Ospedali Psichiatrici Giudiziari….. la tortura continua. Chiesta una nuova proroga


OPGLa relazione sugli Opg dei ministri Lorenzin e Orlando, dice che è “irrealistico pensare di eliminare le strutture” a breve. Si prospetta quindi un’ulteriore proroga per la chiusura definitiva degli Ospedali psichiatrici giudiziari (Opg).

Secondo la relazione sul Programma di superamento degli opg trasmessa al Parlamento dai ministri della Salute, Beatrice Lorenzin, e della Giustizia, Andrea Orlando, aggiornata al 30 settembre, sarebbe irrealistico pensare di chiudere le strutture entro il 15 marzo del 2015, come previsto dall’ultimo decreto legge.

“Nonostante il differimento al 31 marzo 2015 del termine per la chiusura degli Opg, sulla base dei dati in possesso del ministero della Salute – si legge nella relazione – appare non realistico che lo Regioni riescono a realizzare e riconvertire le strutture entro la predetta data. In caso di mancato rispetto dell’anzidetta data, ovvero in caso di mancato completamento delle strutture nel termine previsto dai programmi regionali, è ferma intenzione dei ministri attivare la procedura che consente al governo di provvedere in via sostitutiva. È quindi di nuovo auspicabile un ulteriore differimento del termine di chiusura degli Opg”.

Inizialmente dovevano essere 38 i milioni predisposti dallo Stato affinché le Regioni presentassero i programmi di conversione degli Ospedali psichiatrici giudiziari in strutture sanitarie alternative. Oggi, secondo l’ultimo aggiornamento del ministero della Salute e del ministero della Giustizia, la spesa è salita a 88,5 milioni di euro. I costi, dunque, continuano incredibilmente a lievitare. Tutta colpa della lentezza della macchina burocratica regionale che è da anni che dovrebbe chiudere quelli che Amnesty International ha definito “luoghi di tortura”, senza però ancora riuscirci. La vicenda è drammatica perché ci sono stati rinvii su rinvii.

Dapprima si pensava al 31 marzo 2013 come termine ultimo concesso alle Regioni per presentare appunto il programma di conversione. Ma non era stato sufficiente. E allora si va di proroga in proroga, Fino all’ultimo decreto firmato dal governo che ha posticipato il termine al 31 marzo 2015. L ‘ultima proroga aveva sollevato reazioni, in particolare quella del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che nel firmare il decreto legge aveva espresso “estremo rammarico, per non essere state in grado le Regioni di dare attuazione concreta a quella norma ispirata a elementari criteri di civiltà e di rispetto della dignità di persone deboli”.

Il Capo dello Stato aveva comunque “accolto con sollievo interventi previsti nel decreto legge per evitare ulteriori slittamenti e inadempienze, nonché per mantenere il ricovero in ospedale giudiziario soltanto quando non sia possibile assicurare altrimenti cure adeguate alla persona internata e fare fronte alla sua pericolosità sociale”. Il decreto legge del marzo scorso, infatti, prescrive che “il giudice disponga nei confronti dell’infermo o del seminfermo di monto l’applicazione di una misura di sicurezza diversa dal ricovero in Opg o in una casa di cura e di custodia, a eccezione dei casi in cui emergano elementi dai quali risulti che, ogni altra misura diversa dal ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario non sia idonea ad assicurare cure adeguate e a fare fronte alla sua pericolosità sociale”.

La nuova proroga che secondo la relazione ministeriale si renderà necessaria, “tuttavia dovrebbe essere accompagnata dalla previsione di misure normative finalizzate a consentire la realizzazione e riconversione delle anzidette strutture entro tempi certi; a tal fine si ritengono tuttora valide le proposte formulate nella precedente Relazione inviata al Parlamento: misure normative volte a semplificare e razionalizzare le procedure amministrative; possibilità di avvalersi del silenzio-assenso per le autorizzazioni amministrative richieste a livello locale”.

Con la nuova relazione trasmessa al Governo, quindi, si apprende che passera ancora molto tempo affinché gli Opg chiudano definitivamente. Se si considera che attualmente la regione Piemonte ha già previsto che dovranno passare altri 24 mesi per la realizzazione della struttura sanitaria alternativa, si arriverà dunque a fine 2016. Ancora peggio per la struttura sanitaria di Abruzzo e Molise: sono stati stimati 2 anni e 9 mesi. Si arriverà, in questo caso, all’estate del 2017. Nel frattempo gli internati continuano a vivere negli opg. Abbandonati e prigionieri.

Damiano Aliprandi

Il Garantista, 1 novembre 2014

Il Governo chiede l’ennesima proroga per la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari


opgÈ irrealistico pensare di chiudere gli Ospedali Psichiatrici giudiziari entro il 15 marzo 2015, come previsto dal decreto legge approvato nel marzo scorso. Servirà quindi un’ulteriore proroga. A lanciare l’allarme è la relazione sul Programma di superamento degli Opg trasmessa al Parlamento dai ministri della Salute, Beatrice Lorenzin, e della Giustizia, Andrea Orlando, aggiornata al 30 settembre.

“Nonostante il differimento al 31 marzo 2015 del termine per la chiusura degli Opg, sulla base dei dati in possesso del ministero della Salute – si legge nel documento – appare non realistico che le Regioni riescano a realizzare e riconvertire le strutture entro la predetta data.

In caso di mancato rispetto dell’anzidetta data, ovvero in caso di mancato completamento delle strutture nel termine previsto dai programmi regionali, è ferma intenzione dei ministri attivare la procedura che consente al governo di provvedere in via sostitutiva. È quindi di nuovo auspicabile un ulteriore differimento del termine di chiusura degli Opg”.

Già l’ultima proroga decisa aveva sollevato reazioni, in particolare quella del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che nel firmare il decreto legge aveva espresso “estremo rammarico, per non essere state in grado le Regioni di dare attuazione concreta a quella norma ispirata a elementari criteri di civiltà e di rispetto della dignità di persone deboli”.

Il Capo dello Stato aveva comunque “accolto con sollievo interventi previsti nel decreto legge per evitare ulteriori slittamenti e inadempienze, nonché per mantenere il ricovero in ospedale giudiziario soltanto quando non sia possibile assicurare altrimenti cure adeguate alla persona internata e fare fronte alla sua pericolosità sociale”.

Il decreto legge del marzo scorso, infatti, prescrive che “il giudice disponga nei confronti dell’infermo o del seminfermo di mente l’applicazione di una misura di sicurezza diversa dal ricovero in Opg o in una casa di cura e di custodia, ad eccezione dei casi in cui emergano elementi dai quali risulti che, ogni altra misura diversa dal ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario non sia idonea ad assicurare cure adeguate e a fare fronte alla sua pericolosità sociale”.

La nuova proroga che secondo la relazione ministeriale si renderà necessaria, “tuttavia dovrebbe essere accompagnata dalla previsione di misure normative finalizzate a consentire la realizzazione e riconversione delle anzidette strutture entro tempi certi; a tal fine si ritengono tuttora valide le proposte formulate nella precedente Relazione inviata al Parlamento: misure normative volte a semplificare e razionalizzare le procedure amministrative; possibilità di avvalersi del silenzio-assenso per le autorizzazioni amministrative richieste a livello locale”.

“Le misure normative di semplificazione appaiono necessarie in quanto l’iter procedurale richiesto per la progettazione e la realizzazione delle strutture si distanzia notevolmente dai termini previsti dalle precedenti proroghe”.

“Fermi restando i profili di sicurezza, il presupposto sostanziale perché questo percorso politico e amministrativo prosegua – sottolinea ancora la relazione ministeriale – è la maturazione di una nuova cultura, un nuovo modo di guardare alla chiusura degli Opg e delle problematiche connesse, una attenzione qualificata degli attori politici e dei mezzi di informazione. Si cercherà di lavorare con interventi volti a contrastare il pregiudizio nei confronti dei soggetti affetti da malattia mentale, pur se autori di fatti costituenti gravi reati”.

Dopo l’approvazione del decreto del marzo scorso, spiega ancora la relazione trasmessa al Parlamento, “si è rilevata una leggera ma costante diminuzione delle presenze” negli Opg, “che alla data del 9 settembre 2014 vede 793 internati presenti a fronte degli 880 alla data del 31 gennaio 2014. Questo dato va comparato con quello dei flussi degli ingressi che nell’arco di un trimestre si è valutato attestarsi mediamente intorno a circa 10 pazienti per ciascun Opg, per un totale di 67 persone a trimestre”. Nel periodo che va dal primo giugno 2014 (dopo la conversione in legge del decreto), al 9 settembre 2014 si è avuto l’ingresso di 84 persone”. Attualmente gli ospedali psichiatrici giudiziari sono 6: Aversa, Barcellona Pozzo di Gotto, Castiglione delle Stiviere, Montelupo fiorentino, Napoli, Reggio Emilia.

– LEGGI LA RELAZIONE AL PARLAMENTO (PDF)

Carceri, Radicali : i risarcimenti ai detenuti sono un fallimento, porteremo le prove alla Corte di Strasburgo


Isernia 1Ieri sera a Radio Carcere (la trasmissione condotta da Riccardo Arena su Radio Radicale) la Segretaria di Radicali Italiani, Rita Bernardini, ha parlato dello stop ai ricorsi pronunciato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per violazione dell’art. 3 della Convenzione (trattamenti inumani e degradanti).

Secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa, la Corte Edu nel respingere 19 ricorsi provenienti dall’Italia, ha dichiarato di “non avere prove per ritenere che il rimedio preventivo e quello compensativo introdotti dal governo con i decreti legge 146/2013 e 92/2014, non funzionino”. La Corte di Strasburgo ha inoltre deciso di mettere uno stop anche ai quasi 4.000 ricorsi ricevuti in questi anni dai detenuti delle carceri italiane.

“Come abbiamo già documentato al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa con il nostro dossier del 22 maggio (non consegnato per tempo ai delegati dalla burocrazia europea) – ha dichiarato la Segretaria di Radicali italiani, Rita Bernardini – proveremo che i rimedi previsti dal Governo italiano non solo sono umilianti per chi ha subito trattamenti equiparabili alla tortura, ma nemmeno funzionano per come è organizzata oggi la Magistratura di sorveglianza, inadeguata persino a rispondere alle istanze di ordinaria amministrazione avanzate dalla popolazione detenuta. Toccherà ancora una volta a noi e alle associazioni del mondo penitenziario armarsi di nonviolenza e di molta precisione e pazienza per impedire che la “peste italiana” della negazione di diritti umani fondamentali si diffonda anche in Europa. Lo faremo con i detenuti e le loro famiglie”.

http://www.radicali.it, 1 ottobre 2014

Lo Giudice (PD): “Approvato in Senato ODG sui minori in carcere”


Sergio Lo GiudiceL’estensione del limite di età, dai ventuno ai venticinque anni, per l’applicazione delle misure penali previste per i minorenni, sia accompagnata da misure adeguate. Questo il contenuto di un ordine del giorno presentato in Commissione Giustizia del Senato e fatto proprio dal Governo, relativo al decreto n. 92 in materia carceraria che sarà al voto nell’aula del Senato il prossimo 6 agosto. L’odg, sottoscritto dai senatori Pd Sergio Lo Giudice, Giuseppe Lumia, Rosaria Capacchione, Monica Cirinnà, Giuseppe Cucca, Rosanna Filippin e Nadia Ginetti segue un atto analogo assunto nei giorni scorsi dalla Camera su proposta della deputata Pd Sandra Zampa.

“L’intenzione di mantenere all’interno dell’ordinamento penale minorile i giovani fino ai venticinque anni che abbiano compiuto un reato da minorenne è in sé condivisibile – spiega Sergio Lo Giudice, primo firmatario della proposta -. Tuttavia questa scelta potrebbe avere contraccolpi negativi sull’organizzazione degli istituti penali minorili. Non è possibile progettare trattamenti analoghi per un ragazzo di quattordici anni e uno di ventiquattro, magari con già alle spalle un’esperienza precedente nel carcere per adulti. Per questo motivo abbiamo chiesto e ottenuto dal Governo di valutare tre interventi: erogare più risorse finanziarie e di personale agli istituti penitenziari minorili, differenziare gli interventi psico-pedagogici mirati alle diverse età dei soggetti, attivare specifici istituti a custodia attenuata utilizzando le strutture già disponibili nel circuito penale minorile”.

SENATO DELLA REPUBBLICA – XVII LEGISLATURA

COMMISSIONE GIUSTIZIA

Resoconto Sommario n. 135 del 30 Luglio 2014

ORDINE DEL GIORNO AL DISEGNO DI LEGGE (AL TESTO DEL DECRETO LEGGE N. 92/2014) N. 1579

Il Senato
premesso che:

il decreto-legge 26 giugno 2014, n. 92, recante disposizioni urgenti in materia di rimedi risarcitori in favore dei detenuti e degli internati che hanno subito un trattamento in violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nonché di modifiche al codice di procedura penale e alle disposizioni di attuazione, all’ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria e all’ordinamento penitenziario, anche minorile, all’articolo 5 detta una specifica disposizione relativa all’esecuzione delle pene detentive, delle misure cautelari, delle misure alternative e di sicurezza nei soggetti che abbiano compiuto da poco la maggiore età;

il succitato articolo 5 prevede che le disposizioni dettate in materia di esecuzione dei provvedimenti limitativi della libertà personale nei confronti dei minorenni si applichino a tutti i soggetti sottoposti a sanzione che non abbiano ancora raggiunto il venticinquesimo anno di età e non più il ventunesimo;

l’inserimento di un sia pur esiguo numero di detenuti e internati di età maggiore ai ventun’anni negli istituti penali minorili pone la necessità di affrontare con la massima attenzione il tema delicato della compresenza fra detenuti internati minori e altri di età più elevata

impegna il Governo:

a valutare la possibilità di erogare maggiori risorse finanziarie e di personale agli istituti penitenziari minorili presso i quali saranno assegnati i soggetti sottoposti a sanzione che abbiano già raggiunto il ventunesimo anno di età e non abbiano ancora raggiunte il venticinquesimo;

a valutare la possibilità di predisporre interventi psico-pedagogici mirati alle diverse età dei soggetti sottoposti a sanzione, volti a dare continuità ai percorsi rieducativi e contribuire al pieno recupero sociale degli stessi;

a valutare l’opportunità di attivare appositi e dedicati istituti a custodia attenuata per la fascia di detenuti e internati in questione, utilizzando a tale scopo spazi detentivi recuperati fra le strutture presenti nell’ambito del circuito penale minorile.

Lo Giudice , Lumia, Capacchione, Cirinnà, Cucca, Filippin, Ginetti

Carceri/Giustizia: le Camere Penali Italiane pronte a protestare contro il Governo


regina-coeli-carcereIl decreto legge che prevede risarcimenti per i reclusi ristretti nelle carceri in condizioni inumane “produrrà effetti opposti, addirittura ingiuriosi, nei confronti della collettività detenuta, se non sarà modificato in fase di conversione”.

L’allarme viene dall’Unione delle Camere Penali. “Se già è avvilente pensare di fissare nell’irrisoria cifra di 8 euro al giorno o di un giorno di sconto per ogni dieci di detenzione il risarcimento per essere stati ammassati come rifiuti umani in quelle discariche sociali che sono le carceri italiane, diventa intollerabile l’idea che questo possa essere il prezzo anche di atti classificabili come tortura”, affermano i penalisti, sottolineando la loro opposizione.

Su questo gli avvocati sono pronti alla protesta “più ferma”, ed è quello che faranno anche “se, come già sta avvenendo per quanto riguarda la marcia indietro sulla custodia cautelare con la modifica della norma che voleva finalmente marcare una inversione di tendenza inibendo il carcere, e solo il carcere, di fronte a pene suscettibili di futura sospensione in sede esecutiva, si tradurranno in iniziative concrete i propositi di riforma dell’appello e della prescrizione”.

“La politica – ammonisce l’Ucpi – dovrebbe imparare almeno dalla cronaca: se le proposte di abrogare, o comunque ridimensionare, l’appello e di bloccare la prescrizione al primo grado di giudizio fossero già state attuate, tutte le affermazioni di questi giorni sulla bontà del nostro sistema giudiziario sarebbero rimaste nell’armadio della demagogia, perché il processo in appello a Berlusconi non sarebbe stato celebrato. Riformare il sistema – concludono i penalisti – significa farlo progredire non riportarlo all’Ottocento”.

Doc 86 – UCPI_Oss. Carcere – La tortura no

Decreto detenuti, per la Commissione Affari costituzionali va rivisto il risarcimento di 8 euro


MontecitorioLa Commissione Affari costituzionali della Camera ha invitato la commissione Giustizia a valutare “se i criteri per la determinazione del quantum delle previsioni risarcitorie”, disposte dal dl Detenuti, “siano pienamente rispondenti ai principi stabiliti dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nella richiamata sentenza dell’8 gennaio 2013 (causa Torreggiani e altri contro Italia, ricorsi 43517/09 più altri riuniti) ed al principio di proporzionalità di matrice costituzionale”.

È questa la condizione contenuta nel parere favorevole della I commissione al decreto Detenuti che – tra le altre cose – prevede per le persone incarcerate in condizioni che violano la Convenzione europea dei diritti dell’uomo un risarcimento in termini di riduzione della pena o di denaro (8 euro per ogni giorno di detenzione in condizione “disumane”). Dai resoconti di seduta si capisce come una prima formulazione del parere, proposto dal presidente della I commissione Francesco Paolo Sisto, aveva suscitato le proteste del Pd.

La proposta iniziale di parere – che il deputato Pd Emanuele Fiano aveva chiesto di trasformare in semplice osservazione – si focalizzava non sui “criteri per la determinazione del quantum delle previsioni risarcitorie” (come nel parere poi approvato), ma direttamente sulle “previsioni risarcitorie”.

Fiano, commentando questa prima formulazione, aveva ribadito di ritenere “la misurazione effettuata nel provvedimento congrua rispetto ai dettati della Corte europea dei diritti dell’uomo”. Subito prima Gianni Cuperlo, membro della commissione Affari costituzionali, aveva annunciato il suo voto in dissenso dal gruppo esprimendo parere favorevole alla proposta di Sisto.

Public Policy, 19 luglio 2014

Carceri, Dopo il caso Torreggiani, 10 mila detenuti in meno in prigione


cedu strasburgoI reclusi nelle patrie galere sono scesi a 55.800, il minimo storico degli ultimi dieci anni, escluse le brevi boccate d’ossigeno dei provvedimenti di clemenza. Per la prima volta, negli ultimi 20 anni, si registra una diminuzione progressiva senza indulti e ammistie nonché il livello più basso nel rapporto tra posti regolamentari (49mila) e detenuti presenti. Il ministro della Giustizia Andrea Orlando quantifica in 10mila unità la riduzione rispetto alla sentenza Torreggiani della Corte di Strasburgo.

Merito sia della sentenza della Cassazione sulle droghe sia delle misure “svuota-carceri” approvate nei mesi scorsi. L’ultima è il decreto legge entrato in vigore il 28 giugno sia per risarcire (in danaro o con uno sconto di pena) i detenuti che abbiano subito una cerebrazione in tutto o in parte “inumana e degradante”, sia per escludere la custodia cautelare in carcere quando il giudice ritiene che, all’esito del giudizio, la pena da eseguire non sarà superiore a 3 anni (articolo 8 del dl).

Norma, quest’ultima che aveva provocato “l’allarme scarcerazioni” dell’Anm con riferimento a una serie di reati di “alta pericolosità sociale”: stalking, furti in abitazione, piccole rapine, maltrattamenti in famiglia ma anche reati dei colletti bianchi (dalla corruzione al finanziamento dei partiti ai reati finanziari).

Ieri, con il primo sì al dl carceri della commissione Giustizia della Camera, la norma è stata parzialmente corretta con un emendamento del relatore David Ermini (Pd), che esclude dal divieto di carcerazione preventiva i delitti a elevata pericolosità sociale, come mafia, terrorismo, rapina, estorsione, stalking, furto in abitazione, maltrattamenti in famiglia, lasciando aperte le porte del carcere anche quando non siano possibili gli arresti domiciliari per mancanza di un luogo idoneo. La correzione, invece, non riguarda i reati dei colletti bianchi, per ì quali le porte del carcere resteranno chiuse ogni volta che la “prognosi” del giudice sarà contenuta nei limiti dei 3 anni di pena definitiva. Dunque, per costoro resta soltanto l’ipotesi-domiciliari.

Alle critiche dell’Anm (“La “prognosi” non viene fatta sulla pena edittale, ma su quella concretamente irrogata, che quindi può ben scendere al di sotto del minimo previsto dalla legge”), Ermini replica che non è così: “La pena non va calcolata al lordo di riti alternativi e attenuanti generiche, ma con riferimento solo al minimo edittale, che per corruzione e concussione supera i 3 anni” spiega il relatore, buttando acqua sul fuoco.

Ma non convince Rodolfo Sabelli, presidente dell’Anm, secondo cui “la legge impone” di tener conto almeno delle “generiche”. In ogni caso, saranno a “rischio” scarcerazione (con passaggio agli arresti domiciliari) gli indagati per reati gravi come l’induzione (da 3 a 8 anni), l’abuso d’ufficio (da 1 a 4), i reati finanziari. “Se un giudice decide di mandare in prigione un indagato si prende una grossa responsabilità e quindi – conclude Ermini – potrà motivare che, allo stato, la pena finale si prospetta superiore a 3 anni”.

Il problema si è già posto – indirettamente – per Giancarlo Galan e per altri detenuti in attesa di giudizio: a maggio, prima dell’entrata in vigore del dl, i colletti bianchi in carcere erano “quasi raddoppiati” rispetto all’anno scorso e poiché il di si applica ai procedimenti in corso, molte carcerazioni preventive si stanno già trasformando in arresti domiciliari (ad uscire sono soprattutto gli appellanti, anche se condannati in primo grado).

Difficile quantificare visto che non ci sono automatismi. In generale, va registrata la quasi quotidiana uscita di 2-300 detenuti: l’emergenza sovraffollamento potrebbe quindi essere superata a breve. Il dl carceri andrà in aula tra venerdì e lunedì e dovrà essere convertito in legge entro il 26 agosto.

Oltre ai risarcimenti e al divieto (temperato) di custodia in carcere se la pena finale è contenuta in 3 anni, prevede anche l’ulteriore divieto del carcere preventivo nei confronti degli infra-venticinquenni. Finora il limite era 21 anni, ma il di stabilisce che nella fascia 21-25 anni spetterà al giudice valutare la situazione di pericolosità.

Donatella Stasio

Il Sole 24 Ore, 17 luglio 2014

Il Decreto Legge sul risarcimento per le torture ai detenuti ? L’ennesima buffonata


Carcere 2Se il nostro Paese pensava – dopo aver sfangato l’ennesima condanna da parte della Cedu (Corte Europea per i diritti dell’uomo) soltanto rimandano il discorso al prossimo anno – di risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri con il decreto legge 42/2014, presto si renderà conto di essersi sbagliato di grosso.

Soltanto tre giorni fa è entrato in vigore la nuova direttiva e già piovono critiche su critiche. In primis il decreto prevede lo sconto (oltre al risarcimento di 8 euro al giorno) di pena di un giorno per ogni detenuto che, secondo i parametri dell’Ue, costituisce “tortura”.

E quali sono questi parametri? La carcerazione vissuta in uno spazio inferiore a 7 metri quadrati. Viene da sorridere però perché le celle delle nostra patrie galere, almeno la stragrande maggioranza, non sono più grandi, in media, di 3 metri quadrati. Di conseguenza, ad essere torturati ogni giorno (e dunque risarciti) sarebbero praticamente tutti i detenuti che affollano le carceri.

In secondo luogo, l’approvazione di quanto previsto dal nuovo decreto legislativo, approvato ancora non si sa per quale motivo, è impossibile anche per altri motivi. Sia lo sconto di pena che il risarcimento non possono essere automatici. Perché? È impossibile quantificare quanti giorni reali un detenuto abbia subito di “tortura” se il “galeotto” in questione – come spesso capita- viene più volte trasferito da un carcere all’altro. Senza contare il fatto che, per analizzare i singoli casi di circa 50 mila reclusi, ci vorrebbero almeno centinaia di giudici. E solo pensarla questa cosa è inverosimile, vista anche la lentezza dei magistrati e dei processi che devono giudicare una persona colpevole o no. Quelle persone, per intenderci, che sono in carcere preventivamente in attesa di giudizio.

Se il Governo italiano pensava di sfuggire alla condanna della Cedu e sottarsi alle salatissime multe cui saremo sicuramente destinati a pagare, questo decreto legge rappresenta un autentico autogol. L’ennesimo in materia di carceri. C’è un altro dato che certifica la strategia folle dell’Italia ed è quello relativo ai soldi stanziati per i “risarcimenti”: 20 milioni di euro. Denaro che potrebbe essere investito tranquillamente per migliorare le condizioni fatiscenti delle nostre strutture carcerarie. Invece no, si preferisce dare soldi ai detenuti, piuttosto che farli vivere in una situazione quantomeno più dignitosa.

 Paolo Signorelli

http://www.lultimaribattuta.it, 15 luglio 2014

 

Carceri, Caos assoluto sul risarcimento ai detenuti. Magistratura di Sorveglianza al collasso


toga_avvocatoE’ in vigore dal 28 giugno il D.L. 92 del 2014, che dovrebbe offrire ristoro ai detenuti che abbiano vissuto in condizioni inumane e degradanti la loro carcerazione. Oltre all’abominio degli otto euro per ogni giorno di tortura a chi sia stato scarcerato, il decreto dispone che il detenuto, che abbia patito per più di 15 giorni (quindici giorni di tortura non hanno mai fatto male a nessuno! Per quelli, ti danno otto euro al giorno!) una carcerazione in condizioni tali da violare l’art. 3 della convenzione per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali, possa presentare, personalmente o a mezzo del difensore munito di procura speciale, un’istanza al magistrato di sorveglianza, chiedendo, a titolo di risarcimento del danno, una riduzione della pena detentiva da espiare pari a un giorno per ogni dieci durante i quali il richiedente ha subito il pregiudizio.

Se la carcerazione inumana e degradante si è patita o si patisce in custodia cautelare – che in ipotesi potrebbe non portare mai ad una condanna detentiva da espiare e sulla quale applicare la decurtazione – si può chiedere il risarcimento in denaro, i famosi 8 euro, al Tribunale del capoluogo del distretto dove si ha la residenza che deciderà in composizione monocratica.

Attenzione però. La domanda per chi è stato scarcerato, può essere proposta entro sei mesi dalla cessazione dello stato di detenzione o di custodia cautelare. Se, dunque, hai subito per anni l’orrore e l’afflizione di una carcerazione bestiale ma sei libero da più di sei mesi, nessun risarcimento ti è dovuto.

Se invece il detenuto aveva già adito la Corte di Strasburgo per denunciare la violazione dell’art. 3 della convenzione, può chiedere il risarcimento con le consuete modalità, entro sei mesi dall’entrata in vigore del decreto legge, solo se il suo ricorso non è già stato valutato in termini di ricevibilità. Ciò implica che è imposto al detenuto che affronta l’alea del giudizio a Strasburgo di rinunciare ex ante al risarcimento. Se è “intervenuta una decisione sulla ricevibilità” (dunque  anche se non è ricevibile?), il rimedio risarcitorio è precluso.

E’ già caos assoluto. Chi deve attestare, provare, certificare che lo stato di carcerazione del richiedente abbia in effetti violato la convenzione europea di riferimento? Sarà il detenuto ad affermarlo nel proporre l’istanza, ma chi verificherà l’effettività del patito e lamentato pregiudizio? Sarà il direttore del carcere a dover dire se nella cella del richiedente gli è stato concesso uno spazio vitale aderente alle normative europee? Se ha goduto dei tre metri quadri, tolto il mobilio, valutati come minimo spazio accettabile per una detenzione “umana”?

Direbbe il direttore di un carcere che nel suo istituto i detenuti sono o sono stati trattati come bestie? Si dovrà disporre perizia per misurare le celle e i metri fruibili per singolo ristretto? E se sì, a carico di chi sarà posto l’onere di liquidazione delle spese peritali? E se un detenuto lamenta una carcerazione inumana in tante carceri diverse, lontane tra loro, per essere stato trasferito come accade da una punta all’altra del nostro bel paese, si dovrà interpellare ogni carcere? Si dovrà fare istanza a ciascun magistrato di sorveglianza competente per territorio? Il decreto nulla dice. Le difficoltà applicative ed i dubbi interpretativi sono enormi.

La palla è nelle mani di una magistratura di sorveglianza già al collasso e già incapace di sopperire ad un carico di lavoro via via crescente cui a giorni si aggiungerà una valanga di richieste risarcitorie. I tempi delle decisioni si preannunciano lunghissimi, ben lontani dalla sostanza della decretazione di urgenza: provvedere con immediatezza a risolvere una situazione di imminente problematicità. Ai detenuti, già torturati o in immanente condizione di tortura, la triste constatazione che nulla è stato fatto.

Avv. Maria Brucale

Il Garantista, 03 Luglio 2014

Risarcimenti per detenzione inumana, in Gazzetta Ufficiale il Decreto Legge 92/2014


 Varata con decreto urgente la disciplina del rimedio “compensativo” richiesto dalla Corte di Strasburgo per la carcerazione in condizioni “disumane”.

È approdato infatti ieri nella Gazzetta Ufficiale 147 il decreto legge 92/2014 che introduce il rimedio giurisdizionale di carattere risarcitorio del danno sofferto dalle persone detenute e internate in condizioni contrarie alla dignità e all’umanità (articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo), richiesto dalla stessa alta Corte con la sentenza Torreggiani dell’8 gennaio 2013.

Il ricorso, la cui disciplina è contenuta nel nuovo articolo 35-ter, legge 354/75 (articolo 1, dl 92/2014), distingue tre possibili modalità di risarcimento, correlate essenzialmente alla durata del pregiudizio subito dai soggetti ristretti.

Se il danno consiste in una detenzione in condizioni contrarie all’articolo 3 della Convenzione, protrattasi per un perìodo di tempo non inferiore ai 15 giorni, su istanza presentata dal detenuto, personalmente ovvero tramite difensore munito di procura speciale, il magistrato di sorveglianza dispone, a titolo di risarcimento, una riduzione della pena detentiva ancora da espiare pari, nella durata, a un giorno per ogni dieci durante il quale il richiedente ha subito il pregiudizio (comma 1, articolo 35-ter).

Il comma 2, articolo 35-ter, prevede una seconda fattispecie, integrata qualora il residuo dì pena ancora da espiare non consenta l’integrale detrazione di pena prevista dall’ipotesi precedente. Subentra allora la liquidazione in favore del richiedente, in relazione al residuo periodo e a titolo di risarcimento del danno, una somma di denaro pari a 8 euro per ciascuna giornata nella quale questi ha subito il pregiudizio. Il magistrato di sorveglianza provvede negli stessi termini anche nel caso in cui il periodo di detenzione espiato in condizioni contrarie all’articolo 3 della Convenzione sia stato inferiore a 15 giorni.

Il comma 3, articolo 35-ter, regola la terza modalità risarcitoria, che concerne il danno sofferto in relazione a periodi di custodia cautelare in carcere non computabile nella determinazione della pena da espiare ai sensi dell’articolo 657, Cpp, ovvero i soggetti danneggiati che hanno terminato di espiare la pena detentiva in carcere. In questi casi, la domanda deve essere proposta, nel termine decadenziale di sei mesi dalla cessazione dello stato di detenzione o di custodia cautelare, di fronte al tribunale del capoluogo del distretto nel cui territorio i soggetti hanno la residenza. Il tribunale decide in composizione monocratica nelle forme di cui agli articoli 737 e seguenti, Cpc, con decreto non reclamabile, liquidando il danno nelle medesime forme sopra indicate.

L’articolo 2, di 92/2014, introduce una disciplina transitoria, modellata su quella prevista dall’articolo 6 della legge 89 del 24 marzo 2001 (“legge Pinto”), applicato le con riguardo a coloro che, alla data di entrata in vigore del decreto-legge, abbiano cessato di espiare la pena detentiva o non si trovino più in stato di custodia cautelare in carcere, i quali dovranno proporre l’azione risarcitoria di cui all’articolo 35-ter, comma 3, legge 354/75, entro se i mesi decorrenti dalla stessa data, a pena di decadenza.

Entro lo stesso termine, chi abbia già presentato ricorso alla Cedu per violazione dell’articolo 3, potrà formulare la domanda di risarcimento ai sensi dell’articolo 35-ter, qualora non sia intervenuta una decisione sulla ricevibilità del ricorso da parte della Corte europea, la domanda dovrà contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione della data di presentazione del ricorso alla Corte europea. La cancelleria del giudice adito informerà senza ritardo il Ministero degli affari esteri di tutte le domande presentate, nel t er-mine di sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto-legge.

Arresti domiciliari, si aspetta il braccialetto elettronico

Oltre al risarcimento per detenzione inumana, il decreto legge 92/2014 introduce altre importanti novità, che spaziano dall’ordinamento penitenziario, a quello minorile; dal Codice di procedura penale all’ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria.

Viene introdotto l’obbligo per il giudice di sorveglianza che provvede su richieste di provvedimenti incidenti sulla libertà personale di condannati da tribunali o corti penali internazionali, di darne immediata comunicazione al ministro della Giustizia, che informa il ministro degli Affari esteri e, qualora previsto da accordi internazionali, l’organismo che ha pronunciato la condanna (articolo 3). In ausilio agli uffici di sorveglianza viene prevista la possibilità di impiego degli assistenti volontari, sia pure con compiti meramente ausiliari (articolo 1, comma 2).

In materia di disciplina esecutiva degli arresti domiciliari disposti in sostituzione della custodia cautelare, è riformulato l’articolo 97-bis, disposizioni di attuazione del Codice di procedura penale: il giudice della cautela, in caso di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari, può autorizzare il differimento dell’esecuzione dell’ordinanza per il tempo necessario alle forze dell’ordine per acquisire la materiale disponibilità dei dispositivi elettronici di controllo (“braccialetto elettronico”).

In tema di ordinamento minorile, è modificato il testo dell’articolo 24 del Dlgs 272/1989, con estensione delle disposizioni in materia di esecuzione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale nei confronti dei minorenni a chi non ha ancora 25 anni.

Il dl 92/14 interviene, inoltre, con una rimodulazione della pianta organica del Corpo di polizia penitenziaria e abbrevia la durata del corso di formazione degli agenti e vice ispettori neoassunti. È anche disposto, per due anni, il divieto di comandi e distacchi del personale del dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria (articolo 6 e 7).

Il quadro delle riforme si chiude con la riformulazione del comma 2-bis dell’articolo 275 del Codice di procedura penale, con riguardo alle condizioni di applicabilità della custodia cautelare in carcere (che non potrà più essere disposta se il giudice ritenga che la pena detentiva da eseguire non sarà superiore a tre anni), per armonizzarne la disciplina la con le disposizioni dettate dall’articolo 656 del Codice di procedura penale, relativamente alle ipotesi di sospensione dell’esecuzione della pena detentiva (articolo 8, dl 92/2014).

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Fabio Fiorentin

Il Sole 24 Ore, 28 giugno 2014