Condizione delle Carceri in Campania, Convegno al Penitenziario modello di Sant’Angelo dei Lombardi


“Condizione delle Carceri, la situazione in Campania”. Questo è il titolo del Convegno organizzato dal Movimento Radicali Italiani unitamente all’Associazione Giovani Giuristi Vesuviani ed al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Nola all’esito delle numerose visite effettuate, proprio di recente, nella gran parte degli stabilimenti penitenziari della Regione Campania.

L’evento, grazie alla disponibilità del Provveditore Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria per la Campania Giuseppe Martone, si terrà venerdì 31 p.v. dalle ore 14,30 in poi presso la Sala Multifunzionale della Casa di Reclusione di Sant’Angelo dei Lombardi “Bartolo, Famiglietti e Forgetta” in Provincia di Avellino, uno dei migliori Istituti del Sud Italia guidato dal Direttore Massimiliano Forgione in cui, allo stato, sono ristrette 184 persone detenute, 19 delle quali straniere, a fronte di una capienza regolamentare di 122 posti.

Il Convegno, che sarà preceduto da una breve visita all’Istituto, sarà introdotto dall’Avvocato Sabina Sirico, Responsabile dell’Osservatorio Carceri dei Giovani Giuristi Vesuviani e moderato da Emilio Enzo Quintieri, già membro del Comitato Nazionale di Radicali Italiani, capo della delegazione visitante le Carceri campane, autorizzata dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia.

Porteranno i loro saluti l’Avvocato Francesco Urraro, Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Nola, l’Avvocato Salvatore Del Giudice, Presidente dell’Associazione Giovani Giuristi Vesuviani e l’Avvocato Michele Capano, Tesoriere Nazionale dei Radicali Italiani.

Interverranno, tra gli altri, il Senatore della Repubblica Vincenzo D’Anna, il Prof. Giuseppe Tabasco, Docente di Diritto Penitenziario dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, il Magistrato di Sorveglianza di Avellino Maria Bottoni, il Direttore della Casa di Reclusione di Carinola Carmen Campi, il Direttore della Casa Circondariale di Benevento Maria Luisa Palma, il Garante dei Diritti dei Detenuti della Regione Campania Adriana Tocco, il Direttore della Casa Circondariale di Napoli Poggioreale Antonio Fullone, l’Avvocato Raffaele Minieri della Direzione Nazionale di Radicali Italiani, il Direttore della Casa di Reclusione di Sant’Angelo dei Lombardi Massimiliano Forgione ed il Capo dell’Area Giuridico Pedagogica dell’Istituto Enrico Farina. Le conclusioni sono state affidate all’Avvocato Michele Coppola, Vice Presidente dei Giovani Giuristi Vesuviani.

All’iniziativa potranno partecipare anche numerosi Studenti Universitari, Criminologi, Psicologi, Medici, Avvocati, Politici, etc. che abbiano manifestato al Comitato Organizzatore la loro volontà di partecipazione e siano stati preventivamente autorizzati. Anche gli organi di informazione giornalistica, radiofonica e televisiva nonché i fotografi, che si siano accreditati, potranno fare ingresso in Istituto e seguire tutti i lavori, grazie all’autorizzazione concessa dal Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Santi Consolo e dal Direttore dell’Ufficio Stampa Assunta Borzacchiello. Sarà presente, tra gli altri, Radio Radicale diretta da Alessio Falconio, per la registrazione e la trasmissione integrale sui canali e sul sito web della storica emittente radiofonica legata al Partito Radicale.

Abbiamo scelto la Casa di Reclusione di Sant’Angelo dei Lombardi sita nell’Alta Irpinia per tenere la nostra iniziativa – ha dichiarato l’esponente radicale Emilio Enzo Quintieri – perché questo Istituto rappresenta una delle poche eccellenze esistenti nel panorama nazionale che intendiamo far conoscere affinché venga replicato in tantissime altre realtà del Paese poiché l’esecuzione della pena è veramente conforme al dettato costituzionale non traducendosi in trattamenti inumani e degradanti, severamente proibiti dal diritto interno e sovranazionale. Ringraziamo l’Amministrazione Penitenziaria, centrale e periferica, per la grande disponibilità nell’autorizzare sempre le visite all’interno degli Istituti e per averci messo a disposizione la bellissima Sala Multifunzionale dell’Istituto di Sant’Angelo dei Lombardi. Un ringraziamento particolare va al personale del Reparto di Polizia Penitenziaria comandato dal Commissario Capo Giovanni Salvati ed al Responsabile della Segreteria del Direttore Sovrintendente di Polizia Penitenziaria Alessandro D’Aloiso per il loro prezioso sostegno nell’organizzazione e buona riuscita della manifestazione.

Cerimonia di inaugurazione dell’Anno Giudiziario 2017 presso la Corte di Appello di Catanzaro


corte-di-appello-di-catanzaro-2017-anno-giudiziarioCatanzaro – Cerimonia di inaugurazione dell’Anno Giudiziario 2017 

Registrazione video della manifestazione “Catanzaro – Cerimonia di inaugurazione dell’Anno Giudiziario 2017”, registrato a Catanzaro sabato 28 gennaio 2017 alle ore 09:15.

L’evento è stato organizzato dal Ministero della Giustizia.

Sono intervenuti: Domenico Introcaso (presidente della Corte d’Appello di Catanzaro), Francesco Cananzi (componente Consiglio Superiore della Magistratura), Vittoria Orlando (rappresentante del Ministro della Giustizia), Raffaele Mazzotta (procuratore generale della Repubblica di Catanzaro), Giuseppe Iannello (presidente Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Catanzaro), Letizia Benigno (rappresentante ANM, distretto di Catanzaro), Luciano Trovato (presidente del Tribunale dei minori di Catanzaro), Raffaella Mancini (rappresentante Federmot), Antonio Baffa (avvocato, delegato del Consiglio Nazionale Forense), Teresa Tucci (rappresentante Unione Italiana Magistrati Onorari), Valentina Anna Moretti (rappresentante di Radicali Italiani).

Tra gli argomenti discussi: Abusivismo, Ambiente, Anno Giudiziario, Appalti, Avvocatura, Calabria, Catanzaro, Civile, Criminalita’, Csm, Cultura, Diritto, Economia, Edilizia, Emergenza, Finanza, Giustizia, Immigrazione, Inquinamento, Istituzioni, Mafia, Magistratura, Ministeri, Ndrangheta, Penale, Politica, Salute, Sicurezza, Societa’, Stato, Territorio.

La registrazione video di questa manifestazione ufficiale ha una durata di 3 ore.

Il contenuto è disponibile anche nella sola versione audio.

Carceri, Giustizia, Valentina Moretti (Radicali) interviene alla Corte di Appello di Catanzaro


moretti-corte-di-appello-catanzaroQuesta mattina, presso il Palazzo di Giustizia di Catanzaro, si è tenuta la Solenne Cerimonia di inaugurazione dell’Anno Giudiziario per il 2017, presieduta dal Presidente della Corte di Appello di Catanzaro, il Dott. Domenico Introcaso. Erano presenti tutti i Magistrati Inquirenti e Giudicanti del Distretto di Catanzaro, numerose Autorità Politiche, Civili, Religiose e Militari, rappresentanti del Ministero della Giustizia, del Consiglio Superiore della Magistratura, del Consiglio Nazionale Forense, dell’Ordine degli Avvocati, dell’Associazione Nazionale Magistrati nonché del Movimento Nazionale Radicali Italiani.

Per i Radicali, su delega della Segreteria Nazionale, è intervenuta l’esponente radicale Valentina Anna Moretti, laureanda in Giurisprudenza all’Università della Calabria e membro della Delegazione visitante gli Istituti Penitenziari della Calabria. Ad accompagnarla Emilio Enzo Quintieri, già membro del Comitato Nazionale di Radicali Italiani.

Qui sotto, troverete il discorso integrale letto in Aula dalla delegata di Radicali Italiani, molto apprezzato da parte di tutti gli intervenuti.

 

INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2017

CORTE DI APPELLO DI CATANZARO

28 Gennaio 2017

 

Signor Presidente, Signor Procuratore Generale

Signori Magistrati e Signori Avvocati

Autorità Politiche, Civili e Militari

Signore e Signori

 

Sono onorata di intervenire in quest’Aula, come delegata del Movimento Nazionale Radicali Italiani, al pari degli altri compagni radicali in tutte le sedi delle Corti di Appello d’Italia.

Preliminarmente, desidero ringraziare il Signor Presidente della Corte di Appello di Catanzaro, per averci concesso la possibilità di partecipare ed intervenire a questa solenne cerimonia.

Ancora una volta, come avviene oramai da decenni, l’Anno Giudiziario, è inaugurato nel segno e nel contesto di un’emergenza, anzi di più “emergenze”, che, quando si dà per scontato che l’ordinamento giuridico, la giustizia, il suo ruolo tra le istituzioni dello Stato, possano una volta essere condizionate “dall’emergenza”, è ben difficile che, poi si possa considerare di “esserne fuori” ed escludere che, invece, sempre nuove ne sopravvengano.

Emergenze mafia, emergenze corruzione, emergenze terrorismo.

Mi chiedo se questa giustizia, quella “delle emergenze” possa essere considerata “giustizia” e se sia compatibile con i principi fondamentali cui essa deve essere improntata nei Paesi civili come l’Italia!

Non sarà qui ed ora che potrà darsi una risposta d’ordine generale. Ma è impossibile, se non si vuole che questo diventi uno squallido rituale magari anche un pochetto ridicolo, non interrogarci sul fatto che stanno tragicamente venendo al pettine i nodi rappresentati da questa “devianza” della giustizia.

Cominciamo da uno di quelli che oramai sono diventati scandalosi.

Eventi recentissimi hanno richiamato l’attenzione sul “sistema” dei pentiti, perché di un complesso sistema si tratta, che costituisce l’architrave di ogni prova non solo in materia di criminalità organizzata; hanno creato un loro mondo, una loro “verità”: si sostengono e si “ispirano” reciprocamente.

Ogni tanto clamorosi casi di falsità, evidenti manifestazioni di “pentimenti” strumentali, lasciano intravedere le magagne del problema. Ma a tutti si risponde che i pentiti sono “essenziali” per la “lotta” alla criminalità organizzata. Questo “supera” il problema della affidabilità delle loro dichiarazioni. Ma quante sentenze sono viziate, false, ingiuste, perché fondate su dichiarazioni di pentiti che saranno pure risultati “essenziali” per la lotta, ma non altrettanto per la certezza delle accuse fondate sulle loro “rivelazioni”?

E qui bisogna soffermarsi a riflettere su ciò che la storia della nostra legislazione processuale ci dimostra. Quando fu introdotta nel codice di procedura penale la formula della necessità, per addivenire ad una sentenza di condanna, della dimostrazione della colpevolezza dell’imputato “al di là di ogni ragionevole dubbio” (escludendo quindi, ad esempio, il valore di una pur altissima probabilità) avrebbe dovuto verificarsi una svolta, un “terremoto” nell’esito dei processi penali.

Avrebbe dovuto scomparire per sempre la tendenza a far dipendere le condanne dall’esigenza di “dare un esempio”, di rendere meno allettante l’idea del ricorso al crimine, ma non è stato così. Non sono nemmeno cambiate le parole con le quale le sapienti motivazioni prevalgono sulla ragionevolezza dei motivi delle condanne. Le statistiche non ne hanno risentito. Ancora una volta la legge è risultata non essere fatta per realizzare il suo semplice e chiaro dettato.

E’ in corso un sempre più marcato e frequente ricorso a norme di legge “alla giornata”, spesso al di fuori e contro il sistema complessivo del diritto, per soddisfare sentimenti e reazioni della pubblica opinione in ordine a particolari in sé non essenziali dei comportamenti considerati. L’uso di qualche termine straniero, entrato nel linguaggio usuale da un sistema giuridico totalmente diverso dal nostro, completa il quadro di uno sfascio del sistema.

La proporzionalità delle pene secondo la gravità effettiva del delitto è stata compromessa e rovinata dall’esigenza di adattare le leggi penali alla contingenza di momenti di allarme e di esecrazione per certi reati.

E qui si deve dire chiaramente che la “giustizia di lotta”, per “campagne”, di volta in volta contro questa o quella forma di criminalità, oltre a determinare pregiudizi e deformazioni delle valutazioni delle prove necessarie per applicare le norme repressive, finisce per portare alla disgregazione ed allo sfascio dell’armonia degli ordinamenti giuridici.

Da un punto di vista soggettivo, poi, questo tipo di giustizia finisce per conferire a chi è chiamato ad esercitarla una visione del proprio compito che, anziché di applicazione e, quindi, di soggezione alla legge, è di superiorità della giurisdizione al diritto: la pericolosa involuzione della funzione giuridica e del corpo stesso della Magistratura spinta ad assumere tendenze, ad essere parte, partito, ed a deformare l’Istituzione che rappresenta con l’assunzione di un ruolo concorrente e finalizzato alla supremazia rispetto agli altri organi costituzionali dello Stato.

Infine, mi si consenta, di esprimere qualche considerazione sull’attuale situazione penitenziaria distrettuale di Catanzaro. Com’è noto, come Radicali, ci siamo sempre occupati del “Pianeta Carcere” e continuiamo ad occuparcene con grande impegno, anche con frequenti visite a tutti gli Istituti, grazie all’autorizzazione dell’Amministrazione Penitenziaria che intendo, pubblicamente, ringraziare anche in questa sede.

In questo Distretto Giudiziario vi sono 7 Istituti Penitenziari (6 Case Circondariali ed 1 Casa di Reclusione). Oltre la metà (4 su 7) continuano ad esser sovraffollati. A Paola l’indice di affollamento è del 130%, a Cosenza del 129%, a Crotone del 107% ed a Rossano del 104%.

Manca il personale di Polizia Penitenziaria; in particolare i Funzionari ed i Sottufficiali (8 Commissari, 41 Ispettori, 69 Sovrintendenti). Mancano i Funzionari Giuridico Pedagogici ed anche quelli del Servizio Sociale.

Manca, addirittura, il Provveditore Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria della Calabria. E’ dal 2010 che non è stato più nominato, in pianta stabile, nessun Dirigente Generale per la nostra Regione!

Nel ringraziarvi per la cortese attenzione riservatami, auguro a tutti voi Magistrati ed Operatori del diritto un buon anno giudiziario.

Valentina Anna MORETTI

Delegata del Movimento Radicali Italiani

 

Napoli, Quintieri (Radicali): Basta accuse infondate alla Polizia Penitenziaria di Poggioreale


delegazione-cc-poggiorealeBasta con accuse infondate al personale di Polizia Penitenziaria del Reparto di Napoli Poggioreale. Lo sostiene Emilio Enzo Quintieri, già membro del Comitato Nazionale di Radicali Italiani che, nei giorni scorsi, ha guidato una delegazione in visita ispettiva proprio presso la Casa Circondariale di Napoli Poggioreale “Giuseppe Salvia” nell’ambito del progetto “Tre metri dietro alle sbarre” promosso dall’Associazione Giovani Giuristi Vesuviani presieduta dall’Avvocato Salvatore Del Giudice.

La Delegazione visitante, che è stata autorizzata dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia, oltre da Quintieri e Del Giudice, era composta anche dall’Avv. Michele Coppola, Vice Presidente dei Giovani Giuristi Vesuviani, dall’Avv. Francesco Urraro, Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Nola, dall’Avv. Gian Vittorio Sepe, membro della Giunta Nazionale dell’Associazione Italiana Giovani Avvocati e dagli Avvocati Rosanna Russo, Olga Izzo e Sabina Sirico, membri dell’Associazione Giovani Giuristi Vesuviani. Inoltre, faceva parte della delegazione, Pietro Ioia, Presidente dell’Associazione Ex Detenuti Organizzati di Napoli.

Ad accogliere gli ospiti autorizzati alla visita c’era il Direttore Antonio Fullone, il Vice Direttore Chiara Masi, il Comandante di Reparto della Polizia Penitenziaria Commissario Capo Gaetano Diglio ed altro personale di Polizia Penitenziaria in servizio nell’Istituto.

Nello stabilimento detentivo, al momento della visita, vi erano 1.971 persone detenute, a fronte di una capienza di 1.500 posti disponibili per lavori di ristrutturazione in corso (471 detenuti in eccesso), 293 dei quali stranieri con le seguenti posizioni giuridiche: 673 in attesa di giudizio, 410 appellanti e 230 ricorrenti. Solo 655 sono i condannati definitivi. 201 sono i detenuti appartenenti al Circuito dell’Alta Sicurezza (As3 criminalità organizzata).

Dopo un lungo colloquio con lo staff dirigente dell’Istituto, abbiamo fatto un’accurata visita all’interno degli spazi detentivi. Tra gli altri, sono stati visitati, il Padiglione “San Paolo” adibito a Centro Clinico, il Padiglione Roma, Livorno ed Avellino. In quest’ultimo sono allocati i 201 detenuti appartenenti al Circuito dell’Alta Sicurezza (As3 criminalità organizzata). Nell’ambito della visita sono stati sentiti anche numerosi detenuti i quali, diversamente dagli anni passati, non hanno riferito problemi degni di nota. Anzi, ad onor del vero, hanno manifestato la loro soddisfazione per i continui miglioramenti della vita detentiva e del rapporto con il personale penitenziario avvenuti in questi ultimi anni.

Ho ascoltato su Radio Carcere, la rubrica di Radio Radicale curata dall’Avv. Riccardo Arena, la testimonianza di Marco, un 47enne napoletano, alla prima esperienza detentiva, che è stato recluso per sei mesi nella Casa Circondariale di Napoli Poggioreale. Questi, durante l’intervista, riferiva di essere stato allocato, per due mesi, nel Padiglione Firenze ove era allocato in camera con altre 5 persone e poi per gli altri quattro mesi nel Padiglione Livorno ove era ristretto con altri 6 detenuti.

Marco, appena scarcerato, raccontava che il Carcere di Poggioreale “era un inferno”, che i detenuti erano costretti “a stare sempre sugli attenti, camminando rasenti al muro con la testa bassa e le mani dietro la schiena” perché altrimenti venivano richiamati e/o puniti “dalle Guardie Penitenziarie” anche con “schiaffi e calci”. Praticamente, secondo Marco, “sembrava di fare il servizio militare se non addirittura peggio”. Inoltre, riferiva, che la “socialità” veniva effettuata al chiuso nelle camere dei detenuti e che non vi era alcuna attività. Lamentava, altresì, la presenza di topi nella cucina dell’Istituto ed altre problematiche che rendevano il vitto immangiabile.

Ritengo doveroso intervenire perché quanto raccontato dall’ex detenuto non corrisponde assolutamente al vero. Posso affermare con tranquillizzante certezza che nella Casa Circondariale di Napoli Poggioreale oggi non ci sono più i trattamenti e le condizioni che ha descritto nella sua intervista a “Radio Carcere”. Sono stati proprio i detenuti a chiarire, più volte, che le condizioni sono migliorate, che non ci sono più casi di violenza, che non c’è più quel sistema rigoroso che una volta veniva utilizzato dal personale di custodia. Non è quindi corretto descrivere una situazione che nella realtà dei fatti è completamente diversa. Viene offeso e mortificato il lavoro di chi, ogni giorno, si prodiga per migliorare, nei limiti del possibile, la qualità della vita detentiva. Con questo, non voglio dire che a Poggioreale non ci sono più “problemi” ma del vecchio Carcere di Poggioreale non è rimasto quasi nulla. Vi è stata ed è in atto una radicale trasformazione dell’Istituto.

In passato, ad esempio, i detenuti stavano rinchiusi nelle loro camere per 22 ore al giorno. Durante la visita fatta l’anno scorso trovammo circa 500 detenuti a “custodia aperta” con possibilità di uscire fuori dalle camere durante la giornata. Oggi, invece, sono la stragrande maggioranza ad essere “aperti”: circa 1.600 su 1.971. E non è vero che la “socialità” si fa “uscendo da una cella ed entrando in un’altra cella” perché si può sostare e passeggiare nei corridoi del reparto oppure praticare attività sportiva nella palestra, arredata con le attrezzature concesse dalla Chiesa Valdese di Napoli. Infatti, recentemente, a causa dell’assenza di spazi in comune, sono state soppresse delle camere detentive, trasformandole in “sala palestra” con il nulla osta del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria che, precedentemente, era stato sempre contrario poiché venivano diminuiti i posti disponibili. Ed i primi reparti ad avere la palestra sono stati proprio il Firenze ed il Livorno ove è stato ristretto l’ex detenuto napoletano. Poggioreale non aveva mai avuto palestre così come non era possibile svolgere attività sportiva con regolarità nell’attiguo campo di calcio. Prossimamente anche quest’ultimo sarà migliorato poiché verrà completamente rifatto il terreno di gioco in erba sintetica grazie alla donazione della Chiesa Valdese. Tanti altri lavori di ristrutturazione sono stati effettuati e tanti altri sono in corso. Nel Padiglione Roma, ad esempio, è in fase di ultimazione la sistemazione delle docce in ciascuna camera come prevede la legge. Saranno realizzati ulteriori spazi per l’attività in comune in ogni singolo reparto, riconvertendo altre camere detentive. E’ prevista, a breve, la realizzazione di una ludoteca per i colloqui dei detenuti con i bambini che sarà arredata con suppellettili donati dall’Arcivescovo Metropolita di Napoli, Cardinale Crescenzio Sepe ed è in programma una sistemazione di tutti i cortili passeggio, grazie alla collaborazione avviata con l’Associazione “Il Carcere Possibile Onlus” della Camera Penale di Napoli e con la Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”.

Inoltre, non risponde al vero, il fatto che non ci siano “offerte trattamentali” all’interno dell’Istituto poiché, oltre all’attività lavorativa alle dipendenze dell’Amministrazione Penitenziaria (sono impiegati 254 detenuti con rotazione ogni 2/8 mesi a seconda della mansione svolta), sono attivi 8 corsi finanziati dalla Regione Campania (falegnameria, operaio edile, installatore di impianti tecnici, idrici e sanitari, aiuto cuoco, imbianchino, muratore, addetto elettrauto ed idraulico) che coinvolgono circa 100 detenuti. Altra “novità” positiva è che, finalmente, anche a Poggioreale è stato concesso ai detenuti, pure a quelli del Padiglione Avellino ad Alta Sicurezza, di fare “socialità” durante i giorni festivi. Sembrano “cose da niente” ma in tantissimi altri Penitenziari, anche meno problematici di Poggioreale, non è possibile fare alcuna “socialità” e l’organizzazione custodiale è ancora quella tradizionale di tipo “chiuso”.  Chiaramente, resta ancora tanto da fare, come ammette lo stesso Direttore Antonio Fullone. Non è pensabile – conclude l’esponente dei Radicali Italiani Emilio Enzo Quintieri – che si possa cambiare il Carcere di Poggioreale in pochi anni. E’ un processo faticoso, che richiede tempo, che va incoraggiato e sostenuto e per il quale occorre la collaborazione di tutti. Raccontare balle e parlare sempre male come ha fatto Marco, non aiuta certo il cambiamento !

Spes contra spem, Capozzoli : La cultura vince su tutti i fronti, anche contro la Mafia


giancarlo-capozzoliSpes contra spem è il docufilm presentato all’ ultima mostra del cinema di Venezia, prodotto in collaborazione con Nessuno tocchi Caino, Indexway e Radio Radicale e girato dal regista Ambrogio Crespi.

E’ un documentario sulle storie di criminali, mafiosi e camorristi, privati della libertà personale presso il carcere di Opera, ma è sopratutto un documentario sulla speranza di queste persone di immaginare ancora il proprio futuro, fuori dalle mura del carcere.

Sulla speranza di loro, intervistati, che sono condannati all’ ergastolo ostativo.

L’ ergastolo è ostativo quando sono negati i benefici e le misure alternative previste dagli articoli 17 e 22 del codice penale.

Possibilità prevista dall’ Art. 4 dell’ Ordinamento Penitenziario, “Divieto di concessione dei benefici e accertamento della pericolosità sociale dei condannati per taluni delitti”.

Un ergastolano, lo scrittore Musumeci, ha lanciato una campagna per raccogliere firme a favore di una proposta di iniziativa popolare per l’ abolizione di questo ergastolo, in virtù di quanto prescritto dall’ art. 27 della Costituzione Italiana che prevede la rieducazione del condannato come fine ultimo della pena e vieta trattamenti contrari al senso di umanità, proposta rilanciata dalla Associazione A buon diritto.

Questo docufilm prende il titolo dal VI Congresso di Nessuno tocchi Caino, tenuto nel carcere di Opera, a Milano, e il titolo è tratto dalle parole della Lettera di San Paolo ai Romani su Abramo che “ebbe fede sperando contro ogni speranza”.

Protagonisti sono i detenuti che hanno aderito a questo progetto, nove in tutto. Di età diversa. Entrati in carcere giovanissimi, sbarbati. E in carcere poi diventati anche nonni. Sono giovani nonni…

Il regista sembra che non abbia voluto sapere nulla dei reati commessi, per non essere condizionato. “Sapevo che erano persone che avevano commesso reati molto gravi, ma poco altro”.

Io preferisco chiedere invece direttamente alle persone con cui lavoro all’ interno della Casa Circondariale di Rebibbia dei loro reati proprio per abbattere questi muri….

Questa proiezione è comunque stata una esperienza straordinaria anche grazie all’ intervento del Ministro della Giustizia Orlando il quale è seriamente sensibile al tema delle carceri. Se da un lato, infatti, il docufilm, vuole fare emergere le problematiche legate alla questione dell’ ergastolo ostativo, da un altro lato vuole “semplicemente” affrontare e affronta in maniera diretta il problema delle carceri in Italia.

C’è da dire che il carcere di Opera sta diventando davvero un modello, nonostante sia un carcere di Alta Sicurezza. Ma grazie soprattutto all’ opera del Direttore Siciliano sta cambiando sostanzialmente a partire dal rapporto assistenti-detenuti.

Quello che voglio dire è che è in atto una vera trasformazione culturale, messa in atto dal Direttore. Se generalmente il rapporto “guardie”- detenuti è un rapporto basato sulla reciproca diffidenza, oggi, ad Opera, si tenta quantomeno un approccio culturale diverso, che sta portando e in parte ha già portato ad un cambiamento radicale nel rapporto tra queste due figure apparentemente incompatibili. Alla diffidenza sostanziale e solita, si è sostituito lo scambio, la confidenza.

Questo approccio diverso ha condotto ad una cultura diversa nei confronti del detenuto, grazie soprattutto al dialogo.

Il Direttore si è speso e continua ad impegnarsi affinchè questo cambiamento in atto sia soltanto l’ inizio di un cambiamento reale.

Cambiamento che è accaduto già nel detenuto stesso.

Il detenuto è cambiato, ha abbandonato per così dire, la sua parte “nera”, per usare le parole del regista, in vista un effettivo ritorno alla vita. Gli assistenti/ guardie devono, nell’ ottica del Direttore, contribuire a questo cambiamento sostanziale e reale. Ma non è semplice.

Una persona privata della sua libertà è inevitabilmente “duro”, rigido. E lo è anche per quella che è stata la sua condotta precedente, la sua vita precedente.

Questo è l’aspetto davvero fondamentale in vista della rieducazione prevista e sancita dalla Costituzione.

Nel Carcere di Opera il detenuto è davvero cambiato a partire da questa relazione altra con gli assistenti.

Oggi c’è confidenza, e i detenuti sono orgogliosi di confidarsi con loro. Confidarsi nel senso proprio di confidenza, consigli che chiedono agli assistenti stessi.

Questo emerge dalla visione stessa del docufilm.

E’ un aspetto decisivo, come si diceva, ed è la svolta che ci si aspetta da un mondo chiuso come quello dello carcere.

E’ l’ unico modo anche, ed è questa l’ idea di Crespi, per riportare effettivamente nella legalità, chi ha vissuto ai margini della società.

Il pericolo, altrimenti, è rendere ancora più pericoloso chi lo era già prima di entrare in carcere.

Pertanto la Cultura vince su tutti i fronti, intanto come unico argine contro la Mafia.

Concretamente.

Ed inoltre questo nostro docufilm  lascia emergere un altro aspetto che mi sembra molto importante anche: sono i detenuti stessi che letteralmente smontano, distruggono con le loro parole, con il loro vissuto raccontando, esponendo, anche con la loro speranza di altro, di una vita diversa, il mito del criminale stesso.

È un aspetto determinante. Chi come noi racconta queste storie ne coglie appieno l’ importanza.

Il rischio è che i giovani delle periferie degradate e dimenticate, con poca o nessuna cultura, che non hanno accesso al sapere e allo studio, prendano i criminali come”modello”.

Esattamente.

Mi sembra essenziale che, grazie all’ arte, al cinema e alla cultura in generale, si possono fare dei passaggi sostanziali in vista di un reale ripensamento del sè e di reale conoscenza di se stessi, che apre nuove strade e porta ad un allontanamento vero dal rischio di emulazione della criminalità.

Le persone protagoniste del docufilm sono “pentiti dell’ anima”. Non si pongono come modelli per i ragazzi “fuori”, tutt’altro.

Non pongono più dei modelli criminali.

L’ arte, la Cultura, il cinema e anche questo docu sono “un grande lenzuolo bianco contro la Mafia” parole che Melillo, capo gabinetto del Ministro Orlando ha usato proprio per dire di questo film.

Raccontare queste storie dicevo.

Storie negative.

I detenuti che raccontano nel film, raccontano degli sbagli fatti, di non sapere cosa sia la felicità.

E’ facilmente comprensibile come queste parole pronunciate da un detenuto abbiano una forza dirompente. Ma mostrano anche l’ aspirazione e la speranza verso un cambiamento reale e profondo nella società stessa.

E’ un film in questo senso educativo che potrebbe essere proiettato anche nelle scuole.

Anche se credo non sia semplice.

Non si vuole sentire parlare di carcere e di detenuti. Ma quest’ opera ha cercato di dimostrare invece che una svolta, un cambiamento reale e radicale è possibile e concreto.

Cambiamento che è il primo obiettivo dell’ Arte e della Cultura.

La cultura o porta a un radicale mutamento o non è cultura.

Riuscire a intervenire a livello culturale al fine di riuscire a cambiare i giovani, e proporre modelli culturali differenti  è un bel cambiandoti culturale anche da parte di chi progetta cultura.

É quello che tento di fare anche io con i miei laboratori integrati con i giovani studenti della facoltà di lettere e filosofia di Tor Vergata, a Roma, e i “ragazzi” reclusi presso la Casa Circondariale…

Il cinema, il teatro servono a cambiare. Assolutamente.

Noi siamo In questo senso responsabili, abbiamo il diritto e il dovere di mostrare ai giovani che esistono possibilità altre.

É l’ unico modo in cui la criminalità può essere efficacemente combattuta e marginalizzata.

É una bella scommessa.

Ma sono convinto, anche dopo aver visto questo progetto, che chi è cambiato deve poter aiutare gli altri. E non marcire in galera ad aspettare che il tempo passi.

Spes contra spem è un progetto che si radica nella storia e nella esperienza di Nessuno tocchi e dei Radicali in generale.

Ecco, Pannella è presente nel film.

E’ nel film la lettera ultima che il leader radicale ha scritto a Papa Francesco sul tema delle carceri.

L’ impegno dei Radicali in favore dei diritti dei detenuti è ben importante. All’ inizio di settembre si è tenuto il congresso straordinario all’ interno della Casa Circondariale di Rebibbia.

La scena nel docufilm è essenziale, sacra quasi.

Una cella illuminata da quattro luci, Quasi a ricreare una sacralità che in un luogo del genere, è ben davvero difficile da trovare.

I detenuti, nell’aprirsi, nel raccontarsi, si sono commossi, mi confida il regista.

Erano, sono sinceri davvero.

Distruggere la figura del criminale, è andare anche contro loro stessi, contro il loro essere stati criminali, contro l’ aver creduto in certi valori o dis-valori piuttosto che in altri.

Raccontano del loro vissuto recluso, delle loro sensazioni, emozioni.

Si sono lasciati andare.

Quando iniziano a parlare sembra che non smetteranno più.

Sono perlopiù ragazzi/uomini ai limiti dell’ analfabetismo.

Se la Cultura è davvero uno degli aspetti più importanti rispetto all’ animo, allo spirito di una persona, lo è anche e soprattutto dove è del tutto assente.

In carcere molti, quasi tutti, hanno una cultura davvero basilare. Minima.

La cultura serve a combattere sia all’ interno del mondo penitenziario, sia e soprattutto fuori, per contrastare combattere e sconfiggere i fenomeni mafiosi, la criminalità.

Dopo Cesare deve morire dei fratelli Taviani, questo tuo docufilm sul carcere. Che è un modo dal mio punto di vista di sensibilizzare la società civile rispetto ad un mondo altrimenti chiuso e dimenticato.

Questo tipo di opere serva a porre una luce diversa su un mondo che viene raccontato sempre e solo in “negativo”. Si parla di carcere solo quando un detenuto è evaso, o solo quando un detenuto è picchiato.

Questo film ne racconta in maniera positiva.

Un detenuto non è un criminale.

Se il film dei Taviani rappresenta esattamente la risposta culturale contro la criminalità stessa, questo docufilm dà voce alle loro parole.

Parole che hanno un effetto micidiale in questo racconto.

Tirare fuori un criminale in meno, è questa l’ intenzione di chi realizza progetti importanti come questo.

Giancarlo Capozzoli *

*Giornalista, regista e scrittore teatrale

Intervista di Radio Radicale all’On. Enza Bruno Bossio (Pd) sull’Ergastolo Ostativo


On. Bruno Bossio PD Carcere OperaIntervista di Radio Radicale all’On. Enza Bruno Bossio, Deputato Pd, sull’Ergastolo Ostativo presso il Carcere di Milano Opera 

Intervento dell’On. Enza Bruno Bossio al Convegno “L’inferno della speranza : riflessioni sull’Ergastolo Ostativo”

 

Sulmona, Legnini (Csm) : “Sull’ergastolo ostativo, come cittadino, sono contrario”


Legnini Csm Sulmona“Non ho nessuna difficoltà ad aggiungermi, perché ne sono convinto da tempo, a coloro che sono contrari, e anche io sono contrario, all’ergastolo ostativo. Lo dico perché penso che tutti, parlo da cittadino e non impegno la mia funzione, abbiano il diritto ad avere una speranza”. Lo ha pubblicamente dichiarato il Dott. Giovanni Legnini, politico ed Avvocato italiano, Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura durante una manifestazione tenutasi presso la Casa di Reclusione di Sulmona, diretta dal Direttore Sergio Romice.

Immediata la soddisfazione espressa dall’On. Rita Bernardini, già Segretario dei Radicali Italiani e candidata alla carica di Garante Regionale dei Diritti dei Detenuti, presente all’iniziativa unitamente ad Alessio Falconio, Direttore di Radio Radicale.

Il Vice Presidente del Csm Legnini è intervenuto alla premiazione dei detenuti ristretti nel Penitenziario sulmonese che hanno realizzato 21 dipinti per raccogliere fondi (sono stati raccolti 2.000 Euro) finalizzati ad un villaggio africano del Togo ed in particolare modo ai bambini di una Scuola Elementare. L’iniziativa è stata sostenuta dal comico abruzzese ‘Nduccio. Oltre a Legnini, hanno preso parte alla manifestazione, il Sindaco di Sulmona Peppino Ranalli, il Presidente del Tribunale Giorgio Di Benedetto ed il Procuratore della Repubblica di Sulmona Giuseppe Bellelli.

L’On. Rita Bernardini, nell’esprimere la sua soddisfazione per la posizione assunta dal Vice Presidente del Csm Legnini, ha dichiarato : “Dopo il Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Dott. Santi Consolo, che si pronunci anche il Vicepresidente del Csm sull’abolizione dell’ergastolo ostativo mi sembra qualcosa di istituzionalmente molto importante. È chiaro che Giovanni Legnini l’ha fatto a titolo personale, perché non può investire tutti gli altri però ha un grande significato”.

Visita dei Radicali al Carcere di Sondrio con i Senatori Del Barba e Della Vedova


Carcere di SondrioAll’interno delle iniziative promosse dal Partito Radicale per il Capodanno del 2016 (Marco Pannella e Rita Bernardini sono stati ieri sera al carcere di Rebibbia e stamane in quello di Regina Coeli a Roma, con -fra gli altri- il Vicepresidente della Camera Roberto Giacchetti), una delegazione di Radicali Sondrio composta da Claudia Osmetti e Giovanni Sansi ha partecipato mercoledì 30 dicembre 2015 a una visita ispettiva alla casa circondariale di Sondrio, in via Caimi. Erano presenti anche il senatore Pd Mauro Del Barba e il sottosegretario agli Affari esteri Benedetto Della Vedova. A seguire si è svolto un incontro con il garante comunale dei diritti delle persone limitate nella libertà personale, Francesco Racchetti.

“Abbiamo riscontrato una situazione di sovraffollamento sostanziale: a fronte dell’ultima relazione datata aprile 2015 del garante dei detenuti di Sondrio, infatti, al 20 dicembre 2015 nel carcere di via Caimi risultano 35 persone detenute (più una in permesso) contro una capienza regolamentare di 27 posti”, commenta Claudia Osmetti di Radicali Sondrio e membro del Comitato nazionale di Radicali italiani. “Certo una condizione migliorata rispetto alla presenza di oltre 60 detenuti di tre anni fa, ma sicuramente non ottimale.

La struttura è antiquata: i servizi igienici sono fatiscenti, la sala computer (ristrutturata di recente) non è attrezzata, ci sono solo un paio di pc nella biblioteca. La maggior parte dei detenuti è straniera, motivo per cui una volta a settimana viene organizzato un corso di lingua italiana. Sono state fatte delle migliorie, come il parquet nuovo nella palestra, ma gli attrezzi sono ancora vecchi. Anche la sala colloqui è stata ristrutturata, ora è presente anche una sala adiacente per le visite famigliari”.

“Che il carcere di Sondrio sia una struttura piccola e con problemi tutto sommato più contenuti rispetto alle grandi realtà carcerarie del resto del Paese non è una scusante”, conclude Osmetti: “Bisogna ricordare che il diritto a una vita dignitosa dell’ultimo dei carcerati, anche in Valtellina, è il diritto a una vita dignitosa di tutti”. Nel corso della visita è stato richiesto agli agenti della polizia penitenziaria di compilare il questionario del Partito Radicale sullo stato effettivo della condizione carceraria sondriese: sarà cura di Radicali Sondrio rendere noti i dati non appena disponibili.

Alessia Bergamini

http://www.ilgiorno.it – 31 Dicembre 2015

Castrovillari, Radicali in visita al Carcere : niente sovraffollamento ma restano criticità


Radicali CastrovillariIl carcere di Castrovillari sotto la lente ispettiva del Partito Radicale nel consueto tour di visite alle strutture detentive italiane che si svolge nel periodo delle festività natalizie e di fine anno. Attraverso l’autorizzazione chiesta al Dap – attraverso la dirigente radicale Rita Bernardini – e concessa dal capo Santi Consolo, gli attivisti del partito di Marco Pannella, Giuseppe Candido, Rocco Ruffa, Ernesto Biondi, Claudio Giuseppe Scaldaferri, Emilio Enzo Quintieri, Gaetano Massenzo il 24 dicembre scorso si sono recati in visita presso la struttura di detenzione di Castrovillari. Accolti dal vice comandante Carmine Di Giacomo i Radicali hanno preso visione di una struttura che dal punto di vista del sovraffollamento non presenta elementi di criticità avendo al suo interno 93 detenuti sui 122 posti disponibili, alloggiati nei quattro bracci presenti nella struttura penitenziaria e suddivisi in una popolazione che vede in prevalenza uomini (81) rispetto alle donne (12).

La nota di criticità rispetto a quanto visionato – per come riferisce Giuseppe Candido a Radio Radicale – è la «situazione delle docce» che presentano condizioni «vergognose». I soffitti sono «verde muffa» per quanto riguarda gli uomini, mentre nel braccio delle donne mancano addirittura le mattonelle alle pareti delle docce rendendo gli ambienti carichi di «muffe che non fanno bene alla salute». Definita «precaria» anche la condizione dell’acqua calda che «arriva solo nelle sezioni femminili» mentre gli uomini sono costretti a lavarsi, soprattutto ora che è inverno, con acqua fredda. Carente anche l’organico degli educatori. Solo due ne sarebbero assegnati alla struttura detentiva diretta dal reggente Maria Luisa Mendicino. Così come limitata la possibilità di fare attività motoria per i detenuti nelle otto ore in cui gli è permesso di vivere fuori dalla cella di detenzione. Nella sala socialità non è presente nessun macchinario per compiere attività motorie ed il campetto esterno si può usare solo quando non piove. Per fortuna il Ministero della Pubblica Istruzione ha attivato corsi scolastici che coinvolgono alcuni detenuti, i quali hanno a disposizione anche una biblioteca. L’occasione della visita nelle carceri è una delle attività che i Radicali compiono proprio per continuare a «verificare se sussistono le condizioni di detenzione oppure se ci sono situazioni in cui si sfiorano i trattamenti inumani». Dopo le parole di Papa Francesco che ha lanciato un appello sull’amnistia il Partito dei radicali con Marco Pannella ha sottolineato come il provvedimento sia stato richiesto da tempo come «provvedimento strutturale affinché si possa fare una riforma seria della giustizia». Le visite dei Radicali in questi giorni interesseranno anche il carcere di Crotone, oggi 30 dicembre, ed il 1 gennaio 2016 quello di Rossano. Il giorno dopo saranno a Locri ed il 3 a Cosenza.

Vincenzo Alvaro

http://www.abmreport.it – 30 Dicembre 2015

Intervista di Radio Radicale a Giuseppe Candido sulla visita alla CC di Castrovillari (clicca per ascoltare)

Candido (Radicali) : La pena perpetua uccide la speranza e ci pone fuori dalla Costituzione


TGiuseppe Candidora qualche giorno saremo costretti a pagare il canone alla TV concessionaria per il sevizio pubblico radiotelevisivo. Anzi, da quest’anno lo pagheremo direttamente con la bolletta della luce, e chi si è visto si è visto. Ma se è e deve essere pubblico servizio radiotelevisivo, allora mi domando perché ai cittadini non sia consentito di poter conoscere (e quindi di poter deliberare, di scegliere) sulle diverse proposte e le diverse iniziative politiche presenti in “campo”.

Mentre le TV i telegiornali e i giornali, che pur dovrebbero svolger il loro servizio nell’ottica di servizio pubblico quando macinano carta grazie ai contributi che lo stato finanzia loro, erano pieni di titoli, di servizi e di approfondimenti sul fatto che il ministro Maria Elena Boschi avesse ottenuto la fiducia dei suoi (come si poteva dubitarne?), nulla si è detto invece ai cittadini di un congresso svoltosi, nei giorni del 18 e del 19 dicembre, nella casa circondariale di Opera organizzato da un’associazione politica radicale che si chiama “Nessuno Tocchi Caino”.

Un congresso al quale hanno partecipato oltre che esponenti Radicali di livello nazionale e di spicco come Emma Bonino, Marco Pannella, Sergio D’Elia, Rita Bernardini da sempre ostracizzati dall’informazione, anche esponenti di istituzioni importanti come il Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Santi Consolo che, tra l’altro ha portato un messaggio importante e inedito (se non fosse che si può riascoltare sul sito di radio radicale) del Ministro della Giustizia Andrea Orlando.

Un congresso organizzato dall’associazione Nessuno Tocchi Caino impegnata col Partito Radicale da decenni, anche con successi importanti per l’Italia alle Nazioni Unite come quella per la moratoria capitale, e che si batte per l’abolizione della pena di morte nel mondo ma anche contro la pena fino alla morte nel nostro Paese. Il titolo del congresso a cui hanno partecipato – seduti accanto – il capo del DAP, il Presidente emerito della Corte Costituzionale Gianni Maria Flick e più di un centinaio di detenuti ed ergastolani provenienti dalle carceri di tutta Italia; un congresso di cui gli italiani non hanno potuto sapere nulla. Un titolo che da solo poteva esser già notizia: “spes contram spem”, in riferimento esplicito al passaggio di Paolo di Tarso, l’Apostolo delle genti, che sulla incrollabile fede di Abramo disse che “ebbe fede sperando contro ogni speranza e così divenne padre dei nostri popoli”. E pure l’argomento stesso era notizia: perché si parlava di abolizione della pena di morte e della pena fino alla morte, di abolire cioè l’ergastolo ostativo, quello che porta la dicitura: “fine pena mai” e che è stato più volte detto durante il congresso è contrario alla finalità rieducativa e di reinserimento sociale prevista dall’articolo 27 della nostra Costituzione per la pena detentiva.

Quello che mi chiedo è se sia giusto che i cittadini non possano saper nulla di ciò che è avvenuto nel carcere di Opera durante quella due giorni congressuale, di ciò che si sia detto e, soprattuto, chi ha detto cosa. Perché se lo dice il Papa, o se lo dice Marco Pannella che l’ergastolo è sia inumano sia anticostituzionale, anche questa, come quella della Boschi che trova i numeri per non esser sfiduciata, sono delle “non notizie”. Nel giornalismo, la regola dovrebbe essere che non è il cane che morde l’uomo la notizia ma, al contrario, l’uomo che morde il cane. Quindi, se il capo del DAP dice che l’ergastolo ostativo ci porta fuori dalla costituzione, questa dovrebbe diventare subito notizia. In un Paese normale ci sarebbero stati titoli, ultim’ora, approfondimenti, e in un Paese democratico si dovrebbe quantomeno aprire un dibattito. Un’intervista almeno a chi queste affermazioni le ha fatte. Invece c’è il silenzio. Un silenzio così assordante di notizie inesistenti, spesso trovate apposta per coprire, magari, qualcosa che non deve esser detto, che non deve esser comunicato.

Non si dice nulla del fatto che il direttore di un carcere come quello di Opera con presenti oltre 150 ergastolani, il dott. Giacinto Siciliano abbia detto che è possibile cambiare e conciliare il rispetto della sicurezza con quello dei diritti umani. Nulla si fa conoscere ai cittadini delle parole contenute nel messaggio del Presidente Mattarella inviato a Marco Pannella, agli organizzatori e ai congressisti tutti, un messaggio letto da Rita Bernardini udito solo dai congressisti e gli abituali di radio radicale; né delle parole contenute nel messaggio del Ministro Andrea Orlando che ha affidato il suo scritto a Santi Consolo.

Nulla si è saputo di un congresso che ha per titolo quello che, lo stesso Sergio D’Elia segretario riconfermato specifica non essere solo un titolo, ma un vero e proprio progetto, qualcosa che, dice, “allo stesso tempo, è metodo e merito, forma e sostanza, mezzo e fine, cioè un obbiettivo: spes contram spem. Un obbiettivo nel quale c’è anche a fondamento un metodo di lotta politica e civile che è quello di essere noi stessi speranza contro l’avere speranza, contro le tante speranze”.

Una cosa dirompente detta a dei detenuti con fine pena mai: Pannella dice agli ergastolani e ai detenuti: dovete voi esser speranza non solo per voi stessi, ma anche per i vostri familiari, per chi vi ama. Speranza per lo Stato che diventi Stato di diritto rispettoso della sua stessa Costituzione. Essere speranza contro quello che è stato definito “un marchio indelebile col quale lo Stato dice: tu non cambierai mai”. Nulla di tutto ciò è stato raccontato ai cittadini, e nulla delle parole del capo del DAP Santi Consolo sono filtrate dalla cortina di ferro dell’informazione di regime: sull’ergastolo ostativo, dice Santi Consolo, “la mia posizione è nota perché ho già dato parere favorevole a questa abolizione” aggiungendo che “molte cose stanno cambiando in positivo”. Il titolo del congresso, dice ai Radicali che l’hanno scelto, “vi rende vicini e sostenitori dell’opera di cambiamento che la Polizia penitenziaria sta portando avanti” ricordando che anche la Polizia penitenziaria ha cambiato motto: despondere spem munus nostrum. Assicurare la speranza, questo è il ruolo, la missione della nostra amministrazione”. Poi Consoli, saltando indietro nel tempo, ricorda ai presenti come nacque in Italia l’ergastolo ostativo che ci porta fuori dalla nostra costituzione.

“L’articolo 176 del Codice penale era compatibile con l’articolo 27 della Costituzione e nel nostro sistema, noi per primi, l’Italia, abbiamo concepito un articolo che parla di umanità. E che significa umanità? Significa speranza e lo esplicita l’articolo 27 laddove dice che la pena deve tendere alla rieducazione e se non si ha speranza come si può migliorare?”. “Perché è successo tutto questo?”, si chiede. “Perché abbiamo avuto gli anni di piombo e ricordo i dibattiti: la collaborazione, l’incentivare la legislazione premiale. Perché? Perché eravamo impreparati a comprendere un fenomeno” – spiega Santi Consolo – “perché non lo sapevamo contrastare e, allora, dovevamo premiare chi ci dava informazioni.

E poi,” – aggiunge ancora – “c’è stato il trionfalismo: abbiamo vinto e, su quella scia, abbiamo utilizzato gli stessi moduli, le stesse strategie per contrastare la criminalità organizzata” e “non ci siamo resi conto che la società aveva bisogno di opportunità, di modelli di vita alternativa che tenessero lontani i nostri consociati dal delitto, dal delitto che non paga mai. Ci siamo calati, da un lato, in un regime differenziato, il 41bis, e dall’altro in una accentuazione, in un’incentivazione della legislazione premiale che è giunta, ed è lì il vulnus dell’intero sistema, lì la violazione della nostra Costituzione che ci porta ad essere incostituzionali”.

È lì, a quel punto, che scoppia l’applauso degli ergastolani al capo del DAP. “Siamo arrivati ad affermare” – dice ancora il capo del DAP – “che c’è uno sbarramento all’accesso alla liberazione condizionale laddove non c’è collaborazione utile che si deve sostanziare in: o un contributo per evitare che il reato sia portato avanti ad ulteriori conseguenze, ovvero, ma questo si può fare nell’immediatezza, ci deve essere un ravvedimento immediato; e se questo ravvedimento immediato non c’è? Se l’autore del reato viene perseguito dopo molto tempo dalla commissione del reato? O il reato di per sé non offre questa opportunità? Allora bisogna dare un contributo utile o per l’individuazione degli autori o per perseguire nuovi autori”. Poi aggiunge che nel legiferare “bisogna essere consapevoli di che cosa è la criminalità organizzata o la criminalità terroristica”. E ancora: “Se l’organizzazione è stata sgominata. Quando tutti gli appartenenti a quell’organizzazione sono stati perseguiti, quale possibilità è data al singolo di collaborare. Ad impossibilia nemo tenetur”. “Non si può esigere un comportamento collaborativo”, dice il capo del DAP, “da chi, de facto e de iure, non può oggettivamente darlo. E, allora, trasformiamo la pena detentiva in pena perpetua che uccide la speranza”.

La pena perpetua che uccide la speranza e che ci pone fuori dalla nostra costituzione. Parole del capo del DAP cui fanno eco quelle del presidente emerito della Corte costituzionale Flick. Riflessioni importanti su temi importanti cui non solo i cittadini dovrebbero poter conoscere attraverso giornali e telegiornali, ma su cui si dovrebbe fare approfondimento. Argomenti che dovrebbero discutersi persino nelle scuole perché “Riflessioni” con la R maiuscola a cui i giovani cittadini, in primis i giovani, avrebbero diritto di conoscere per comprendere quei valori fondanti della nostra Carta.

Un congresso come quello di Nessuno Tocchi Caino dovrebbe essere approfondito da trasmissioni televisive e persino fatto conoscere ai ragazzi delle scuole, trascritto in atti da studiare come si fa per i convegni importanti e non invece dimenticato, ignorato così come si sta facendo, lasciato negli archivi a futura memoria. La televisione avrebbe il compito fondamentale di far conoscere ed educare i cittadini al rispetto dei diritti e a conoscere temi come l’abolizione della pena di morte o della pena fino alla morte; l’abolizione di quell’ergastolo ostativo che uomini dello Stato del calibro di Consoli ci dicono essere anticostituzionale. Meritoriamente qualche giornale è stato attento a non censurare del tutto, ma è qualche mosca bianca in mezzo al mare nero dell’informazione radiotelevisiva e non basta. Servirebbe una TV interamente dedicata ai diritti umani, un TV che aiutasse, assieme alla scuola, a formare cittadini consapevoli e non semplici sudditi. E servirebbe una TV in grado di far conoscere tutte le alternative. Altrimenti i populismi forcaioli trionferanno.

Giuseppe Candido

L’Opinione, 29 dicembre 2015