Uno ogni sette giorni. Questa è la frequenza dei suicidi nelle carceri italiane dal 1992 ad oggi. A rivelarlo è uno studio di Openpolis sulle statistiche del ministero della giustizia che ha registrato ben 1046 casi di detenuti suicidi per gli anni 1992/2015. Ai dati del governo si affiancano quelli dell’associazione per i diritti dei detenuti “Ristretti Orizzonti” che, allo scopo di raccogliere maggiori informazioni sui profili di chi si suicida durante la detenzione, ha registrato nel suo dossier “Morire di carcere” cifre addirittura superiori a quelle ministeriali.
La differenza si spiega tenendo conto del fatto che l’associazione prende in considerazione, oltre i suicidi accertati, anche le morti meno chiare, comunque legate al disagio della detenzione. Colpisce il dato relativo ai casi di decessi auto-procurati tra gli agenti di custodia che, secondo fonti sindacali, si attesterebbe a 100 dal 2000 ad oggi.
I dati dell’associazione. Secondo quanto riportato dal dossier, i detenuti suicidi dal 2009 al 31 agosto 2016 sarebbero ben 423. Di questi, 326 si sarebbero procurati la morte con l’impiccagione, 64 con il gas, 20 con l’avvelenamento e 6 con il soffocamento. La fascia di età su cui le sofferenze del carcere hanno avuto maggiore incidenza è quella tra i 30 e i 44 anni. Sono 66, infatti, i casi di suicidi in età compresa tra i 30 e i 34 anni, 66 tra i 25 e i 29 anni, 65 tra i 35 e 39 e 63 tra i 40 e i 44. Le fasce meno colpite quelle tra i 17 e 19 anni (5 casi) e dai 60 in su (9 casi). L’amara classifica degli istituti penitenziari con più suicidi vede al primo posto Napoli Poggioreale; (19 casi), seguito da Firenze Sollicciano(17) e Rebibbia a Roma (14), all’ultimo Palermo Pagliarelli (9 casi).
Statistiche a confronto. Il confronto tra i dati registrati dal Ministero della giustizia con quelli riportati nel dossier dell’associazione “Ristretti Orizzonti” rivela non poche differenze. Guardando al numero dei casi di suicidio per anno, l’associazione registra cifre più elevate di quelle ufficiali con un picco nel 2010: 11 casi in più rispetto ai dati del Governo. Per un totale di 888 casi di morti auto-procurate negli anni 2000/2015 a fronte degli 840 ufficialmente accertati. Numeri alla mano l’anno con il maggior numero di detenuti suicidi sarebbe il 2001 per il Ministero (69 casi) e il 2009 per l’associazione (72 casi). Al contrario, l’anno con il più basso tasso di morti auto-procurate sarebbe il 2013 per il primo (42 casi), il 2014 per la seconda (44 casi).
Emergenza carceri. Le statistiche del ministero rivelano una coincidenza tra gli anni in cui si è concentrata la più alta frequenza di casi di detenuti suicidi e quelli in cui si sono registrati i più alti tassi di affollamento. È il caso, ad esempio del 2010. In quell’anno, infatti, gli istituti di pena, mentre ospitavano addirittura 151 persone ogni 100 posti letto, registravano ben 55 casi di morti auto-procurate. A seguito di tali accadimenti, i diversi provvedimenti adottati dai governi che si sono succeduti hanno riportato le statistiche verso numeri vicini a quelli di paesi con statistiche migliori.
Nel 2015, infatti, il tasso di affollamento delle carceri italiane globalmente considerate scendeva al 105% (105 detenuti ogni 100 posti letto), mentre diminuiva a 39 il numero dei suicidi. Secondo i dati raccolti dal ministero, al 30 giugno 2016 il tasso di affollamento delle carceri italiane si attesta al 108%. Nei 193 istituti penitenziari italiani si contano, infatti, 54.072 persone detenute per 49.701 posti letto disponibili. Questi dati hanno portato i politici italiani a considerare risolto il problema dell’emergenza carceri.
Tuttavia, basarsi sul tasso di affollamento nazionale per comprendere se il problema del sovraffollamento nei singoli istituti è stato risolto è fuorviante. Il dato, infatti, è il rapporto percentuale tra numero di detenuti e posti letto disponibili nell’intero paese e, dunque, il frutto di una media che non tiene conto del fatto che i posti disponibili in un istituto penitenziario poco utilizzato non compensano quelli mancanti in uno sovraffollato.
Se si calcola il tasso dei singoli istituti penitenziari risulta che circa i 2/3 hanno meno posti disponibili di quanto il numero dei detenuti richiederebbe. È il caso di Brescia “Nerio Fischione” Canton Mombello, che, con un tasso di affollamento pari al 191,53%, ospita quasi 90 detenuti in più rispetto alla disponibilità. A questo seguono Como, con un tasso pari al 181,45%, Lodi, con il 180,00% e Taranto, con il 173,53%.
Sesti su sette. Se si confrontano i “benevoli” tassi di affollamento nazionale europei, il risultato italiano non è dei migliori. Tra i 25 Paesi considerati, infatti, il nostro rientra nei soli 7 che dispongono di un numero di posti letto inferiore a quello dei detenuti. Tra questi 7 quello con il sistema carcerario meno sostenibile è il Belgio, che registra un tasso pari al 131,10%. A questo seguono la Grecia, (119,30%), la Francia 113,90%), la Slovenia (112,70%), Cipro (109,60), ed infine l’Italia, con un tasso del 108%, accompagnata dalla Romania (104,30%).
Per quanto riguarda i restanti 18 Paesi, tutti con sistemi sostenibili, la medaglia d’oro va ai Paesi Bassi che, registrando un tasso dell’80,20%, dispone di circa 19 posti letto in più rispetto al numero dei detenuti. Medaglia d’argento alla Lettonia che, con un tasso dell’81,10%, potrebbe accogliere altri 18 detenuti circa. Bronzo al Belgio il cui tasso di sovraffollamento nazione si attesta all’81,60%.
Marta De Nicola
Il Centro, 29 novembre 2016