In un risveglio di una domenica come tante, in carcere dove le giornate hanno tutte lo stesso peso, ancora imbambolati di sonno, nei corridoi gira voce che stanotte si è impiccato un detenuto, dopo pochi minuti si scopre anche il nome, “È morto Said”, un ragazzo egiziano che noi tutti conoscevamo perché lavorava al casellario dove vengono smistati gli oggetti personali dei detenuti. Ancora increduli, io e i miei compagni ci guardavamo in faccia per capire perché. Alla tv se ne sentono tante di notizie che dei detenuti provano o riescono a togliersi la vita, ed è sempre un colpo preso da vicino per chi vive il carcere sulla propria pelle, quando invece la notizia ci colpisce da più vicino ancora e si conosce il detenuto di persona l’effetto è travolgente ed angosciante.
Questa mattina come ogni domenica si è celebrata la messa all’interno dell’istituto, ma non era la solita messa, era una giornata in memoria di tante persone andate via da questo mondo in questa settimana, quando è stato nominato Said da un altro compagno detenuto, che ha voluto ricordarlo tenendo in mano una sua foto e descrivendo a chi non lo conosceva che persona buona era quel ragazzo sempre timido e taciturno, è stato un momento davvero straziante.
Mentre si celebrava la messa avevo il volto di Said impresso nella mente, e mi domandavo perché avesse preso questa decisione di farla finita, fra le tante domande che ognuno di noi si pone in questi casi è che condanna avesse, se avesse cominciato ad andare in permesso, se avesse famiglia o altro. Il nostro amico Said era un ergastolano da 20 anni in carcere, probabilmente per arrivare a questa decisione forse non aveva avuto ancora neppure un’ora di permesso? E invece no, da un po’ di tempo i permessi gli erano stati dati. Allora mi dico perché? Il perché poi l’ho compreso, credo, Said non aveva proprio nessuno che lo aspettava fuori di qui, durante i permessi di cui usufruiva rimaneva in compagnia dei volontari nella struttura dei Piccoli passi che ospita i detenuti.
Penso che per Said lì fuori, senza qualcuno che ti ama veramente, questo posto era diventato uguale a tutti gli altri e forse ha pensato che non valeva la pena pagare un debito senza alcun familiare che ti aspetti e ti aiuti a ricostruire quello che rimane degli affetti dopo 20 interminabili anni di galera. Una persona condannata all’ergastolo dice spesso che una condanna così ti fa morire tutti i giorni, lui ha preferito farlo una volta e basta, morendo in carcere definitivamente e restituendo per intero il debito che aveva verso l’istituzione, quell’istituzione che invece gli aveva dato una condanna che lo avrebbe fatto morire lentamente. Ma all’azione materiale di farsi la corda e stringersela al collo ci ha pensato lui stesso, un pensiero che forse cresce piano piano nel corso della detenzione col passare degli anni, dopo aver perso tutto dalla vita. Quello che mi spaventa realmente è che lui era una persona che non dimostrava di poter arrivare a tal punto, di solito chi arriva a questi estremi ha dei precedenti squilibri, dei disagi, lui sembrava l’opposto, sempre per i fatti suoi, invadente solo nel suo silenzio che alla fine ha spiazzato tutti. Ancora non posso crederci: un ragazzo pieno di educazione, sorridente a suo modo e con molto altro di bello, a quanto pare è stato bravo a nascondere il suo diabolico piano di togliersi la vita, stavolta ha vinto lui non l’istituzione che non è riuscita a fermalo prima.
Ma tanto chi se ne fregherà di queste persone, se si toglieranno la vita o meno, in tanti che sentiranno una notizia del genere sicuramente diranno “uno in meno”, ed uno in meno a cui pagare il fitto di una casa sbarrata che doveva farlo morire ugualmente, ma giorno dopo giorno. Mi sento di dire a queste persone che la morte di tutti noi detenuti messi insieme non vi libererà dal vostro odio, quello vi accompagnerà sempre. Said era un bravo ragazzo per quanto mi riguarda, non conoscevo i suoi reati e neanche il suo passato. Io ho conosciuto Said dopo tanti anni, quello che conta è che non era più la persona di quando ha commesso i suoi gravi reati. È facile giudicare una persona senza conoscerla, dovevate guardare il suo sguardo da agnello smarrito e poi forse fareste altre valutazioni, ormai è troppo tardi nessuno potrà più guardarlo da vivo, ha preferito oltrepassare il mondo e provare a ricominciare da capo a ricostruirsi i suoi affetti vicino ai suoi cari lassù. Ciao Said, sarai nei nostri ricordi, nelle nostre preghiere e sempre in mezzo a noi con il tuo sorriso.
Raffaele Delle Chiaie
Ristretti Orizzonti, 26 ottobre 2016