Suicidio al Carcere di Ivrea. Detenuto si toglie la vita con la bomboletta del gas


Casa Circondariale di IvreaNella giornata di sabato un detenuto italiano di 50 anni, A.L., ristretto per espiare un residuo pena per reati comuni, si è tolto la vita all’interno della Casa Circondariale di Ivrea (Torino). Lo rivela l’Osapp, Sindacato del Corpo di Polizia Penitenziaria tramite il Segretario Generale Leo Beneduci.

L’uomo, secondo quanto viene riferito, ha infilato la testa in un sacchetto insieme a una bomboletta di gas che poi ha aperto. “A nulla, spiega Leo Beneduci, segretario generale Osapp, sono valsi i tentativi prima del personale di polizia penitenziaria presente, poi del personale medico, di evitare il 23mo suicidio di un detenuto nelle carceri italiane nel corrente anno”.

“Malgrado la popolazione ristretta nelle carceri italiane sia diminuita dal 2014 a oggi di oltre 15 mila unità, osserva, sono ancora troppi i casi di suicidio a cui il personale di polizia penitenziaria non riesce a porre rimedio in ragione di una costante, grave e inaccettabile carenza di organico di ben oltre il 25% e pur considerando che, proprio grazie agli interventi del personale del corpo, solo un tentato suicidio su 20 ha esito infausto”.

Nell’indifferenza generale continua la mattanza silenziosa nelle Carceri d’Italia


cella perquisizione penitenziariaNelle carceri italiane, silenziosa e tra la generale indifferenza, continua la mattanza. L’altro giorno, nella casa circondariale di Sassari “Bancali” un detenuto si è tolto la vita dopo il giro di controllo del poliziotto di turno.

Lo ha reso noto Domenico Nicotra, segretario generale Aggiunto dell’Osapp (Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria), uno dei sindacati della polizia penitenziaria. Nicotra racconta che il detenuto, un uomo di 34 anni, condannato per furto, dopo il normale e previsto giro di controllo ha ricavato un cappio dalle lenzuola in suo possesso e si è impiccato nel bagno della cella.

C’è poi l’ancora più lunga lista dei suicidi sventati. Due nel solo carcere di Civitavecchia. Donato Capece leader del sindacato autonomo di polizia Sappe, spiega che il detenuto, originario della Campania “ha tentato di uccidersi nella sua cella realizzando un rudimentale cappio con le lenzuola della cella”. Un suicidio sventato “Per Il tempestivo intervento dei poliziotti penitenziari, ma l’ennesimo episodio accaduto in carcere a Civitavecchia è sintomatico di quali e quanti disagi caratterizzano la quotidianità penitenziaria”.

Capece ricorda che qualche giorno prima un altro detenuto di Civitavecchia, italiano di 34 anni, ha tentato il suicidio cercando di impiccarsi, salvato anche in questo caso dagli agenti penitenziari: “Negli ultimi 20 anni le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria hanno sventato, nelle carceri del Paese, più di 16mila tentati suicidi ed impedito che quasi 113mila atti di autolesionismo potessero avere nefaste conseguenze”.

La situazione nelle carceri, insomma, resta allarmante. “Altro che emergenza superata”, sospira Capece. “Per fortuna delle Istituzioni, gli uomini della Polizia Penitenziaria svolgono quotidianamente il servizio in carcere con professionalità, zelo, abnegazione e soprattutto umanità, pur in un contesto assai complicato per il ripetersi di eventi critici. Ma devono assumersi provvedimenti concreti: non si può lasciare solamente al sacrificio e alla professionalità delle donne e degli uomini della Polizia Penitenziaria la gestione quotidiana delle costanti criticità delle carceri laziali e del Paese tutto”.

Un altro suicidio è stato sventato a Torino, Anche in questo caso un detenuto di 48 anni ha tentato di farla finita con un cappio rudimentale ricavato da un lenzuolo, ma è stato fortunatamente salvato dall’intervento della polizia penitenziaria e portato in ospedale. Un episodio, osserva Leo Beneduci, leader dell’Osapp che dimostra “l’assoluta inadeguatezza dell’amministrazione penitenziaria rispetto alle esigenze e all’alta professionalità degli appartenenti alla polizia penitenziaria”.

Ci sono poi i casi di connazionali detenuti all’estero. Il caso più clamoroso è quello di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i due militari italiani prigionieri in India da più di due anni, al centro di uno sconcertante caso giudiziario caratterizzato da rinvii e rimpalli di competenza che sembra non avere mai fine.

Un’altra vicenda clamorosa è quella di Roberto Berardi un imprenditore detenuto in quello che si può ben definire un lager, in Guinea Equatoriale. Accusato di truffa Berardi denuncia di aver subito sevizie e torture. Secondo la ricostruzione dei familiari, Berardi aveva formato una società di costruzioni con il figlio del presidente della Guinea. Scopre strane operazioni sul conto corrente dell’impresa, chiede spiegazioni. Come risposta lo accusano di frode fiscale e lo sbattono in carcere.

Meglio è andata a Giulio Brusadelli un ragazzo arrestato a Cuba perché in possesso di appena tre grammi e mezzo di marijuana, l’equivalente di qualche spinello. Oggi Giulio è libero, ma per cinque mesi lo hanno tenuto in galera, e per non fargli mancare nulla lo hanno anche internato in ospedale psichiatrico. Secondo l’Annuario statistico del ministero degli Esteri sono circa tremila gli italiani detenuti nel mondo. Poco meno di settecento i condannati per delitti gravi, spesso per delitti gravi, ma a volte vittime di montature e capri espiatori di vicende più grandi di loro.

Il dato più allarmante è che sono 2400 gli italiani detenuti in attesa di giudizio, la maggior parte, circa 1800, nei paesi dell’Unione europea, Germania e Spagna in testa; quasi trecento nelle Americhe, concentrati negli Stati Uniti e in Venezuela. Altri 33 detenuti sono in attesa di essere estradati in Italia. Quale che sia il reato per cui sono imputati tutti i detenuti dovrebbero avere diritto ad un giusto processo. Non sempre è così.

In diversi Paesi, infatti, sono negati anche i più elementari diritti sanciti dalle convenzioni internazionali come l’assistenza di un avvocato e la presenza di un interprete durante gli interrogatori. E in molti casi le notizie lasciate trapelare dalle autorità sono così poche e generiche che non ci si può neppure fare un’idea del processo.

Valter Vecellio

Notizie Radicali, 12 settembre 2014

Carceri : Detenuto suicida a Firenze. E’ il 61° “morto di pena” del 2014


Carcere Firenze SolliccianoUn detenuto marocchino di 40 anni si è suicidato oggi pomeriggio nella sua cella nella 13/a sezione del carcere fiorentino di Sollicciano. A renderlo noto è il segretario generale dell’Osapp, Organizzazione sindacale autonoma di polizia penitenziaria, Leo Beneduci, il quale sottolinea che si tratta del “61esimo morto in carcere dall’inizio dell’anno e il 17esimo per suicidio”.

L’uomo si è barricato nel bagno della cella che condivideva con altri due detenuti ed ha inalato il gas di una bomboletta che serviva ad alimentare un fornellino. A nulla è servito il tentativo degli agenti di polizia penitenziaria e del medico del carcere che hanno cercato di rianimarlo. “Il suicidio – dice Beneduci – si è verificato in una sezione protetta, nella quale doveva anche realizzarsi la cosiddetta sorveglianza dinamica, a riprova di un modello detentivo destinato a fallire prima di realizzarsi”.