Domanda di accesso agli atti per i detenuti, decide il Magistrato di Sorveglianza e non il Tar


Spetta al Magistrato di Sorveglianza e non al Giudice Amministrativo decidere in merito all’eventuale diniego opposto dall’Amministrazione Penitenziaria alla richiesta di un detenuto di accedere agli atti amministrativi che lo riguardano. Lo ha spiegato il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Seconda Sezione (Pres. Testori, Est. Malanetto), con la Sentenza n. 1045/2019 del 07 ottobre 2019, decidendo sul ricorso proposto da un detenuto che si era visto rigettare dalla Direzione dell’Istituto Penitenziario in cui si trovava ristretto una istanza di “accesso alla posizione giuridica integrale”. Il ricorrente aveva precisato che tale documentazione gli occorreva poiché aveva intenzione di proporre un incidente di esecuzione per l’estinzione delle pene e per l’applicazione dell’istituto della continuazione.

L’Amministrazione Penitenziaria, invece, respingeva l’istanza sostenendo che la richiesta non riguardava documentazione esistente presso l’Istituto in quanto la “posizione giuridica” era una elaborazione di dati predisposta a proprio uso interno per cui non poteva essere oggetto di una istanza di accesso. Il Tar del Piemonte all’esito della Camera di Consiglio del 2 ottobre 2019, pur non ritenendo illogica la risposta dell’Amministrazione Penitenziaria non emergendo in concreto quali documenti il detenuto abbia richiesto, ha rilevato d’ufficio un difetto di giurisdizione, dichiarando il ricorso inammissibile, sussistendo la giurisdizione del Giudice Ordinario individuato nel Magistrato di Sorveglianza.

Infatti, secondo il Collegio giudicante, la peculiare posizione di restrizione carceraria che caratterizza il ricorrente, il quale chiedeva di fatto al Tar di ingerirsi nei rapporti tra il medesimo e l’Amministrazione Penitenziaria, se da un lato non comprime o estingue ex se le posizioni giuridiche soggettive di cui il detenuto resta certamente titolare, le conforma secondo una gestione compatibile con l’ambiente carcerario e la funzione rieducativa della pena. Il rapporto carcerario vede il proprio Giudice naturale nel Magistrato di Sorveglianza che, di tale rapporto, ha una necessaria gestione complessiva. Invero, con colpevole ritardo (D.L. n. 146/2013) il Legislatore è intervenuto sul combinato disposto degli Artt. 69 e 35 dell’Ordinamento Penitenziario, prevedendo un apposito rimedio giurisdizionale (Art. 35 bis) innanzi alla Magistratura di Sorveglianza relativamente ai reclami dei detenuti in generale e concernente il pregiudizio a diritti che possano loro occorrere nel contesto della detenzione. Nonostante il disposto normativo si limiti a parlare di “diritti”, sia la dottrina che la giurisprudenza, ritengono che siano giustiziabili innanzi al Magistrato di Sorveglianza tutte le posizioni giuridiche soggettive dei detenuti ed inerenti il rapporto carcerario, prescindendo dalla loro qualificazione in termini di diritti.

Pertanto, i Giudici Amministrativi, hanno denegato la propria competenza, ritenendo competente il Magistrato di Sorveglianza poiché Giudice specializzato per la gestione delle posizioni giuridiche soggettive dei detenuti in contesto di detenzione, proprio per la specifica funzione di detta Magistratura e la particolare e bilanciata valutazione che le eventuali problematiche richiedono in ottica di corretta gestione della pena. Ciò resta tanto più vero là dove la posizione giuridica soggettiva azionata è l’accesso, devoluta ad una cognizione di giurisdizione esclusiva nelle ipotesi di ordinario rapporto privato/pubblica amministrazione.

Emilio Enzo Quintieri

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