Porto Azzurro: si uccide a 50 anni in carcere, trovato impiccato nella sua cella


Carcere di Porto AzzurroAncora il suicidio in carcere di un detenuto, il quarto dall’inizio dell’anno in un penitenziario italiano. È accaduto domenica 14 febbraio nel penitenziario di Porto Azzurro: protagonista un detenuto grossetano di 52 anni, Sergio Galgani, sofferente di depressione, che già nel passato aveva tentato di togliersi la vita in cella ma era stato salvato dal tempestivo intervento della Polizia Penitenziaria.

Ne dà notizia Pasquale Salemme, segretario regionale per la Toscana del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria: “L’ennesimo suicidio di un detenuto in carcere dimostra come i problemi sociali e umani permangono, eccome, nei penitenziari, al di là del calo delle presenze. E si consideri che negli ultimi 20 anni le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria hanno sventato, nelle carceri del Paese, più di 17mila tentati suicidi ed impedito che quasi 125mila atti di autolesionismo potessero avere nefaste conseguenze.
Purtroppo a Porto Azzurro, il pur tempestivo intervento del poliziotto di servizio non ha potuto impedire il decesso del detenuto”. Nel carcere di Porto Azzurro, struttura con circa 360 posti letto regolamentari, erano presenti il 31 gennaio scorso 255 detenuti: 12 i ristretti imputati mentre 243 sono condannati. Oltre il 45% dei presenti (116) sono stranieri.

“In un anno la popolazione detenuta in Italia è calata di poche migliaia di unità”, commenta Donato Capece, segretario generale del Sappe: “il 31 gennaio scorso erano presenti nelle celle delle carceri italiane 52.475 detenuti, che erano l’anno prima 53.889. La situazione nelle carceri italiane resta ad alta tensione: ogni giorno, i poliziotti penitenziari nella prima linea delle sezioni detentive hanno a che fare, in media, con molti atti di autolesionismo da parte dei detenuti, tentati suicidi sventati in tempo dalla Polizia Penitenziaria, colluttazioni e ferimenti”. Capece sostiene infine che “la Polizia Penitenziaria continua a tenere botta, nonostante le quotidiane criticità. Ma è sotto gli occhi di tutti che servono urgenti provvedimenti per frenare la spirale di problematicità che ogni giorno caratterizza, coinvolgendo loro malgrado gli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria, le carceri italiane, per adulti e minori. Come dimostra quel che è accaduto questa notte nel carcere di Porto Azzurro”.

Il garante. “Da nostre informazioni risulta che la persona era lavorante e fra qualche giorno avrebbe goduto di un permesso per incontrare i familiari. Il suicidio è sempre una scelta dai motivi imperscrutabili, ancor più quando ci si trova in situazioni di vita complicate”. Sono le parole di Nunzio Marotti, garante dei detenuti del carcere di Porto Azzurro, in seguito alla morte del detenuto grossetano.
“Eventi come questi devono farci riflettere. È l’ennesima conferma che il carcere non è luogo dove sia possibile affrontare problematiche che non sempre vengono alla luce. Generalmente, si prestano attenzioni maggiori verso i nuovi giunti, ma questo vale anche per chi, come in questo caso, è in procinto di poter accedere ad una misura di esecuzione della pena alternativa al carcere – spiega Marotti – Bisogna quindi rivedere talune modalità di attenzione alla persona, potenziando per esempio il lavoro delle figure psicopedagogiche, segnate negli anni dai tagli governativi”.
Secondo il garante dei detenuti Nunzio Marotti “è questa l’occasione per accelerare il progetto di rilancio del carcere di Porto Azzurro per il quale, sin dall’inizio, si è impegnato il direttore e che vede coinvolti numerosi soggetti interni ed esterni all’amministrazione penitenziaria. Accelerare vuol dire anche maggiori fondi e partecipazione del territorio”.

Il Tirreno, 16 febbraio 2016

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