Coronavirus, il Pg della Cassazione Salvi invia un messaggio alle Corti d’Appello di tutta Italia, chiedendo di privilegiare arresti domiciliari e braccialetto elettronico, salvo i casi di assoluta gravità. Il giurista Gian Luigi Gatta: “È giusto perché adesso la priorità è la salute pubblica”. Mentre la politica si divide, la magistratura si organizza da sé, sfruttando le leggi già in vigore, per affrontare e tentare di risolvere l’emergenza carceraria nei giorni durissimi del Coronavirus e dopo le rivolte di marzo. Il primo aprile, il Procuratore Generale della Cassazione Giovanni Salvi, dopo una riunione via web con i Pg di tutta Italia, ha sottoscritto un documento di 19 pagine che, sfruttando le leggi attualmente in vigore, tenta di affrontare il surplus di detenuti chiusi nelle patrie galere che, per oggettiva mancanza di spazio, non possono rispettare le regole anti Covid-19 ovviamente obbligatorie per tutti gli italiani.
La parola chiave con cui si chiude il testo è “detenzione domiciliare semplice”, indicata come la strada maestra da seguire. Non siamo di fronte ad alcuna forzatura, ma semplicemente allo sforzo di interpretare e applicare le norme già esistenti”.
Come scrive Gian Luigi Gatta, docente di diritto penale all’Università di Milano e direttore di “Sistema penale”, rivista online sulla giustizia che pubblica la circolare di Salvi e la commenta, “l’idea di fondo del documento è che l’esigenza di tutelare la salute pubblica, prevenendo la diffusione del contagio nelle sovraffollate carceri italiane, è in questo momento una priorità, che suggerisce ai pubblici ministeri l’opportunità di valutare le diverse opzioni che la legislazione vigente mette a disposizione per ridurre la popolazione penitenziaria”.
E infatti il punto di partenza è proprio questo: “Nel sistema processuale italiano il carcere è l’extrema ratio”. Di conseguenza, mai come in queste ore, “occorre incentivare le misure alternative idonee ad alleggerire la pressione delle presenze non necessarie in carcere” e questo “limitatamente ai delitti che fuoriescono dal perimetro presuntivo di pericolosità e con l’ulteriore necessaria eccezione legata ai reati da codice rosso”.
Derivano da qui due input per i pubblici ministeri: “Arginare la richiesta e l’applicazione di misure cautelari e procrastinare l’esecuzione delle misure emesse dal gip”. Poi, valutare il fermo per l’indiziato di delitto e l’arresto in flagranza, privilegiando i domiciliari. Ancora accelerare la convalida dell’arresto e il processo per direttissima. Visto che i delitti sono in calo addirittura del 75% probabilmente per l’obbligo di stare in casa, il consiglio del Pg Salvi ai suoi colleghi è quello di optare per gli arresti domiciliari anche con braccialetto. “Ad eccezione dei casi di rilevante gravità e di assoluta incompatibilità, si dovrebbe privilegiare, rispetto alla custodia cautelare in carcere, la scelta degli arresti domiciliari, ove necessario anche con l’uso del braccialetto elettronico, se disponibile”.
E se i braccialetti, com’è evidente dall’affannosa ricerca che in queste ore ne sta facendo il Guardasigilli Alfonso Bonafede, non ci sono? “In caso di indisponibilità – consiglia Salvi – la giurisprudenza di legittimità in materia impone comunque un bilanciamento delle diverse esigenze, tra cui quella della tutela della salute individuale e collettiva è particolarmente significativa”.
Il Pg della Cassazione consiglia, in quel caso, di “applicare la detenzione domiciliare semplice: il detenuto dovrà essere controllato con i mezzi ordinari fino a quando non dovesse essere possibile applicare il dispositivo di controllo, a meno che non sussistano gravi motivi ostativi alla concessione della misura”. A ciò si aggiunge il suggerimento di sospendere o rinviare le misure cautelari già emesse e di rinviare quelle per le pene sotto i 4 anni. Per chiudere ancora con le parole di Gatta si tratta di “un documento di particolare interesse non solo per la prassi, ma anche per il valore che assume, in questo particolare momento che sta attraversando il Paese e, con esso, la giustizia penale”.
Secondo il giurista il testo è “la sintesi di riflessioni maturate da chi è chiamato, istituzionalmente, a prendere decisioni che incidono non solo sulla libertà personale e sui diritti fondamentali dei detenuti, ma anche – nel contesto di un’epidemia in corso – sulla salute pubblica di tutti i cittadini, compresi gli operatori penitenziari e di pubblica sicurezza, che si trovano a contatto con le persone private della libertà personale”.
Gatta considera “pregevole, a fronte dell’evidente insufficienza degli strumenti legislativi di nuovo conio, lo sforzo di cercare soluzioni nel diritto vigente, anche attraverso l’attività interpretativa e la proposta di adattare, allo scopo, soluzioni giurisprudenziali già sperimentate”.
Liana Milella
La Repubblica, 4 aprile 2020