Marietti (Antigone) : Ecco come dovrebbero essere riformate le Carceri e l’Amministrazione Penitenziaria


Casa Circondariale 1Leggiamo su L’Espresso di un progetto di riforma della gestione penitenziaria che partirebbe dalla testa stessa di Matteo Renzi e che sarebbe affidato nell’elaborazione concreta alla guida del procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Nicola Gratteri. Non troppe settimane fa Gratteri, proprio alla festa del Fatto Quotidiano, aveva parlato di chiudere il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria per risparmiare denari. Quella che avevamo inteso come poco più di una battuta era, pare, una linea riformatrice ben chiara.

Del funzionamento delle nostre carceri concordo che ci sia molto da riformare. Antigone è da sempre parte di tale dibattito. Ma per riformare non basta cambiare l’esistente: bisogna pur guardare in quale direzione si decide di effettuare il cambiamento.

L’articolo de L’Espresso conteneva solamente anticipazioni generiche, dunque aspettiamo di vedere un qualche documento più effettivo e dettagliato per esprimere giudizi di merito precisi. Qualcosa però si può cominciare a notare. Innanzitutto una particolarità di tutti questi dibattiti da spending review: nel valutare se e come si possano risparmiare i troppi stipendi dirigenziali di amministrazioni quali quella penitenziaria, mai si cita la possibilità di abbassare drasticamente l’importo degli stipendi stessi. O si cancella il posto di capo Dap pagato uno sproposito, oppure lo si tiene così com’è (e lo stesso dicasi per i 15 dirigenti generali). Tertium non datur. Portarlo a 3.000 euro – uno stipendio dignitoso, superiore a quel che guadagniamo in tanti, ma certo non sfacciato – sembra inconcepibile.

In secondo luogo: l’amministrazione penitenziaria è un’amministrazione pubblica pachidermica, con decine di migliaia di dipendenti, dalle cui decisioni dipende la sorte di altre decine di migliaia di persone. Il piano di Gratteri che prevede la soppressione del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria farà risparmiare, si dice, centinaia di milioni di euro. Posto che, fortunatamente, non si arriverà a misure greche di licenziamento pubblico, quei lavoratori verranno dislocati altrove. Ma se una struttura alternativa al Dap e ben più snella è dunque considerata sufficiente a gestire le prigioni italiane, non si potrebbe già ora snellire il Dipartimento stesso mandando i lavoratori là dove serve e risparmiando lo stesso quei soldi?

Infine, la parte più delicata: si pianifica di eliminare la polizia penitenziaria e farla confluire in un diverso corpo di polizia che abbia compiti di ordine pubblico dentro e fuori dal carcere. Sarebbero esponenti di questo corpo di polizia a dirigere le carceri al posto degli attuali direttori. Su questo si stia davvero attenti. Una riforma in questa direzione potrebbe riportare il sistema indietro di molti decenni, collocandoci al di fuori di ogni prospettiva legata agli organismi internazionali sui diritti umani.

L’amministrazione penitenziaria ha una mission chiara, sancita dalla stessa Carta Costituzionale. Nelle carceri italiane lavorano tantissime persone di grandissimo livello professionale senza le quali non si sarebbe mai passato il tempo della crisi. Ci si dimentica di educatori, assistenti sociali, psicologi che hanno fatto miracoli in assenza di risorse.

Le competenze che servono dentro una prigione non sono quelle che servono per la strada ai tutori dell’ordine. Il direttore di un carcere, così come tutti gli operatori che vi lavorano, deve avere una formazione ampia, legata – oltre che al management – ai diritti umani, alla più alta giurisdizione, alla capacità relazionale.

Da sempre andiamo dicendo che la polizia in carcere non può avere il solo ruolo di aprire e chiudere cancelli. Su questo concordo pienamente con Gratteri. I poliziotti devono avere compiti di responsabilità e impegno nella gestione della pena.

Tutto il lavoro fatto in questi anni sulla cosiddetta sorveglianza dinamica – un modello di custodia che ha dato ottimi risultati anche in termini di abbassamento della recidiva, basato non sulle barriere fisiche quanto piuttosto sulla responsabilizzazione dei detenuti – non era dispendioso e andava nella giusta direzione. Ma non può andarvi una riforma che pensa a risparmiare soldi gestendo un carcere con i soli strumenti dell’ordine pubblico.

Susanna Marietti (Associazione Antigone)

l Fatto Quotidiano, 30 settembre 2014

Carceri, l’Italia passa l’esame europeo. Antigone: “Non si torni indietro”


Cella Carcere ItaliaNiente censura, e nessuna multa milionaria. L’Italia passa l’esame del comitato dei ministri del Consiglio d’Europa sulla risoluzione del problema del sovraffollamento carcerario. Il comitato dei ministri della Ue ha riconosciuto i “significativi risultati” già ottenuti dall’Italia. E in merito al cosiddetto caso Torreggiani (dopo che la Corte Europea aveva condannato l’Italia un anno fa per le condizioni di detenzione nelle carceri italiane), il comitato riprenderà in esame la questione “al più tardi nella sua riunione del giugno 2015”, cioè fra un anno esatto. In quell’occasione sarà fatto un esame approfondito sui progressi fatti.

Sulla decisione dell’Europa interviene il responsabile dell’associazione Antigone, Patrizio Gonnella, che afferma: “La decisione del Consiglio d’Europa riconosce gli sforzi fatti e apprezza le misure adottate ma non allontana lo sguardo dal sistema penitenziario italiano. Non bisogna tornare indietro. Anzi. Va ulteriormente ridotto il tasso di affollamento, umanizzata la vita nelle carceri, preservata la salute, proibita la tortura”.
“Con le nostre osservazioni e denunce ci sentiamo corresponsabili del processo riformatore che sarebbe un errore tragico interrompere – conclude Gonnella -. Si lascino perdere i predicatori del punitivismo altrimenti si torneranno a fare passi indietro sui diritti umani”.

Redattore Sociale, 05 Giugno 2014

Droghe: Anastasia (Antigone) : Subito un decreto per le pene illegittime


Stefano AnastasiaAl decreto-legge promesso a Strasburgo sulle carceri si aggiunga un articolo, semplice semplice, con cui si stabilisce che il giudice dell’esecuzione provvede d’ufficio alla rideterminazione della pena illegittima nella misura in cui essa è stata ridotta in astratto (dei due terzi, nel caso della dichiarazione di incostituzionalità della Fini-Giovanardi).

Dunque anche su questo avevamo ragione: non è possibile eseguire pene illegittime. Come la Corte costituzionale ci ha dato ragione sulla illegittimità della legge Fini-Giovanardi, così le sezioni unite della Cassazione ci hanno dato ragione sull’impossibilità di continuare l’esecuzione di pene determinate sulla base di norme giudicate costituzionalmente illegittime.

Il caso all’esame della Suprema Corte riguardava l’esecuzione di pene viziate dalle norme incostituzionali della legge Cirielli, la “Three Strikes Law” dè noaltri, ma c’erano precedenti sull’aggravante di immigrazione clandestina (anch’essa giudicata incostituzionale dalla Consulta) e gli effetti della decisione inevitabilmente si riflettono sulle pene spropositate volute dalla Fini-Giovanardi.

Eccole qua, le tre leggi del sovraffollamento penitenziario italiano riunite nel comune giudizio di illegittimità costituzionale. Non si poteva far di meglio per rendere chiaro al colto e all’inclita che quella vergogna nazionale non è il frutto di una congiunzione astrale, ma di precise scelte politiche di cui qualcuno porta la responsabilità.

Vedremo se Governo e Parlamento saranno capaci di “cambiare verso” in queste delicate materie. Intanto, però, bisogna affrontare il destino di quelle migliaia di detenuti che stanno scontando una pena illegittima. Quello affermato dalla Cassazione è un principio di diritto che vale nel caso concreto. I singoli giudici di merito potranno richiamarvisi per decidere quelli che verranno loro sottoposti. Ma quanti delle migliaia di detenuti condannati sulla base di pene illegittime sanno che stanno scontando una pena cui non dovrebbero essere tenuti? E quanti sanno che possono rivolgersi a un giudice per farsela rideterminare? E quanti sono i giudici che, come a Milano qualche settimana fa, potrebbero confermare una pena minima in base alla Fini-Giovanardi per il solo fatto che rientra nei nuovi limiti di pena, senza considerare che ora sarebbe una pena massima? Il campo delle ingiustizie potrebbe allargarsi fino a includere la maggioranza di quei detenuti in esecuzione di pene illegittime.

All’indomani della sentenza della Corte costituzionale avevamo chiesto al Governo un decreto ad hoc, affinché fosse fissata per legge la rideterminazione delle pene illegittime. L’amministrazione penitenziaria avrebbe potuto almeno informare i detenuti interessati della possibilità di ricorrere al giudice dell’esecuzione. Nulla di tutto ciò è successo, salvo qualche modifica migliorativa del discutibile decreto Lorenzin. Ora però la pronuncia della Cassazione ripropone il problema e in alcune procure si comincia a paventare il collasso degli uffici di esecuzione. Bene, sarà dunque il momento per recuperare il tempo perduto: nel decreto-legge promesso a Strasburgo per sanare la mancanza di rimedi compensativi alla violazione dei diritti dei detenuti in Italia, si aggiunga un articolo, semplice semplice, con cui si stabilisca che il giudice dell’esecuzione provvede d’ufficio alla rideterminazione della pena illegittima nella misura in cui essa è stata ridotta in astratto (dei due terzi, nel caso della dichiarazione di incostituzionalità della Fini-Giovanardi).

Non è la riforma organica che ci vorrebbe sulle droghe, non è un provvedimento di clemenza ad hoc come quello che Obama sta mettendo in opera negli Usa, non è il generale provvedimento di clemenza che servirebbe per ricondurre alla piena legalità le carceri italiane, ma – almeno – cancellerebbe l’ulteriore vergogna di migliaia di detenuti trattenuti in carcere sulla base di una legge dichiarata incostituzionale.

di Stefano Anastasia, Presidente Nazionale Onorario Antigone Onlus

Il Manifesto, 4 giugno 2014

Il Dap autorizza nuovamente i Direttori delle Carceri a fornire i dati ad Antigone


Carcere - detenuto corridoioL’Amministrazione Penitenziaria autorizza nuovamente i direttori delle carceri a fornire dati all’associazione Antigone. Lo annuncia il presidente dell’associazione Patrizio Gonnella dopo che il Dap, nel marzo scorso, aveva vietato ai direttori degli istituti penitenziari di fornire informazioni ad Antigone ” onde evitare incoerenze pregiudizievoli all’immagine esterna dell’amministrazione”.

“L’Amministrazione penitenziaria – spiega Gonnella – ha diramato una circolare con la quale autorizza nuovamente i direttori degli istituti penitenziari a fornire all’associazione Antigone le informazioni richieste”. “Nelle settimane scorse più volte c’eravamo sentiti e incontrati con i vertici del Dap – aggiunge – La circolare aiuta a risolvere tutti i dubbi e gli equivoci. Si tratta di una decisione che apprezziamo e che ci consente di proseguire serenamente nel nostro lavoro di osservazione”.

Droghe, Gonnella (Antigone) : Importante decisione Cassazione. Servirà anche per decongestionare le Carceri


marijuana1Droghe/Antigone: “decisione sezioni unite della Cassazione contribuirà a decongestionare il sistema penitenziario”.

La decisione delle Sezioni Unite della Cassazione è molto importante e contribuirà a decongestionare ulteriormente il nostro sistema penitenziario. Tutti i detenuti che hanno subito gli eccessi di pena della legge Fini-Giovanardi potranno ora finalmente ottenere il ricalcolo del loro periodo di detenzione. Si tratta di varie migliaia di persone. Speriamo che ora i tempi della giustizia siano sufficientemente rapidi affinché, nel giro di qualche mese, tutti gli aventi diritto possano vedere la loro pena finalmente ridotta come deciso prima dalla Corte Costituzionale e ora dalla Corte di Cassazione.

Patrizio Gonnella, Presidente Nazionale Antigone Onlus

Carceri, Sostieni Antigone Onlus. Devolvigli il tuo Cinque per Mille


Antigone Cinque per MilleUno staff di Avvocati, Medici, Esperti, Volontari raccoglie le segnalazioni, le denunce che arrivano dai detenuti di tutte le Carceri italiane e cerca di dare loro consigli, protezione là dove serve. Ogni settimana si rivolgono a noi più o meno trenta detenuti. Ci costituiamo parte civile nei processi penali per violenza nei confronti di persone ristrette in Carcere. 

Assicuriamo assistenza medico-legale a chi ne ha bisogno. In alcune Carceri abbiamo uno sportello informativo. Abbiamo presentato centinaia di ricorsi alla Corte Europea dei Diritti Umani per i trattamenti inumani e degradanti determinati dal sovraffollamento nelle carceri.

Per sapere di più consulta il nostro sito : http://www.osservatorioantigone.it

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Carceri, Antigone: scade ultimatum di Strasburgo, l’Italia rischia di pagare 100 milioni di euro


Corte Europea Diritti dell'UomoLa Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo chiede di garantire a ogni persona rinchiusa in cella uno spazio minimo di 4 metri quadrati, sufficientemente illuminato e pulito e di assicurare tramite le attività sociali all’interno del carcere, che il detenuto passi un buon numero di ore fuori dalla cella. Nel gennaio 2013 il nostro paese era stato condannato per il trattamento inumano riscontrato in sette carceri italiane.

E’ scaduto l’ultimatum concesso dalla Corte Europea per i diritti dell’uomo che chiedeva all’Italia di garantire ad ogni persona rinchiusa in cella uno spazio minimo di 4 metri quadrati, sufficientemente illuminato e pulito e di assicurare tramite le attività sociali all’interno del carcere, che il detenuto passi un buon numero di ore fuori dalla cella. Due mesi fa il ministro della Giustizia aveva spiegato quali sono le misure che il governo italiano intende adottare dopo la sentenza in cui si certificava il trattamento inumano riscontrato in sette carceri italiane. Il numero dei detenuti è lievemente calato, ma la situazione – secondo l’Associazione Antigone – è ancora difficile.

Tanto che sono 6.829 i ricorsi presentati da detenuti sino ad oggi, tutti riguardanti le condizioni di affollamento e Antigone stima in 100 milioni gli oneri a carica del nostro paese per i possibili risarcimenti. L’associazione che si batte per i diritti dei detenuti chiede che per ognuno dei ricorsi sia la stessa Corte europea a procedere a una condanna dell’Italia con relativo risarcimento: “Posto che in media il risarcimento è di 15 mila euro si potrebbe giungere a una cifra complessiva di oltre 100 milioni. Chi ha subito una umiliazione dallo Stato deve essere risarcito”.

Alla vigilia della scadenza fissata da Strasburgo sono 59.683 i detenuti nelle carceri italiane: questo significa che comunque dei passi avanti sono stati fatti se si considera che 11 mesi fa, al 30 giugno 2013, nelle carceri dovevano trovare posto 66.028 persone. Oltre 6 mila in meno significa che alcuni istituti sono diventati più vivibili, anche se i posti regolamentari sono ancora almeno 15 mila in meno.

La Corte Europea dei diritti umani aveva dato all’Italia un anno per individuare un meccanismo di compensazione per chi ha vissuto la condizione di maltrattamento e per evitare che la situazione di trattamento inumano e degradante persistesse nel nostro sistema penitenziario. Nei prossimi giorni il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa valuterà le politiche penali e penitenziarie italiane. È vero ci sono “6 mila in meno rispetto a un anno addietro, tuttavia – elenca i dati l’associazione che si batte per i diritti nelle carceri – il gap da recuperare è però ancora enorme”.

La capienza regolamentare era calcolata in 49.091 posti, dopo mesi di proteste di Antigone che nelle visite dei suoi operatori delle carceri aveva potuto accertare i tantissimi reparti chiusi o in manutenzione, il ministero della Giustizia ha ammesso che sono ben 4.762 i posti attualmente non disponibili. La capienza regolamentare scende così a 44.329 posti. Quindi con questo dato, che secondo Antigone è comunque sovrastimato, il tasso di affollamento italiano è del 134.6%, che significa 134,6 detenuti per 100 posti letto. Prima dell’inizio della procedura europea eravamo secondi per sovraffollamento solo alla Serbia che aveva un tasso del 159,3%. Con il dato di oggi siamo stati superati anche da Cipro e Ungheria. Ma siamo comunque lontani – osserva Antigone – dalla media europea, che è del 97,8%.

La situazione comunque non è omogenea, in alcune regioni il tasso sfiora ancora il 150%: in Puglia è del 148,4%, in Liguria del 148%, in Veneto del 139,9%, in Lombardia è del 136,7%, nel Lazio del 133,7% e si arriva al caso limite di Secondigliano (Napoli), dove il sovraffollamento era in aprile di oltre il 200% (1.357 detenuti il 3 aprile per 650 posti). È così che – come i volontari dell’associazione hanno constatato nelle visite effettuate questo mese – si verificano ancora casi di scabbia (Rebibbia Nuovo Complesso il 15 maggio), carenza di attività rieducative e mancanza di spazi per le attività di trattamento e socializzazione.

Le condizioni di vita nelle carceri italiane restano disumane

Carcere - detenuto corridoioE questo nonostante la condanna dell’8 gennaio 2013 della Corte europea dei diritti umani nei confronti del nostro Paese per i ricorsi presentati da Torreggiani e altri detenuti. La denuncia arriva dall’associazione Antigone a un anno dalla conferma di quella condanna da parte della Grande Camera della Corte europea dei diritti umani e dall’ultimatum verso l’Italia, derivato da quella sentenza, per sanare la situazione. “Oggi – ha sottolineato in una conferenza stampa Patrizio Gonnella, presidente di Antigone – scade quell’anno che la Corte europea dei diritti umani ha dato all’Italia per risolvere il problema del sovraffollamento carcerario”.

“Nei prossimi giorni – ha spiegato Gonnella – il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa valuterà quanto ha fatto il nostro Paese. Potrebbe anche accadere – ha ipotizzato – che la Corte chieda allo Stato italiano di mettere in moto un meccanismo di compensazione per tutti quei ricorsi analoghi presentati da 6.829 detenuti nelle carceri italiane. In tal caso, posto che in media il risarcimento è di 15mila euro per detenuto, il costo per lo Stato potrebbe essere compreso fra 60 e 100 milioni”. Dopo aver mostrato alla stampa un video girato dall’associazione in alcune carceri italiane in cui si vedono delle celle piccolissime e degradate, Gonnella ha evidenziato che in Italia ci sono “ancora 134,6 detenuti per 100 posti letto. Prima dell’inizio delle procedura europea – ha ricordato – eravamo secondi soltanto alla Serbia che aveva 159,3 detenuti per 100 posti. Ora siamo stati superati anche da Cipro e Ungheria. Non è proprio un risultato entusiasmante se si tiene conto che la media Ue è di 97,8 detenuti per 100 posti letto”. Gonnella ha tuttavia riconosciuto che il numero di detenuti è diminuito, seppur molto lievemente e lentamente dal 2010 a oggi (si è passati da quasi 60mila unità del 31 dicembre 2010 a 59.683 detenuti di oggi). “Le condizioni di vita nelle nostre carceri rimangono veramente disumane, anche peggiori di quelle che emergono nella sentenza Torreggiani”, ha denunciato Simona Filippi, legale di Antigone, e ha aggiunto: “Non è soltanto un problema di spazi, se sono superiori a 3 metri quadri o no. In molte celle l’aria non circola e vi è ancora la doppia grata, che non fa nemmeno entrare la luce. Lo stesso vale per i luoghi dell’ora di passeggio, che sono molto ristretti e con muri alti”.

Tortura: ddl è un compromesso, ma occorre approvarlo

“Il disegno di legge sulla tortura, approvato dal Senato e attualmente all’esame della Camera, non è il migliore dei testi che si poteva elaborare perché si è cercato un compromesso ma, nonostante questo, noi chiediamo che venga approvato al più presto”. Così il presidente dell’Associazione Antigone, Patrizio Gonnella, durante una conferenza stampa a Roma sulle condizioni di vita nelle carceri. Secondo Gonnella, il compromesso è che “il reato è generico e non riguarda in particolar modo le forze di polizia”.

Gonnella: i ricorsi pendenti riguardano vicende degli anni passati

“La situazione carceraria in Italia è sicuramente migliorata nell’ultimo anno. Lo abbiamo ribadito più volte e anche oggi. Sono state fatte riforme che hanno, come detto, ridotto il tasso di affollamento del sistema penitenziario. Infatti oggi i detenuti sono calati di 6000 unità rispetto all’anno scorso.

Lo sguardo europeo, come noi chiediamo, serve ad accompagnare il nostro paese verso riforme che durino più nel tempo e che portino ad avere tanti detenuti quanti sono i posti letto. Rispetto alla decisione europea dei prossimi giorni abbiamo solo voluto ricordare quale fosse il rischio a cui si andrebbe incontro per fatti accaduti nel passato qualora non venga previsto un meccanismo di compensazione. Si precisa che tutti i ricorsi pendenti riguardano vicende penitenziarie accadute fra il 2009 e i primi mesi del 2013”.

Carceri inumane: “Ci costeranno tra i 60 e i 100 milioni di euro”


Carcere Montacuto di AnconaL’Italia è ancora sotto la lente della corte europea dei Diritti Umani per la questione carceri e oggi scade l’ultimatum che più di un anno fa Strasburgo aveva dato al nostro Paese. Fino a oggi sono stati ricevuti 6.829 ricorsi: situazioni che somigliano alla sentenza Torreggiani, del 8 gennaio 2013, giorno da cui il nostro Paese rischia le sanzioni.

LA SENTENZA TORREGGIANI – La Corte rigettò il ricorso dell’Italia con cui il sistema penitenziario nazionale era stato condannato per trattamento inumano e degradante inflitto ai detenuti, vietati dall’articolo 3 della Convenzione Europea. I detenuti del ricorso si trovano a scontare la propria pena presso gli istituti di detenzione di Busto Arsizio e Piacenza. Ogni cella era occupata da tre persone e ognuno di loro aveva a propria disposizione meno di tre metri quadrati come proprio spazio. Per i danni subiti la Corte ha calcolato un risarcimento di circa 100mila euro per tutti i ricorrenti.

PRESENTE E FUTURO – Il prossimo 3 giugno è invece la data in cui i ministri del Consiglio d’Europa prenderanno in esame l’esecuzione delle sentenze della corte. Se non verranno introdotte le misure richieste entro quel termine, ci saranno ulteriori ammonimenti. Il rischio è che aumentino le condanne onerose che prevedono i risarcimenti. “L’Italia ha la possibilità di compensare questo danno in modo da evitare la condanna: deve mostrare che si sta impegnando per fare in modo che quello che le sentenze attestano non succeda di nuovo. Nel caso la corte valutasse questo sforzo non sufficiente i rimborsi in tutto costerebbero allo Stato tra i 60 e i 10 milioni di euro” spiega Patrizio Gonnella, presidente dell’Associazione Antigone, che da anni si occupa di diritti dei detenuti e che ha avviato insieme a più di 2mila ricorsi diretti a Strasburgo. Poco tempo fa, era arrivata un’altra condanna della Corte Europea dopo il ricorso fatto con l’appoggio dell’Associazione da Giovanni Castaldo, ristretto nel Carcere di Avellino.

“Sanzioni o no speriamo davvero che il nostro Paese rimanga sotto lo sguardo europeo: per ridurre l’impatto del sovraffollamento non valutiamo negativamente quello che è stato fatto, ma ci sono tante altre criticità nel nostro sistema carcerario” continua Patrizio Gonnella.

DATI NAZIONALI E NON – In effetti che la situazione fosse oltre il limite consentito lo si poteva comprendere anche soltanto osservando i dati. Soltanto la Serbia è peggio dell’Italia per quel che riguarda il sovraffollamento, secondo il rapporto del Consiglio d’Europa. Inoltre il nostro Paese è il primo tra i 28 dell’Unione europea per numero di detenuti in attesa di giudizio. Tra le misure cautelari il nostro ordinamento prevede la carcerazione per chi è in attesa di giudizio e questa da più voci è ritenuta una delle cause maggiori del sovraffollamento.

Per quanto riguarda invece il panorama nazionale, a fronte di una capienza complessiva di 49.091 unità, le carceri italiane ospitano ad oggi 59.683 detenuti secondo i dati raccolti dall’associazione Antigone, che da anni si occupa di tutela dei diritti dei detenuti.

Nel 2013 negli istituti penitenziari si sono suicidati ben 49 persone. In totale sono morte 153 persone in tutto. Già quest’anno i suicidi sono stati 15 e i morti in tutto 57, come mostra il dossier “Morire di carcere” di Ristretti Orizzonti, associazione che dal 2000 raccoglie i dati sulle morti negli istituti penitenziari.“

Selene Cilluffo

27 Maggio 2014, Today.it 

Giustizia: illegale o europea? L’Italia in attesa del verdetto della Corte di Strasburgo


carceri cella affollataLa tortura in Italia non è ancora reato e il Garante non è stato ancora nominato. Sono questi tutti buoni motivi per chiedere alla Corte di non rinunciare al suo sguardo.

Ci sono due, tre, tante Europe.

L’Europa che ha messo sotto osservazione il sistema carcerario italiano è un’altra Europa rispetto all’Europa del fiscal compact. Un anno fa la Corte europea dei diritti umani, con una procedura non proprio ordinaria, di fronte alla sistematica violazione dell’articolo 3 della Convenzione del 1950 che proibisce la tortura e i trattamenti inumani o degradanti, ha sospeso il suo giudizio e ha chiesto all’Italia di rientrare nella legalità internazionale. L’anno di tempo concesso scade oggi. Vediamo brevemente cosa è successo in quest’ultimo anno e se possiamo ritenerci un Paese “legale”.

Lo sguardo giurisdizionale europeo ha costretto i tre governi che si sono succeduti da gennaio 2013 (Monti, Letta e Renzi) ad avviare un percorso di deflazione e umanizzazione. Contemporaneamente era partita la campagna delle tre leggi di iniziativa popolare (droghe, tortura, carceri) per non far cadere il tema nell’oblio dove periodicamente e tristemente va a finire. Contro il sovraffollamento è innegabile che alcune cose sono state fatte: cambio delle norme sulla custodia cautelare, estensione della liberazione anticipata e delle misure alternative alla detenzione, più detenzione domiciliare e meno carcere, avvio di un percorso di depenalizzazione, introduzione della messa alla prova anche per gli adulti.

La Corte Costituzionale ha abrogato la legge Fini-Giovanardi sulle droghe. È infine stato abolito il reato odioso di immigrazione irregolare. Al fine di umanizzare la vita in carcere è stata prevista l’istituzione del garante nazionale delle persone private della libertà, ai detenuti è stata garantita più tutela davanti ai giudici di sorveglianza, non si è dato più per scontato negli uffici ministeriali che la pena carceraria dovesse coincidere con l’ozio forzato in celle maleodoranti. Gli ultimi due ministri della Giustizia (Cancellieri e Orlando) hanno finalmente adottato un linguaggio più europeo.

Le domande a questo punto sono due. Sarebbe mai ciò avvenuto senza lo sguardo investigativo di Strasburgo? È comunque sufficiente per ritenerci a posto? La risposta è la stessa, ovvero no! Vediamo perché. 1) Lo spazio è ancora del tutto insufficiente. I detenuti sono ad oggi 59.683. Erano 6 mila in più ai tempi della sentenza Torreggiani. Ma siamo ancora lontani dal poter dire che nelle nostre galere ci sia spazio per tutti. 15 mila persone non hanno ancora un posto letto regolamentare. Il tasso di affollamento italiano è del 134.6%, ovvero 134,6 detenuti che devono spartirsi 100 posti letto. Prima dell’inizio della procedura europea eravamo secondi solo alla Serbia che aveva un tasso del 159,3%. Ora peggio di noi ci sono anche Cipro e Ungheria. Non è proprio un risultato entusiasmante se si tiene conto che la media europea è del 97,8%.

2) Il sistema di riforme messo in piedi è un patchwork disomogeneo che richiede una razionalizzazione e un’ulteriore accelerazione riformista e garantista. A breve dovranno essere emanati i decreti sulla depenalizzazione. Se non si tolgono di mezzo norme ingiuste e carcerogene come l’oltraggio tutto resterà invariato. Inoltre la legislazione sulle droghe in vigore è ancora un mix paternalista e autoritario. I detenuti condannati in base alla Fini-Giovanardi stanno ancora scontando una pena palesemente illegittima.

3) La qualità della vita in carcere, tra salute negata e rischi di violenza, è ancora ben poco normale. Mentre scrivevo quest’articolo mi ha chiamato la moglie di un detenuto dicendomi che il marito da tredici giorni è in carcere senza carta igienica. Le denunce di violenze non mancano.

Questo scrive al nostro difensore civico un detenuto: “Dopo mi hanno trasferito nel peggior carcere in Sicilia che si chiama Casa circondariale di Agrigento dove lì le guardie penitenziarie distruggevano i detenuti maltrattandoli pesantemente fino al punto che a un detenuto tunisino gli è stato amputato un braccio perché una guardia gli ha chiuso il blindato sul braccio.

Ha avuto un’infezione molto grave lo hanno lasciato così in quello stato fino al punto che ha scioperato tutto il carcere. Solo così lo hanno fatto uscire dal carcere per curarlo ma non ce l’hanno fatta in tempo a salvargli il braccio [… ] loro reagivano con delle squadrette da 15 guardie penitenziarie che ci venivano a chiamare in piena notte dicendoci di andare in infermeria o ci portavano in isolamento e ci distruggevano dalle manganellate. Poi ci mettevano in isolamento in celle lisce prive di tutto né materassi né coperte niente di niente in pieno freddo e ci lasciavano nudi solo con le mutande tutti gonfi e agonizzanti”.

di Patrizio Gonnella (Presidente di Antigone)

Il Manifesto, 27 maggio 2014

Carceri, Caso Torreggiani : La situazione delle Carceri Italiane


Il 28 maggio 2014 scade l’anno di tempo che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo aveva dato all’Italia a seguito della sentenza pilota nel caso Torreggiani.

Ad un anno di distanza da quella decisione Antigone racconta la situazione delle carceri italiane con questo video realizzato nei giorni scorsi e mostrato oggi durante una conferenza stampa.