Corigliano Rossano, organizzato torneo di calcio a 7 tra detenuti con l’Associazione Italiana Arbitri di Rossano


Nella Casa di Reclusione di Rossano, sita nella Città di Corigliano Rossano, grazie ad un Protocollo di Intesa stipulato tra la Direzione dell’Istituto rappresentata dal Dirigente Penitenziario Dott.ssa Maria Luisa Mendicino e l’Associazione Italiana Arbitri, Sezione di Rossano, rappresentata dal Presidente Dott. Francesco Filomia, sarà realizzato un importante progetto, promosso dall’Amministrazione Penitenziaria, denominato “Un calcio … all’indifferenza”, basato sulla integrazione sportiva, e che darà vita ad un torneo di calcio a 7 tra i detenuti, formato da 6 squadre, tutte appartenenti, per ovvie ragioni, allo stesso circuito detentivo.

Oltre all’organizzazione del torneo di calcio, il progetto, prevede anche delle giornate formative sul Regolamento del Gioco Calcio, finalizzato alla diffusione della cultura del rispetto delle regole dei soggetti che si trovano in espiazione di pena. In tale ambito di attività sono previste una serie di iniziative che coinvolgono i detenuti in un percorso di sensibilizzazione alla cultura del rispetto delle regole, individuando un valido strumento per acquisire consapevolezza del dovere sociale e trasmettere alla comunità un messaggio di legalità e rispetto di norme e regole, imprescindibile e necessario per il percorso di reintegrazione sociale cui la pena deve tendere, in ossequio al dettato costituzionale.

La Sezione di Rossano dell’Associazione Italiana Arbitri, dimostratasi sensibile alla tematica, collaborerà con l’Amministrazione Penitenziaria per l’attuazione del progetto, sia assicurando, a titolo gratuito, la presenza dei propri Arbitri per dirigere tutte le partite di calcio del torneo di calcio a 7 che si disputeranno nel Campo Sportivo della Casa di Reclusione di Rossano, sia coordinando le giornate formative relative al Regolamento del Gioco Calcio.

Sono soddisfatto per questa ennesima iniziativa realizzata nella Casa di Reclusione di Rossano, dichiara Emilio Enzo Quintieri, già Consigliere Nazionale dei Radicali Italiani. Da diversi anni sto sollecitando l’Amministrazione Penitenziaria per il rifacimento del Campo Sportivo dell’Istituto ma, nonostante le rassicurazioni pervenute, non è stato fatto alcunché. Solo recentemente, a seguito della mia insistenza, per quanto mi è stato comunicato, la Direzione dell’Istituto, ha trasmesso alla Cassa delle Ammende del Ministero della Giustizia, per il tramite degli Uffici Superiori, un progetto per il rifacimento del terreno di gioco. Speriamo che tale progetto venga al più presto approvato e si proceda al miglioramento del campo sportivo come già fatto presso gli altri Istituti di Paola, Castrovillari e Cosenza.

Corigliano Rossano, i Radicali ringraziano i Consiglieri per la proposta di istituzione del Garante dei Diritti dei Detenuti


Sono grato ai Consiglieri Comunali Francesco Madeo, Rosellina Madeo, Gino Promenzio e Aldo Zagarese, per essere stati sensibili ed aver ufficialmente presentato la proposta di istituzione del Garante dei Diritti delle persone detenute o private della libertà personale della Città di Corigliano Rossano, nel cui territorio ha sede uno degli Istituti Penitenziari più importanti della Regione Calabria. Nel contempo auspico che il Sindaco Flavio Stasi e l’Assessore Roberta Novellis, a cui mi sono rivolto più volte in questi mesi, sostengano la proposta in modo tale che si giunga, nel più breve tempo possibile, alla istituzione dell’Autorità Garante. Lo dichiara Emilio Enzo Quintieri, già Consigliere Nazionale di Radicali Italiani, esperto di diritto penitenziario e promotore della Legge Regionale che nel 2018 ha istituito anche in Calabria il Garante Regionale dei Diritti delle persone detenute o private della libertà personale. Nella giornata di ieri, infatti, i Consiglieri Comunali, hanno depositato la proposta ufficiale al Presidente della Commissione Affari Generali Domenico Rotondo, al Presidente del Consiglio Marinella Grillo ed al Sindaco Flavio Stasi.

Attualmente, nella Casa di Reclusione di Rossano, a fronte di una capienza di 263 posti, sono presenti 293 detenuti (indice di affollamento del 111%), 53 dei quali stranieri (prevalentemente albanesi, marocchini, rumeni, tunisini ed ucraini), con le seguenti posizioni giuridiche: 6 giudicabili, 4 appellanti, 15 ricorrenti e 268 definitivi di cui 38 ergastolani. La maggior parte dei detenuti (204 su 293) appartiene al Circuito dell’Alta Sicurezza (tra questi anche 18 detenuti imputati o condannati per terrorismo internazionale di matrice islamica) mentre 89 sono quelli che appartengono al Circuito della Media Sicurezza. All’interno dell’Istituto, diretto dal Direttore Reggente Maria Luisa Mendicino, lavorano 65 detenuti alle dipendenze dell’Amministrazione Penitenziaria mentre altri 5 lavorano alle dipendenze di datori di lavoro esterni (4 con la Ditta Pirri di Bisignano che gestisce il laboratorio di ceramica ed 1 con la Ditta Santoro di Corigliano Rossano che gestisce il laboratorio di falegnameria industriale). Altri detenuti (3) sono stati recentemente assunti ed impegnati nella riattivazione delle Serre presenti nell’Istituto. Quanto ai lavori di pubblica utilità, al momento, vi è solo un detenuto che lavora gratuitamente presso il Canile Municipale ed a breve anche tale attività sarà potenziata. Infatti è in corso una interlocuzione con il Comune, per impegnare altri 6 detenuti sul territorio, 4 da utilizzare per la manutenzione del verde pubblico ed altri 2 nella gestione del Canile Municipale.

E’ stato attivato il Polo Universitario Penitenziario che conta già numerosi iscritti all’Università della Calabria e, per quanto riguarda l’istruzione superiore, sono attivi tre primi periodi didattici, un secondo periodo didattico ed un terzo periodo didattico di cui un primo periodo didattico per l’indirizzo professionale alberghiero (di nuova istituzione) e due primi, un secondo ed un terzo periodo didattico per l’indirizzo tecnico di meccanica e meccatronica. Nell’ultima visita, prosegue l’ex Consigliere Nazionale dei Radicali Italiani, ho accertato che sono state effettivamente soppresse la I, II, III e IV classe dell’Itis per la Media Sicurezza nonostante contavano 55 iscritti e, per tale ragione, ho sollecitato le Autorità competenti ad attivare almeno un secondo periodo per tale indirizzo scolastico.

Ma non è tutto rose e fiori perché vi sono anche delle gravi criticità nell’Istituto. Infatti rispetto ad una pianta organica di 153 unità di Polizia Penitenziaria, il Comandante del Reparto Commissario Coordinatore Elisabetta Ciambriello, può contare solo su 126 unità tra uomini e donne. Tale carenza, oltre a tutti i disagi per il personale costretto ad estenuanti turni lavorativi, si ripercuote negativamente anche sui detenuti perché molte attività senza la vigilanza del personale non si possono svolgere. Ulteriori carenze vi sono nell’organico degli amministrativi e degli educatori. Anche sotto il profilo sanitario la situazione non è delle migliori, soprattutto per la presenza sempre più numerosa di soggetti con problematiche psichiatriche, alcuni dei quali anche con gravi patologie, difficilmente gestibili nella sede penitenziaria di Corigliano Rossano, sia perché non è attrezzata dal punto di vista strutturale e sia perché gli specialisti psichiatri sono insufficienti.

Per queste ed altre ragioni, conclude l’esponente radicale, l’istituzione del Garante dei Diritti delle persone detenute o private della libertà personale nella Città di Corigliano Rossano è assolutamente importante e necessario.

Permessi premio a detenuto, polemiche indegne del Consiglio Regionale e del Garante dell’Infanzia della Calabria


Leggo che il Consiglio Regionale della Calabria, nella seduta di ieri 10 ottobre, ha approvato un Ordine del Giorno di iniziativa del Consigliere Regionale Giuseppe Giudiceandrea (Democratici Progressisti), “Sulla vicenda sollevata dal padre di Fabiana Luzzi”, a quanto pare firmato da tutti i Capigruppo ed i Consiglieri Regionali presenti in Aula. In particolare, con il suddetto Ordine del Giorno, il Consiglio Regionale, ha deciso di contestare la concessione dei permessi premio a Davide Morrone, condannato per l’assassinio della giovanissima Fabiana Luzzi, di soli 16 anni, avvenuto il 24 maggio 2013 a Corigliano. “Era ciò che dovevamo al papà ed alla famiglia di Fabiana Luzzi e di tutte le donne vittime di femminicidio e violenza in Calabria” ha detto il Consigliere Regionale Giudiceandrea il quale ha riferito in Aula che l’assassino “sia uscito dal carcere ed è stato sottoposto ad una misura restrittiva meno afflittiva avendo già usufruito di ben tre permessi premio. Il fatto che in queste occasioni i genitori della 16enne che uccise, possano incontrarlo per le strade della propria città oltre ad essere assurdo, come lo trovano assurdo i familiari della giovane donna uccisa, contempla la possibilità di atti e schieramenti di affronto e violenza potenziale fra le persone, e la città di Corigliano Rossano non merita questo latente stato di tensione”.

“Benché nel rispetto della legge e della separazione dei Poteri dello Stato – ha continuato il Capogruppo di Democratici e Progressisti nel suo intervento – occorre un fermo intervento del Presidente e di tutta la Giunta, affinché anche per motivi di ordine pubblico oltre che di rispetto per le vittime di femminicidio in questo Paese, si facciano promotori di qualsiasi azione presso il Prefetto ed il Ministro di Grazia e Giustizia, affinché questa odiosa anomalia abbia fine, nel rispetto di chi ha diritto al recupero pieno al tessuto sociale dopo aver scontato la pena inflittagli dall’ordinamento giudiziario, ma anche e soprattutto della comunità di Corigliano Rossano, delle donne già vittime di violenza, di quelle che potrebbero subirla ma soprattutto alla famiglia di Fabiana Luzzi, la cui giovane vita, è bene ricordarlo ancora una volta, venne spezzata con inaudita violenza e nessuna umana pietà”.

Nei giorni precedenti anche il Garante Regionale dell’Infanzia e dell’Adolescenza della Regione Calabria Antonio Marziale, ha ritenuto opportuno intervenire pubblicamente in merito “sui permessi premio concessi all’assassino di Fabiana Luzzi, l’adolescente arsa viva dal fidanzato, anch’egli minorenne all’epoca dei fatti. Non voglio e, d’altro canto, non potrei, entrare nelle maglie del diritto, ma penso sia psicologicamente e socialmente sbagliata la tempistica. In cinque anni un soggetto non può maturare un pentimento pieno, non può interiorizzare il crimine commesso, che è da annoverarsi fra i più cinici mai compiuti”. “Certamente i magistrati hanno applicato quanto previsto dalla legge e indubbiamente il detenuto sarà fuori dal carcere prima dei 18 anni e 7 mesi cui l’ha condannato la Corte di Cassazione. Dunque, è dovere dello Stato metterlo in condizione di rientrare nella società quanto più possibilmente ravveduto e senza rappresentare un pericolo. Temo, però – ha precisato Marziale – che la concessione di premi così ravvicinati produca effetti più nefasti che positivi e, soprattutto, fa male ad una ferita ancora non rimarginata. Occorre tempo per lenire un dolore così forte, che non passerà mai del tutto, ed occorre altresì tempo perché chi ha ucciso con tanta ferocia elabori il male fatto”. Per il Garante Regionale dell’Infanzia e dell’Adolescenza della Calabria, “è necessario che il legislatore cominci seriamente a pensare ad una revisione di tali modalità, che vanificano, così come adesso sono poste in essere, il continuo perpetuarsi di convegni e manifestazioni contro il femminicidio. Non si può chiedere alla comunità educante di fare leva sulle giovani generazioni se poi lo Stato è così tanto velocemente magnanimo contro chi uccide, minorenne o maggiorenne che sia. La prevenzione è importante, ma non più della repressione”.

Oramai è diventato di moda, cavalcare l’onda populista, facendo demagogia e disinformazione per riscuotere gli applausi del popolo sovrano, soprattutto quello analfabeta ed incivile, anche per affrontare tematiche molto particolari e delicate, come quella in questione, di cui non si conosce proprio nulla. Questa ondata di sdegno e polemica, pur comprensibile da parte dei familiari della vittima, non è invece tollerabile da parte delle Istituzioni Pubbliche ed ancor di più da parte di chi, almeno in teoria, dovrebbe essere il Garante della promozione e tutela dei diritti delle persone di minore età, tra cui quelle private della libertà personale.

Preliminarmente, ebbene chiarire che Davide Morrone, non è mai stato sottoposto ad alcuna “misura restrittiva meno afflittiva” come affermato dal Consigliere Giudiceandrea perché la sua posizione, sin dal maggio 2013, è quella di persona detenuta in regime inframurario. Quindi nessuna “attenuazione” dello status detentionis vi è mai stata sino ad oggi per il condannato che sta continuando ad espiare la giusta pena (18 anni di reclusione) che gli è stata inflitta dall’Autorità Giudiziaria competente per l’orrendo delitto di cui si è reso responsabile durante la minore età, commesso per futili motivi per contrasti sentimentali, senza alcuna premeditazione e con la diminuente del vizio parziale di mente (gli è stato riscontrato una “grave patologia psichiatrica”) che ha grandemente scemato, senza del tutto escluderla, la capacità di intendere e di volere, come sentenziato sia dalla Sezione Minorenni della Corte di Appello di Catanzaro (17/12/2014) che dalla Corte Suprema di Cassazione (01/03/2016). Morrone, già da subito, infatti, per come dimostrano le relazioni psicologiche e comportamentali degli specialisti dell’Amministrazione Penitenziaria (Istituti Penitenziari Minorili di Catanzaro e Torino), ha posto in essere “un percorso progressivamente diretto alla presa di coscienza e di sincero pentimento rispetto al delitto commesso”.

Non c’è alcuna “odiosa anomalia” (come la chiama il Consigliere Regionale Giudiceandrea) di cui debba occuparsi il Prefetto o il Ministro della Giustizia poiché l’esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali nonché la concessione di benefici o misure penali di comunità, spetta esclusivamente all’Autorità Giudiziaria e, nel caso specifico, alla Magistratura di Sorveglianza Minorile (e non ad altre Autorità Amministrative o Politiche).

Quanto alle affermazioni del Garante Marziale che sollecita il legislatore a rivedere le modalità di concessione dei benefici ai detenuti, sicuramente non conosce che il legislatore proprio di recente, dopo un lungo e travagliato percorso – ad oltre quarant’anni di distanza dall’Ordinamento Penitenziario (Legge n. 354/1975 del 26/07/1975) e da quella disposizione transitoria dell’Art. 79 che estendeva la disciplina esecutiva prevista per gli adulti anche ai condannati minorenni – ha finalmente approvato l’Ordinamento Penitenziario Minorile con Decreto Legislativo n. 121/2018 del 02/10/2018, in attuazione dell’Art. 1 comma 81, 83 e 85 lett. p) della Legge delega n. 103/2017 del 23/06/2017, raccogliendo le sollecitazioni provenienti dalla Corte Costituzionale che già dal 1992 segnalava al Parlamento che l’assenza di ogni diversificazione nel regime trattamentale tra adulti e minorenni comprometteva «quell’esigenza di specifica individualizzazione e flessibilità del trattamento che l’evolutività della personalità del minore e la preminente funzione educativa richiedono» (Corte Costituzionale, Sentenza n. 125/1992 del 25/03/1992) nonché le indicazioni provenienti dalle fonti di diritto europeo ed internazionale relative ad una giustizia penale “a misura di minore” (Regole di Pechino del 1985, Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 1989, Regole dell’Avana del 1990, Convenzione Europea sull’esercizio dei diritti dei minori del 1996, le Raccomandazioni del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, etc.), già da tempo ratificate dall’Italia. Non si capisce, dunque, quale “revisione” il legislatore dovrebbe effettuare, visto che è stata appena varata (non è trascorso nemmeno un anno) una “legge speciale” relativa all’esecuzione penale minorile che regolamenta anche i “permessi premio” (si chiamano così perché differiscono dai “permessi di necessità” concedibili eccezionalmente per eventi luttuosi) ed in virtù della quale il detenuto Morrone, ha ottenuto la concessione dei benefici premiali !

Infatti, lo stesso, trovandosi ristretto prima in custodia cautelare e poi in espiazione di pena dal maggio 2013 ad oggi, ha “scontato” 6 anni di reclusione, ai quali vanno aggiunti i semestri per la liberazione anticipata pari ad 1 anno e 6 mesi, quindi 7 anni e 6 mesi di pena espiata rispetto ai 18 anni di reclusione che gli sono stati comminati. Orbene, l’Art. 30 ter c. 4 lett. b) dell’Ordinamento Penitenziario del 1975 prevede che al detenuto condannato ad una pena superiore a 4 anni di reclusione per poter avere accesso ai “permessi premio”, oltre ad una serie di requisiti, debba aver espiato almeno un quarto della pena (7 anni e 6 mesi sono più di un quarto di 18 anni). Qualcuno dirà (anzi lo ha già detto), ma si tratta di un omicidio per cui essendo reato ostativo (Art. 4 bis O.P.) avrebbe dovuto espiare almeno metà della pena ed invece così non è perché la “legge speciale” (Ordinamento Penitenziario Minorile del 2018) che deroga quella generale, all’Art. 2 c. 3, prevede che «Fermo quanto previsto all’Articolo 1, comma 1, ai fini della concessione delle misure penali di comunità e dei permessi premio e per l’assegnazione al lavoro esterno, si applica l’Articolo 4 bis, commi 1 e 1 bis, della Legge 26 luglio 1975, n. 354 e successive modificazioni.» Il reato di omicidio (Art. 575 c.p.) non rientra né nel comma 1 né nel comma 1 bis ma nel comma 1 ter dell’Art. 4 bis O.P. per cui si applica, come detto, l’Art. 30 ter c. 4 lett. b) O.P. che per l’ammissione al beneficio premiale prevede l’aver espiato almeno un quarto della pena in esecuzione.

Naturalmente per poter fruire dei benefici premiali, non basta solo aver espiato la pena, occorre avere mantenuto regolare condotta, non essere socialmente pericolosi, partecipato al trattamento e che tali benefici siano inclusi nel “progetto di intervento educativo” elaborato dall’Istituto Penitenziario Minorile in cui si è ristretti, secondo il principio della personalizzazione delle prescrizioni e della flessibilità educativa, previo ascolto del condannato, utile al recupero sociale e alla prevenzione del rischio di commissione di ulteriori reati. Tale progetto viene costantemente aggiornato, considerati il grado di adesione alle opportunità offerte, l’evoluzione psicofisica e il percorso di maturazione e di responsabilizzazione, assicurando la graduale restituzione di spazi di libertà in funzione dei progressi raggiunti nel percorso di recupero. Ciò in piena linea con quanto, tra l’altro, stabilisce la Convenzione delle Nazioni Unite del 1989 che riconosce al minore condannato «il diritto ad un trattamento tale da favorire il suo senso della dignità e del valore personale» e prescrive da ultimo che la detenzione o l’imprigionamento devono «costituire un provvedimento di ultima risorsa ed avere la durata più breve possibile».

Sempre con riferimento alla “tempistica” di concessione del permesso premio, sollevata dal Garante Regionale dell’Infanzia (evidentemente, per lui, sono pochi 7 anni e 6 mesi di carcerazione), mi pare doveroso evidenziare come per il condannato alla pena dell’ergastolo siano richiesti, per l’ammissione ai benefici premiali, solo 10 anni di pena espiata. Credo che, detto questo, non ci sia più bisogno di aggiungere altro al riguardo !

Emilio Enzo Quintieri

già Consigliere Nazionale Radicali Italiani