Finita la lunga gogna dell’ex Ministro Cancellieri. Nessun reato per la vicenda Li Gresti


Annamaria-CancellieriLa Procura di Roma ha archiviato il fascicolo. L’accusa era falsa testimonianza al magistrato. La lunga gogna a cui era stata sottoposto l’ex Guardasigilli è terminata con un’archiviazione. È questo l’esito dell’indagine che ha rischiato di far finire sul banco degli imputati Anna Maria Cancellieri.

I giudici del tribunale penale romano di piazzale Clodio hanno infatti accolto la richiesta dei sostituti procuratori Simona Marrazza, Erminio Amelio e Stefano Pesci, gli stessi che avevano passato al setaccio il comportamento del Ministro sospettato di aver reso false dichiarazioni a un pubblico ministero. La vicenda riguardava le telefonate con Antonino Ligresti, fratello di Salvatore, arrestato dalla procura di Torino insieme alle figlie Giulia e Jonella, nell’ambito dell’inchiesta su Fonsai. Il fascicolo, aperto dalla procura piemontese e approdato successivamente, per competenza, presso la procura capitolina, inizialmente non aveva né indagati né ipotesi di reato.

Gli inquirenti lavoravano principalmente su un verbale, quello dell’audizione dell’ex Ministro, avvenuta il 22 agosto presso la sede del ministero di via Arenula. Pur non essendo indagata, la donna aveva dovuto rispondere alle domande del procuratore aggiunto di Torino, Vittorio Nessi. Il magistrato chiedeva delucidazioni su alcune telefonate. Chiamate finite nell’inchiesta sulla compagnia assicurativa. Contatti avvenuti nei giorni in cui pendeva la richiesta di arresti domiciliari per Giulia Ligresti, figlia di Salvatore.

La ragazza infatti non mangiava da giorni e rischiava l’anoressia. Il Ministro aveva subito ammesso di aver parlato con il suo “amico di famiglia” Antonino Ligresti, discutendo in merito alle condizioni di salute della nipote. L’attenzione degli inquirenti si era dunque spostata su una domanda: fu il Ministro a chiamare Ligresti o il contrario?. “Qualsiasi cosa io possa fare conta su di me” avrebbe inoltre affermato al telefono Anna Maria Cancellieri il 17 agosto conversando con Gabriella Fragni, compagna di Salvatore Ligresti.

La questione era semplice, bisognava capire se il Ministro fosse intervenuto direttamente con il dipartimento per l’amministrazione penitenziaria omettendo poi di dire la verità alla procura di Torino. La donna, sentita come persona informata sui fatti, spiegò che si trattava di una telefonata di “solidarietà” da inquadrarsi “sotto l’aspetto umano”. Successivamente, il 28 agosto, 11 giorni dopo la telefonata, Giulia Ligresti ottenne gli arresti domiciliari, grazie a un’istanza di patteggiamento.

Il caso politico era nato e la Cancellieri si era difesa: “Non c’è stata alcuna interferenza con le decisioni degli organi giudiziari e nel caso di Giulia Ligresti era mio dovere trasferire questa notizia agli organi competenti dell’Amministrazione Penitenziaria per invitarli a porre in essere gli interventi tesi a impedire eventuali gesti autolesivi. Mi sono comportata nello stesso modo quando sono pervenute al mio Ufficio segnalazioni, da chiunque inoltrate, che manifestassero preoccupazioni circa le condizioni sullo stato psicofisico di persone in stato di detenzione”.

Andrea Ossino e Ivan Cimmarusti

Il Tempo, 6 febbraio 2015

Bernardini (Radicali): “Inutili i provvedimenti tampone, ci vogliono l’Amnistia e l’Indulto”


Rita Bernardini, Segretaria Nazionale RadicaliLa segretaria dei Radicali italiani boccia i decreti “svuota-carceri”. Rita Bernardini, segretaria dei Radicali italiani, è alle prese con la preparazione del XIII Congresso dello storico movimento fondato da Marco Pannella.

Dal 30 ottobre al 2 novembre i Radicali si ritroveranno a Chianciano, e affronteranno, come fanno da sempre, la drammatica situazione nelle carceri italiane. Il 2014, infatti, è stato un altro “anno nero” per i detenuti.

Bernardini, i decreti “svuota-carceri” e la sentenza della Consulta che ha cassato la legge Fini-Giovanardi, non hanno alleviato le sofferenze dei reclusi italiani?

“Assolutamente no. È vero che il numero dei detenuti è diminuito, ma le condizioni delle nostre carceri continuano ad essere infami. La giustizia italiana è alla débâcle definitiva e va riformata strutturalmente, passando attraverso un provvedimento di amnistia e indulto”.

Dunque quelli che sembravano progressi si sono rivelati inutili misure tampone?

“La situazione è drammatica. Intanto, con la nostra azione, abbiamo costretto il ministero della Giustizia a non barare sui numeri. Le spiego. I detenuti presenti nelle nostre carceri al 30 settembre 2014 sono 54.195, i posti regolamentari 49.347. In realtà, però, da questi ne vanno sottratti circa 6mila perché molte carceri hanno sezioni chiuse e inagibili. Dunque i posti effettivi sono 43mila. Sul sito del Ministero, infatti, ora si può leggere che il dato sulla capienza regolamentare “non tiene conto di eventuali situazioni transitorie che comportano scostamenti temporanei dal valore indicato”.

Numeri da brivido a cui se ne aggiungono altri allarmanti.

“È esatto. I condannati definitivi, ad esempio, sono 35.197, tutti gli altri sono in custodia cautelare. Ben 9.067 sono in attesa di primo giudizio e quasi il 30% sono tossicodipendenti. A ciò va aggiunto che solo il 20% dei reclusi lavora. Le strutture carcerarie, poi, sono pessime, così come disastrose sono le condizioni igieniche. Non ha funzionato nemmeno la “messa alla prova”, cioè la possibilità di destinare molti detenuti a pene alternative. Sono state accolte solo 18 domande su 3.237″.

Un quadro desolante.

“Nel 2014 ci sono stati 38 suicidi ma un totale di 115 morti. Decessi dovuti a cure carenti. Siamo sommersi di segnalazioni su detenuti che non vengono curati. E sa da cosa dipende? Dal fatto che la sanità penitenziaria non è più affidata al ministero della Giustizia, ma alle Asl, che ovviamente, quando devono tagliare, lo fanno sui carcerati, l’anello debole”.

Eppure l’Europa, a giugno, ci ha “graziati”.

“L’Europa ha solo rimandato il giudizio finale all’anno prossimo. Ma il dato clamoroso è che al Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, che vigila sull’esecuzione delle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo, e parliamo della sentenza Torreggiani, l’Italia ha raccontato balle clamorose. Ci avevano chiesto di risarcire il detenuto che ha subìto, negli anni precedenti, trattamenti inumani e degradanti, ma abbiamo scoperto e denunciato, anche tramite un’interrogazione parlamentare del vicepresidente della Camera, Roberto Giacchetti, che la magistratura di Sorveglianza sta facendo una sorta di “sciopero bianco”.

Alcuni magistrati dicono che le domande sono inammissibili perché loro si devono occupare solo del “pregiudizio attuale” che subisce il recluso, altri affermano che è impossibile, senza la collaborazione del Dap, ricostruire le condizioni carcerarie passate del detenuto. Ciò comporta, ad esempio, che in Toscana, a fronte di 1200 domande, ne è stata accolta solo una”.

Ma almeno l’Italia ha detto la verità all’Ue sui 3 metri quadrati garantiti attualmente al detenuto?

“Nemmeno per sogno. Sa perché, sulla carta, sono spuntati fuori i 3 metri? Perché abbiamo calcolato anche lo spazio occupato dalla mobilia: armadietto, letto, sgabello. Non solo. Per ottenere il “numero magico”, centinaia di detenuti sono stati spostati in Sardegna, dove c’erano posti a disposizione. E così le famiglie si trovano a centinaia di chilometri di distanza con gravi ricadute psicologiche per i figli minori”.

Lei ha fatto lo sciopero della fame per Bernardo Provenzano.

“È chiaro che siamo di fronte a un caso difficile, perché parliamo di un boss mafioso, ma come si può lasciare un uomo incapace di intendere e volere, un vegetale, al 41bis?”. Perché i nostri governanti si guardano bene dall’approvare un provvedimento di amnistia e indulto? “Intervenendo al Congresso dell’Unione delle Camere penali, il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, nella sua ingenuità, o furbizia, lo ha candidamente ammesso: è troppo impopolare, ha detto, perderemmo voti”.

Luca Rocca

Il Tempo, 27 ottobre 2014

Magistrati che sbagliano e celle-loculi… in un anno quasi nulla è cambiato


Innocenti dietro le sbarre, rinchiusi per un errore dei giudici. I primi spesso orfani di risarcimento dopo l’ingiustizia subita. I secondi impuniti nella maggior parte dei casi, malgrado la vittoria di un referendum che chiedeva fossero considerati direttamente responsabili dei loro sbagli. E comunque tutti, vittime del sistema giudiziario e “sicuri” colpevoli, costretti a subire la stessa barbara sorte in carceri sovraffollate, in celle che assomigliano a loculi.

Era il quadro che abbiamo dipinto oltre un anno fa sulle colonne de “Il Tempo”. Sono trascorsi tredici mesi. Poco o nulla è cambiato. Il ddl sulla Giustizia che contiene una nuova normativa sulla responsabilità civile dei magistrati è fermo in Senato e può contare sulla strenua opposizione di Anm (l’associazione delle toghe) e Csm (il loro organo di autogoverno). E le patrie galere? Sono sempre strapiene, anche se un po’ meno.

Responsabilità civile

In realtà il ddl non prevede che sia diretta, ma solo che la rivalsa dello Stato sui magistrati che hanno sbagliato passi da un terzo alla metà. Inoltre stabilisce che venga eliminato il “filtro” in base al quale lo Stato deve affidare ai giudici l’ammissibilità della richiesta di rimborso per errore giudiziario o per ingiusta detenzione. Nel 2013 scrivemmo che, negli ultimi 22 anni, oltre 22 mila persone avevano avuto un rimborso per questo. Ma, considerando che le domande rigettate si aggiravano su due terzi del totale, si arrivava per difetto a circa 50 mila, 50 mila innocenti in galera, appunto. Il tutto per una spesa pubblica di circa 600 milioni di euro.

Facendo un paragone fra l’anno scorso e quello in corso, sembrerebbe che i giudici sbaglino meno. Se, infatti, nel 2013 i risarcimenti per le ingiuste detenzioni erano stati 1368 e per gli errori giudiziari 25, nei primi dieci mesi del 2014 siamo a 431 ingiuste detenzioni e a 9 errori (fonte il sito “Errorigiudiziari.com). La spesa è stata rispettivamente di 37 e di 16 milioni di euro. Ma la statistica inganna, come insegna Trilussa. E anche in questo caso la parola magica è “ammissibilità”: dal ministero dell’Economia spiegano che la spending review ha colpito anche in questo settore e che la Cassazione è oggi di manica molto più stretta nel valutare l’ammissibilità della domanda di risarcimento. Non ci sono meno errori, ci sono meno soldi per le vittime degli errori e più richieste gettate nel cestino.

Sovraffollamento

Il 28 maggio è scaduto l'”ultimatum” della Corte europea dei diritti dell’uomo, che ci ha condannato per le condizioni disumane delle prigioni. Noi siamo corsi ai ripari con provvedimenti come il decreto “svuota carceri”, il perfezionamento di accordi e procedure per l’espulsione degli stranieri in cella, il ripristino della vecchia legge sulla droga, le misure alternative. E siamo stati promossi. Per ora. Ma non del tutto a ragione. Al 31 luglio 2013 dietro le sbarre c’erano 64.873 persone su una capienza regolamentare di circa 47.459. Il 30 settembre i detenuti erano 54.195 su 49.347 posti. Ma i radicali, da sempre impegnati sul fronte carceri, spiegano che dalla capienza regolamentare bisogna sottrarre 6.000 unità a causa di sezioni chiuse, inagibili o inutilizzate. Quindi arriviamo a 43mila posti.

Insomma, se dodici mesi orsono, prima della verifica Ue, eravamo fuorilegge per 17.414 detenuti in più, adesso lo siamo “solo” per 4.848. Una bella consolazione. Ma non basta. Grazie alla possibilità che i carcerati hanno di uscire dalla cella oltre che per la classica ora d’aria e a causa dello scarso numero dei sorveglianti, sono aumentate le aggressioni agli agenti della penitenziaria: per il sindacato Sappe, del 70 per cento da quando c’è questa “vigilanza dinamica”. E sono aumentati i suicidi degli agenti, che sono già 10 contro gli 8 di tutto il 2013. Quelli dei detenuti sono scesi ma soprattutto per il calo della popolazione carceraria. E anche lo sfruttamento dei 2000 “braccialetti elettronici”, prima non impiegati, non ha risolto il problema, poiché per il Sappe ne occorrerebbero almeno il triplo.

L’interrogazione

Il vicepresidente della Camera Roberto Giachetti il 14 ottobre ha rivolto al Governo un’interrogazione con cui segnalava che “alcuni magistrati di sorveglianza” stanno “rigettando” le richieste di risarcimento dei detenuti ristretti in condizioni che violavano l’articolo 3 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, quello utilizzata dalla Corte Ue per bacchettarci.

Anche in questo caso, il motivo è “una ritenuta inammissibilità dei reclami” per le detenzioni pregresse” o quelle che “si protraggono in diversi istituti”. Insomma, il detenuto deve sperare che la richiesta arrivi al magistrato prima del suo trasferimento in un’altra prigione e, nel secondo caso, dovrebbe adire al giudice civile”.

Cosa, quest’ultima, praticamente impossibile nelle sue condizioni. Giachetti, poi, fa notare che la Corte non faceva solo riferimento allo spazio a disposizione dei carcerati, ma anche alla “possibilità di usare i servizi igienici in modo riservato, l’aerazione disponibile, l’accesso alla luce naturale e all’aria, la qualità del riscaldamento e il rispetto delle esigenze sanitarie di base”. Un altro punto, infine, è se la superficie “vitale” (3 metri quadri) debba o meno comprendere gli arredi. E il Governo che ha risposto? Non ha risposto.

Maurizio Gallo

Il Tempo, 27 ottobre 2014

Bernardini (Radicali) : in questo Paese comandano i Magistrati, il testo cambierà


Bernardini lista Amnistia Giustizia Libertà, pol 2013Il segretario dei Radicali dubita che il testo finale resterà simile alla bozza: “L’Anm farà pressioni pesanti”. Rita Bernardini, segretario dei Radicali italiani, accoglie positivamente le linee guida sulla riforma della Giustizia ma con una grande riserva sul testo finale: “Dubito che rimanga così”.

Ampliata la responsabilità civile dei magistrati, in linea con le direttive europee, anche se non ci sarà responsabilità diretta. Soddisfatta?

“Si tratta di una serie di intenzioni che mi sembrano piuttosto serie. Essendo passati 27 anni da quando il popolo italiano decise che voleva la responsabilità civile dei magistrati (legge Vassalli ndr), mi auguro che questa sia la volta buona”.

Si aspetta dei cambiamenti tra la bozza e il testo finale?

“Le pressioni che farà l’Anm (Associazione Nazionale Magistrati) saranno pesanti, come è normale in uno Stato dove non è affermata in modo chiaro la separazione dei poteri. Basti pensare a tutti i magistrati fuori ruolo che sono distaccati, in particolare presso il ministero della Giustizia. Affermare la responsabilità civile è giusto ma è necessario intervenire anche in altri settori come quello dell’obbligatorietà dell’azione penale che oggi lascia completamente nelle mani della magistratura la scelta dei processi da celebrare e quelli da far cadere in prescrizione che sono circa 140 mila all’anno”.

Il presidente Sabelli dell’Anm ha già parlato del “rischio di cause strumentali”…

“Saranno sempre i magistrati a giudicare… Cause strumentali ci possono sempre essere, a volte sono strumentali quelle che vengono fatte nei confronti dei cittadini che subiscono processi inutili”.

Quali sono gli aspetti che la convincono di più del testo?

“Voglio vedere quanto regge il testo rispetto alle pressioni, ciò dimostrerà anche la determinazione del governo. L’aver previsto la violazione manifesta del diritto è un passaggio importante su cui c’era forte opposizione da parte dei magistrati. Sull’azione di rivalsa è vero che è sempre indiretta però lo Stato deve obbligatoriamente rivalersi nei confronti del magistrato quando c’è una negligenza inescusabile”.

Quindi, secondo lei è stato centrato l’obiettivo dichiarato di togliere le limitazioni del ricorrente per facilitare l’azione di rivalsa?

“Se il testo rimane questo mi sembra un enorme passo avanti, ma io ne dubito”.

Hanno troppo potere i magistrati…

“Comandano loro. Loro si scelgono i reati da perseguire e quelli da far cadere in prescrizione”.

Il 2 agosto è stato approvato il decreto carceri. Un giudizio sul testo?

“Lo abbiamo definito il prezzo della tortura. Si dovevano spendere 450 milioni di euro, invece così ce la siamo cavata con 20. In questo modo hanno ingannato anche l’Europa che aveva chiesto rimedi concreti. Su questo tema, della salute nelle carceri, io sono al 35° giorno di sciopero della fame”.

Andrea Barcariol

Il Tempo, 05 Agosto 2014

Di Gregorio : Pietà per Provenzano, è un vegetale col cuore battente


Avv. Rosalba Di GregorioParla l’avvocato del boss: “L’encefalopatia gli ha distrutto il cervello ma il tribunale di Sorveglianza non vuole revocargli il 41 bis”.

Pietà per Provenzano. Uno Stato degno di questo nome dovrebbe averla o quantomeno trovarla. Perché il boss dei boss, come ci conferma il suo avvocato, Rosalba Di Gregorio, è da tempo un “vegetale”, fermo su un letto da due anni, si nutre con un sondino nasogastrico, l’encefalopatia gli ha “distrutto” il cervello. Eppure è ancora detenuto in regime di carcere duro.

Persino l’ex pm Antonio Ingroia ha chiesto la revoca del 41bis. Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, invece, sostiene che il boss, anche se a intermittenza, reagisce. E a proposito di Dap, al legale di Provenzano abbiamo chiesto che ne pensa dell’annuncio del premier Renzi di revocare il segreto di Stato sul cosiddetto “protocollo Farfalla”, il presunto accordo fra servizi segreti e Dap che permetteva agli 007 di “contattare” i detenuti per 41bis.

Avvocato Di Gregorio, come sta Provenzano?

“Malissimo. Se gli staccano i fili avrà sì e no 48 ore di vita. Pesa 45 chili, è alimentato artificialmente con un sondino che va dal naso non più allo stomaco, che ormai non reagisce più, ma direttamente all’intestino. Dovranno fargli la Peg (l’inserimento di un tubo dalla cavità gastrica verso l’esterno per permettergli di nutrirsi, ndr), ma col suo tipo di encefalopatia, l’anestesia potrebbe ucciderlo. Provenzano è un vegetale col cuore battente ma senza più orientamento spazio-temporale”.

Eppure il carcere duro non gli viene revocato.

“Il tribunale di Sorveglianza di Roma si comporta da Ponzio Pilato. Il primario ospedaliero del reparto San Paolo di Milano, dove Provenzano è ricoverato in regime di 41 bis, ha inviato una relazione al magistrato di Sorveglianza di Milano certificando l’incompatibilità di Provenzano con qualunque stato di detenzione. Il magistrato ha attivato il tribunale di Sorveglianza di Milano, che ha nominato i periti rinviando però il tutto al 3 ottobre. Alla stessa data, pilatescamente, ha rinviato anche il tribunale di Roma competente per il 41 bis. Così Provenzano se ne resta “felicemente” al 41bis perché, dicono, in queste condizioni pare possa dare ordini e comandare Cosa Nostra. In queste condizioni potrebbe impartire la sua volontà solo a una mafia in coma come lui”.

Potrebbe rimanere in questo stato per anni?

“No, i medici dicono che le cellule celebrali si stanno distruggendo e che a un certo punto verranno meno anche quelle che comandano la respirazione e quindi il cuore. Provenzano morirà improvvisamente per arresto cardiocircolatorio dopo anni di sofferenza. Io ho esaurito tutti i mezzi che il codice mi mette a disposizione per tirarlo fuori di lì. È un momento di inciviltà dello Stato. Persino Ingroia ha chiesto la revoca del 41bis”.

A che titolo e in che veste? Come avvocato?

“Le procure di Palermo, Caltanissetta e Firenze hanno espresso parere favorevole alla revoca. Ma il ministro della Giustizia le ha ignorate riapplicando il 41bis. Anche la Procura nazionale antimafia ha detto “no” alla revoca. E sa perché? Perché il Dap gli ha comunicato che ad intervalli Provenzano capisce. Nella loro relazione c’è scritto che se gli chiedi “come sta”, a volte non reagisce, altre dice “bene”, quindi per loro sta bene. È anche annotato che quando l’infermiera gli chiede se vuole la tv accesa, lui risponde “mia sorella dov’è? E le preghiere?”, ma per il Dap interagisce. Per il giudice tutelare, invece, non occorre nemmeno la perizia tanto è evidente che il suo cervello è ormai compromesso”.

Ha sentito che il premier desecreterà il “protocollo Farfalla”?

“Se lo facessero veramente avremmo molto da apprendere. Parliamo di un accesso alle carceri allo scopo di dialogare coi detenuti per 41bis per acquisire informazioni senza informare la magistratura. Qual è il fine? I “contatti” di che natura erano? Che scopo aveva “contattare” i detenuti per 41bis senza che alla magistratura venisse comunicato nulla? Si tratta di un’operazione che non prevede nessun tipo di rendicontazione scritta, assolutamente “chiusa”, che “sfugge” ma che di certo è contraria alla costituzione, perché il detenuto dovrebbe rispondere solo alla magistratura di sorveglianza. Di certo, però, questo “protocollo” non è stato creato per perdere tempo”.

Nel 2012 l’allora eurodeputata dipietrista Sonia Alfano e Giuseppe Lumia, del Pd, incontrarono Provenzano in carcere.

“Quella era un’iniziativa personale che non mi pare possa rientrare nel protocollo farfalla”.

Anche il dialogo in carcere tra Riina e Alberto Lo Russo, un affiliato alla Sacra Corona Unita trasformato in “cimice umana”, ha fatto pensare al “protocollo Farfalla”.

“In questo caso allora dovremmo parlare di una “farfalla” ancora svolazzante, ma non è proprio la stessa cosa. Il vero “protocollo Farfalla” è quello esistito negli anni precedenti. Quello sì che è una cosa grave e seria, e sarà un bene fare piena luce. Magari anche su alcuni strani suicidi di detenuti mafiosi avvenuti nel corso degli anni”.

Luca Rocca

Il Tempo, 31 luglio 2014

Del Turco : La presunzione d’innocenza (e il “garantismo”) non sono un lusso


On. Ottaviano Del TurcoIl “garantismo” è un lusso che la politica concede a pochi. Sorprende sempre la discussione che si attiva ogni volta che questa cultura, che è l’anima della Costituzione, conquista nuove ed autorevoli adesioni. Ci sono protagonisti che hanno deciso di muovere la guerra alle proposte di riforme che il governo sta discutendo nel Parlamento innalzando le bandiere della difesa dei principi fondamentali della Carta.

Ma fate attenzione alle loro prese di posizione ogni volta che parlano dei diritti costituzionali dei cittadini imputati di reati vari. Quando esprimono il meglio del loro sforzo garantista, finiscono per dire una bestialità intollerabile. Se sono amici degli imputati inviano questo singolare messaggio: mi auguro che tu possa dimostrare la tua innocenza. A me è successo. In nessun paese democratico è consentita una disinvoltura di queste proporzioni: non è l’imputato che deve dimostrare la sua innocenza. Tocca all’accusa che ha costruito il processo, a far vivere le prove che giustificano la richiesta di pene, più o meno severe.

Naturalmente questa enormità segue l’omaggio rituale ad uno dei Padri più autorevoli della carta Costituzionale: Piero Calamandrei.

Guardate cosa è capitato in questi giorni con la sentenza che ha condannato Vasco Errani,dopo il processo di primo grado che lo aveva assolto. Le sue dimissioni, rese qualche istante dopo la lettura della sentenza, hanno aperto un delicato problema politico ed Istituzionale: Errani è, da anni, il presidente della Conferenza delle Regioni, un organismo delicatissimo che gestisce le relazioni con il Governo centrale e media i conflitti che possono insorgere tra le decisioni dell’esecutivo e le leggi, le delibere, che esprimono i poteri e l’autonomia delle Regioni. Lo fa (e per tre anni sono stato testimone diretto del ruolo svolto da Errani) con una misura, con una competenza, con un acume politico di assoluto rilievo. Le sue dimissioni alterano un equilibrio istituzionale delicato.

Trovo normale che il problema che sorge chiami in causa il Governo, innanzitutto il Presidente del Consiglio Renzi. E la sua presa di posizione (Errani è innocente fino a che il suo processo non si concluda davanti alla Corte di Cassazione) suscita un vespaio di polemiche.

Cosa c’è nelle parole di Renzi che confligge con le regole e con i poteri di altre istituzioni dello stato? Nulla, assolutamente nulla.

La novità è quasi banale: avendo scelto di confermare la più ovvia delle regole garantiste della Costituzione, Renzi schiera il suo Governo, la sua maggioranza, sul versante liberale e democratico della lettura dei principi che regolano ruoli e funzioni dei Poteri dello Stato.

Nulla di diverso da quelli che i Padri Costituenti misero alla base dei diritti fondamentali dei cittadini. Forse questo è il problema che ha dato il via alle polemiche: Renzi, ribadendo un principio liberale garantista affronta di petto l’insurrezione giustizialista che rischia di stravolgere le regole di uno Stato democratico e liberale: gli elettori scelgono chi deve governare ad ogni livello: solo una sentenza dell’ultimo grado di giudizio, può rimettere in discussione il mandato popolare, libero e sovrano. Il “garantismo” è un lusso? Beati gli Stati che possono permettersi di elevare a regola civile questo lusso.

Ottaviano Del Turco

Il Tempo, 10 luglio 2014