Carceri Minorili, Per l’Italia 40 anni di ritardo e di silenzi. La Riforma Penitenziaria dorme al Senato


Carcere Minorile TrevisoIl nostro sistema penitenziario, nonostante l’impegno di tanti direttori e associazioni, continua a presentare troppe lacune. Dalle strutture inadeguate ai servizi scolastici insufficienti fino al personale non specializzato. La denuncia del rapporto di Antigone. Quarant’anni di ritardo e di silenzi. È il lontano 1975 quando viene approvata la legge penitenziaria in Italia. E già in quella legge era previsto che fosse approvato uno specifico ordinamento penitenziario minorile, cosa chiesta più volte anche dalla Corte Costituzionale.

Peccato però che l’appello sia rimasto inascoltato. E così “spesso applichiamo a ragazzi e ragazze le stesse regole detentive degli adulti”, commenta Patrizio Gonnella, presidente dell’Osservatorio Antigone, che proprio oggi presenta “Ragazzi fuori”, il terzo rapporto sugli istituti penali per minori. Basti questo: solo grazie ad una sentenza arrivata nel 1994 si è dichiarata l’inapplicabilità della pena dell’ergastolo per i minorenni. Una follia che è rimasta in piedi per quasi vent’anni e che è stata scongiurata solo grazie all’intervento della magistratura, nella negligenza delle istituzioni.

Ci vogliono, dunque, “regole tendenziali e specifiche per i minori”, continua Gonnella, a commento del rapporto di Antigone. Un rapporto in chiaroscuro, dato che a fare da contraltare ai biblici ritardi della politica c’è l’impegno concreto di associazioni e volontari che si fanno carico, giorno dopo giorno, dell’istruzione e dell’inserimento nella società di tanti minorenni o dei “giovani adulti” (i ragazzi fino a 25 anni detenuti nelle carceri minorili). Senza dimenticare le strade alternative ai penitenziari che, specie negli ultimi anni, hanno preso piede, dalle comunità fino alla cosiddetta “messa alla prova”, una valida alternativa non solo al carcere ma anche allo stesso processo, come vedremo.

Meno detenuti non significa più reati. Insomma, a differenza degli “eccessi di incarcerazione che ci sono stati per gli adulti”, il sistema della giustizia minorile ha retto nel tempo, nonostante i ritardi accumulati. E questo proprio perché “per tantissimi ragazzi la risposta finale non è il carcere, grazie alle molteplici formule alternative che nel tempo hanno funzionato”.

Oggi, stando ai dati resi noti dall’Osservatorio, sono infatti solo 449 i ragazzi, dai 14 ai 25 anni, rinchiusi negli istituti penali. Un numero che si è mantenuto stabile negli ultimi 15 anni e che, tenendo a mente la serie storica, è diminuito drasticamente dagli 8.521 del 1940, sceso poi a 2.638 nel 1960 e a 858 nel 1975. Per quanto riguarda gli ingressi totali in un anno, anche in questo caso ci troviamo davanti ad un andamento decrescente, essendo passati dai 1.888 ingressi del 1988 ai 992 del 2014. I minori detenuti, dunque, restano pochi, nonostante siano circa 37 mila i procedimenti davanti al Gip o al Gup nei confronti di minorenni, frutto delle pratiche che si sono via via accumulate – altro vulnus tutto italiano – negli uffici dei tribunali.

Ma dai dati forniti da Antigone emerge anche un altro aspetto molto interessante e che, forse, potrebbe essere da esempio per il sistema carcerario tout-court: non solo la carcerazione non è l’unica risposta, ma spesso non è nemmeno la più saggia. Prendiamo i collocamenti in comunità: tra il 2001 ed il 2014 si è passati da 1.339 ai 1.987 del 2014. E poi c’è la “messa alla prova”, come detto.

“L’istituto – dicono da Antigone – non rappresenta solo un’alternativa al carcere, ma allo stesso processo, che viene sospeso durante la messa alla prova. Se la misura avrà buon esito, alla sua conclusione il reato verrà dichiarato estinto”. Si tratta di un istituto in forte espansione, tanto che si è passati dai 788 provvedimenti del 1992 ai 3.261 del 2014, con un incremento di quasi quattro volte. Ma non è finita qui. Perché la varietà di risposte differenti dalla mera carcerazione ha portato ad un altro risultato molto interessante: “meno detenuti non significa più reati”, commenta l’Osservatorio. Nell’anno appena trascorso, infatti, sono stati solo 23 i reati gravi (omicidi volontari o tentati omicidi), “numeri – dice Gonnella – che dobbiamo ovviamente cercare di limitare ancora, ma che sono molto più bassi rispetto a quelli che si registrano in altri Paesi europei o negli Stati Uniti”.

Ragazzi di serie B. Il ricorso al carcere, dunque, è stato in qualche modo contenuto. Resta, tuttavia, l’altro lato della medaglia: proprio per la serie di risposte alternative alla detenzione, si legge nel dossier, il carcere per i minori “diviene ancor più che per gli adulti il luogo degli esclusi, di coloro che, per le più disparate ragioni, non sono riusciti ad imboccare nessuno dei molti percorsi che avrebbero consentito una alternativa all’istituto penale per minori”.

Veri e propri ragazzi di “serie b” se si considera che, nella maggior parte dei casi e salvo rare eccezioni, parliamo di stranieri, rom e giovani provenienti dalle periferie degradate delle grandi città del Sud: “Il profilo di fatto discriminatorio per alcuni gruppi delle alternative alla detenzione resta dunque ancora molto preoccupante”. E non potrebbe essere altrimenti, dato che i minori sono costretti a vivere in strutture, nonostante l’impegno dei direttori e dell’associazionismo che gravita attorno ai penitenziari, molto carenti e concepite per una detenzione per nulla dissimile da quella per gli adulti. “Va invece costruito un nuovo modello di permanenza – sottolinea ancora Patrizio Gonnella – che poco abbia a che fare con la prigione. Il ragazzo deve poter affermare e percepire di non essere finito in un carcere”.

Il viaggio negli istituti per minori. Partiamo da Catania. Qui la struttura è nata fin dall’inizio per ospitare un carcere. Anche dal punto di vista urbanistico, la troviamo situata vicino alla casa circondariale per adulti. La stessa cosa avviene a Bari. L’istituto penale per minori di Cagliari, addirittura, fu pensato in origine come carcere con sezioni di alta sicurezza per adulti. E mantiene tutt’oggi quell’impostazione, tanto che anche la distanza dal centro abitato non è colmata dal servizio di trasporto pubblico urbano, disincentivando in questo modo i rapporti con il territorio circostante, con le famiglie, con gli amici, con il volontariato. La situazione non è dissimile al Nord. A Treviso, ad esempio, l’istituto è perfino una parte del carcere per adulti.

Ma i problemi non sono solo strutturali. Anche i servizi, in molti casi, sono insufficienti. E così, per dire, gli istituti non offrono ai ragazzi la possibilità di collegamenti alla rete internet. Un deficit non trascurabile oggi, “quando tutto il sistema dell’informazione, del lavoro e più in generale delle relazioni e della conoscenza viaggia on-line”. Ma non basta. Rispetto a quanto accade per gli adulti, dovrebbe essere concepito in maniera differente anche il rapporto con famiglie e persone care. Oggi si prevede, al pari dei detenuti adulti, un massimo di sei ore di colloquio visivo al mese con i propri parenti, un vincolo negativo rispetto agli amici, un massimo di quattro telefonate mensili di dieci minuti l’una.

“Quando si tratta di adolescenti e giovani – scrive Antigone – questi limiti vanno del tutto aboliti, al fine di facilitare la permanenza di rapporti con i nuclei familiari d’origine”. Ma la gravità nel concepire gli istituti penali per minori alla stregua di quelli per adulti, è evidente anche dal ricorso all’isolamento. Infatti, accanto alle decisioni meritorie dei direttori che scelgono di non applicarlo, a Roma, seppur eccezionalmente, vengono usate un paio di celle appositamente destinate all’isolamento, mentre a Catania è previsto che il ragazzo in punizione non segua nemmeno le lezioni scolastiche.

La questione diventa ancora più delicata se pensiamo alla popolazione minore straniera negli istituti. “Per loro – sottolinea ancora Antigone – vanno superati tutti i vincoli previsti dalla legge Bossi-Fini sull’immigrazione in ordine al rinnovo o alla concessione dei permessi di soggiorno”.

Ogni offerta formativa e di recupero sociale, di fronte a una prossima espulsione, perde altrimenti di senso. Vanno liberalizzati i contatti telefonici con parenti all’estero anche se le telefonate sono dirette a cellulari (come avviene meritoriamente a Bari), per non precludere ingiustificatamente contatti con genitori e fratelli che molto spesso non hanno utenze telefoniche fisse (si pensi ai rom non italiani). Ma, soprattutto, bisognerebbe tener conto delle necessità linguistiche, culturali e sociali dei ragazzi non italiani, cosa che oggi non sempre accade. A cominciare dalla presenza di interpreti, traduttori e mediatori culturali, la cui presenza è minima. Lo staff penitenziario, nella maggior parte dei casi, non colma le lacune di comunicazione. E pochi conoscono l’inglese e il francese. Nessuno, com’è ovvio, l’arabo.

Insomma, la presenza di educatori, e più in generale di operatori sociali, è del tutto insufficiente. Paradigmatica la situazione di Catanzaro, dove troviamo 36 agenti e solo 8 educatori che devono occuparsi dei 17 detenuti. Per non parlare delle carenze nell’insegnamento a causa della mancanza di personale specializzato. Basti questo: aldilà di lezioni online rintracciabili sul web, l’ultimo corso specifico attivato dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, della durata di un solo mese, risale al 1987. Ed ecco che allora gli insegnanti sono spesso semplicemente volontari. Quando va bene. Perché in alcuni casi non sono affatto previsti corsi di alfabetizzazione linguistica, come nel caso di Roma e Bologna sebbene qui vi siano molti ragazzi stranieri.

Gli esempi da seguire. Non mancano, però, singoli esempi meritori. Come detto, infatti, nel ritardo istituzionale che ha condannato le strutture per minori ad essere concepite come quelle per gli adulti, i singoli istituti si muovono per garantire, nei limiti delle loro disponibilità economiche, condizioni ottimali di apprendimento. A Catania è stato attivato un protocollo d’intesa con una biblioteca comunale che, oltre ad offrire il servizio di prestito libri, organizza un laboratorio di scrittura creativa; a Catanzaro i minori sono stati portati in visita al museo di Reggio Calabria dove sono conservati i Bronzi di Riace; a Palermo è stato attivato un progetto di incontri seriali tra i detenuti e diversi scrittori siciliani.

Tanti sono gli esempi positivi anche per quanto riguarda l’ambito dell’inserimento lavorativo. Risulta, infatti, che “pur tra tante difficoltà, vi sono istituti con una significativa offerta formativa e con la capacità di attrarre finanziamenti da enti locali e da privati, soprattutto quando vi è carenza di fondi istituzionali, con interessanti sperimentazioni di inserimento lavorativo”. E così, accanto alle collaborazioni con associazioni ed enti di formazione, ci sono veri e propri laboratori professionali, per lo più artigianali ma anche alcuni con le strumentazioni professionali di panetteria, pasticceria, cioccolateria che prevedono la vendita dei prodotti all’esterno degli istituti (soprattutto a Torino, Milano e Palermo).

Alcuni istituti, ancora, offrono ai ragazzi un servizio di orientamento con l’apertura di uno sportello permanente (Milano, Torino, Roma, Potenza, Catanzaro). Senza dimenticare le interessanti esperienze di borse lavoro, tirocini, apprendistato, work experience, simulazioni di impresa, ormai una realtà consolidata in istituti come il “Beccaria” di Milano.

L’ultimo atto di coraggio. Ed ecco che, allora, il cerchio si chiude. “Tutto è lasciato all’intraprendenza dei singoli istituti, ma ora è necessario fare un ultimo passo e avere coraggio”, commenta ancora Patrizio Gonnella. L’atto di coraggio che si chiede è quello di onorare un impegno preso 40 anni fa, di modo da far sì che per legge gli istituti penali per minori obbediscano a regole differenti da quelle per il sistema carcerario per adulti.

La palla ora è in mano al Parlamento: è infatti in discussione una proposta di legge delega di riforma del codice penale, di procedura penale e dell’ordinamento penitenziario. Tra i punti della legge delega, vi è appunto quello relativo alla previsione di nuove norme penitenziarie specifiche per i minorenni e per i giovani adulti. “Il testo della delega su questo tema – commenta Antigone – consentirebbe la costruzione di un nuovo ordinamento penitenziario minorile in sede di esercizio della delega stessa da parte del Governo”. Ma ecco la domanda: a che punto siamo? La proposta di legge, dopo essere stata approvata dalla Camera e trasmessa al Senato, è ferma da settembre. Mai cominciata la discussione né mai iniziato l’esame in commissione. Nella speranza che qualcuno, prima o poi, se ne ricordi.

Carmine Gazzanni

L’Espresso, 9 novembre 2015

Catanzaro, i Pm fanno danni e lo Stato paga. 26 mila euro di risarcimento per il collega Magistrato ingiustamente indagato


tribunale_catanzaroL’ultimo errore giudiziario “inescusabile” che lo Stato dovrà risarcire chiama in causa il sindaco di Napoli ed ex “toga” Luigi De Magistris. La legge Vassalli sulla responsabilità civile dei magistrati, da pochi giorni soppiantata dalle nuove norme del governo Renzi, ha concluso i suoi 27 anni di applicazione con un caso clamoroso: Palazzo Chigi dovrà risarcire 22.400 euro (circa 26mila con le rivalutazioni Istat), tra danni e spese legali, in favore di Paolo Antonio Bruno, magistrato di Cassazione che la procura di Catanzaro, nel 2004, aveva perquisito e indagato per concorso in associazione mafiosa. A firmare quel provvedimento, poi rivelatosi abnorme, erano stati l’allora procuratore capo di Catanzaro Mariano Lombardi (deceduto nel 2011), il pm De Magistris (dimessosi dalla magistratura a fine 2009 per entrare in europarlamento con l’Idv di Di Pietro) e l’aggiunto Mario Spagnuolo (ora procuratore capo a Vibo Valentia).

A condannare lo Stato per almeno due “errori inescusabili”, commessi dalla procura di Catanzaro ben 11 anni fa, è stato il mese scorso il Tribunale civile di Salerno con motivazioni che pesano come macigni e ora aprono una serie di interrogativi: il governo avrà o no l’obbligo di rivalsa entro due anni su De Magistris, ora che non è più in magistratura? Varranno le vecchie norme della Vassalli o quelle più salate della nuova legge Orlando (fino alla metà dell’annualità dello stipendio)? In assenza di una norma transitoria, vige l’incertezza sui procedimenti pendenti. Agli atti resta però un fatto: in dieci anni, il nono e ultimo caso di condanna dello Stato per un errore giudiziario, valutato sulla base della Vassalli, tocca la procura di Catanzaro, finita tra il 2006 e il 2008 nell’occhio del ciclone.

Le inchieste “Toghe lucane”, “Why Not” e “Poseidone” aprirono una stagione di guerre intestine alla magistratura (De Magistris intercettò alcuni colleghi e avviò un conflitto col suo capo Lombardi) e di scontro frontale con la politica (nel registro degli indagati, poi archiviati, finirono anche l’allora premier Prodi e l’ex Guardasigilli Mastella).

Il giudice Paolo Antonio Bruno si era trovato coinvolto in una precedente inchiesta di Catanzaro che, il 9 novembre del 2004, aveva portato all’arresto di sei persone, tra cui l’ex parlamentare forzista Matacena, accusate a vario titolo di associazione a delinquere di stampo mafioso e minaccia a un corpo giudiziario. L’ipotesi di De Magistris era la seguente: a Reggio Calabria ci sarebbe stato un comitato di affari che avrebbe cercato di condizionare i magistrati della Dda per bloccare le inchieste. Tra i 34 indagati anche il consigliere di Cassazione Bruno. Il quale aveva solo una “colpa”: essere nato a Reggio. Il filone principale fu chiuso con l’assoluzione in primo grado di tutti gli imputati.

E anche il giudice Bruno ha avuto ragione in toto. Il gup di Roma, competente per territorio e al quale Catanzaro ha inviato gli atti in ritardo, dopo averli girati per errore a Perugia, ha archiviato tutte le accuse. E lo ha fatto, scrive il Tribunale di Salerno che ha condannato lo Stato, “non già in forza di sopravvenienze investigative, ma sulla base della mera presa d’atto che fin dall’inizio mancava qualsiasi elemento, sia pure di mero sospetto, idonea a sorreggere l’accusa come prospettata”. Le indagini, poi, hanno avuto una “durata assolutamente irragionevole”, senza contare che il magistrato perquisito non è mai stato interrogato, nonostante lo avesse chiesto per oltre un anno.

Silvia Barocci

Il Messaggero, 2 marzo 2015

Rossano, Ergastolano vince battaglia contro il Carcere ed il Magistrato di Sorveglianza di Cosenza


Carcere di RossanoFinalmente, uno dei tanti abusi commessi nel Carcere di Rossano, in Provincia di Cosenza, grazie alla pervicace azione di denuncia di un ergastolano, è stato censurato. Nelle scorse settimane, il Tribunale di Sorveglianza di Catanzaro (Onorati, Presidente, Cerra, Giud. Est.) ha, infatti, annullato i provvedimenti adottati dal Comandante di Reparto Facente Funzioni della Polizia Penitenziaria, poi ratificati dal Direttore dell’Istituto e infine confermati dal Magistrato di Sorveglianza di Cosenza Sergio Caliò. A darne notizia è l’esponente radicale calabrese Emilio Quintieri che unitamente all’Onorevole Enza Bruno Bossio, Deputato del Partito Democratico e membro della Commissione Bicamerale Antimafia, segue da tempo (anche) la situazione del penitenziario rossanese. Lo scorso mese di Agosto, Vincenzo Rucci, detenuto appartenente al Circuito dell’Alta Sicurezza (As3), precedentemente ristretto presso la Casa Circondariale di Catanzaro, giusta disposizione ministeriale, faceva ingresso nella Casa di Reclusione di Rossano. Essendo un ergastolano ostativo con fine pena “mai” e dovendo espiare la sanzione penale dell’isolamento diurno ancora per un anno, su disposizione del Comandante Facente Funzioni della Polizia Penitenziaria veniva allocato nel Reparto di Isolamento poiché a causa del sovraffollamento non vi era la possibilità di allocare lo stesso, da solo, in alcuna camera detentiva poichè tutte occupate da altri ergastolani e da detenuti con problematiche di carattere psichiatrico. Per tale motivo il sottufficiale della Polizia Penitenziaria chiedeva al Direttore di ratificare il provvedimento adottato in via d’urgenza e di intercedere con l’Autorità Giudiziaria affinchè la pena accessoria dell’isolamento diurno venisse temporaneamente sospesa in attesa che in quella Casa di Reclusione vi fossero le condizioni idonee per garantire al detenuto la continuazione dell’esecuzione della sanzione penale.

Il Direttore, previa ratifica e condivisione del provvedimento adottato, chiedeva ed otteneva dal Magistrato di Sorveglianza di Cosenza, con Decreto n. 3121/2014 del 13/08/2014, la sospensione dell’isolamento diurno per la restante parre di sanzione non ancora eseguita e, comunque, fino alla decisione definitiva del Tribunale di Sorveglianza di Catanzaro a cui venivano trasmessi gli atti. Il Magistrato di Sorveglianza accoglieva la richiesta del Direttore in virtù di quanto disposto dall’Art. 684 comma 2 del Codice di Procedura Penale.

Il detenuto Rucci, immediatamente, proponeva reclamo al Tribunale di Sorveglianza di Catanzaro, denunciando la irritualità ed illegalità del provvedimento adottato dal Magistrato di Sorveglianza su richiesta del Direttore del Carcere in quanto la norma invocata non aveva nulla a che vedere con l’isolamento diurno ma riguardava tutt’altro per cui era inammissibile. Chiedeva, quindi, di annullare il provvedimento impugnato ripristinando immediatamente l’isolamento diurno considerando tutto il periodo trascorso come sanzione penale espiata. Il Tribunale di Sorveglianza di Catanzaro, all’esito di una Camera di Consiglio, con Ordinanza nr. 1150/2014 del 02/10/2014, accoglieva il reclamo proposto dal detenuto Vincenzo Rucci, poiché non ricorrevano i presupposti per la sospensione dell’isolamento diurno e, pertanto, revocava con efficacia ex tunc il provvedimento emesso dal Magistrato di Sorveglianza di Cosenza in data 13/08/2014 ritenendo come sanzione espiata il periodo trascorso durante la sospensione illegale.

L’isolamento diurno è una vera e propria sanzione penale e non una modalità di esecuzione della pena detentiva. Non essendo, quindi, una modalità di vita o di disciplina carceraria, ma una risposta sanzionatoria per i delitti concorrenti con qello punito con l’ergastolo, il Magistrato di Sorveglianza non può disporre modalità esecutive tali da renderlo privo di contenuto effettivo. Nella fattispecie sia il Direttore del Carcere che il Magistrato di Sorveglianza – dichiara l’esponente radicale Emilio Quintieri – hanno travalicato le loro competenze occupandosi di una modalità esecutiva dell’isolamento diurno che non gli competeva. Anche in presenza di gravi ragioni ostative, ivi compreso il sovraffollamento, l’Amministrazione Penitenziaria è tenuta a dare obbligatoriamente attuazione all’esecuzione delle sanzioni penali legalmente disposte dall’Autorità Giudiziaria non essendo prevista dall’Ordinamento alcuna discrezionalità al riguardo.

Catanzaro: Detenuto salvato dal suicidio per un pelo… ma ora aiutate Fabio Pignataro


10469776_786327044759501_4692306044271438006_nHa tentato di impiccarsi con un cappio rudimentale nella sua cella all’interno del reparto di isolamento del carcere di Catanzaro Siano ma, per fortuna, è stato salvato in extremis dai sanitari e dalla polizia penitenziaria. Grazie alla immediata denuncia del radicale Emilio Quintieri e l’immediata attenzione della deputata del Pd Enza Bruno Bossio, l’amministrazione penitenziaria ha sospeso il regime 14 bis a cui era sottoposto. L’autore del disperato ed estremo gesto è il detenuto Fabio Pignataro, proveniente dal famigerato carcere di Rossano – vicenda raccontata anche dal Garantista – dove, grazie alla visita ispettiva condotta dalla deputata Enza Bruno Bossio, aveva denunciato di aver subito pestaggi dalla polizia penitenziaria perché avrebbe tentato di evadere.

Aveva già messo il cappio al collo quando davanti alla sua cella, per fortuna, si sono presentati i sanitari per la somministrazione della terapia ed una volta accortisi di quanto stava accadendo, hanno allertato il personale di polizia penitenziaria ed insieme sono riusciti a salvarlo.

A darne notizia è l’esponente radicale calabrese Emilio Quintieri che ha colto l’occasione per chiedere all’Amministrazione penitenziaria ed alla magistratura di sorveglianza di Catanzaro di intervenire, per quanto di competenza, per valutare la sospensione – quantomeno temporanea -del regime di sorveglianza particolare nei confronti di questo detenuto, per prevenire ulteriori atti autolesionistici o suicidari.

Il pestaggio da parte della Polizia Penitenziaria, sul quale la Procura della Repubblica di Castrovillari ha aperto un fascicolo, venne denunciato dal Pignataro all’onorevole Enza Bruno Bossio, deputato del Partito democratico e membro della Commissione Bicamerale Antimafia, durante la visita ispettiva “a sorpresa” effettuata lo scorso 9 agosto al Carcere di Rossano.

Una vicenda che l’on. Bruno Bossio, ha espressamente richiamato nella sua interrogazione a risposta in commissione, indirizzata ai ministri della Giustizia, della Salute e del Lavoro e delle Politiche sociali del governo Renzi, presentata alla Camera dei Deputati durante la 291esima seduta del 16 settembre.

Il radicale Quintieri, non appena venuto a conoscenza del tentato suicidio del detenuto Pignataro, ne ha immediatamente informato la parlamentare democratica, la quale ha chiesto immediatamente delucidazioni al dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del ministero della Giustizia.

“Avevo già evidenziato – denuncia il radicale Quintieri – che quei detenuti ristretti a Rossano tenuti per lungo tempo in isolamento, erano a rischio suicidio. Ieri, a Catanzaro, per fortuna, è stato evitato il peggio. Il suicidio è spesso la causa più comune di morte nelle carceri. Gli istituti penitenziari hanno l’obbligo di preservare la salute e la sicurezza dei detenuti, ed un eventuale fallimento di questo mandato può anche essere perseguito penalmente.

Il metodo più utilizzato per il suicidio è l’impiccamento, messo in atto il più delle volte, durante l’isolamento”. Il radicale calabrese prosegue dicendo che “gli studi effettuati hanno dimostrato che esiste una torte associazione tra il suicidio dei detenuti ed il tipo di alloggio assegnato. Nello specifico, un detenuto posto in isolamento, o sottoposto a particolari regimi di detenzione (specialmente in cella singola) e incapace di adattarvisi, è ad alto rischio di suicidio.

La detenzione, in sé e per sé, è un evento devastante anche per detenuti “sani” figuriamoci per chi, come il Pignataro, soggetto tossicodipendente e quindi particolarmente vulnerabile, la sottoposizione ad un rigoroso regime custodiale, qual è il 14 bis, possa sviluppare gesti auto-suicidari”.

Per questo motivo, il radicale Quinteri chiede all’amministrazione penitenziaria ed alla magistratura di sorveglianza competente di “valutare di sospendere, quantomeno temporaneamente, l’applicazione del regime di sorveglianza particolare nei confronti del detenuto Fabio Pignataro che prevede una serie di restrizioni, a partire dall’isolamento totale, che comportano anche vistose deroghe all’ordinario trattamento carcerario, lesive dei principi costituzionali di umanità e rispetto della dignità umana”.

Dopo lo scandalo del carcere di Rossano, definito “l’Abu Ghraib calabrese” per via delle condizioni di tortura riscontrate, l’onorevole Enza Bruno Bossio aveva espressamente segnalato, con una precisa interrogazione parlamentare al governo, che tenere in isolamento i detenuti (tra i quali proprio Pignataro, colui che stava per morire impiccato) era pericoloso per la loro incolumità psicofisica. “Non capisco – si interroga il radicale Quinteri – perché ancora oggi questo detenuto si trovava in isolamento anche dopo il trasferimento”. Ma grazie alla sua pronta denuncia, il Dap ha sospeso il regime di isolamento nei confronti di Pignataro.

Damiano Aliprandi

Il Garantista, 23 ottobre 2014

Catanzaro, Sospeso l’Isolamento al detenuto che ha tentato il suicidio. Soddisfatti i Radicali


Carcere Siano - reparti detentiviApprendo con soddisfazione che al detenuto Fabio Pignataro, così come peraltro avevo pubblicamente sollecitato, il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia, ha immediatamente sospeso il 14 bis, il rigoroso regime di sorveglianza particolare, che gli era stato applicato per una tentata evasione dalla Casa di Reclusione di Rossano (Cosenza) ed al quale era attualmente sottoposto presso la Casa Circondariale di Catanzaro. Lo dichiara Emilio Quintieri, il radicale calabrese, che aveva dato notizia del tentato suicidio messo in atto dal detenuto pugliese ristretto in isolamento a Catanzaro e fortunatamente sventato dai Sanitari e dalla Polizia Penitenziaria. L’esponente dei Radicali Italiani, proprio ieri, aveva chiesto al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ed alla Magistratura di Sorveglianza competente di intervenire per valutare la sospensione del particolare regime detentivo applicato nei riguardi del trentaseienne brindisino, al fine di evitare la consumazione di ulteriori atti autolesionistici o suicidari. Della questione se ne era subito interessata anche l’Onorevole Enza Bruno Bossio, Deputato del Partito Democratico e membro della Commissione Bicamerale Antimafia, che segue con particolare attenzione in Parlamento e nel territorio le problematiche afferenti il pianeta carcere.

Come Partito Radicale, da anni, riserviamo massima attenzione sulla Casa Circondariale di Catanzaro. Tant’è che siamo riusciti a migliorare decisamente le condizioni di vita all’interno della struttura, penitenziario che, attualmente, a fronte di una capienza regolamentare di 627 posti, ospita 560 detenuti, molti dei quali appartenenti al circuito differenziato dell’Alta Sicurezza (As1, As2, As3). Tra di essi, 52 sono tossicodipendenti, 2 quelli affetti da patologie psichiatriche e 73 sono gli stranieri. E’ stato lo stesso Vice Ministro della Giustizia On. Enrico Costa, rispondendo ad una Interrogazione Parlamentare da me sollecitata – prosegue il radicale Quintieri – ad ammettere che “gli interventi riguardanti la struttura sono stati molteplici, proprio perché si è consapevoli delle molte criticità evidenziate anche in periodi molto recenti.” Tuttavia, molte delle problematiche sollevate con l’atto ispettivo parlamentare, sono state risolte ed altre sono in via di risoluzione. Sono stati tutti sistemati gli uffici interni destinati alle varie attività istituzionali e gestionali, sono stati ultimati i lavori di adeguamento dei cortili “passeggi” relativi al reparto alta sicurezza, è in atto la progettazione degli interventi di adeguamento dei reparti detentivi che non hanno la doccia all’interno delle camere di pernottamento (due padiglioni di alta e media sicurezza), sono in corso lavori di adeguamento dei cortili “passeggi”, per i quali è prevista la creazione di un posto di servizio coperto per il personale vigilante e l’implementazione del sistema di videosorveglianza, sono stati ristrutturati i locali doccia in comune e ritinteggiate le celle ed i reparti detentivi, sono stati sostituiti tutti i rivestimenti delle rampe e dei pianerottoli delle scale agenti e di quelle riservate ai detenuti, è stato debellato l’annoso problema dei topi. Anche l’area verde destinata ai colloqui dei detenuti con i bambini è stata già individuata ed è in fase di studio da parte dell’Ufficio Tecnico del Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria, una soluzione per dotarla di attrezzature idonee.

Purtroppo, ancora oggi, nonostante il lasso di tempo trascorso, non è stato attivato il Centro Diagnostico Terapeutico annesso alla Casa Circondariale di Catanzaro. Oltre ai nostri continui solleciti, di recente anche il Provveditore Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria ha chiesto al Direttore Generale dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Catanzaro affinchè procedesse a quanto necessario per la stipula, in tempi brevi, dell’Accordo Operativo previsto dall’Art. 4 del Protocollo di Intesa, sottoscritto dal Ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri e dal Presidente della Regione Calabria Giuseppe Scopelliti. Stando a quanto dichiarato dal Vice Ministro della Giustizia, la situazione sembra essere in via di completa definizione ed il Centro Diagnostico Terapeutico dovrebbe essere attivato per la fine dell’anno. L’esponente del Governo Renzi ha tenuto a precisare che, “le difficoltà presentatesi nell’iter procedimentale, sono legate allo scioglimento del Consiglio Regionale della Calabria ed alla conseguente mancata proroga o, in alternativa, nomina dei Dirigenti delle Asl, tra cui proprio quella di Catanzaro”. Ci auguriamo – conclude il radicale calabrese Emilio Quintieri – che come dichiarato dal Ministero della Giustizia, tra qualche mese, venga finalmente attivato il Centro Diagnostico Terapeutico nella Casa Circondariale di Catanzaro.

Catanzaro, detenuto tenta il suicidio. Salvato in extremis dalla Penitenziaria. Quintieri (Radicali) : “Sospendetegli il 14 bis”


Carcere Siano - ingressoHa tentato di impiccarsi con un cappio rudimentale nella sua cella all’interno del Reparto di Isolamento del Carcere di Catanzaro Siano ma, per fortuna, è stato salvato in extremis dai Sanitari e dalla Polizia Penitenziaria. Il fatto è accaduto ieri, nel tardo pomeriggio, nella Casa Circondariale del capoluogo calabrese. Ad accorgersi di quanto stava accadendo è stato il personale sanitario che, in quel momento, stava passando per somministrare la terapia ai detenuti bisognosi. A darne notizia è l’esponente radicale calabrese Emilio Quintieri che, ha colto l’occasione, per chiedere all’Amministrazione Penitenziaria ed alla Magistratura di Sorveglianza di Catanzaro di intervenire, per quanto di competenza, per valutare la sospensione – quantomeno temporanea – del regime di sorveglianza particolare nei confronti di questo detenuto, per prevenire ulteriori atti autolesionistici o suicidari.

Fabio PignataroL’autore del disperato ed estremo gesto è il detenuto Fabio Pignataro, classe 1978, tossicodipendente, originario di Mesagne (Brindisi), con fine pena prevista per il 2025 per vari reati tra cui rapina, estorsione e traffico di stupefacenti, recentemente trasferito a Catanzaro dalla Casa di Reclusione di Rossano (Cosenza) ove, unitamente ad altro ristretto straniero, avrebbe tentato di evadere. Una condotta che, oltre alla irrogazione di una sanzione disciplinare ed una denuncia all’Autorità Giudiziaria, stando a quanto riferito dallo stesso, gli avrebbe comportato anche un pestaggio da parte del personale di Polizia Penitenziaria nonché, per ultimo, la sottoposizione al rigoroso regime di sorveglianza particolare previsto dall’Art. 14 bis dell’Ordinamento Penitenziario, su richiesta del Consiglio di Disciplina del Penitenziario della sibaritide.

Il pestaggio da parte della Polizia Penitenziaria, sul quale la Procura della Repubblica di Castrovillari ha aperto un fascicolo, venne denunciato dal Pignataro all’Onorevole Enza Bruno Bossio, Deputato del Partito Democratico e membro della Commissione Bicamerale Antimafia, durante la famigerata visita ispettiva “a sorpresa” effettuata lo scorso 9 agosto al Carcere di Rossano. Una vicenda che l’On. Bruno Bossio, ha espressamente richiamato nella sua Interrogazione a risposta in Commissione nr. 5-03559, indirizzata ai Ministri della Giustizia, della Salute e del Lavoro e delle Politiche Sociali del Governo Renzi, presentata alla Camera dei Deputati durante la 291^ seduta del 16 settembre. Il radicale Quintieri, nella serata di ieri, non appena venuto a conoscenza del tentato suicidio del detenuto Pignataro, ne ha immediatamente informato la Parlamentare Democratica che, questa mattina, ha chiesto delucidazioni al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia.

Avevo già evidenziato che quei detenuti ristretti a Rossano, tenuti per lungo tempo in isolamento, erano a rischio suicidio. Ieri, a Catanzaro, per fortuna, è stato evitato il peggio. Il suicidio è spesso la causa più comune di morte nelle carceri. Gli Istituti Penitenziari hanno l’obbligo di preservare la salute e la sicurezza dei detenuti, ed un eventuale fallimento di questo mandato può anche essere perseguito penalmente. Il metodo più utilizzato per il suicidio è l’impiccamento, messo in atto il più delle volte, durante l’isolamento. Gli studi effettuati, prosegue Quintieri, hanno dimostrato che esiste una forte associazione tra il suicidio dei detenuti ed il tipo di alloggio assegnato. Nello specifico, un detenuto posto in isolamento, o sottoposto a particolari regimi di detenzione (specialmente in cella singola) e incapace di adattarvisi, è ad alto rischio di suicidio. La detenzione, in sé e per sé, è un evento devastante anche per detenuti “sani” figuriamoci per chi, come il Pignataro, soggetto tossicodipendente e quindi particolarmente vulnerabile, la sottoposizione ad un rigoroso regime custodiale, qual è il 14 bis, possa sviluppare gesti autosuicidari. Per questo motivo, mi permetto di chiedere all’Amministrazione Penitenziaria ed alla Magistratura di Sorveglianza competente, di valutare di sospendere, quantomeno temporaneamente, l’applicazione del regime di sorveglianza particolare nei confronti del detenuto Fabio Pignataro che prevede una serie di restrizioni, a partire dall’isolamento totale, che comportano anche vistose deroghe all’ordinario trattamento carcerario, lesive dei principi costituzionali di umanità e rispetto della dignità umana.

 

 

 

Catanzaro: 2,3 milioni di risarcimenti per ingiuste detenzioni, un record negativo


carcere-620x264Catanzaro conquista il secondo posto a livello nazionale nella drammatica classifica dei rimborsi dovuti a chi è stato ingiustamente in carcere. Un record per nulla positivo, secondo solo a Palermo. Le cifre provengono dal Ministero dell’Economia, che materialmente liquida le somme.

La statistica semestrale dei fascicoli per ingiusta detenzione vede in testa proprio la città siciliana, con 35 casi e risarcimenti per 2 milioni e 790 mila euro. Seguono Catanzaro, con 2,3 milioni; Roma, con 1,3 milioni, e Napoli con 1 milione e 235mila euro.

Solo nei primi sei mesi del 2014 lo Stato ha già pagato 16 milioni e 200 mila di euro di risarcimenti per 431 casi di ingiusta detenzione nelle carceri. Un dato che si aggiunge a quello degli oltre 567 milioni di euro pagati a partire dal 1992 per le 22.689 richieste autorizzate. E ai 30 milioni e 650 mila euro sborsati per i soli errori giudiziari, cioè quelli sanciti dopo un processo di revisione che ha dichiarato innocenti soggetti precedentemente condannati in via definitiva.

Ma “al di là delle cifre – osserva il vice ministro della Giustizia, Enrico Costa – che certo servono a misurare l’entità del fenomeno, bisogna comprendere meglio quali vicende si nascondano dietro i numeri. Bisogna andare oltre i dati, per capire meglio come si produca l’errore: per questo ritengo si debba quanto prima avviare un’istruttoria in merito”.

“Il solo passaggio all’interno del carcere – afferma Costa – è un’esperienza che segna e spesso spezza una vita. Dietro i numeri ci sono storie personali che vanno analizzate non solo per prevenire il pagamento di ingenti somme da parte dello Stato, ma anche per capire perché e in che fase, principalmente, si apra la falla: se per esempio prevalga un’errata valutazione di fatti e circostanze o piuttosto una applicazione della custodia cautelare non corretta.

Noi, per esempio, non desumiamo dai dati se la percentuale maggiore di ingiusta detenzione si determini nella fase preliminare con ordinanze dei gip o in quelle successive. Ma sarebbe importante capirlo”.

Per Costa, un veicolo di possibile intervento per introdurre contromisure potrebbe essere proprio il provvedimento sulla custodia cautelare all’esame della Camera. Ma in prima battuta serve un supplemento di indagine per comprendere il fenomeno. Un’istruttoria, appunto. Che tra l’altro Costa riterrebbe utile anche su un altro versante: quello della responsabilità civile dei magistrati. L’ambito e i meccanismi non sono esattamente gli stessi, ma alla base c’è comunque un errore che può essere riconosciuto come danno, sebbene i casi di risarcimento siano stati molto pochi nel corso degli anni.

L’intenzione di Costa è di “chiedere ed esaminare anche i fascicoli relativi alla responsabilità civile per avere un quadro chiaro”, tanto più in un momento in cui l’intera materia oggetto di un disegno di legge di riforma all’esame del Senato. E l’idea di una commissione sugli errori dei magistrati piace all’Unione camere penali, che invita l’Anm, “stabilmente impegnata in un’azione di contrasto a tutto campo delle politiche di riforma del sistema giudiziario”, a riflettere sulle cifre fornite da Costa.

L’Opinione, 16 ottobre 2014

Calabria, il Governo risponde ad una Interrogazione sulla situazione degli Istituti Penitenziari


Palazzo Montecitorio Roma2.364 detenuti su 2.620 posti detentivi disponibili, un solo ricorso nel 2013 alla Cedu presentato da alcuni detenuti calabresi per violazione dell’articolo 3 della Convenzione sui diritti dell’uomo e, nel 2014, 190mila euro per la manutenzione ordinaria e 1 milione e 352mila euro per quella straordinaria delle case circondariali calabresi.

Sono questi alcuni dei numeri forniti in commissione Giustizia alla Camera dal viceministro della Giustizia Enrico Costa, che ha risposto a un’interrogazione di Vittorio Ferraresi (M5S) sulla situazione degli istituti penitenziari in Calabria.

Da quanto riferito dal governo, “a fronte di una capienza regolamentare di 2620 posti detentivi, alla data del 29 settembre scorso, negli istituti calabresi risultano presenti 2364 detenuti”. Nello specifico, ha ricordato Costa, nella casa circondariale di Vibo Valentia vi sono 258 detenuti presenti a fronte di una capienza regolamentare di 365 posti, a Castrovillari sono 110 su 122 posti, nel carcere di Cosenza 243 presenze ma 220 posti, nella casa circondariale di Locri sono 146 presenti per 89 posti.

A Palmi, invece, il numero dei detenuti ammonta a 176 a fronte di una capienza di 152 posti mentre a Paola la capienza è indicata in 182 posti ma ci sono 224 persone. Nella casa circondariale di Reggio Calabria “Panzera” 180 presenti per una capienza di 176 posti, nel carcere di Rossano 247 presenti su 215 posti e, infine, nella casa circondariale di Catanzaro i presenti sono 560 e la capienza regolamentare è di 627 posti.

Eppure, per il viceministro, bisogna ricordare come “la capienza regolamentare” cui si fa riferimento è quella “calcolata dalla competente direzione generale utilizzando un parametro ben superiore a quello considerato dalla Corte”. Infatti il parametro del ministero della Salute italiano si riferisce a “uno spazio di 9 mq per una persona singola più 5 mq per ogni altra persona alloggiata nello stesso ambiente” mentre il paramento della Corte di Strasburgo “è di 7 mq per la persona singola e altri 4 mq per ciascuna ulteriore”.

Ricorsi alla Cedu

Per quanto riguarda i ricorsi presentati alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo per violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali da parte dei detenuti negli istituti di pena della Calabria nel 2011, “sono stati comunicati dalla Cedu al governo italiano 8 ricorsi, presentati da altrettanti detenuti presso l’istituto penitenziario di Cosenza”.

Ma i primi ricorsi “sono stati dichiarati irricevibili dalla Corte europea con sentenza del 16 settembre 2014 – ha continuato Costa – non risultando esaurite le vie offerte dal diritto interno”. Nel 2013, invece, “è stato comunicato un solo ricorso, da un detenuto ristretto nell’istituto penitenziario di Catanzaro”, anch’esso dichiarato irricevibile dalla Corte con sentenza del 1° aprile 2014. Per Costa, invece, negli anni 2010, 2012 e 2014 non sono stati comunicati ricorsi da detenuti calabresi.

Effetti dello svuota-carceri

Secondo quanto riferito da Costa sui detenuti che negli istituti penitenziari calabresi hanno fruito delle norme cosiddette svuota-carceri “dal 2010 alla fine del mese di agosto 2014 il numero ammonta a 406 soggetti, 44 sono le istanze complessivamente avanzate ai sensi della legge 199/2010 (quella sull’esecuzione domiciliare delle pene; Ndr) e 25 il numero complessivo delle istanze di espulsione dal territorio dello Stato come misura alternativa alla detenzione, presentate da detenuti stranieri ai competenti uffici di sorveglianza”.

Risorse finanziarie

Per quanto attiene alla manutenzione ordinaria e straordinaria delle carceri in Calabria il viceministro ha riportato puntualmente i conti: nel 2009 le somme destinate ammontano a 360.873,76 euro per la manutenzione ordinaria e a 1 milione e 200mila euro per la manutenzione straordinaria, nel 2010 a 509.360,00 e a 798.302,00 euro; nel 2011 a 729.970,00 ed a 37.112,76 euro; nel 2012 a 224mila e 500 euro ed a 3.224.197,96 euro; nel 2013 a 327.226,18 ed a 2.423.447,92 euro; nel 2014 190mila euro e a 1 milione e 352mila euro. E nel 2014 “è stata assegnata una ulteriore somma pari a 253mila euro, destinata a finanziare i lavori di completamento del nuovo reparto dell’istituto di Catanzaro”.

Carcere Catanzaro

Per quanto riguarda la casa circondariale di Catanzaro, per Costa, non sussiste carenza di personale di polizia penitenziaria essendoci “298 unità a fronte della previsione di 257” e “la carenza relativa alla mancanza di una figura di capoarea per l’area educativa e per l’area contabile è stata risolta già da tempo dal provveditorato regionale”. E “gli uffici interni destinati alle varie attività istituzionali e gestionali sono stati tutti sistemati” mentre “è in atto la progettazione degli interventi di adeguamento dei reparti detentivi che non hanno la doccia all’interno delle stanze detentive.

Infine – ha riferito il viceministro – “sono in corso lavori di adeguamento dei cortili dei passeggi, per i quali è prevista la creazione di un posto di servizio coperto per il personale vigilante e l’implementazione del sistema di videosorveglianza”.

E in merito alla popolazione detenuta straniera “non sono presenti i mediatori culturali, ma vi è una positiva presenza del volontariato”. Infine in merito alla allocazione di tre detenuti per cella, chiusi per 20 ore al giorno – cui faceva riferimento l’interrogazione – Costa ha ricordato “che nei circuiti di alta e di media sicurezza le camere detentive ospitano al massimo 2 detenuti. Soltanto nel padiglione di reclusione di media sicurezza nel quale le celle hanno una superficie maggiore ai 18 mq – escluso il bagno – sono ospitati fino a tre detenuti”.

La situazione a Paola

Nel carcere di Paola, invece, da quanto riportato nel testo della risposta all’interrogazione “ogni ristretto fruisce all’interno della camera di pernottamento di 4,5 mq calpestabili, escluso il bagno, che diventano 5 mq nel nuovo padiglione adibito a custodia attenuata e che, in conformità alle indicazioni contenute nella sentenza Torreggiani, sono garantite almeno 8 ore al giorno al di fuori della camera di pernottamento, che salgono a 10 ore per i detenuti allocati nel reparto a custodia attenuata a sorveglianza dinamica”.

Ed è presente “un teatro dotato di 158 posti a sedere dove si svolgono rappresentazioni artistiche anche con il coinvolgimento dei ristretti e una ampia palestra solo momentaneamente chiusa per contingenti necessità organizzative”.

L’impegno del ministero

Infine, ha concluso Costa, la questione carceri “esige un impegno costante che il ministro ha in più di un’occasione manifestato”, assicurando anche che “l’attenzione e la sensibilità al tema delle condizioni detentive è costantemente mantenuto dal ministero della Giustizia, nella convinzione che la dialettica parlamentare non mancherà di fornire i propri contributi per ogni nuova soluzione” funzionale al raggiungimento “dell’obiettivo condiviso di una realtà carceraria migliore e più umana”.

Public Policy, 11 ottobre 2014

Catanzaro : Sabato Convegno sulla Cannabis Terapeutica e poi Assemblea dei Radicali a Lamezia Terme


cannabis catanzaro

“Dall’illecito all’uso terapeutico della cannabis”.

E’ il titolo del convegno che si svolgerà a Catanzaro, presso la sala della Provincia di Catanzaro in piazza Luigi Rossi, sabato 14 giugno dalle ore 9,30.

L’incontro, cui parteciperà pure la segretaria di Radicali Italiani, Onorevole Rita Bernardini, è stato voluto dalla Cooperativa sociale “La Cura” in collaborazione con l’Associazione Ra.Gi. Onlus  ed è stato accreditato dall’ordine degli avvocati e dei medici.
Per l’Avvocato Antonello Talerico, Consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Catanzaro, nonché organizzatore, unitamente ad altre associazioni, del Convegno e portavoce dell’Associazione “La cura”, è possibile affermare che:

“Per la prima volta in Calabria è stato organizzato un evento su un tema molto discusso, ma poco conosciuto, invitando al tavolo dei lavori importanti relatori appartenenti al mondo scientifico e giuridico. Dal dibattito di Catanzaro usciremo sicuramente con una visione aggiornata dell’argomento e con una sempre maggiore consapevolezza che la tutela dei diritti passa necessariamente dal confronto e dalla cultura dell’ascolto, ovvero dalla conoscenza della materia sotto ogni profilo ed aspetto”.

Il convegno è aperto a tutti e ha un duplice obiettivo: far conoscere anche in Calabria i risultati della letteratura medico scientifica che dimostrano l’efficacia dei farmaci a base del principio attivo della Cannabis, Thc, per molte malattie e, in secondo luogo, sollecitare e sensibilizzare il mondo politico regionale nella realizzazione anche in Calabria di una legge per predisporre le misure necessarie che permettano l’utilizzo di cannabinoidi nel caso di malattie come sclerosi, Sla, Parkinson, malattie oncologiche.
Dopo i saluti istituzionali e quelli del portavoce della “Cura” avvocato Antonello Talerico e della portavoce della Ra.Gi. dott.ssa Elena Sodano,  ad aprire i lavori dell’incontro sarà Gianpiero Tiano, Vicepresidente dell’Associazione nazionale cannabis terapeutica e che è stata la prima persona in Italia che, a seguito di un gravissimo incidente, ha iniziato a curarsi facendo uso di medicinali il cui principio attivo è l’infiorescenza della sativa e che relazionerà sul tema: Cannabis Terapeutica la situazione italiana tra promesse e difficoltà.
Seguiranno gli interventi del dott. Camillo Falvo, Giudice presso il Tribunale di Messina,  che parlerà della “Responsabilità penale nell’uso terapeutico“; del dott. Domenico Bosco, Neurologo e Direttore F.F. presso l’ Ospedale  di Crotone che tratterà de “Gli effetti della cannabis nelle malattie neurologiche“.
Graditi ospiti della giornata saranno alcuni membri del direttivo de “LapianTiamo” , Cannabis Social Club Racale Lecce, un’associazione no profit  formata da persone affette da malattie neuromuscolari che per la prepotente urgenza dei malati promuove l’uso terapeutico della canapa medicinale attraverso la coltivazione e l’approvvigionamento ai pazienti affetti da patologie come sclerosi multipla, cancro, dolore cronico, sla, parkinson, glaucoma e tantissime altre, fornendo  supporto informativo e morale ai malati che devono convivere quotidianamente con i sintomi di malattie gravi e che con l’aiuto del comitato medico-scientifico  incentivano attivita’ di ricerca sui vantaggi della canapa medicinale.
Parteciperanno infatti Willy Verardi che racconterà l’esperienza dell’associazione LapianTiamo” e Lucia Spiri che racconterà cosa significa “Curarsi con la Cannabis”.
Concluderà la giornata l’Onorevole Rita Bernardini, Segretaria Nazionale dei Radicali Italiani, che da anni si batte per la legalizzazione.
Hanno garantito la loro presenza il Senatore Piero Aiello del Nuovo Centro Destra e l’Onorevole Mimmo Talarico– Consigliere Regionale del Partito Democratico.
Attualmente sono otto le regioni in Italia che attraverso un proprio disegno di legge hanno legalizzato l’uso della marjuana a scopo terapeutico – afferma  l’avvocato Talerico de “La Cura”,  la Sicilia grazie alla sensibilità dell’assessore regionale alla Salute Lucia Borsellino, sorella del celeberrimo magistrato Paolo, e poi Puglia, Toscana, Liguria, Veneto, Lombardia, Piemonte.
Vorremmo che anche in Calabria ci fosse la sensibilità e la possibilità di realizzare un disegno di legge che possa legalizzare e consentire l’uso terapeutico della cannabis sativa”. Nel resto d’Europa ne è consentito l’utilizzo medico.  In Italia è stato presentato il ddl da parte di Luigi Manconi (PD) che  ha lo scopo di riallineare l’Italia a quanto già avviene in Europa e nel Nord America. L’obiettivo del disegno di legge sull’uso terapeutico della cannabis è di semplificare e rendere accessibile ai pazienti il ricorso a quei farmaci a base cannabinoide, che nell’esperienza scientifica hanno dimostrato di avere una notevole efficacia.  Il governo Renzi inoltre  ha dato il via libera all’uso della cannabis a scopo terapeutico. Il Consiglio dei Ministri infatti  ha deciso di non impugnare dinanzi alla Corte Costituzionale la legge regionale abruzzese “n. 4 Del 04 gennaio 2014, che disciplina le “modalità di erogazione dei farmaci e dei preparati galenici magistrali a base di cannabinoidi per finalità terapeutiche”. La norma prevede che i “medicinali cannabinoidi possono essere prescritti, con oneri a carico del Sistema sanitario regionale, da medici specialisti del Ssr e da medici di medicina generale del Ssr, sulla base di un piano terapeutico redatto dal medico specialista”.
Nel pomeriggio l’Onorevole Bernardini e i Radicali proseguiranno la giornata con una assemblea regionale che si terrà presso l’Agriturismo “Trigna”, nella piana di Lamezia Terme.
              Mappa
Come arrivare all’Agriturismo Trigna a Lamezia TermeAutostrada del Sole (SA-RC)  per chi viene da Nord, uscita per Lamezia Terme-Aeroporto, raggiungere la rotatoria dell’aeroporto, imboccare la ss 18 direzione Reggio C. al km 378 svoltare a sinistra, in direzione Palazzo, ed ancora a sinistra, percorrere un rettifilo di circa 1  km, allo Stop girare nuovamente a sinistra, a 200 metri sulla destra si trova il cancello che immette nell’azienda.Per chi viene da Sud Autostrada del Sole (SA-RC) uscita per Pizzo,  imboccare la ss 18 direzione Aeroporto (percorrere 16 km ) al km 378, in direzione Palazzo, svoltare a destra e poi a sinistra, percorrere un rettifilo di circa 1 km, allo Stop girare nuovamente a sinistra, a 200 metri sulla destra si trova il cancello che immette nell’azienda.Per chi proviene da Catanzaro attraverso la Statale dei Due Mari, prendere l’uscita Palazzo (Lamezia Sud), svoltare a sinistra, proseguire senza mai lasciare la strada intrapresa passando sotto tre ponti, dall’ultimo di questi percorrere un rettifilo di circa 1  km,  allo Stop girare nuovamente a sinistra, a 200 metri sulla destra si trova il cancello che immette nell’azienda.

Stazione di Lamezia Terme centrale (a 5 km)

Aeroporto di Lamezia Terme (a 5 km)

Catanzaro, Enza Bruno Bossio (PD) : “Soddisfatta per scarcerazione detenuto Alessio Ricco”.


On. Enza Bruno Bossio PDLa decisione del Tribunale del Riesame di Catanzaro di disporre la scarcerazione del giovane Alessio Ricco è la conferma della sussistenza della incompatibilità con il regime carcerario per le sue gravi condizioni di salute.
L’appello che ho lanciato insieme agli esponenti del Partito Radicale in occasione della visita ispettiva che abbiamo condotto nei giorni scorsi presso la Casa Circondariale di Catanzaro Siano non è caduto nel vuoto.
La grave patologia che affligge Alessio Ricco non poteva essere curata in condizione di detenzione ma imponeva, anche secondo i pareri medico-legali, una azione terapeutica presso un idoneo luogo di cura ad alta specializzazione.
La disposizione del Tribunale del Riesame è il riconoscimento per il giusto trattamento di un caso al quale si era interessata, su mia segnalazione, la Ministra della Giustizia Anna Maria Cancellieri già nello scorso mese di gennaio.
Piena soddisfazione, dunque, per il fatto che ora Alessio Ricco potrà curarsi a casa assistito dalla sua famiglia e vicino alla sua bambina finendo di scontare la sua pena.

On. Enza BRUNO BOSSIO

Deputato del Partito Democratico

http://www.enzabrunobossio.it – 7 Maggio 2014