Caso Cuffaro, Quintieri (Radicali): “Il Sen. Santangelo (M5S) è un ignorante matricolato”


“Come si può non indignarsi ? Cuffaro, un condannato per mafia, grazie all’indulto e grazie allo sconto di pena voluto da Renzi torna in libertà ! Che vergogna”. Sono queste le dichiarazioni apparse su Facebook di Vincenzo Maurizio Santangelo, architetto trapanese, Senatore della Repubblica appartenente al Gruppo Parlamentare del Movimento Cinque Stelle.

Non appena ho letto queste brevi dichiarazioni sono rimasto sconcertato ed ho chiesto subito al Senatore Santangelo di conoscere qual’era lo “sconto di pena voluto da Renzi” del quale avrebbe beneficiato l’ex Governatore della Sicilia e Senatore della Repubblica Salvatore Cuffaro poiché lo “sconto di pena” riconosciutogli (45 giorni ogni semestre di pena espiata) è previsto nell’Ordinamento Penitenziario dalla Legge nr. 354 del 26 luglio 1975 quando Renzi era nato da soli pochi mesi e non era certamente Capo del Governo Italiano !

Il citato Senatore mi rispondeva : “Grazie all’indulto ha ottenuto un’anno per i reati “non ostativi” e lo sconto di 45 giorni ogni sei mesi per buona condotta. Ora si scusi.” Replicai immediatamente che “Senatore non le ho chiesto dell’indulto ma dello “sconto di pena voluto da Renzi”. Di cosa mi dovrei scusare ? Lei continua a dimostrare la sua ignoranza.”.

Credevo che il botta e risposta fosse finito ed invece, il Santangelo, replicava ancora dicendo “Spenda il suo tempo in cose concrete piuttosto che cercare sterili polemiche. Niente di personale ma inizi a studiare un po’”. Alchè, per l’ennesima volta, risposi al Parlamentare pentastellato che si permetteva pure il lusso di insultare dicendogli “Dovrebbe studiare lei caro Senatore vista la sua ignoranza in merito. E’ stato lei a scrivere fesserie ed ho ritenuto opportuno replicare.”

Il Senatore grillino, evidentemente a corto di argomenti, concludeva la discussione con “Gentile Emilio Quintieri, le auguro buona giornata” ed io replicai “Anche a lei Senatore. Studi un pochino di diritto penitenziario che la prossima volta eviterà di fare figuracce. Saluti”. Non contento, proseguiva con un altro intervento “Grazie ancora, lei è davvero una persona cortesissima.” ed io “Credo che non sia giusto fare disinformazione. Nulla di personale contro di lei ma da un Parlamentare certe cose non sono tollerabili. Mi dispiace.”

Alle mie contestazioni si aggiunsero anche numerosi altri cittadini, militanti Radicali, Avvocati e Professori Universitari. Tutti nel lamentare le enormi scemenze dette dal Senatore Santangelo. Poco dopo, intervennero gli “squadristi a cinque stelle” con insulti ed ingiurie di ogni genere nei miei riguardi e di chi si era permesso di “difendere Cuffaro”. Ed al Senatore Santangelo non gli rimaneva nient’altro da fare che bannarmi e cancellare tutti i commenti sulla sua pagina pubblica, lasciando quelli che gli facevano piacere e qualche altro dai toni più moderati.

Credo che sulla incompetenza di questo “Portavoce a Cinque Stelle” in materia di diritto ed in particolare di quello relativo all’esecuzione penale e penitenziaria, non ci siano dubbi. I cittadini italiani dovrebbero veramente indignarsi nel sapere che un ignorante matricolato come Vincenzo Santangelo sieda in Parlamento !

Andiamo ai fatti.

Salvatore Cuffaro, detto Totò, ex politico italiano, nella giornata di ieri dopo 4 anni e 11 mesi di detenzione espiata presso la Casa Circondariale di Roma Rebibbia è tornato in libertà (22 gennaio 2011 – 13 dicembre 2015).

Il Cuffaro ha riportato condanna definitiva alla complessiva pena di 7 anni di relcusione per i delitti, uniti in continuazione di rivelazione di segreti di ufficio continuata in concorso con altri e favoreggiamento personale continuato in concorso con altri nei confronti di alcuni indagati per associazione mafiosa e per concorso esterno nella medesima.

La Corte di Appello di Palermo, in qualità di Giudice dell’Esecuzione, con Ordinanza del 24 giugno 2011, ha dichiarato condonato 1 anno di reclusione, pari alla pena inflitta, a titolo di aumenti per la continuazione, per i reati di rivelazione di segreti di ufficio e di favoreggiamento personale, commessi nel 2003.

Infatti la Corte di Appello di Palermo, il 23 gennaio 2010, in riforma della sentenza di primo grado, aveva ravvisato per i reati di cui agli articoli 378 e 326 codice penale (favoreggiamento e rivelazione segreti) l’aggravante di cui all’articolo 7 decreto legge 152/1991 ed aveva determinato la pena per il reato di cui all’articolo 378 codice penale (ritenuto più grave e quindi pena base del reato continuato) in anni 5 di reclusione, determinando l’aumento a titolo di continuazione per il reato di cui all’articolo 326 codice penale, in 1 anno di reclusione (quello che poi è stato condonato).

Quindi, in poche parole, il Cuffaro, ha ottenuto un indulto di 1 anno sulla pena complessiva che riguardava il reato di rivelazione di segreti di ufficio, reato non ricompreso tra quelli ostativi ai sensi dell’articolo 4 bis dell’Ordinamento Penitenziario. Non è stata condonata la pena inflitta per favoreggiamento alla mafia perché tale delitto era escluso tassativamente dall’articolo 1 comma 2 lettera d) della Legge n. 241 del 31 luglio 2006.

La Costituzione Repubblicana mi pare che all’articolo 3 comma 1 sancisca che la legge sia uguale per tutti. Il cosiddetto principio di uguaglianza che vuol dire che tutti sono titolari dei medesimi diritti e doveri, in quanto tutti sono uguali davanti alla legge e tutti devono essere, in egual misura, ad essa sottoposti. Anche se il condannato si chiama Salvatore Cuffaro. Probabilmente, neanche questo importantissimo principio di democrazia liberale sancito dall’Ordinamento Costituzionale, conosce l’esimio Senatore !

Chiarito questo, andiamo allo “sconto di pena voluto da Renzi”.

Il Senatore Santangelo, evidentemente, credeva che al condannato Cuffaro, fosse stata riconosciuta la riduzione della pena a seguito delle recenti novelle legislative, la cosiddetta liberazione anticipata speciale che prevede l’aumento di 30 giorni per ogni semestre di pena espiata (da 45 a 75 giorni), per le condizioni di detenzione inumane e degradanti e quindi contrarie alla legge, patite dai detenuti in tutti gli Istituti Penitenziari d’Italia.

Presumibilmente, anzi sicuramente, l’ignorante Senatore pentastellato, non sapeva che la suddetta liberazione anticipata speciale (quella che lui chiama lo “sconto di pena voluto da Renzi”) non si applica ai condannati per i reati ostativi previsti dall’Articolo 4 bis dell’Ordinamento Penitenziario. Ed infatti, la Legge n. 10 del 21 febbraio 2014, di conversione del Decreto Legge n. 146 del 23 dicembre 2013, prevede espressamente che la detrazione di pena di 75 giorni si applichi ai detenuti “Ad esclusione dei condannati per taluno dei delitti previsti dall’articolo 4 bis della Lege 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni” (fra i quali quelli riportati dal Cuffaro perché aggravati dalla mafiosità).

Ed infatti, a tal proposito, il Magistrato di Sorveglianza di Roma, con Ordinanza dell’11 aprile 2014, accoglieva la domanda di liberazione anticipata proposta da Cuffaro Salvatore in relazione al semestre di detenzione 22 luglio 2013 – 22 gennaio 2014 e, nel contempo, negava in relazione al medesimo semestre e ad altri in precedenza già positivamente valutati, l’applicazione dell’ulteriore beneficio della liberazione anticipata speciale proprio a causa del divieto stabilito a favore dei condannati per taluno dei reati di cui all’articolo 4 bis O.P., ipotesi ricorrente nel caso in esame. Il Tribunale di Sorveglianza di Roma, con Ordinanza del 10 giugno 2014 prima e la Corte Suprema di Cassazione dopo, il 14 aprile 2015, rigettavano il reclamo dappoichè fondata era la causa ostativa alla concessione del beneficio indicata dal provvedimento reclamato.

Al Cuffaro, dunque, non è stato riconosciuto alcuno “sconto di pena” voluto dal Governo Renzi e/o dagli altri Governi precedenti come intendeva far credere il Senatore Vincenzo Santangelo. Al predetto detenuto, infatti, è stata concessa, ricorrendone i presupposti, la liberazione anticipata di 45 giorni ogni semestre di pena espiata prevista dall’articolo 54 dell’Ordinamento Penitenziario concedibile, a propria discrezione, dal Magistrato di Sorveglianza su specifica domanda del detenuto solo quando ravvisi la mancanza di rilievi disciplinari e la prova di attiva partecipazione all’opera di rieducazione predisposta dall’Amministrazione Penitenziaria (cioè quella che il parlamentare grillino chiama volgarmente ed erroneamente “buona condotta”) e che, si badi bene, non è stata fatta dal Segretario del Pd Matteo Renzi ma risale nientedimeno al lontano 26 luglio 1975 nella VI Legislatura quando al Governo del Paese vi era Aldo Moro, esponente della Democrazia Cristiana (DC) ed il Ministro di Grazia e Giustizia era Oronzo Reale, esponente del Partito Repubblicano Italiano (PRI) ed entrambi Illustri Giuristi e non “dilettanti politici” come il grillino Santangelo.

Proprio questa mattina davanti al Magistrato di Sorveglianza di Roma si è tenuta l’Udienza Camerale per discutere sulla richiesta ex Art. 35 ter dell’Ordinamento Penitenziarioo formulata nel mese di luglio 2014 dal condannato Salvatore Cuffaro per il risarcimento dei danni a causa della illegale condizione di detenzione subita nei quasi 5 anni di detenzione nell’Istituto Penitenziario di Rebibbia. Sono i famosi 8 euro per ogni giorno di detenzione espiato in condizioni disumane e degradanti, non conformi ai criteri di cui all’Art. 27 della Costituzione della Repubblica e all’Art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti Umani, secondo la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo.

Ebbene, neanche questo “risarcimento” al momento è stato possibile riconoscere al Cuffaro poiché, essendo stato nel frattempo scarcerato (è trascorso circa 1 anno e 6 mesi per fissare l’Udienza), il Magistrato di Sorveglianza di Roma, in accoglimento della richiesta avanzata dal suo difensore Avvocato Maria Brucale, ha dovuto dichiararsi incompetente. Dovrà procedere a citare a giudizio lo Stato innanzi al Giudice Monocratico Civile del Tribunale Ordinario di Roma.

In conclusione, lo ripeto, bisogna indignarsi non per Cuffaro che è uscito dal Carcere ma per Santangelo che siede al Senato della Repubblica !

Mi auguro che il più volte citato Senatore della Repubblica, colga l’occasione, per rassegnare le proprie dimissioni.

Emilio Quintieri

Esperto di Diritto Penitenziario

Già membro del Comitato Nazionale di Radicali Italiani

Spigarelli (Camere Penali): Per Amnistia e Indulto manca il coraggio politico


Giorgio Napolitano cella NapoliSi fa presto a parlare di riforma della giustizia, e della necessità di velocizzare i procedimenti, se poi a Roma i cinquanta metri che separano il tribunale di primo grado dalla corte d’appello vengono percorsi alla bruciante velocità di venti centimetri al giorno. “Ci vogliono otto mesi perché un fascicolo dalla corte d’assise raggiunga la corte di secondo grado”, dice Valerio Spigarelli, l’avvocato che presiede l’Unione delle Camere Penali.

Un modo come un altro per sostenere che il progetto di riforma della Giustizia non vi piace?

Quella proposta non ci sembra una riforma. Nel senso che alcuni dei nodi di struttura della giustizia penale non vengono affrontati: riforma del Csm, terzietà del giudice, rivisitazione dell’obbligatorietà dell’azione penale. Però l’obbligo di indagare davanti alle notizie di reato è una garanzia di equità.

Lasciare alla discrezionalità degli inquirenti non sarebbe molto più rischioso?

In realtà non è più così. Negli ultimi tempi si sono succedute direttive dei capi degli uffici inquirenti i quali stabiliscono quali reati devono avere priorità, perché evidentemente il sistema non sopporta il carico di lavoro e dunque le procure privilegiano alcuni reati rispetto ad altri, sulla base di scelte autonome.

Con quali conseguenze?

Che la prescrizione, ad esempio, non si matura nella maggioranza dei casi durante il dibattimento, ma negli armadi delle procure, perché lì i fascicoli rimangono bloccati. Credo perciò che dovremmo fare in modo che i criteri di priorità non siano stabiliti “motu proprio” dai singoli uffici. Però nel progetto di riforma questo tema non viene affrontato.

Intanto che si discute e si polemizza, le carceri continuano a sovrabbondare di detenuti e non si vede nell’immediato una soluzione definitiva al sovraffollamento…

In un paese che viene condannato perché riserviamo trattamenti disumani ai detenuti bisognerebbe trovare il coraggio di parlare prima di tutto di amnistia e indulto. Ma alla politica questo coraggio manca.

Qual è l’anello debole del dibattito?

La politica deve tornare ad assumere il suo primato, finché contratta le norme con i magistrati e ne subisce i diktat non andremo da nessuna parte. Ricordo che all’epoca della Commissione D’Alema arrivò un fax da settanta procuratori che intimava di fermare la riforma. E così avvenne. Tornare su questa strada non si può e non si deve. Le leggi in nome del popolo italiano non vanno contrattate.

Anche gli avvocati hanno i loro interessi. E tutto sommato neanche voi siete esenti da colpe. Lo dimostra il moltiplicarsi di casi giudiziari nei quali alcuni suoi colleghi sono coinvolti. Non dovrebbe essere riformata anche la vostra categoria?

Non ho preclusioni a discuterne. Capisco che 250mila avvocati sono troppi. E per far calare questo numero aumentando la qualità occorre una seria riforma dell’Università, istituendo una scuola unitaria delle professioni forensi post laurea per magistrato e avvocato, raggiungendo l’obiettivo di vere specializzazioni.

intervista a cura di Nello Scavo

Avvenire, 18 luglio 2014

Carceri-lager e irragionevole durata dei processi, ora anche l’Onu condanna l’Italia


Trapani 1La “notizia” è di quelle che dovrebbe farci arrossire per la vergogna. Ma ci si può vergognare se si conosce di cosa ci si dovrebbe vergognare. Ma se non si sa? Quello che non si sa – e anche questo non sapere dovrebbe costituire “materiale” di riflessione, amara – è che non sono solo le corti di giustizia europee a condannare il nostro paese per le ignobili condizioni delle nostre carceri, per l’irragionevole durata dei processi, e la non episodica denegata giustizia. Ora siamo nel mirino dell’Onu. Se ne sono accorti solo “Il Manifesto”, “Il Garantista” e la segretaria radicale Rita Bernardini. E dire che le agenzie la “notizia” l’hanno diffusa.

È accaduto che una delegazione dell’Onu guidata dal norvegese Mads Andenas, sia venuta in visita in Italia dal 7 al 9 luglio, e al termine delle loro ispezioni hanno stilato un memorandum in cinque punti: 1) Adottare “misure straordinarie, come per esempio soluzioni alternative alla detenzione, al fine di eliminare l’eccessivo ricorso alla detenzione e proteggere i diritti dei migranti”. 2) “Quando gli standard minimi non possono essere altrimenti rispettati, il rimedio è la scarcerazione”. 3) “Che le autorità italiane rispettino le raccomandazioni Onu del 2008 e quanto statuito dalla sentenza Torreggiani. 4) Raccomandazioni come quelle formulate dal Presidente Giorgio Napolitano nel 2013, incluse le proposte in materia di amnistia e indulto, sono “quanto mai urgenti per garantire la conformità al diritto internazionale”. 5) Sui migranti, oltre ad esprimere rammarico per i “rimpatri forzati”, la delegazione Onu “resta preoccupata per la durata della detenzione amministrativa e per le condizioni detentive nei Centri di identificazione ed espulsione”.

Giustizia al collasso, purtroppo storia di tutti i giorni. Andiamo, per esempio, a Reggio Calabria. È il 7 gennaio del 1984, trent’anni fa. Un’automobile improvvisamente taglia la strada a un autobus, che frena di colpo. Un passeggero cade, si ammacca due costole. Non sembra una cosa grave. Poi però le sue condizioni peggiorano. Sopraggiunge un infarto, l’uomo muore. La famiglia fa causa all’azienda di trasporto. Non si entra nel merito, i famigliari possono avere ragione oppure no, non interessa, qui. Quello che si vuole porre in evidenza è che il processo, anno dopo anno, si è trascinato per trent’anni. La moglie del passeggero nel frattempo è morta, è morta anche la figlia.

Quando finalmente la terza sezione civile della Cassazione ha emesso la sentenza, a “salutarla” c’erano gli eredi degli eredi. Quel processo ha impiegato trent’anni per arrivare in Cassazione. Al tribunale di Reggio Calabria sono occorsi 17 anni per emettere il giudizio di primo grado, arrivato il 25 novembre 2003. La Corte di Appello sempre di Reggio Calabria ce ne ha messi altri nove, la sentenza di secondo grado è arrivata il 10 dicembre 2012.

Trasferiamoci ora in Puglia. È il 2 settembre 2002, solo dodici anni fa. I magistrati della Direzione distrettuale antimafia Elisabetta Pugliese e Michele Emiliano (che poi diventerà sindaco di Bari) chiudono un filone investigativo nato cinque anni prima, con un’ordinanza di custodia cautelare a carico di 131 persone, accusate di far parte di un’organizzazione criminale che spadroneggia tra Altamura e Gravina in Puglia; i reati ipotizzati non sono bazzecole: estorsioni, traffico di droga, ferimenti. E tuttavia solo dopo 17 anni il Pubblico Ministero Isabella Ginefra è in condizione di concludere la sua requisitoria. Chiede pene tra i 4 e i 10 anni per 58 imputati. E gli altri? Alcuni sono stati prosciolti, per qualcuno è sopraggiunta la prescrizione, c’è chi è morto per vecchiaia, o perché ucciso da qualcuno di qualche clan rivale. Sono storie che accadono un po’ tutti i giorni un po’ in tutti i tribunali. Non fanno neanche più “notizia”, sono considerate ormai cose “fisiologiche”, parte del “sistema”.

Accadono poi cose che definire paradossali è un eufemismo. Proprio nelle stesse ore in cui il presidente del Consiglio Matteo Renzi e il ministro della Giustizia Andrea Orlando annunciavano le linee guida della loro riforma della giustizia, il ministero veniva condannato a pagare la doppia penalità. Perché lo stato italiano non si accontenta di essere sanzionato per i danni provocati dall’irragionevole durata dei processi; si fa anche condannare perché i risarcimenti delle cause lumaca sono più lunghi delle cause stesse. “Italia, dolce paese,/ dove chi rompe non paga le spese, / dove chi urla più forte ha ragione,/ dove c’è il sole e il mare blu”, cantava molti anni fa Sergio Endrigo. Patria del diritto; e del suo rovescio.

Valter Vecellio

http://www.articolo21.org, 18 luglio 2014

Carceri, le Nazioni Unite richiamano l’Italia. Pannella in sciopero della sete


Nazioni Unite OnuL’Italia dovrebbe fare uno sforzo per “eliminare l’eccessivo ricorso alla detenzione e proteggere i diritti dei migranti”. A chiedere alle autorità italiane “misure straordinarie” sul tema è un comunicato del Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulla detenzione arbitraria reso noto al termine di una visita di tre giorni nel paese (7-9 luglio).

“Quando gli standard minimi non possono essere altrimenti rispettati, il rimedio è la scarcerazione”, ha detto Mads Andenas, Presidente del Gruppo. Gli esperti ricordano le raccomandazioni formulate dal Presidente Giorgio Napolitano nel 2013, incluse le proposte in materia di amnistia e indulto, e le considerano “quanto mai urgenti per garantire la conformità al diritto internazionale”.

Per l’Onu le recenti riforme tese a ridurre la durata delle pene detentive, il sovraffollamento carcerario e il ricorso alla custodia cautelare sono positive, ma sussistono preoccupazioni per l’elevato numero di detenuti in regime di custodia cautelare ed il ricorso sproporzionato alla custodia cautelare per gli stranieri e i Rom, minori compresi.

L’Italia – spiega il gruppo dell’Onu – non ha una politica generale di detenzione obbligatoria per tutti i richiedenti asilo e migranti irregolari, ma restiamo preoccupati per la durata della detenzione amministrativa e per le condizioni detentive nei Centri di identificazione ed espulsione”.

Gli esperti si dicono inoltre preoccupati per i resoconti dei rimpatri sommari e per il fatto che “il regime detentivo speciale previsto dall’articolo 41 bis” per i mafiosi non è ancora stato allineato agli obblighi internazionali in materia di diritti umani. Composto da cinque esperti, il gruppo di lavoro dovrebbe presentare un rapporto al Consiglio Onu dei diritti umani nel settembre 2015.

Monica Ricci Sargentini

Corriere della Sera, 12 luglio 2014

http://www.radioradicale.it/l-onu-all-italia-carceri-troppo-affollate-trovate-alternative-alla-detenzione

Napoli, Ciruzzi (Camera Penale): serve Amnistia e Indulto, il carcere non è “strumento d’indagine”


toga_avvocato“Invece di depenalizzare, dal 1999 ad oggi abbiamo prodotto 320 nuove norme. I risarcimenti? Non risolvono il problema”. I cambiamenti in campo carcerario sono in atto, se ne parla da tempo e il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, è riuscito a strappare una proroga a Strasburgo.

Ma le misure messe in campo sono davvero efficienti per dare un nuovo volto alla giustizia italiana? A queste domande risponde l’avvocato Domenico Ciruzzi, Presidente della Camera Penale di Napoli.

Avvocato, i dati sul sovraffollamento carcerario a Napoli, indicano una flessione delle presenze. Secondo lei, sono dati significativi?

“I dati non sono significativi perché arrivano dopo un periodo di totale illegalità. Quelli messi in campo sono piccoli, importanti provvedimenti, ma non sono risolutivi. Continuiamo a versare in uno stato di censure europee. Insisto nel dire che il Governo si sarebbe dovuto precipitare ad attuare amnistia e indulto per avere una situazione accettabile. Amnistia e indulto non sono un male necessario, ma un dovere necessario da parte dello Stato”.

Meno di due settimane fa è stata approvata una normativa per il risarcimento a favore dei detenuti che hanno subito la carcerazione in condizioni inumane. Pensa che ci saranno fiumi di ricorsi?

“Difficile capire come si evolveranno le cose, ma questi restano provvedimenti finalizzati ad evitare la sanzione, non certo a risolvere il problema. Per una questione meramente elettoralistica, perché si teme di perdere consensi, non si fa un indulto che invece sarebbe la mossa risolutiva”.

L’Italia ha ottenuto una proroga dall’Europa per l’attuazione delle sanzioni fino a giugno 2015. Secondo lei c’è tempo sufficiente per riuscire a rientrare nei parametri europei e tornare ad avere un sistema carcerario aderente ai dettami della Costituzione?

“Per riuscirci i campi di cambiamento dovrebbero essere due”.

Quali?

“Dovrebbe esserci un cambiamento culturale e uno delle riforme. Gli stessi giudici hanno una visione del carcere come strumento d’indagine, quando dovrebbe essere invece l’estrema ratio. Non ci sono strumenti in atto, nemmeno le norme per gli arresti domiciliari sono state approvate in via definitiva”.

Nel concreto, che cosa si sarebbe dovuto fare?

“Guardi, dal 1999 ad oggi si sarebbero potuti fare tanti passi avanti, ma invece di depenalizzare alcuni reati, sono state varate sempre nuove norme per dare al cittadino l’impressione di una maggiore sicurezza”.

Di quante norme stiamo parlando?

“Sono state introdotte 320 nuove norme, per fortuna e ‘è stato il recente intervento della Corte costituzionale per differenziare almeno le pene in materia di droghe pesanti e leggere, superando la Bossi-Fini. Il carcere dovrebbe essere applicato solo per le cose eclatanti”.

Giustizia, Radicali: Europa e Governo prorogano la vergogna delle carceri e la tortura


Dai Radicali italiani riceviamo e volentieri pubblichiamo: “Fa inorridire il giudizio del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa: “significativi risultati”, quasi si possa stabilire una gradazione della tortura, dei trattamenti inumani e degradanti.

Secondo la Corte Costituzionale italiana devono obbligatoriamente cessare gli effetti normativi lesivi della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo: per questo avrebbero dovuto adoperarsi i poteri dello Stato. Sono cessate queste violazioni? Noi siamo convinti di no, e lo abbiamo documentato con il dossier che abbiamo inviato proprio al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa.

Condizioni igieniche disastrose, mancanza di cure anche per malati con patologie gravissime, attività trattamentali di lavoro e studio praticamente inesistenti, sofferenze indicibili per i tossicodipendenti e per coloro che essendo troppo lontani non possono più vedere figli, coniugi o genitori: gli atti di autolesionismo, le morti e i suicidi sono l’indice di questo sconforto che spesso arriva alla disperazione. Altro che “significativi risultati”.

Dichiarazione di Donato Salzano segretario Radicali Salerno Ass. “Maurizio Provenza”: “Orribile, tanto da far inorridire, un terribile giudizio del comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, una proroga di un anno sulla pelle già martoriata di uomini e donne, sacrificare lo Stato di Diritto della sentenza pilota della Corte Edu “Torreggiani ed altri Vs Italia”, per favorire la ragion di Stato del “Governo della tortura” di Matteo Renzi.

Questi hanno accettato “il gioco dei tre metri” dei “treccartari e bari” italiani, in primis il Presidente del Consiglio del quale abbiamo chiesto le dimissioni; tre metri quadri a disposizione di ogni detenuto, calcolati chissà come e ottenuti violando altri diritti umani come la deportazione di migliaia di reclusi in istituti lontani centinaia di chilometri dalla propria famiglia. Questo Governo sta per varare un decreto legge “in materia di rimedi risarcitori in favore dei detenuti e degli internati che hanno subito un trattamento in violazione dell’articolo 3 della convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali”: vedremo quale sarà il “prezzo della tortura” e della vergogna dell’Italia, di questo Stato delinquente abituale.

Noi Radicali, vogliamo dare Speranza ed essere speranza, proseguiamo la nostra lotta nonviolenta per l’amnistia e l’indulto subito per la Repubblica! Forti dell’attualissima sentenza Torreggiani della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (tanti i giudici a Berlino, anche qui da noi!) e del messaggio alle Camere da garante degli ultimi del nostro Presidente Giorgio Napolitano. Ma soprattutto della preghiera e del sostegno di questo Papa Francesco e della sua “Chiesa dei Poveri per i poveri”, della fame di verità di Rita Bernardini e la sete di Diritto di Marco Pannella, ma di tanti tra militanti Radicali, di detenuti e i loro familiari, che sappiano scorgere e denunciare con forza la violenza dei crimini perpetrati dal Regime italiano che si credevano debellati nel secolo scorso”.

www.eolopress.it, 9 giugno 2014

Carceri : Il Pg di Milano Nunzia Gatto, “Si ad Amnistia ed Indulto per i Carcerati”


Nunzia Gatto, PGQuante saranno, nessuno lo sa. Certo il Procuratore Aggiunto Nunzia Gatto, che coordina il gruppetto di magistrati dell’esecuzione penale, si aspetta centinaia e centinaia di domande. La Cassazione, infatti, ha appena sancito che – degli attuali detenuti – chi ha avuto condanne solo per spaccio di droghe leggere potrà chiedere che la pena venga ricalcolata, visto che la legge Fini-Giovanardi (che metteva sullo stesso piano “roba” leggera e pesante) è stata cancellata di recente, proprio su questo punto, da una pronuncia della Corte costituzionale. Così molte pene inflitte potranno essere abbassate. E molti piccoli spacciatori di hascish o marijuana ora in carcere potranno andare ai domiciliari o in affidamento al servizio sociale se non, addirittura, tornare liberi.

Dottoressa Gatto, si può fare una stima del numero delle richieste che arriveranno in Procura?

«È un calcolo molto difficile in questo momento. Posso dire che nel solo 2013 abbiamo dato esecuzione a 8.800 condanne definitive. Certezze statistiche ovviamente non ne ho, ma per esperienza direi che quasi il 70% riguardava reati di droga. Poi ci sono le persone inviate in carcere negli anni precedenti, ovviamente».

La platea dei possibili interessati è vastissima, dunque. Ma non dovrebbe essere proprio la Procura a individuare, tra tutti costoro, quelli che abbiano concretamente diritto a una riduzione di pena? 

«Impossibile. Noi magistrati siamo pochi e i fascicoli migliaia. Fra l’altro, poiché la legge Fini-Giovanardi non distingueva tra droghe leggere e pesanti, dalla semplice lettura del dispositivo della sentenza non si può capire nulla, ogni caso andrà riesaminato singolarmente. Saranno i detenuti interessati a farsi avanti, non c’è dubbio».

La riduzione di pena non potrà essere automatica.

«Come Procura daremo il nostro parere per ogni fascicolo, ma dovrà essere il giudice dell’esecuzione a decidere: il gup o il tribunale che a suo tempo emise l’ultima sentenza divenuta poi irrevocabile. Dovrà essere fissata un’udienza con la partecipazione delle parti».

Centinaia di udienze. I tempi si allungheranno.

«Inevitabilmente. Per quanto riguarda il nostro ufficio chiederò un rinforzo di personale che possa aiutarci ad affrontare l’emergenza. Ma lo stesso problema avranno i giudici dell’esecuzione».

Non c’era un modo più semplice, da un punto di vista legislativo, per ottenere lo stesso risultato?

«Guardi, personalmente sono dell’idea che si sarebbe dovuto seguire la linea più volte indicata dal Presidente della Repubblica per alleggerire il sovraffollamento carcerario: amnistia e indulto. In quel modo, per noi sarebbe stato possibile applicare automaticamente il condono ai detenuti che ne avessero avuto diritto. Così invece il giudice dovrà rideterminare ogni singola sanzione attraverso un incidente di esecuzione alla presenza delle parti. Sarà tutto più lento e complicato».

di Mario Consani

http://www.ilgiorno.it – 31 Maggio 2014

Giustizia : Le richieste di dimissioni di Renzi. L’opinione dei Costituzionalisti


radioradicale logoCon la Sentenza Torreggiani la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha constatato che il sovraffollamento carcerario in Italia ha carattere strutturale e sistemico.

Nel suo messaggio al Parlamento l’8 ottobre 2013, Il Presidente Napolitano ha definito la sentenza Torreggiani «una mortificante conferma della perdurante incapacità del nostro Stato a garantire i diritti elementari dei reclusi in attesa di giudizio e in esecuzione di pena e nello stesso tempo una sollecitazione pressante da parte della Corte a imboccare una strada efficace per il superamento di tale ingiustificabile stato di cose».

Il Presidente della Repubblica auspicava un provvedimento di amnistia e di indulto come strumento capace di far rientrare l’Italia nella legalità per quanto concerne gli istituti carcerari entro i termini imposti dalla Corte europea.

Oltremodo significativo è il fatto che nel suo messaggio il Presidente Giorgio Napolitano abbia voluto richiamare la sentenza della Corte Costituzionale (n. 210 del 2013) con la quale la Consulta ha stabilito che, in caso di pronunce della Corte europea dei diritti dell’uomo che accertino la violazione da parte di uno Stato delle norme della Convenzione, «è fatto obbligo per i poteri dello Stato, ciascuno nel rigoroso rispetto delle proprie attribuzioni, di adoperarsi affinché gli effetti normativi lesivi della Convenzione cessino».

Radio Radicale, 30 Maggio 2014

http://www.radioradicale.it/le-richieste-di-dimissioni-di-renzi-lopinione-dei-costituzionalisti

Giustizia: Manconi (Pd) chiede un atto di clemenza per i detenuti. Il Guardasigilli Orlando dice no


Reduce da una visita a Regina Coeli, Luigi Manconi rilancia con una lettera aperta al ministro della Giustizia Orlando l’ipotesi di un atto di clemenza per far fronte al sovraffollamento carcerario. Ma proprio dall’altro carcere romano, quello di Rebibbia, il Guardasigilli risponde di no: “Non ho una contrarietà ideologica per un provvedimento di clemenza – dice nel corso di un convegno – ma potrebbe distogliere l’attenzione dalle riforme che si possono fare”. Secondo Manconi, presidente della Commissione Diritti Umani del Senato, oltre agli interventi strutturali, “non bisogna escludere l’ipotesi indulto o amnistia. Il sistema carcerario è come un corpaccione afflitto da una febbre enorme. Bisogna dapprima abbassare, la febbre, introducendo un pò di normalità, a quel punto le riforme potranno essere fatte”. Parole che seguono quelle scritte, contenute nella missiva rivolta a Orlando, e firmata in modo bipartisan dai parlamentari Lo Giudice, De Cristofaro, Buemi, Palermo, Compagna, Petraglia, Gotor, Valentini, Tronti, Verini e Leva: “Sosterremo i prossimi interventi legislativi annunciati con la massima convinzione e determinazione, in quanto consapevoli che la tutela dei diritti umani per la popolazione reclusa è parte integrante di una riforma complessiva del sistema della giustizia – si legge – ma vorremmo che questa attività del governo e del Parlamento, che ci auguriamo proceda con rapidità, non escluda quegli interventi che il Capo dello Stato ha definito “straordinari” ma ineludibili. Certo, un provvedimento di clemenza è decisione che spetta al parlamento e con una maggioranza qualificata, ma al ministro della Giustizia, che conosce come pochi altri la situazione dei tribunali e delle carceri, chiediamo una parola autorevole in merito”. Secondo Manconi e gli altri firmatari “non c’è dubbio che siano stati compiuti, da parte degli ultimi due ministri (Cancellieri e Orlando, ndr) dei passi in avanti. Non ignoriamo né consideriamo insignificanti questi progressi, grazie a provvedimenti che abbiamo sostenuto ma che consideriamo ancora eccessivamente limitati”. Limitati perché “a fine aprile, da una nota ufficiale della amministrazione penitenziaria, i detenuti erano 59.683: un motivo di sollievo, ma occupano comunque uno spazio di 43mila posti effettivi. In quello scarto sta la persistente tragedia del nostro sistema penitenziario”. Di qui l’appello a Orlando affinché “abbia coraggio e vada avanti con audacia” anche utilizzando gli strumenti di amnistia e indulto. Ma la replica del ministro è arrivata pronta: “Non riaprire lo scontro ideologico su amnistia e indulto” ma “continuare sulla strategia intrapresa. È in discussione un provvedimento sulla custodia cautelare, vediamo i primi effetti della sentenza della Consulta sulla legge sulle droghe, in questo mese abbiamo visto una diminuzione di 500 unità del numero di detenuti”. Ora come ora dunque “non c’è l’esigenza di pensare a provvedimenti emergenziali”.

Lettera parlamentari: le carceri non sono migliorate abbastanza

“Il termine posto al nostro Paese dalla Cedu scade e il nostro sistema penitenziario non ha migliorato abbastanza la propria capacità di ospitare in maniera dignitosa le persone ristrette”. Lo scrivono in una lettera aperta al ministro della Giustizia, Andrea Orlando, una decina di deputati, in maggioranza del Pd, ma anche di Sel e di Ncd, che intendono raccogliere altre adesioni. Il testo è stato presentato dai senatori Luigi Manconi e Sergio Lo Giudice del Pd, e Giuseppe De Cristofaro di Sel in una conferenza stampa al Senato all’indomani della visita di una delegazioni di parlamentari nel carcere romando di Regine Coeli. La lettera ricorda che “quando le sentenza Torreggiani diventava definitiva, in carcere c’erano 65.886 detenuti, alla fine del mese scorso se ne contavano 59.683. Ovvero 6 mila in meno. Ma quanto ancora è lontana la corrispondenza con la capienza regolamentare delle nostre Carceri che, secondo lo stesso Dap non potrebbero ospitare più di 43.547 detenuti”. “L’ordinaria amministrazione e le sfumature legislative – continuano i parlamentari che hanno sottoscritto il testo – tutte giustamente perseguite dal governo in carica e dal precedente, non possono risolvere il problema” di “una crescita abnorme della popolazione reclusa”. Nella lettera garantiscono ad Orlando il sostegno “ai prossimi interventi legislativi annunciati con la massima convinzione” ma “vorremmo che questa attività di governo e del parlamento non escluda quegli interventi che il Capo dello Stato ha definito straordinari. Certo un provvedimento di clemenza è decisione che spetta al parlamento, e con una maggioranza qualificata, ma al ministro della Giustizia chiediamo una parola autorevole in merito”.

Orlando: no alla clemenza, andare avanti con le riforme

“Non riaprire lo scontro ideologico su amnistia e indulto”, ma andare avanti con le riforme per risolvere l’emergenza carceri. Questa la linea del ministro della Giustizia, Andrea Orlando. “Penso si tratti di continuare sulla strategia intrapresa, utilizzarla fino in fondo – ha detto il guardasigilli intervenendo a un convegno a Rebibbia – è in discussione un provvedimento sulla custodia cautelare, vediamo i primi effetti della sentenza della Consulta sulla legge sulle droghe. In questo mese abbiamo visto una diminuzione di 500 unità del numero di detenuti e oggi siamo a quota 59.071. Dunque, ora non c’è l’esigenza di pensare a provvedimenti emergenziali”. Nei prossimi sei mesi, ha aggiunto il ministro, si cercherà di “capitalizzare” la serie di interventi messi a punto negli ultimi mesi. “Questi si sono susseguiti in modo caotico – ha rilevato Orlando – e vanno sistematizzati. Potremmo riorganizzare tutto il sistema, che ora puntava su un unico pilastro, quello della pena in carcere, pensando invece a due binari, quello del carcere e delle pene alternative”. Il ministro ha sottolineato di non avere “contrarietà ideologiche” sull’indulto, “ma penso che una discussione che impegna tante energie possa distogliere l’attenzione da ciò che si può fare in questa fase politica”. Orlando, infatti, ha ricordato “l’inversione di tendenza” che vi è stata con il provvedimento sulla messa alla prova “che ha affermato il principio secondo cui lo strumento della pena non si esaurisce nel carcere”, nonché la possibilità di “arrivare entro fine mese ad un testo accettabile in materia di custodia cautelare”. Inoltre, “va apprezzato il lavoro del Parlamento che è stato contro corrente – ha rilevato il ministro – ogni provvedimento veniva subito etichettato come svuota carceri e nel corso degli anni ci sono state lunghissime discussioni non sulla qualità della pena ma sulla esecrabilità del reato. La promessa securitaria ha completamente fallito: il sistema penitenziario costa molto e i tassi di recidiva sono fuori dalla media. Chi ha promesso che solo con il carcere ci sarebbe stata più sicurezza, oggi non è in grado di dimostrarlo e da questo fallimento si può costruire un sistema diverso con pene alternative”.

Orlando: Strasburgo? Sono cautamente ottimista

“C’è ancora tanto lavoro da fare, non sono trionfalista ma cautamente ottimista”. Lo ha detto il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, parlando dell’attesa decisione della Corte di Strasburgo sull’Italia in materia di carceri. “Non azzardo pronostici – ha aggiunto il ministro – ma c’è uno sforzo unitario e tenteremo di dare un colpo di reni nei prossimi sei mesi. Bisognerà lavorare per un monitoraggio su ciò che è stato fatto sul piano normativo”. Strasburgo, infatti, ha sottolineato Orlando, “non ci contesta solo gli spazi inferiori a tre metri quadrati per i detenuti, ma anche la qualità del sistema, la sua incapacità di avviare percorsi di riabilitazione. Il Dap ha realizzato un data base, che non riguarda solo i numeri ma anche le attività dei penitenziari. Ne viene fuori una fotografia cruda: in alcune realtà la qualità del servizio è accettabile, in altre si è lontani da qualunque standard”. Dunque, ora “bisogna riorganizzare il sistema – ha spiegato il ministro – e se pensiamo alle pene alternative, dobbiamo rivedere anche funzioni e dotazioni dei Tribunali di Sorveglianza, nonché la funzione e il ruolo, anche con una riqualificazione della polizia penitenziaria”.

Orlando: la politica securitaria ha fallito

“La promessa securitaria ha fallito. A fronte di un sistema che costa abbiamo un tasso di recidiva fuori dalla media. Chi diceva che più carcere garantisce più sicurezza, oggi è dimostrato che sbagliava”. Così il ministro della Giustizia Andrea Orlando secondo cui bisogna “costruire il pilastro delle pene alternative”.

9Colonne, 29 maggio 2014

Giustizia: Camere Penali; urge provvedimento clemenza, la politica “dimostri coraggio”


MagistratiLa politica “dimostri coraggio” e vari al più presto un provvedimento di amnistia e indulto. Lo chiedono i penalisti.

“Il termine fissato dalla sentenza Torreggiani trova, alla sua scadenza di domani, una “perdurante violazione dei diritti umani nelle carceri italiane, nonostante i provvedimenti già licenziati o all’esame del Parlamento tesi a diminuire i flussi di ingresso negli istituti penitenziari, sia per pene definitive che per custodia cautelare.

Per quest’ultimo aspetto va rammentato che è all’esame della Camera il disegno di riforma già approvato in Senato che deve però essere migliorato nell’attuale passaggio parlamentare”. Così in una nota l’Unione Camere Penali. “Pur dando atto di questo deve essere chiaro – sottolineano i penalisti – che il numero dei detenuti in rapporto alle strutture ed al personale di polizia penitenziaria è tale da non poter risolvere la situazione con provvedimenti tampone, destinati a produrre i loro effetti nel lungo periodo: solo un intervento straordinario può affrontare e risolvere il problema nei tempi e secondo i parametri fissati dalla giustizia europea, e questo non può che essere un provvedimento di clemenza”.

Ed è proprio per questo motivo che l’Unione delle Camere Penali da diversi mesi “sollecita le forze politiche ed il Governo ad affrontare la questione con coraggio e realismo, quindi a varare un provvedimento di amnistia ed indulto, e a farlo immediatamente, senza soggiacere al ricatto del consenso ed alle pressioni di quelle forze politiche che speculano sui timori dell’opinione pubblica. E ciò è a maggior ragione necessario oggi – conclude l’Ucpi – che la tornata elettorale è alle spalle e non c’è motivo di temere gli immancabili proclami demagogici di chi invoca sempre e comunque severità, anche quando i dati criminologici dimostrano che, non il carcere, ma piuttosto i percorsi alternativi ad esso producono la diminuzione dei reati”.