovrebbe permettere una gestione più sostenibile dei pazienti.

Legge ancora oggi di difficile attuazione. Questo era quanto si sapeva a marzo 2015. Perché in data 22 giugno 2015, a tre mesi dalla chiusura ufficiale degli Opg, c’erano 341 persone internate in tutta Italia, come riferiva il sottosegretario Vito De Filippo alla Commissione igiene e sanità del Senato. Si contavano 708 pazienti nei vari Opg nel mese di marzo, quando è stata predisposta la chiusura di queste strutture.

La legge “non sembra ancora oggi di facile attuazione” perché necessita di “una maturazione delle diverse istituzioni coinvolte”, mentre l’organismo di coordinamento, che doveva cessare di agire il primo di aprile, continuava a riunirsi ogni 15 giorni per controllare l’attività degli Opg. Ci sono stati dei trasferimenti, tutti individuali, per “evitare traumi e contenere al massimo i possibili disagi per persone dal fragile equilibrio psicofisico, accompagnati dalla massima attenzione al monitoraggio delle condizioni cliniche”, mentre le Rems attivate non erano sufficientemente adeguate per sostituire le precedenti strutture. Secondo quanto detto dal Dap le Rems di Pisticci (Basilicata), di Pontecorvo (Lazio), di Bologna e Parma (Emilia Romagna) hanno già raggiunto la capienza massima, mentre quella provvisorie di Castiglione delle Stiviere, per i pazienti residenti in Lombardia e della Liguria, accoglieva a giugno 230 pazienti pur avendo solo 160 posti letto, dei quali 140 residenti in Lombardia e Liguria e 19 senza fissa dimora.

I restanti 71 pazienti venivano dalla Calabria, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Marche, Molise, Piemonte (43 uomini e 2 donne), Puglia, Sicilia, Toscana, Trentino Alto Adige, Umbria e Veneto. La Regione Lombardia ha comunicato che la struttura non accetterà pazienti, mentre sarà prevista una Rems a Limbiate (Monza e Brianza), con 40 posti letto. Questo fino a giugno. In base al sito Regioni.it, in data 18 settembre i numeri emersi durante l’audizione svolta in Senato in Commissione sanità, di Santi Consolo, presidente del Dap, indicano un calo di 226 i pazienti ospitati nei cinque Opg di Aversa, Napoli, Barcellona Pozzo di Gotto, Reggio Emilia e Montelupo Fiorentino).

Sono emersi però ancora dei ritardi: si vedano le strutture regionali di Toscana e Umbria, dove la data di attivazione della residenza Padiglione Morel, 22 posti letto, ha sforato il termine previsto del primo agosto e, presumibilmente, è destinata a essere aperta tra la fine di ottobre e gli inizi di novembre.

Veniva già segnalato ad aprile dal responsabile di Psichiatria democratica Bondioli come un caso palese di “inadempienza”, dato che la chiusura dell’Opg di Montelupo è stata rallentata per i molti tentennamenti dalla Regione, portando a una soluzione inusitata: la delibera di trasferimento in blocco della maggioranza degli internati nell’Istituto “Mario Gozzini” (noto come Solliccianino), all’interno di un carcere che non cesserà, anche con la presenza dei nuovi arrivati, di mantenere le sue funzioni penitenziarie.

Aperture e attivazioni posticipate a fine 2015. Ritardano le Rems definitive di San Nicola Baronia e Calvi Risolta in Campania, entrambe con 20 posti, termine di capienza per legge, che dovevano aprire nell’estate del 2015, ma l’apertura è stata posticipata in autunno. Incerto il caso dell’Abruzzo e Molise, dove è in corso un ricorso del Tar sulla realizzazione della struttura, e della Rems a Spinazzola, in Puglia, la cui data di attivazione era il primo ottobre. Idem per quella Grugliasco, in Piemonte, nel Torinese, che dovrebbe aprire entro dicembre. La Regione Lombardia, invece, ha presentato un sistema che comprende anche la Val d’Aosta: è il più vasto d’Italia, con 160 posti letto ed è stato avviato in tempo, il primo aprile, stipulando convenzioni pure con la Liguria e il Veneto per 10 posti letto.

Le vecchie inadempienze, frutto anche di un superamento di sistema gestito in maniera eccessivamente celere, erano quindi sia colpa dell’operato delle Regioni, sia della magistratura, dato che continua a inviare sollecitazioni anche dopo l’entrata in vigore della legge 81/2014 che dice che l’ingresso in una Rems debba essere sempre e comunque considerato come l’ultima ratio. Infatti, il sottosegretario De Filippo ha spiegato che è “urgente, a tale riguardo, prendere delle iniziative di concerto con la magistratura inquirente: la magistratura di sorveglianza si è detta disponibile a favorire una tale interlocuzione finalizzata all’adozione delle misure alternative prescritte dalla legge n. 81 del 2014”.

Gli effetti di questa legge avranno ripercussioni pure sulle carceri, dato che i detenuti un tempo inviati negli Opg per il periodo canonico di osservazione di 30 giorni, adesso andranno nelle sezioni psichiatriche nei penitenziari, non migliorando senz’altro neppure la situazione di tali strutture, dove secondo dati del 2013, i disturbi mentali riguarderebbero circa il 40% dei detenuti, cosa del resto condannata dalla Corte europea dei diritti umani.

Matteo Luca Andriola

lettera43.it, 26 ottobre 2015

Gli Opg dovrebbero essere chiusi ma le Regioni sono inadempienti. Chiesto l’intervento del Governo


OPG Barcellona Pozzo di GottoRegioni senza Rems verso il commissariamento? che potrebbe non risolvere il problema di una legge mal fatta. Suicidi in carcere: la domanda è questa: perché, nonostante tutti gli sforzi, effettivi o promessi; nonostante l’indubbio impegno di tanti agenti della Polizia penitenziaria e della comunità penitenziaria in genere, perché il numero di suicidi o tentati suicidi tra i detenuti italiani è sempre più in aumento?

Nelle prigioni italiane si registra un tasso di suicidi 20 volte maggiore rispetto a quello della popolazione libera. Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità viene commesso un tentativo di suicidio circa ogni tre secondi, ed un suicidio completato ogni minuto. Nelle carceri poi, si registrano numeri maggiori sempre in aumento, rispetto a quelli della comunità circostante. Il sovraffollamento delle carceri non si arresta, calano le forze di Polizia penitenziaria, e questa bomba a orologeria esplode tra i detenuti sotto forma di suicidio. Eccetto per una leggera flessione registrata nel 2013, quando i detenuti suicidi furono il 30 per cento, i dati sono allarmanti. Nelle carceri italiane si registra un tasso di suicidi 20 volte maggiore rispetto a quello della popolazione libera.

Nel corso di questi ultimi dodici anni sono avvenuti complessivamente 692 suicidi, più di un terzo di tutti i decessi avvenuti in carcere. Nel 2012 i detenuti hanno raggiunto i 7.317 atti di autolesionismo e 1.308 tentativi di suicidio. Le morti sono state complessivamente 154, 60 per suicidio, con una più elevata frequenza tra le persone più giovani.

Ospedali Psichiatrici Giudiziari: 31 marzo scorso: a partire da quel giorno gli Opg sarebbero dovuti sparire. Una promessa e un annuncio dato con molta enfasi, l’evento storico. Fine di una pagina spesso drammatica del sistema penale del nostro Paese.

A che punto siamo? La realtà è ben diversa da quella auspicata. Gli Opg non si sono affatto svuotati. In Campania attualmente sono presenti 122 internati, 67 ad Aversa, 55 a Secondigliano. Di questi circa la metà sono campani, gli altri provengono da altre regioni. Le Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza che avrebbero dovuto sostituire gli OPG, non sono ancora pronte. In Campania ne sono previste due: a Calvi Risorta, e S. Nicola la Baronia, 20 posti ciascuna. Se tutto andrà come si spera saranno completate entro l’estate, le prime funzionanti a livello nazionale. Sono state individuate tre Rems provvisorie: 38 posti letto, solo due sono aperte.

Finito l’effetto annuncio, si deve prendere atto che non si è pronti. La legge 81 del 2014 che definisce la chiusura degli Opg, rileva evidenti limiti che non si sono voluti vedere, ma che fin dal primo momento erano chiarissimi: per esempio si prevede il commissariamento per le Regioni inadempienti. Con questo provvedimento, del resto non attuato pur talvolta essendoci le condizioni, il commissario dovrebbe predisporre in un tempo ragionevole i piani per la definizione delle Rems e riorganizzare i Dipartimenti di Salute Mentale, avviando nel contempo i progetti terapeutici individuali. Ma ecco emergere un’altra criticità: la difficoltà di prendere in carico i pazienti più problematici, gli internati rimasti in OPG, e quelli per cui fallisce la licenza finale di esperimento. Le incognite sul futuro, comunque, riguardano soprattutto i nuovi ingressi che nel frattempo continuano ad essere predisposti nelle Rems, con un intasamento che nei prossimi mesi diventerà ingestibile.

Al di là dello specifico caso campano, almeno 300 persone restano rinchiuse nei cinque Opg di Barcellona Pozzo di Gotto, Aversa, Napoli, Montelupo Fiorentino, Reggio Emilia, e quasi 250 persone sono rinchiuse nell’OPG di Castiglione delle Stiviere. Nelle otto Rems sinora attivate nelle altre regioni vi sono meno di 100 persone. È la denuncia del Comitato StopOpg. Il comitato chiede che le regioni che non hanno ancora accolto i loro pazienti siano immediatamente commissariate, “per assicurare le dimissioni e il trasferimento delle persone internate. Il Commissariamento è indispensabile per superare i ritardi nella chiusura degli Opg e per l’attuazione integrale della Legge 81/2014; misure e progetti che il Ministero della Salute è tenuto a monitorare e a sollecitare”.

Valter Vecellio

L’Indro, 25 giugno 2015

Palma (Dap), gli Opg saranno chiusi il 31 marzo, non ci saranno altri rinvii


opg“Ci sono già stati un paio di rinvii per la chiusura degli Opg ed è chiaro che stavolta non ce ne saranno altri. Ogni Regione dovrà prendere in carico gli internati in varie forme. Le Regioni che non faranno questo percorso verranno commissariate”.

Lo ha detto vice capo del Dipartimento amministrazione penitenziaria (Dap) Mauro Palma, intervenendo oggi a margine di un convegno in Consiglio regionale sulla chiusura degli Opg. Per ovviare al commissariamento, ha spiegato, “c’è la possibilità di prevedere una struttura temporanea in attesa che le strutture definitive siano completate. Le Regioni vengono commissariate se questo percorso non viene attuato”.

Corleone: il 31 marzo data storica, come legge Basaglia

Una fotografia degli internati dell’ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo Fiorentino che il 31 marzo chiuderà definitivamente è stata presentata questa mattina nel corso del seminario “Opg addio per sempre” che si è tenuto in Consiglio regionale ed è stato organizzato dal Garante per i diritti dei detenuti della Toscana, Franco Corleone, in collaborazione con la Fondazione Giovanni Michelucci e l’Associazione di volontariato penitenziario Onlus di Firenze. “Dare un volto per raccontare una storia – ha detto Corleone.

Questo seminario è un’occasione di confronto per parlare dell’Opg, del superamento della logica manicomiale, del destino di villa Ambrogiana e delle prospettive di vita degli internati che avranno bisogno di soluzioni terapeutiche. Un compito non facile – ha aggiunto il Garante – anche dal punto di vista culturale, dobbiamo rompere la paura e superare il quesito “dove li mettiamo?”. Non si parla di bestie feroci, ma di esseri umani e per ciò bisogna trovare una soluzione intelligente”.

Il presidente della Toscana Enrico Rossi ha inviato un messaggio nel quale ribadisce “l’impegno della Regione a potenziare i servizi territoriali, aggiornare gli operatori, adeguare la dotazione del personale sanitario e i percorsi di dimissione dei pazienti residenti in Toscana e ad adeguare le strutture che accoglieranno i pazienti oggi internati”.

Il consigliere regionale dell’Ufficio di presidenza Gian Luca Lazzeri ha portato, invece, i saluti del presidente del Consiglio regionale, Alberto Monaci. “Il 31 marzo – ha detto Lazzeri – è una data che tanto abbiamo atteso. Basta con i rinvii, anche se non siamo proprio pronti. Spetta a noi il compito di individuare le strutture che accoglieranno gli internati”.

La ricerca ha analizzato i fascicoli delle presenze in istituto all’8 novembre 2014 e i nuovi ingressi fino al 31 dicembre 2014 con lo scopo di mettere in evidenza, oltre alle caratteristiche generali della popolazione detenuta, gli elementi della presa in carico da parte dei servizi sociali, i meccanismi di proroga delle misure di sicurezza, la durata della permanenza in Opg alla luce dei nuovi limiti di legge.

La parte più consistente dei 124 internati (50 pari al 40 per cento) risulta sottoposta alla misura di sicurezza dell’Opg a seguito di sentenza di proscioglimento per infermità totale di mente. Un dato interessante riguarda gli internati in proroga: trenta persone (il 24 per cento) hanno avuto proroghe delle misure di sicurezza. In tutti i casi è stata dichiarata ancora presente la pericolosità sociale e spesso è stato rilevato un aggravamento del quadro clinico.

“Un dato – ha commentato Franco Corleone – preoccupante soprattutto per la motivazione principale della proroga: l’assenza di un progetto di dimissione seguito dal fallimento della licenza finale di esperimento”. “Questo – ha aggiunto il garante – deve farci riflettere. In entrambi i casi nel processo di cura e reinserimento dell’internato sono stati chiamati ad intervenire i servizi territoriali e le rems (residenze di esecuzione delle misure di sicurezza detentive) che con la chiusura degli Opg saranno protagoniste della riabilitazione e presa in carico degli internati”.

Corleone ha avanzato ipotesi su criticità e carenze come le problematiche nella formazione degli operatori oppure come la difficoltà di trasmissione di conoscenza alla società civile che – ha detto – “ha subito un’overdose di spirito di chiusura mentale, adesso difficile da superare”. Riguardo alla fascia di età: il 25 per cento della popolazione internata ha dai 35 ai 39 anni, il 16 per cento dai 50 ai 59 anni e il 15 per cento dai 45 ai 49 ed è composta per il 77 per cento da italiani e per il rimanente 23 per cento da stranieri (con prevalenza marocchini e albanesi).

Sono 52 gli internati provenienti dal bacino di utenza dell’Opg, dei quali 16 assegnati all’Asl di Firenze, 7 all’Asl di Pisa, 5 a quella di Prato e 5 a Lucca, 4 a Livorno, 3 all’Asl di Massa e 3 a quella di Viareggio, 2 per Asl a Siena, Pistoia, Arezzo e Grosseto, 1 ad Empoli. I reati commessi dagli internati residenti in Toscana sono per l’84 per cento reati contro la persona, di cui il 44 per cento omicidi e il 10 per cento contro il patrimonio.

La maggior parte degli ospiti di Montelupo viene da istituti penitenziari (56 per cento), il 13 per cento dalla libertà e il 20 per cento accede per aggravamento della misura di sicurezza non detentiva della libertà vigilata. Un dato significativo riguarda il 31 per cento degli internati che è ancora in attesa di giudizio ed è presente in Opg in modo provvisorio. La direttrice della struttura di Montelupo Antonella Tuoni ha sottolineato l’importanza di mantenere ciò che di positivo rimane dall’esperienza dell’Opg, “il confronto multi-professionale con la lettura del dato giudiziale, dei dati socio familiari e di quello psichiatrico”.

Nel suo intervento Mauro Palma, vice capo del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, ha ribadito “gli Opg saranno sostituiti dai servizi territoriali che prenderanno in carico gli internati e avranno l’obbligo di garantire loro il diritto alla salute”. Palma ha ricordato che l’Italia è il paese europeo che spende più risorse per ogni detenuto, ma le “spende male”.

Rossi: servizi territoriali potenziati per accogliere i pazienti

Il presidente della Regione Toscana conferma l’impegno della giunta per arrivare alla chiusura dell’ospedale di Montelupo entro il 31 marzo.

Opg, il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi conferma “l’impegno della Regione a potenziare i servizi territoriali, aggiornare gli operatori, adeguare la dotazione del personale sanitario e i percorsi di dimissione dei pazienti residenti in Toscana e ad adeguare le strutture che accoglieranno i pazienti oggi internati”. È il messaggio del governatore nel convegno di questa mattina in Consiglio regionale sugli ospedali psichiatrici giudiziari.

Il garante regionale dei detenuti Franco Corleone ha detto: “Questo seminario è un’occasione di confronto per parlare dell’Opg, del superamento della logica manicomiale, del destino di villa Ambrogiana e delle prospettive di vita degli internati che avranno bisogno di soluzioni terapeutiche. Un compito non facile anche dal punto di vista culturale, dobbiamo rompere la paura e superare il quesito ‘dove li mettiamo?’ Non si parla di bestie feroci, ma di esseri umani e per ciò bisogna trovare una soluzione intelligente”.

Gazzarri: no a soluzioni semplicistiche

“A pochi giorni dalla chiusura dell’Opg trovo estremamente preoccupante che ancora non sia chiara la futura collocazione del detenuti. È inammissibile che il problema possa ritenersi risolto con lo spostamento di 12 di loro dalla struttura di Montelupo Fiorentino a quella di Volterra e per i restanti 18 non aver previsto ad oggi alcuna destinazione certa. Serve una soluzione univoca che non passi dalla soluzione semplicistica di dislocarli dove capita”.

Lo afferma il capogruppo di Popolo Toscano in Consiglio regionale Marta Gazzarri, sulla chiusura dell’Opg di Montelupo. “Dobbiamo poter creare un’unica residenza sanitaria nella nostra regione – aggiunge Gazzarri in una nota – sulla quale investire. Solo così verranno razionalizzati i costi valorizzando un’unica struttura di eccellenza per la Toscana”. Per Gazzarri occorre “guardare ad una soluzione che punti ad assicurare un percorso di qualità per quei pazienti che devono intraprendere un lungo cammino di reinserimento nella comunità. Questa deve essere la priorità”.

Nascosti: improbabile chiusura Montelupo il 31 marzo

Sulla chiusura dell’Opg di Montelupo fiorentino “mi pare difficile che le parole del presidente Rossi si traducano in realtà, proprio perché la Regione dall’ultimo proroga ad oggi, non ha compiuto alcun passo verso la soluzione dell’annosa questione della struttura dell’Ospedale psichiatrico giudiziario”. Lo afferma il consigliere regionale Fi Nicola Nascosti.

“Circa la paventata chiusura entro la fine del corrente mese – aggiunge in una nota – non sembra che sia stato raggiunto neppure un accordo operativo definitivo. In particolare, resta oscuro il come si intende procedere, considerato che i progetti d’inserimento dei pazienti di cui tanto si è parlato, non si sono in alcun caso concretizzati”.

Per nascosti “i soggetti ristretti presso l’Opg sono da considerarsi in prima istanza dei malati, anche gravi o comunque portatori di sospetti disturbi psichici. Il principio generale imposto dalla legge tuttora vigente è quello che devono essere trattati e custoditi all’interno di strutture sanitarie e non carcerarie, sia pure con le cautele relative a quello zoccolo duro di patologie che necessitano di particolari vigilanze e attenzione”.

“Nella situazione attuale – conclude – non esistono sul territorio toscano strutture in grado di poter ospitare questi pazienti cosi come prevede la legge. Ne consegue l’inderogabile necessità di procedere ad una ulteriore proroga auspicando che nelle more si arrivi finalmente ad una soluzione dignitosa per questi cittadini”.

Lazzeri: Villa Ambrogiana sia istituto attenuato

“La sorte del dopo Opg di Montelupo viaggia ancora su un doppio binario: mentre la data di chiusura è ormai fissata per il 31 marzo ancora non si sa quale sarà la sistemazione per buona parte dei 48 pazienti toscani e delle oltre 80 guardie penitenziarie, che insieme ad altri 9 fra amministrativi e assistenti pedagogici, si trova nei reparti della struttura”.

Lo afferma il consigliere regionale di Più Toscana Gian Luca Lazzeri a margine del convegno “Opg addio, per sempre”. “Sulla futura destinazione dell’immobile – aggiunge in una nota – la mia posizione non cambia: nella villa dell’Ambrogiana la Regione avrebbe potuto dirigere la partita per realizzare un carcere attenuato per i detenuti in attesa di giudizio che solo a Firenze superano quota 300: in pratica un terzo degli internati nel carcere di Sollicciano che ospita 1200 persone a fronte di una capienza di 1.000”.

Il Governo chiede l’ennesima proroga per la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari


opgÈ irrealistico pensare di chiudere gli Ospedali Psichiatrici giudiziari entro il 15 marzo 2015, come previsto dal decreto legge approvato nel marzo scorso. Servirà quindi un’ulteriore proroga. A lanciare l’allarme è la relazione sul Programma di superamento degli Opg trasmessa al Parlamento dai ministri della Salute, Beatrice Lorenzin, e della Giustizia, Andrea Orlando, aggiornata al 30 settembre.

“Nonostante il differimento al 31 marzo 2015 del termine per la chiusura degli Opg, sulla base dei dati in possesso del ministero della Salute – si legge nel documento – appare non realistico che le Regioni riescano a realizzare e riconvertire le strutture entro la predetta data.

In caso di mancato rispetto dell’anzidetta data, ovvero in caso di mancato completamento delle strutture nel termine previsto dai programmi regionali, è ferma intenzione dei ministri attivare la procedura che consente al governo di provvedere in via sostitutiva. È quindi di nuovo auspicabile un ulteriore differimento del termine di chiusura degli Opg”.

Già l’ultima proroga decisa aveva sollevato reazioni, in particolare quella del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che nel firmare il decreto legge aveva espresso “estremo rammarico, per non essere state in grado le Regioni di dare attuazione concreta a quella norma ispirata a elementari criteri di civiltà e di rispetto della dignità di persone deboli”.

Il Capo dello Stato aveva comunque “accolto con sollievo interventi previsti nel decreto legge per evitare ulteriori slittamenti e inadempienze, nonché per mantenere il ricovero in ospedale giudiziario soltanto quando non sia possibile assicurare altrimenti cure adeguate alla persona internata e fare fronte alla sua pericolosità sociale”.

Il decreto legge del marzo scorso, infatti, prescrive che “il giudice disponga nei confronti dell’infermo o del seminfermo di mente l’applicazione di una misura di sicurezza diversa dal ricovero in Opg o in una casa di cura e di custodia, ad eccezione dei casi in cui emergano elementi dai quali risulti che, ogni altra misura diversa dal ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario non sia idonea ad assicurare cure adeguate e a fare fronte alla sua pericolosità sociale”.

La nuova proroga che secondo la relazione ministeriale si renderà necessaria, “tuttavia dovrebbe essere accompagnata dalla previsione di misure normative finalizzate a consentire la realizzazione e riconversione delle anzidette strutture entro tempi certi; a tal fine si ritengono tuttora valide le proposte formulate nella precedente Relazione inviata al Parlamento: misure normative volte a semplificare e razionalizzare le procedure amministrative; possibilità di avvalersi del silenzio-assenso per le autorizzazioni amministrative richieste a livello locale”.

“Le misure normative di semplificazione appaiono necessarie in quanto l’iter procedurale richiesto per la progettazione e la realizzazione delle strutture si distanzia notevolmente dai termini previsti dalle precedenti proroghe”.

“Fermi restando i profili di sicurezza, il presupposto sostanziale perché questo percorso politico e amministrativo prosegua – sottolinea ancora la relazione ministeriale – è la maturazione di una nuova cultura, un nuovo modo di guardare alla chiusura degli Opg e delle problematiche connesse, una attenzione qualificata degli attori politici e dei mezzi di informazione. Si cercherà di lavorare con interventi volti a contrastare il pregiudizio nei confronti dei soggetti affetti da malattia mentale, pur se autori di fatti costituenti gravi reati”.

Dopo l’approvazione del decreto del marzo scorso, spiega ancora la relazione trasmessa al Parlamento, “si è rilevata una leggera ma costante diminuzione delle presenze” negli Opg, “che alla data del 9 settembre 2014 vede 793 internati presenti a fronte degli 880 alla data del 31 gennaio 2014. Questo dato va comparato con quello dei flussi degli ingressi che nell’arco di un trimestre si è valutato attestarsi mediamente intorno a circa 10 pazienti per ciascun Opg, per un totale di 67 persone a trimestre”. Nel periodo che va dal primo giugno 2014 (dopo la conversione in legge del decreto), al 9 settembre 2014 si è avuto l’ingresso di 84 persone”. Attualmente gli ospedali psichiatrici giudiziari sono 6: Aversa, Barcellona Pozzo di Gotto, Castiglione delle Stiviere, Montelupo fiorentino, Napoli, Reggio Emilia.

– LEGGI LA RELAZIONE AL PARLAMENTO (PDF)

Ospedali Psichiatrici Giudiziari, la chiusura che non arriva mai. A Barcellona Pozzo di Gotto un recluso dal 1992 per aver rubato 7 mila lire in un bar


OPGDovevano sparire nel 2013,ma l’ennesimo rinvio li tiene aperti fino al 2015. In Italia non c’è nulla di più duraturo dell’interim”, sosteneva il senatore a vita Giulio Andreotti. A dargli tragicamente ragione sulla reiterazione italiana del provvisorio è la proroga continua nella chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari (Opg).

Dovevano scomparire nel 2013, poi da un rinvio all’altro, il termine è slittato al 2015. E così, malgrado un’inchiesta parlamentare-choc e i fulmini scagliati dal Quirinale sugli ultimi sei manicomi criminali, per gli “ergastolani bianchi” le porte dell’internamento restano sbarrate. Non sono ancora pronte le strutture “sostitutive” per i 1.051 “ospiti”.

Quand’era al Senato, da presidente della commissione d’inchiesta sul servizio sanitario nazionale, l’attuale sindaco di Roma, Ignazio Marino ha visto l’inferno dietro quelle sbarre. La mappa dell’orrore include Barcellona Pozzo di Gotto, Reggio Emilia, Castiglione delle Stiviere, Montelupo Fiorentino, Aversa, Secondigliano. Un’inchiesta che prima dell’orrore degli Opg ha portato alla luce anche scandali come quello di alcune cliniche psichiatriche in Abruzzo dove i degenti venivano lasciati a vivere in condizioni disumane: nei giorni scorsi il gip di Chieti, Antonella Redaelli, ne ha rinviato a giudizio i responsabili.

Ogni ispezione per Marino è stata una ferita. “Nel caso dell’inchiesta a Chieti, ricordo la prima volta che ho messo piede in una di quelle strutture: le suole delle scarpe si appiccicavano al pavimento coperto di urina – racconta. Quando si parla di Opg, invece, dobbiamo tener presente che la legge Basaglia ha eliminato i manicomi nel 1978.

Ma le regioni non sono ancora in grado di far funzionare delle strutture sanitarie degne di questo nome che sostituiscano i manicomi criminali”. E ciò malgrado le regioni abbiano a disposizione, grazie a una legge approvata nel 2012, un fondo da 180milioni di euro per le opere strutturali e 55milioni all’anno per la spesa corrente. Per questo rimangono in funzione strutture fatiscenti che, come Barcellona Pozzo di Gotto, dipendono dal ministero di Giustizia, e nelle quali sono recluse persone incapaci di intendere e di volere che hanno compiuto reati per cui non vengono mandati in carcere, bensì in centri che dovrebbero essere riabilitativi ma in realtà sono veri e propri lager fetidi e degradati.

Gli internati non ricevono cure adeguate e non hanno accesso a un ambiente ospedaliero: non guariscono e si trasformano lentamente in prigionieri a vita. “Nel reparto di contenzione a Barcellona Pozzo di Gotto in una stanza angusta c’erano tre letti di contenzione, di cui uno di ferro arrugginito con un buco al centro per il passaggio di feci e urine – spiega Marino. Lì ho visto un paziente legato mani e piedi con le garze, immobilizzato a letto da cinque giorni”.

Ad Aversa “gli internati tenevano dentro i bagni alla turca le bottiglie d’acqua per raffreddarle d’estate non avendo i frigoriferi”. Sempre ad Aversa materassi intrisi di feci e ambienti maleodoranti dove un ospite imprigionato in un bugigattolo senza luce domanda a Marino: “Per i cavalli c’è una legge che punisce chi li rinchiude in pochi metri, perché non c’è per gli uomini?”. Di proroga in proroga i “dimenticati dal mondo” stanno lì anche 30-35 anni, in ex caserme inaugurate negli anni Trenta dal Guardasigilli del regime, Alfredo Rocco.

Ogni sei mesi con il “copia e incolla” nei loro documenti vengono confermate le ragioni giuridiche per trattenerli negli ospedali psichiatrici giudiziari. “Ho letto centinaia di motivazioni, sono tutte uguali”, assicura Marino.

E così a Barcellona Pozzo di Gotto un incensurato di Catania è recluso dal 1992 per aver rubato 7mila lire in un bar: “Attraverso la giacca ho fatto il gesto della rapina, come se avessi in mano la pistola, i miei amici li hanno lasciati uscire con la condizionale, a me hanno dato l’infermità mentale e sono qui da 22 anni”.

Un “autentico orrore indegno di un paese appena civile”: così il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, definiva queste strutture nel discorso di fine anno del 2012.Lo scorso aprile, il capo dello Stato ha espresso nuovamente “rammarico” per aver dovuto firmare il decreto che prevede lo slittamento della chiusura dei sei Opg attivi a livello nazionale dal 2014, come previsto dalla legge, al 2015.Eanche due sentenze della Consulta hanno stabilito che è “necessario” superare gli Opg. Per sempre.

Giacomo Galeazzi

La Stampa, 25 agosto 2014

Toscana: l’Opg di Montelupo Fiorentino chiuderà i battenti entro il 31 marzo 2015


ImmagineI progetti per 4,6 milioni potenzieranno la formazione, gli addetti e i centri intermedi. Delineato il percorso che entro il 2015 porterà al completo superamento dell’Ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo Fiorentino. La Regione Toscana ha approvato e definito ì progetti che, grazie a 4,6 milioni dì euro di risorse statali, creeranno il percorso utile a definire come si concluderà, dopo la proroga di un anno per tutte le Regioni (firmata la settimana scorsa dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano) anche l’esperienza dell’Opg presente nella Provincia fiorentina.

L’obiettivo regionale è quello di potenziare la rete del servizi territoriali, fare formazione professionale e aggiornamento continuo degli operatoli, adeguare la dotazione di personale, creare percorsi di dimissioni per pazienti stranieri senza fissa dimora e potenziare le strutture intermedie di secondo livello.

A fine febbraio 2014 nell’ospedale psichiatrico giudiziario dì Montelupo Fiorentino erano presenti 107 persone (nel 2012 erano 227). Dal 2010 a oggi sono stati dimessi 25 internati toscani e sono in dimissione aliti 31, per un totale di 56 persone che escono e tornano nel proprio territorio di provenienza, facendo impegnare alla Regione Toscana poco più di 1,2 milioni di euro: 600mìla euro per i primi 25 dimessi e più di 635mila euro per i successivi 31.

Secondo il programma che porterà al superamento dell’Opg e previsto il potenziamento dei Dipartimenti di salute mentale (Dms) che, per i progetti di residenzialità e reinserimento sociale dovrà avere risorse adeguale per garantire sia il personale che altri servizi eventualmente coinvolti nel progetto (come a esempio Seri o servizi per la disabilità).

Altro punto rilevante è l’investimento in formazione, utile a sviluppare competenze professionali e garantire l’aggiornamento continuo agli operatori delle Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza detentive (Rems) e delle altre residenze psichiatriche dì secondo livello. A questo va aggiunto il progetto di adeguamento del personale, necessario a garantire livelli adeguati di qualità assistenziale e appropriatezza organizzativa nel passaggio dall’Ospedale psichiatrico giudiziario alle nuove strutture sani (arie extra-ospedaliere.

Per questo dovrà seguire il potenziamento delle strutture intermedie di secondo livello (dedicate ai casi meno gravi, per l’esecuzione di misure di sicurezza non detentive), che hanno un ruolo fondamentale per garantire, da un lato che la permanenza nella Rems sia ridotta al minimo tempo indispensabile a ristabilire condizioni dì maggiore stabilità clinica e comportamentale e, dall’altro, che le strutture territoriali ordinarie siano in grado di accogliere persone che hanno raggiunto un adeguato equilibrio e stabilità.

Altro progetto punta a creare un ambiente con caratteristiche sanitarie appropriate dove praticale gli accertamenti diagnostici e terapeutici necessari a evitare la permanenza in carcere di detenuti con problemi psichici, in pratica un luogo dove garantire la gestione di un reparto detentivo, presso un istituto penitenziario della Toscana, gestito dall’Asl territorialmente competente. Poi. anche consentire la presa in carico territoriale dei pazienti stranieri che non hanno dimora sul territorio italiano. Al momento, sono presenti nell’Opg di Montelupo 7 persone senza fissa dimora.

Un percorso regionale e un programma, che riceverà dallo Stato 4.585.636 euro, già approvato nel 2013, compresi il complesso degli interventi assistenziali necessari che. secondo l’ultima delibera regionale, dovranno portare al completamento del processo di superamento dell’Opg entro il 31 marzo prossimo.

di Roberto Tatulli

Il Sole 24 Ore Sanità, 15 aprile 2014