Rapporto annuale del Blog Emilio Quintieri di WordPress.com : 65 mila visite nel 2015


I folletti delle statistiche di WordPress.com hanno preparato un Rapporto annuale 2015 per il Blog “Emilio Quintieri”.

Ecco un estratto:

Il Madison Square Garden può accogliere 20 000 spettatori per un concerto. Questo blog è stato visto circa 65.000 volte nel 2015. Se fosse un concerto al Madison Square Garden, ci vorrebbero circa 3 rappresentazioni esaurite perché lo vedessero altrettante persone.

Clicca qui per vedere il rapporto completo.

Giustizia, Boom di innocenti in cella anche nel 2015. Maglia nera per il Distretto di Catanzaro


togheLa top ten degli errori giudiziari dell’anno. Quattro milioni arrestati ingiustamente negli ultimi 50 anni. In compenso dal 1998 al 2014 gli inquirenti riconosciuti colpevoli sono solo quattro.

Milioni di persone incarcerate ingiustamente, migliaia le vittime di errori giudiziari, centinaia di milioni di euro per risarcire chi, da innocente, ha subìto i soprusi di una giustizia letteralmente allo sfascio. I numeri che descrivono il penoso stato del nostro sistema giudiziario non lasciano scampo e immortalano uno scenario disastroso a cui nessun governo è riuscito, finora, a porre rimedio. Il sito errorigiudiziari.com, curato da Valentino Maimone e Benedetto Lattanzi, ha messo in rete i 25 casi più eclatanti del 2015 di cittadini innocenti precipitati nella inestricabile ragnatela della malagiustizia italiana. Casi che contribuiscono a rendere il panorama del nostro impianto giudiziario, come certificano più fonti (Unione Camere Penali, Eurispes, Ristretti Orizzonti, ministero della Giustizia), più fosco di quanto si pensi.

Se dall’inizio degli anni 90 gli italiani finiti ingiustamente dietro le sbarre sono stati circa 50mila, negli ultimi 50 anni nelle nostre carceri sono passati 4 milioni di innocenti. E se nell’arco di tempo che va dal 1992 al 2014 ben 23.226 cittadini hanno subìto lo stesso destino, per un ammontare complessivo delle riparazioni che raggiunge i 580 milioni 715mila 939 euro, i dati più recenti attestano che la situazione non accenna a migliorare. Come comunicato dal viceministro della Giustizia Enrico Costa, infatti, dal 1992, anno delle prime liquidazioni, al luglio del 2015 “è stata sfondata la soglia dei 600 milioni di euro” di pagamenti. Per la precisione: 601.607.542,51. Nello stesso arco di tempo, i cittadini indennizzati per ingiusta privazione della libertà sono stati 23.998. Nei primi sette mesi del 2015, inoltre, le riparazioni effettuate sono state 772, per un totale di 20 milioni 891mila 603 euro. Nei 12 mesi del 2014, invece, erano state accolte 995 domande di risarcimento, per una spesa di 35,2 milioni di euro. Numeri che avevano fatto registrare un incremento dei pagamenti del 41,3 per cento rispetto al 2013, anno in cui le domande accettate furono 757, per un totale di 24 milioni 949mila euro. In media lo Stato versa circa 30 milioni di euro all’anno per indennizzi. I numeri a livello distrettuale riferiti ai risarcimenti per ingiusta detenzione collocano al primo posto Catanzaro con 6 milioni 260mila euro andati a 146 persone. Seguono Napoli (143 domande liquidate pari a 4 milioni 249mila euro), Palermo (4 milioni 477mila euro per 66 casi), e Roma (90 procedimenti per 3 milioni 201mila euro).

Nel 2014 è stato registrato un boom di pagamenti anche per quanto riguarda gli errori giudiziari per ingiusta condanna. Dai 4.640 euro del 2013, che fanno riferimento a quattro casi, si è passati a 1 milione 658mila euro dell’anno appena trascorso, con 17 casi registrati. La liquidazione, infatti, è stata disposta per più di 1 milione di euro per un singolo procedimento verificatosi a Catania, e poi per altre 12 persone a Brescia, due a Perugia, una a Milano e l’ultima a Catanzaro. Dal 1992 al 2014 gli errori giudiziari sono costati allo Stato, dunque al contribuente italiano, 31 milioni 895mila 353 euro. Ma il ministero della Giustizia, aggiornando i dati, ha certificato che fino al luglio del 2015 il contribuente ha sborsato 32 milioni 611mila e 202 euro.

La legge sulla responsabilità civile dei magistrati è stata varata la prima volta nel 1988 e modificata, per manifesta inefficacia, solo nel febbraio di quest’anno. I dati ufficiali accertano che dal 1988 al 2014 i magistrati riconosciuti civilmente responsabili dei loro sbagli, con sentenza definitiva, sono stati solo quattro. Secondo l’Associazione nazionale vittime errori giudiziari, ogni anno vengono riconosciute dai tribunali 2.500 ingiuste detenzioni, ma solo un terzo vengono risarcite. Stefano Livadiotti, nel libro “Magistrati, l’ultracasta”, scrive che le toghe “hanno solo 2,1 probabilità su 100 di incappare in una sanzione” e che “nell’arco di otto anni quelli che hanno perso la poltrona sono stati lo 0,065 per cento”.

Luca Rocca

Il Tempo, 30 dicembre 2015

Catanzaro, Visita dei Radicali al Carcere di Siano : situazione decisamente migliorata


Delegazione Radicale CC Catanzaro“Spes contra spem”: speranza, contro ogni speranza. Sperare e lottare anche quando le condizioni sembrano disperate. Nell’ambito dell’iniziativa “Spes contra spem”, che in Calabria ha visto alcuni militanti radicali impegnati nella visita di tutte le carceri del territorio calabrese, nella giornata di ieri abbiamo visitato, come delegazione di radicali (presenti Giuseppe Candido, Antonio Giglio – Consigliere comunale di Catanzaro, iscritto da anni al Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito – Emilio Quintieri, Rocco Ruffa) la Casa Circondariale “Ugo Caridi” di Catanzaro, accompagnati dal personale della polizia penitenziaria, e dalla direttrice del carcere dott.ssa Angela Paravati. Verificate, come sempre, le condizioni della struttura, e ascoltati i detenuti. Confermato, rispetto all’ultima visita (effettuata l’1 gennaio scorso) il dato positivo sul sovraffollamento. Rispetto alle condizioni rilevate durante la visita effettuata a fine marzo 2014, quando ancora le presenze (484) erano maggiori della capienza regolamentare dichiarata di 617 che, in realtà, era di 329 perché erano ancora indisponibili i 288 posti del padiglione nuovo, al momento la situazione è decisamente migliorata. Nella struttura, ieri, durante la visita, erano presenti 570 detenuti (di cui 320 comuni e 250 di alta sicurezza, 0 in regime di 41-bis), tutti uomini; un numero inferiore rispetto alla capienza regolamentare dichiarata di 627 posti; ma a questi, vanno sottratti 72 posti dell’ultimo piano del nuovo padiglione perché ancora inutilizzati. Praticamente la struttura è al completo. 136 sono i detenuti stranieri; 8 i tossicodipendenti in terapia con metadone.

Carcere Siano - reparti detentiviCi sono diverse sale attrezzate come palestra, un campo sportivo, il teatro e c’è un laboratorio dentistico con tre odontoiatri che vi lavorano a turno; per quanto riguarda le cure mediche alcuni detenuti lamentano tempi di attesa lunghi. Negativo il dato sulla quasi completa impossibilità di lavorare: solo 145 di loro possono farlo e lavorano alle dipendenze dell’Amministrazione penitenziaria. Per tutti gli altri ci sono solo socialità, passeggio, e alcuni lavoretti interni al carcere, che li tengono “impegnati” per sei ore al giorno. Il resto del tempo i detenuti lo passano nelle celle che, ad eccezione di quelle del nuovo padiglione, sono umide, e hanno il water nello stesso angusto loculo dove c’è pure la cucina e il lavabo. Problemi di umidità anche nelle docce, che nei vecchi padiglioni sono tutte in comune.

Nell’area sanitaria sono presenti, nei vari turni di lavoro, 10 medici che garantiscono un servizio h24, con la possibilità di fare viste specialistiche con la presenza settimanale del cardiologo, dermatologo, diabetologo, infettivologo, neurologo, ortopedico, urologo, otorinolaringoiatra ed è presente il defibrillatore.   Su una pianta organica di 401 agenti di polizia penitenziaria, effettivi in servizio ce ne sono appena 293, di cui 48 impegnati nel nucleo traduzioni. E su 547 detenuti sono 7 gli educatori che lavorano nella struttura. Detenuti in attesa di giudizio: 107, di cui 66 appellanti, 45 ricorrenti, 38 in posizione mista. Zero suicidi nel 2015. Frequenti, anche se diminuiti rispetto al recente passato, gli atti di autolesionismo, 14 nel 2015; 12 i detenuti che usufruiscono di permesso premio. Siamo rimasti stupiti dallo smantellamento, avvenuto nel totale silenzio da parte del DAP, del Reparto Alta Sicurezza AS2, in cui, da anni, erano ospitati detenuti per motivi politici (Brigate Rosse, Anarchici). Nel mese di dicembre, gli 8 detenuti sono stati tradotti dalla Polizia Penitenziaria in altra Casa circondariale, fuori Regione. Negativo il fatto che non ci siano più progetti per fare lavorare i detenuti all’esterno: si ritorna, quindi, alla vecchia concezione del carcere, dove i progetti di reinserimento e di recupero – fondati su idee di civiltà, giuridica e non – sono prossimi allo zero a causa del disinteresse della maggior parte della Politica e delle amministrazioni. Il carcere viene visto come un ghetto, una struttura da isolare e dimenticare; l’argomento “carcere” e “detenuti” è malvisto anche dalla gran parte dell’opinione pubblica, che preferisce affrontare il tema parlando alla pancia dei cittadini.

Antonio Giglio e Giuseppe Candido, Militanti Radicali

Natale nelle Carceri, le iniziative dei Penitenziari in occasione del Giubileo


Papa FrancescoPapa Francesco pone l’attenzione sulla finalità educativa della pena. La figura del Pontefice è definita ‘trainantè per coloro che vivono l’esperienza di emarginazione nelle carceri.

L’otto dicembre scorso ha avuto inizio il Giubileo indetto da Papa Francesco: un anno di Misericordia che si preannuncia speciale anche per i detenuti nelle carceri. Un evento straordinario, quello del Giubileo, in cui abbiamo assistito all’apertura delle Porte Sante ad opera del Pontefice, l’otto dicembre proprio nella Basilica di San Pietro. Se il senso che sottende al termine misericordia è quello del perdono, della carità o della compassione verso l’infelicità altrui, in quest’Anno Santo anche le carceri avranno le proprie Porte Sante. Come verrà celebrato il Giubileo nei penitenziari? I detenuti attraverseranno le celle come fossero Porte Sante, un segno di rinascita e di riscatto dalla loro condizione di reclusione o come afferma Papa Francesco una simbolica chiamata alla conversione.

Sulle porte delle celle compaiono così delle decorazioni realizzate con fiori o dipinti dei detenuti stessi, le porte delle cappelle delle carceri considerate come Porte Sante, e ancora processioni, preghiere, eucarestia: ogni carcere celebra il Giubileo a modo suo, da quello di Rebibbia che raccoglie 2200 detenuti ai penitenziari più piccoli. Già in occasione del suo discorso per la Giornata mondiale della Pace, Papa Francesco si era soffermato sull’importanza della finalità educativa che dovrebbe avere la reclusione, nonché sulle condizioni di vita in carcere e sulla formulazione di legislazioni alternative alla detenzione. “Il percorso della fede è personale e delicato, bisogna prendere le persone per mano e accompagnarle in questo cammino. La figura e la vicinanza del Papa è sicuramente trainante per persone che vivono un’esperienza di emarginazione” sono queste le parole di Vittorio Trani, il cappellano che presta servizio da trentacinque anni nel carcere di Regina Coeli. La risposta dei detenuti sembra essere molto positiva, lo si evince dalle loro lettere inviate a Papa Francesco.

La finalità educativa della pena dovrebbe essere un concetto fondamentale proprio di qualsiasi Stato, sembra invece una questione dimenticata o messa in secondo piano. Forse il carcere o la reclusione non dovrebbero essere un punto di arrivo per un detenuto, ma bensì un punto di partenza da cui rinascere e ricostruire il proprio essere con la consapevolezza degli errori passati. Tutti gli individui sbagliano e l’errore è parte integrante dell’essere umano, senza questo non ci sarebbe la possibilità di imparare poiché senza il male non potrebbe esistere il bene. La fede può essere un punto di partenza per la rinascita del detenuto: è questo ciò in cui crede Papa Francesco, ma potrebbe esserlo anche un libro o una frase significativa che colpisce il cuore di chi ha sbagliato, e lo incoraggia a percorrere un cammino per integrarsi nuovamente nella società.

“Tutti i criminali dovranno essere trattati come pazienti e le prigioni diventare degli ospedali riservati al trattamento e alla cura di questo particolare tipo di malattia” sono le parole di Mahatma Gandhi, la guida spirituale famosa per la dottrina della nonviolenza, in cui sembra essere riassunto il significato che dovrebbe rappresentare qualsiasi pena di reclusione: un passaggio, una transizione, affinché come afferma il motto “Di carcere non si muoia più, ma neanche di carcere si viva”.

Giulia Morici

pontilenews.it, 28 dicembre 2015

Candido (Radicali) : La pena perpetua uccide la speranza e ci pone fuori dalla Costituzione


TGiuseppe Candidora qualche giorno saremo costretti a pagare il canone alla TV concessionaria per il sevizio pubblico radiotelevisivo. Anzi, da quest’anno lo pagheremo direttamente con la bolletta della luce, e chi si è visto si è visto. Ma se è e deve essere pubblico servizio radiotelevisivo, allora mi domando perché ai cittadini non sia consentito di poter conoscere (e quindi di poter deliberare, di scegliere) sulle diverse proposte e le diverse iniziative politiche presenti in “campo”.

Mentre le TV i telegiornali e i giornali, che pur dovrebbero svolger il loro servizio nell’ottica di servizio pubblico quando macinano carta grazie ai contributi che lo stato finanzia loro, erano pieni di titoli, di servizi e di approfondimenti sul fatto che il ministro Maria Elena Boschi avesse ottenuto la fiducia dei suoi (come si poteva dubitarne?), nulla si è detto invece ai cittadini di un congresso svoltosi, nei giorni del 18 e del 19 dicembre, nella casa circondariale di Opera organizzato da un’associazione politica radicale che si chiama “Nessuno Tocchi Caino”.

Un congresso al quale hanno partecipato oltre che esponenti Radicali di livello nazionale e di spicco come Emma Bonino, Marco Pannella, Sergio D’Elia, Rita Bernardini da sempre ostracizzati dall’informazione, anche esponenti di istituzioni importanti come il Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Santi Consolo che, tra l’altro ha portato un messaggio importante e inedito (se non fosse che si può riascoltare sul sito di radio radicale) del Ministro della Giustizia Andrea Orlando.

Un congresso organizzato dall’associazione Nessuno Tocchi Caino impegnata col Partito Radicale da decenni, anche con successi importanti per l’Italia alle Nazioni Unite come quella per la moratoria capitale, e che si batte per l’abolizione della pena di morte nel mondo ma anche contro la pena fino alla morte nel nostro Paese. Il titolo del congresso a cui hanno partecipato – seduti accanto – il capo del DAP, il Presidente emerito della Corte Costituzionale Gianni Maria Flick e più di un centinaio di detenuti ed ergastolani provenienti dalle carceri di tutta Italia; un congresso di cui gli italiani non hanno potuto sapere nulla. Un titolo che da solo poteva esser già notizia: “spes contram spem”, in riferimento esplicito al passaggio di Paolo di Tarso, l’Apostolo delle genti, che sulla incrollabile fede di Abramo disse che “ebbe fede sperando contro ogni speranza e così divenne padre dei nostri popoli”. E pure l’argomento stesso era notizia: perché si parlava di abolizione della pena di morte e della pena fino alla morte, di abolire cioè l’ergastolo ostativo, quello che porta la dicitura: “fine pena mai” e che è stato più volte detto durante il congresso è contrario alla finalità rieducativa e di reinserimento sociale prevista dall’articolo 27 della nostra Costituzione per la pena detentiva.

Quello che mi chiedo è se sia giusto che i cittadini non possano saper nulla di ciò che è avvenuto nel carcere di Opera durante quella due giorni congressuale, di ciò che si sia detto e, soprattuto, chi ha detto cosa. Perché se lo dice il Papa, o se lo dice Marco Pannella che l’ergastolo è sia inumano sia anticostituzionale, anche questa, come quella della Boschi che trova i numeri per non esser sfiduciata, sono delle “non notizie”. Nel giornalismo, la regola dovrebbe essere che non è il cane che morde l’uomo la notizia ma, al contrario, l’uomo che morde il cane. Quindi, se il capo del DAP dice che l’ergastolo ostativo ci porta fuori dalla costituzione, questa dovrebbe diventare subito notizia. In un Paese normale ci sarebbero stati titoli, ultim’ora, approfondimenti, e in un Paese democratico si dovrebbe quantomeno aprire un dibattito. Un’intervista almeno a chi queste affermazioni le ha fatte. Invece c’è il silenzio. Un silenzio così assordante di notizie inesistenti, spesso trovate apposta per coprire, magari, qualcosa che non deve esser detto, che non deve esser comunicato.

Non si dice nulla del fatto che il direttore di un carcere come quello di Opera con presenti oltre 150 ergastolani, il dott. Giacinto Siciliano abbia detto che è possibile cambiare e conciliare il rispetto della sicurezza con quello dei diritti umani. Nulla si fa conoscere ai cittadini delle parole contenute nel messaggio del Presidente Mattarella inviato a Marco Pannella, agli organizzatori e ai congressisti tutti, un messaggio letto da Rita Bernardini udito solo dai congressisti e gli abituali di radio radicale; né delle parole contenute nel messaggio del Ministro Andrea Orlando che ha affidato il suo scritto a Santi Consolo.

Nulla si è saputo di un congresso che ha per titolo quello che, lo stesso Sergio D’Elia segretario riconfermato specifica non essere solo un titolo, ma un vero e proprio progetto, qualcosa che, dice, “allo stesso tempo, è metodo e merito, forma e sostanza, mezzo e fine, cioè un obbiettivo: spes contram spem. Un obbiettivo nel quale c’è anche a fondamento un metodo di lotta politica e civile che è quello di essere noi stessi speranza contro l’avere speranza, contro le tante speranze”.

Una cosa dirompente detta a dei detenuti con fine pena mai: Pannella dice agli ergastolani e ai detenuti: dovete voi esser speranza non solo per voi stessi, ma anche per i vostri familiari, per chi vi ama. Speranza per lo Stato che diventi Stato di diritto rispettoso della sua stessa Costituzione. Essere speranza contro quello che è stato definito “un marchio indelebile col quale lo Stato dice: tu non cambierai mai”. Nulla di tutto ciò è stato raccontato ai cittadini, e nulla delle parole del capo del DAP Santi Consolo sono filtrate dalla cortina di ferro dell’informazione di regime: sull’ergastolo ostativo, dice Santi Consolo, “la mia posizione è nota perché ho già dato parere favorevole a questa abolizione” aggiungendo che “molte cose stanno cambiando in positivo”. Il titolo del congresso, dice ai Radicali che l’hanno scelto, “vi rende vicini e sostenitori dell’opera di cambiamento che la Polizia penitenziaria sta portando avanti” ricordando che anche la Polizia penitenziaria ha cambiato motto: despondere spem munus nostrum. Assicurare la speranza, questo è il ruolo, la missione della nostra amministrazione”. Poi Consoli, saltando indietro nel tempo, ricorda ai presenti come nacque in Italia l’ergastolo ostativo che ci porta fuori dalla nostra costituzione.

“L’articolo 176 del Codice penale era compatibile con l’articolo 27 della Costituzione e nel nostro sistema, noi per primi, l’Italia, abbiamo concepito un articolo che parla di umanità. E che significa umanità? Significa speranza e lo esplicita l’articolo 27 laddove dice che la pena deve tendere alla rieducazione e se non si ha speranza come si può migliorare?”. “Perché è successo tutto questo?”, si chiede. “Perché abbiamo avuto gli anni di piombo e ricordo i dibattiti: la collaborazione, l’incentivare la legislazione premiale. Perché? Perché eravamo impreparati a comprendere un fenomeno” – spiega Santi Consolo – “perché non lo sapevamo contrastare e, allora, dovevamo premiare chi ci dava informazioni.

E poi,” – aggiunge ancora – “c’è stato il trionfalismo: abbiamo vinto e, su quella scia, abbiamo utilizzato gli stessi moduli, le stesse strategie per contrastare la criminalità organizzata” e “non ci siamo resi conto che la società aveva bisogno di opportunità, di modelli di vita alternativa che tenessero lontani i nostri consociati dal delitto, dal delitto che non paga mai. Ci siamo calati, da un lato, in un regime differenziato, il 41bis, e dall’altro in una accentuazione, in un’incentivazione della legislazione premiale che è giunta, ed è lì il vulnus dell’intero sistema, lì la violazione della nostra Costituzione che ci porta ad essere incostituzionali”.

È lì, a quel punto, che scoppia l’applauso degli ergastolani al capo del DAP. “Siamo arrivati ad affermare” – dice ancora il capo del DAP – “che c’è uno sbarramento all’accesso alla liberazione condizionale laddove non c’è collaborazione utile che si deve sostanziare in: o un contributo per evitare che il reato sia portato avanti ad ulteriori conseguenze, ovvero, ma questo si può fare nell’immediatezza, ci deve essere un ravvedimento immediato; e se questo ravvedimento immediato non c’è? Se l’autore del reato viene perseguito dopo molto tempo dalla commissione del reato? O il reato di per sé non offre questa opportunità? Allora bisogna dare un contributo utile o per l’individuazione degli autori o per perseguire nuovi autori”. Poi aggiunge che nel legiferare “bisogna essere consapevoli di che cosa è la criminalità organizzata o la criminalità terroristica”. E ancora: “Se l’organizzazione è stata sgominata. Quando tutti gli appartenenti a quell’organizzazione sono stati perseguiti, quale possibilità è data al singolo di collaborare. Ad impossibilia nemo tenetur”. “Non si può esigere un comportamento collaborativo”, dice il capo del DAP, “da chi, de facto e de iure, non può oggettivamente darlo. E, allora, trasformiamo la pena detentiva in pena perpetua che uccide la speranza”.

La pena perpetua che uccide la speranza e che ci pone fuori dalla nostra costituzione. Parole del capo del DAP cui fanno eco quelle del presidente emerito della Corte costituzionale Flick. Riflessioni importanti su temi importanti cui non solo i cittadini dovrebbero poter conoscere attraverso giornali e telegiornali, ma su cui si dovrebbe fare approfondimento. Argomenti che dovrebbero discutersi persino nelle scuole perché “Riflessioni” con la R maiuscola a cui i giovani cittadini, in primis i giovani, avrebbero diritto di conoscere per comprendere quei valori fondanti della nostra Carta.

Un congresso come quello di Nessuno Tocchi Caino dovrebbe essere approfondito da trasmissioni televisive e persino fatto conoscere ai ragazzi delle scuole, trascritto in atti da studiare come si fa per i convegni importanti e non invece dimenticato, ignorato così come si sta facendo, lasciato negli archivi a futura memoria. La televisione avrebbe il compito fondamentale di far conoscere ed educare i cittadini al rispetto dei diritti e a conoscere temi come l’abolizione della pena di morte o della pena fino alla morte; l’abolizione di quell’ergastolo ostativo che uomini dello Stato del calibro di Consoli ci dicono essere anticostituzionale. Meritoriamente qualche giornale è stato attento a non censurare del tutto, ma è qualche mosca bianca in mezzo al mare nero dell’informazione radiotelevisiva e non basta. Servirebbe una TV interamente dedicata ai diritti umani, un TV che aiutasse, assieme alla scuola, a formare cittadini consapevoli e non semplici sudditi. E servirebbe una TV in grado di far conoscere tutte le alternative. Altrimenti i populismi forcaioli trionferanno.

Giuseppe Candido

L’Opinione, 29 dicembre 2015

Padova, Natale in carcere, alla ricerca di un po’ di speranza. Lettere degli Ergastolani ostativi


Casa Circondariale di PadovaIl Papa ha deciso che i detenuti passeranno la Porta santa del Giubileo ogni volta che varcheranno la soglia della loro cella, a Padova poi anche la cappella del carcere Due Palazzi è Porta santa. Ma troppe persone in carcere vivono ancora SENZA SPERANZA. Sono i condannati all’ergastolo, una pena che Papa Francesco ha definito “pena di morte nascosta”, e in particolare all’ergastolo ostativo, l’ergastolo cioè che non concede vie d’uscita a meno che la persona condannata non collabori con la Giustizia, ma in tanti non lo vogliono fare per non rovinare la vita dei propri cari.

Assieme alle testimonianze di ergastolani, per aprire uno spiraglio di speranza riportiamo anche le parole di Agnese Moro, la figlia dello statista ucciso dai terroristi nel 1978: “Ogni essere umano è, in quanto tale, titolare di dignità e di diritti; anche se in uno o più momenti della vita ha scelto il male, se è profugo, povero, violento, barbone, straniero, disabile, tossicodipendente, malato, giovane e ribelle. La nostra Repubblica nasce dal rifiuto di ogni totalitarismo per il quale – di destra o di sinistra che sia – le persone non sono niente. Per noi, invece, sono tutto. Ad ognuno di noi, noi che siamo la Repubblica, la responsabilità di non lasciare indietro nessuno”.

Il Mattino di Padova, 29 dicembre 2015

Il mio orologio ha un orario fisso, l’orario dell’ergastolo ostativo

Questa mattina mi sono alzato alle 5, fuori era ancora buio e mi sono messo a pensare alla mia vita passata, a quanto tempo ho trascorso in questi posti e quanto ancora ci dovrò restare. Sono passati tanti anni da quel lontano 1994 e per fortuna gioisco ancora quando, quelle rare volte, il sole riesce a spaccare le giornate gelide dell’inverno di Padova. Vorrei essere anch’io forte come il sole e risorgere ogni giorno, ma da 21 anni l’inverno è entrato nel mio cuore e nel cuore dei miei cari senza mai abbandonarci.

Il tempo si è fermato per sempre, il mio orologio ha un orario fisso, l’orario dell’ERGASTOLO OSTATIVO. I primi tempi sognavo che la mia situazione potesse cambiare, cercavo di farmi forza per lottare e facevo di tutto per essere il sostegno morale della mia famiglia, ma purtroppo quell’orologio mi ha dimostrato di essere più forte di ogni mia volontà, di ogni mio sogno e desiderio. Per tanti anni ho allenato il mio fisico nella speranza vana di contrastare i segni dell’invecchiamento sul mio corpo, ma oggi mi rendo conto che il ciclo della vita è inarrestabile, niente e nessuno può fermare lo scorrere degli anni e l’amarezza di vederli scorrere nel peggiore dei modi.

Oggi mi rendo conto che quello che mi salva da tutto questo orrore è l’amore di mia figlia e di mia moglie, che sono state più forti di tutti questi anni di carcere, anche se per resistere a questo lungo calvario stanno pagando un caro prezzo, visto che hanno scelto di starmi vicino seguendomi nelle varie carceri che mi hanno fatto girare su giù e per l’Italia, come un pacco postale e per motivi che non avevano a che fare con i miei comportamenti. A volte mi chiedo se si sono mai rese veramente conto che dovranno seguirmi per tutta la vita poiché io da qui non uscirò vivo, perché il mio ergastolo ostativo non me lo permetterà, perché chi è condannato a questa pena è ritenuto colpevole per sempre, irrecuperabile.

Vorrei solo trovare la forza e la lucidità di dire a mia moglie e a mia figlia che la speranza non ha nulla di concreto a cui aggrapparsi, ma non vorrei che anche loro smettessero di sognare come ho fatto io. Sicuramente il fatto di non essere mai riuscito a spiegare chiaramente che cos’è l’ergastolo ostativo ai miei cari non mi fa stare bene, ma è anche vero che sono sempre stato convinto che l’ergastolo ostativo fosse una condanna fatta per errore e che uno stato democratico come l’Italia, culla del cristianesimo, non potesse fregiarsi di una pena così disumana, visto che ha sempre lottato in prima linea contro le torture e la pena di morte, quindi pensavo che sarebbe stata rivista e con questa ferma convinzione ho sempre temporeggiato. Comunque, non voglio rassegnarmi a questa pena di morte mascherata così come l’ha definita Papa Francesco e continuo a sperare che al più presto venga rivista, così che non mi sentirò di essere stato un bugiardo nei confronti di mia moglie e di mia figlia, dalle quali traggo ancora oggi la forza necessaria per continuare a lottare.

Gaetano Fiandaca

La mia famiglia vive a 1.800 Km. di distanza e fare colloqui diventa un’impresa

Dopo sei anni di regime duro del 41bis sono stato trasferito nella Casa di reclusione di Padova, nella sezione Alta Sicurezza, adesso sono tre anni che mi trovo in questo istituto. La mia famiglia vive a 1.800 Km. di distanza (Gela) e fare colloqui diventa un’impresa, specialmente per questioni economiche. Tutta la mia famiglia, compresi genitori, fratelli e sorelle, sono persone oneste e lavoratori che vivono di stipendio e non sempre hanno un posto fisso di lavoro, quindi ognuno ha i suoi problemi e non possono certo pensare a me. I sacrifici per me li fanno mia moglie e i miei figli.

Ho fatto l’ultimo colloquio nel mese di luglio e spero in Dio che sotto le feste di Natale mia moglie e uno dei miei figli riescano a racimolare la somma necessaria per venirmi a trovare. Purtroppo, ogni volta che faccio colloquio non c’è la possibilità che vengano a trovarmi tutti insieme, mia moglie e i miei tre figli, solo per due persone spendono intorno ai 1.500 euro, tra biglietto dell’aereo e albergo, poiché sono obbligati ad arrivare la sera prima del giorno di colloquio. E così, due volte l’anno, al massimo tre, riesco a fare un colloquio di sei ore… ma cosa sono sei ore in confronto a sei mesi che non vedi la tua famiglia? Quelle sei ore passano come se fossero sei minuti. Non vedo la figlia più piccola da oltre un anno. Nessuno può capire il cuore di un padre come si può sentire, solo chi ha i miei stessi problemi mi può capire. Aumentare le ore di colloquio non ucciderebbe nessuno. Io sono stato privato della libertà perché ho commesso un reato, ma la mia famiglia di che colpa si è macchiata? Mia moglie e i miei figli alla fine del colloquio la prima cosa che dicono è: “Sono già passate sei ore?” e vanno via nascondendo le lacrime dietro un sorriso e chiedendosi quando ci rivedremo di nuovo. E che dire delle telefonate? Una a settimana e per la durata di dieci minuti da dividere con mia moglie e i miei tre figli, il tempo di salutarci e domandarci come stai e subito dall’altro lato del telefono ti dicono che la telefonata sta per terminare. Durante questa mia detenzione, ho incontrato una persona che negli anni passati era stata detenuta in Spagna e mi diceva che lì se avevi i soldi ti caricavi la scheda telefonica e potevi chiamare la famiglia ogni volta che volevi nei giorni della settimana e per la durata che volevi. Perché non poterlo fare anche qui in Italia?

Domenico Vullo

Non c’è pena di morte o ergastolo ostativo che possa frenare chi è pieno di odio.

La notizia delle stragi di Parigi mi ha portato a riflettere perché anche io sono padre e nonno. È indiscutibile che i conflitti alimenteranno odio e vendette. Una volta quei paesi geograficamente distanti da noi tenevano per sé anche le loro cose negative, e i conflitti restavano lontani da noi, invece oggi il mondo ha accorciato le distanze, e siamo diventati una miscela esplosiva. Io che sono da ventitré anni in carcere mi accorgo di questa miscela vedendo come è cambiata la popolazione detenuta dai primi anni del mio arresto, oggi in ogni sezione troverai detenuti di etnie diverse. E lo stesso è nelle grandi città del nostro paese e molti di questi stranieri, in particolare i giovani, si sentono ghettizzati, come lo sono i nostri nipoti. Io quando faccio colloquio e vedo il mio nipotino di sette anni fissare gli agenti e nei suoi occhi leggo l’odio, finisco per rimproverare mia figlia, che però mi dice “Papà, mai nessuno di noi si è permesso di parlare male delle istituzioni, ma nella sua scuola la maggior parte dei bambini ha un parente in carcere e sicuramente parleranno di queste cose”. La mia grande paura è che si stia spingendo le nuove generazioni verso l’estremismo e in particolare nella braccia di organizzazioni come ISIS, non c’è pena di morte o ergastolo ostativo che possa frenare chi è pieno di odio. Lo Stato si deve preoccupare di quella generazione dell’età di mio nipotino, di quei bambini che fin da piccoli vengono additati come i figli o nipoti del criminale. Lo Stato vincerà la sua battaglia quando toglierà dallo sguardo di quei bambini l’odio verso le istituzioni. Penso che qualcuno debba riflettere pensando a tutti quei bambini che crescono vedendo il proprio genitore dietro un vetro blindato e che non hanno nessuna speranza di poterlo abbracciare in libertà, anche dopo che ha scontato trent’anni di detenzione, perché condannato all’ergastolo ostativo. Togliere l’odio da quegli occhi innocenti significa costruire un futuro sereno, un primo passo è che lo Stato faccia vedere un volto umano e non implacabile e punitivo.

Tommaso Romeo

Castrovillari, Radicali in visita al Carcere “Rosetta Sisca” per la vigilia di Natale


carcere-castrovillariGiovedì 24 dicembre, Vigilia del Santo Natale, una Delegazione dei Radicali composta da Giuseppe Candido, Rocco Ruffa, Ernesto Biondi, Claudio Scaldaferri, Emilio Enzo Quintieri e Gaetano Massenzo, effettuerà una visita alla Casa Circondariale di Castrovillari “Rosetta Sisca”.

La visita è stata autorizzata dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia guidato dal Dott. Santi Consolo grazie all’interessamento dell’Onorevole Rita Bernardini, già Segretario Nazionale dei Radicali Italiani.

L’Istituto Penitenziario di Castrovillari sito in Località Petrosa, ultimato nel 1984 ed entrato in funzione solo nel 1995, ha una capienza regolamentare di 122 posti. All’interno dello stesso, al momento, vi sono ristretti 102 detenuti (29 stranieri), tutti appartenenti al Circuito della Media Sicurezza. Vi è anche una Sezione Femminile che ospita 15 detenute.

I Radicali calabresi, oltre a far visita al Penitenziario del Pollino, effettueranno altre visite in quasi tutte le Carceri della Calabria nonché all’Istituto Penitenziario Minorile di Catanzaro. Durante le visite ai Penitenziari della Provincia di Reggio Calabria gli esponenti del Partito Radicale saranno affiancati dagli Avvocati Gianpaolo Catanzariti, Giuseppe MazzaCaterina Anna Siclari della Camera Penale di Reggio Calabria e dagli Avvocati Sabrina Mannarino e Carmine Curatolo della Camera Penale di Paola durante la visita alla Casa Circondariale di Paola sul Tirreno Cosentino.

CALENDARIO DELLE VISITE AGLI ISTITUTI PENITENZIARI DELLA CALABRIA

Giovedì 24 Dicembre 2015 ore 9,00 – Casa Circondariale di Castrovillari (Cosenza)

Delegazione visitante : Giuseppe CANDIDO, Rocco RUFFA, Ernesto BIONDI, Claudio SCALDAFERRI, Emilio Enzo QUINTIERI e Gaetano MASSENZO.

Sabato 26 Dicembre 2015 ore 9,00 – Casa Circondariale di Palmi (Reggio Calabria)

Delegazione visitante : Giuseppe CANDIDO, Rocco RUFFA, Gianpaolo CATANZARITI.

Sabato 26 Dicembre 2015 ore 14,30 – Casa Circondariale di Vibo Valentia (Vibo Valentia)

Delegazione visitante : Giuseppe CANDIDO, Rocco RUFFA.

Domenica 27 Dicembre 2015 ore 9,00 – Casa Circondariale di Reggio Calabria (Reggio Calabria)

Delegazione visitante : Giuseppe CANDIDO, Rocco RUFFA, Gianpaolo CATANZARITI, Giuseppe MAZZA, Gernando MARASCO.

Domenica 27 Dicembre 2015 ore 14,00 – Casa Circondariale di Arghillà (Reggio Calabria)

Delegazione visitante : Giuseppe CANDIDO, Rocco RUFFA, Gianpaolo CATANZARITI, Giuseppe MAZZA, Gernando MARASCO.

Martedì 29 Dicembre 2015 ore 9,00 – Casa Circondariale di Catanzaro (Catanzaro)

Delegazione visitante : Giuseppe CANDIDO, Rocco RUFFA, Antonio GIGLIO, Emilio Enzo QUINTIERI.

Martedì 29 Dicembre 2015 ore 14,00 – Istituto Penitenziario Minorile di Catanzaro (Catanzaro)

Delegazione visitante : Giuseppe CANDIDO, Rocco RUFFA, Antonio GIGLIO, Emilio Enzo QUINTIERI.

Mercoledì 30 Dicembre 2015 ore 9,00 – Casa Circondariale di Crotone (Crotone)

Delegazione visitante : Giuseppe CANDIDO, Rocco RUFFA.

Venerdì 01 Gennaio 2016 ore 9,00 – Casa Circondariale di Rossano (Cosenza)

Delegazione visitante : Giuseppe CANDIDO, Rocco RUFFA, Emilio Enzo QUINTIERI e Gaetano MASSENZO.

Sabato 02 Gennaio 2016 ore 9,00 – Casa Circondariale di Locri (Reggio Calabria)

Delegazione visitante : Giuseppe CANDIDO, Rocco RUFFA, Caterina Anna SICLARI, Gianpaolo CATANZARITI.

Domenica 03 Gennaio 2016 ore 9,00 – Casa Circondariale di Paola (Cosenza)

Delegazione visitante : Giuseppe CANDIDO, Rocco RUFFA, Ernesto BIONDI, Claudio SCALDAFERRI, Emilio Enzo QUINTIERI, Sabrina MANNARINO, Carmine CURATOLO.

Domenica 03 Gennaio 2016 ore 14,00 – Casa Circondariale di Cosenza (Cosenza)

Delegazione visitante : Giuseppe CANDIDO, Rocco RUFFA, Ernesto BIONDI, Claudio SCALDAFERRI, Emilio Enzo QUINTIERI, Gaetano MASSENZO e Valentina MORETTI.

Carceri, Consolo (Dap) : “Sono favorevole all’abolizione dell’ergastolo ostativo”


“Ho dato parere favorevole all’abolizione dell’ergastolo ostativo”. Lo ha detto chiaramente il Dott. Santi Consolo, Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia intervenendo al VI Congresso di “Nessuno Tocchi Caino, l’Associazione Radicale presieduta dall’Onorevole Marco Pannella, svoltosi nella Casa di Reclusione di Milano Opera ove all’interno sono reclusi il maggior numero di ergastolani (circa 150), molti dei quali ostativi cioè destinati a morire in carcere perché esclusi dalla possibilità di ottenere benefici o misure alternative alla detenzione inframuraria.

“Il titolo del congresso “spes contra spem” aiuta il cambiamento in atto – ha rilevato il Dott. Consolo – anche il Corpo di Polizia Penitenziaria ha cambiato motto, “Despondere spem, munus nostrus” – “Garantire la speranza è il nostro compito” questo è il ruolo della nostra Amministrazione. L’ergastolo ostativo prima non c’era, l’ergastolo prima con l’articolo 176 del codice penale era compatibile con l’articolo 27 della Costituzione, che parla di umanità, cioè di speranza, e se non si ha speranza come si può migliorare ? Come è successo allora tutto questo ? Perché abbiamo avuto gli anni di piombo. Da un lato ci siamo calati un un regime differenziato, il 41 bis, e dall’altro c’è stata l’incentivazione della legislazione premiale fino a prevedere, e lì c’è la violazione della Costituzione che ci porta ad essere incostituzionali, che c’è uno sbarramento all’accesso alla liberazione condizionale laddove non c’è collaborazione utile con la Giustizia. Auspico che il sistema italiano in fatto e in diritto – ha concluso il Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Santi Consolo – offra la possibilità anche agli ergastolani ostativi di poter ottenere la liberazione anticipata”.

On. Bruno Bossio PdPrima del 1992, infatti, i condannati alla pena dell’ergastolo, pur sottoposti alla tortura dell’incertezza, hanno sempre avuto la speranza di non finire il resto dei loro giorni in carcere. Successivamente, invece, questa possibilità è stata del tutto abolita con l’approvazione dell’Articolo 4 bis dell’Ordinamento Penitenziario. Oggi, per la maggior parte degli ergastolani (1.174 su 1.619) la pena è divenuta realmente perpetua poiché se non collaborano con la Giustizia, non potranno mai più uscire dal carcere se non con i piedi davanti. Negli scorsi mesi, proprio sull’abolizione dell’ergastolo ostativo e quindi sulla possibilità anche per questi condannati, a determinate condizioni, di poter ottenere i benefici premiali o le altre misure alternative alla detenzione previste dall’Ordinamento Penitenziario, l’Onorevole Enza Bruno Bossio, Deputato del Partito Democratico e membro della Commissione Bicamerale Antimafia, aveva presentato una proposta di legge sottoscritta da altri Deputati. Tale iniziativa legislativa venne abbinata al Disegno di Legge del Governo sulla Riforma dell’Ordinamento Penitenziario ed assorbita dallo stesso ma, praticamente, non sono state accolte le ottime osservazioni ed indicazioni in essa contenute non pervenendo al superamento degli sbarramenti preclusivi per questi particolari condannati posti dall’Art. 4 bis dell’Ordinamento Penitenziario.

Intervento del Dott. Santi Consolo – Capo del Dap

Caso Cuffaro, Quintieri (Radicali): “Il Sen. Santangelo (M5S) è un ignorante matricolato”


“Come si può non indignarsi ? Cuffaro, un condannato per mafia, grazie all’indulto e grazie allo sconto di pena voluto da Renzi torna in libertà ! Che vergogna”. Sono queste le dichiarazioni apparse su Facebook di Vincenzo Maurizio Santangelo, architetto trapanese, Senatore della Repubblica appartenente al Gruppo Parlamentare del Movimento Cinque Stelle.

Non appena ho letto queste brevi dichiarazioni sono rimasto sconcertato ed ho chiesto subito al Senatore Santangelo di conoscere qual’era lo “sconto di pena voluto da Renzi” del quale avrebbe beneficiato l’ex Governatore della Sicilia e Senatore della Repubblica Salvatore Cuffaro poiché lo “sconto di pena” riconosciutogli (45 giorni ogni semestre di pena espiata) è previsto nell’Ordinamento Penitenziario dalla Legge nr. 354 del 26 luglio 1975 quando Renzi era nato da soli pochi mesi e non era certamente Capo del Governo Italiano !

Il citato Senatore mi rispondeva : “Grazie all’indulto ha ottenuto un’anno per i reati “non ostativi” e lo sconto di 45 giorni ogni sei mesi per buona condotta. Ora si scusi.” Replicai immediatamente che “Senatore non le ho chiesto dell’indulto ma dello “sconto di pena voluto da Renzi”. Di cosa mi dovrei scusare ? Lei continua a dimostrare la sua ignoranza.”.

Credevo che il botta e risposta fosse finito ed invece, il Santangelo, replicava ancora dicendo “Spenda il suo tempo in cose concrete piuttosto che cercare sterili polemiche. Niente di personale ma inizi a studiare un po’”. Alchè, per l’ennesima volta, risposi al Parlamentare pentastellato che si permetteva pure il lusso di insultare dicendogli “Dovrebbe studiare lei caro Senatore vista la sua ignoranza in merito. E’ stato lei a scrivere fesserie ed ho ritenuto opportuno replicare.”

Il Senatore grillino, evidentemente a corto di argomenti, concludeva la discussione con “Gentile Emilio Quintieri, le auguro buona giornata” ed io replicai “Anche a lei Senatore. Studi un pochino di diritto penitenziario che la prossima volta eviterà di fare figuracce. Saluti”. Non contento, proseguiva con un altro intervento “Grazie ancora, lei è davvero una persona cortesissima.” ed io “Credo che non sia giusto fare disinformazione. Nulla di personale contro di lei ma da un Parlamentare certe cose non sono tollerabili. Mi dispiace.”

Alle mie contestazioni si aggiunsero anche numerosi altri cittadini, militanti Radicali, Avvocati e Professori Universitari. Tutti nel lamentare le enormi scemenze dette dal Senatore Santangelo. Poco dopo, intervennero gli “squadristi a cinque stelle” con insulti ed ingiurie di ogni genere nei miei riguardi e di chi si era permesso di “difendere Cuffaro”. Ed al Senatore Santangelo non gli rimaneva nient’altro da fare che bannarmi e cancellare tutti i commenti sulla sua pagina pubblica, lasciando quelli che gli facevano piacere e qualche altro dai toni più moderati.

Credo che sulla incompetenza di questo “Portavoce a Cinque Stelle” in materia di diritto ed in particolare di quello relativo all’esecuzione penale e penitenziaria, non ci siano dubbi. I cittadini italiani dovrebbero veramente indignarsi nel sapere che un ignorante matricolato come Vincenzo Santangelo sieda in Parlamento !

Andiamo ai fatti.

Salvatore Cuffaro, detto Totò, ex politico italiano, nella giornata di ieri dopo 4 anni e 11 mesi di detenzione espiata presso la Casa Circondariale di Roma Rebibbia è tornato in libertà (22 gennaio 2011 – 13 dicembre 2015).

Il Cuffaro ha riportato condanna definitiva alla complessiva pena di 7 anni di relcusione per i delitti, uniti in continuazione di rivelazione di segreti di ufficio continuata in concorso con altri e favoreggiamento personale continuato in concorso con altri nei confronti di alcuni indagati per associazione mafiosa e per concorso esterno nella medesima.

La Corte di Appello di Palermo, in qualità di Giudice dell’Esecuzione, con Ordinanza del 24 giugno 2011, ha dichiarato condonato 1 anno di reclusione, pari alla pena inflitta, a titolo di aumenti per la continuazione, per i reati di rivelazione di segreti di ufficio e di favoreggiamento personale, commessi nel 2003.

Infatti la Corte di Appello di Palermo, il 23 gennaio 2010, in riforma della sentenza di primo grado, aveva ravvisato per i reati di cui agli articoli 378 e 326 codice penale (favoreggiamento e rivelazione segreti) l’aggravante di cui all’articolo 7 decreto legge 152/1991 ed aveva determinato la pena per il reato di cui all’articolo 378 codice penale (ritenuto più grave e quindi pena base del reato continuato) in anni 5 di reclusione, determinando l’aumento a titolo di continuazione per il reato di cui all’articolo 326 codice penale, in 1 anno di reclusione (quello che poi è stato condonato).

Quindi, in poche parole, il Cuffaro, ha ottenuto un indulto di 1 anno sulla pena complessiva che riguardava il reato di rivelazione di segreti di ufficio, reato non ricompreso tra quelli ostativi ai sensi dell’articolo 4 bis dell’Ordinamento Penitenziario. Non è stata condonata la pena inflitta per favoreggiamento alla mafia perché tale delitto era escluso tassativamente dall’articolo 1 comma 2 lettera d) della Legge n. 241 del 31 luglio 2006.

La Costituzione Repubblicana mi pare che all’articolo 3 comma 1 sancisca che la legge sia uguale per tutti. Il cosiddetto principio di uguaglianza che vuol dire che tutti sono titolari dei medesimi diritti e doveri, in quanto tutti sono uguali davanti alla legge e tutti devono essere, in egual misura, ad essa sottoposti. Anche se il condannato si chiama Salvatore Cuffaro. Probabilmente, neanche questo importantissimo principio di democrazia liberale sancito dall’Ordinamento Costituzionale, conosce l’esimio Senatore !

Chiarito questo, andiamo allo “sconto di pena voluto da Renzi”.

Il Senatore Santangelo, evidentemente, credeva che al condannato Cuffaro, fosse stata riconosciuta la riduzione della pena a seguito delle recenti novelle legislative, la cosiddetta liberazione anticipata speciale che prevede l’aumento di 30 giorni per ogni semestre di pena espiata (da 45 a 75 giorni), per le condizioni di detenzione inumane e degradanti e quindi contrarie alla legge, patite dai detenuti in tutti gli Istituti Penitenziari d’Italia.

Presumibilmente, anzi sicuramente, l’ignorante Senatore pentastellato, non sapeva che la suddetta liberazione anticipata speciale (quella che lui chiama lo “sconto di pena voluto da Renzi”) non si applica ai condannati per i reati ostativi previsti dall’Articolo 4 bis dell’Ordinamento Penitenziario. Ed infatti, la Legge n. 10 del 21 febbraio 2014, di conversione del Decreto Legge n. 146 del 23 dicembre 2013, prevede espressamente che la detrazione di pena di 75 giorni si applichi ai detenuti “Ad esclusione dei condannati per taluno dei delitti previsti dall’articolo 4 bis della Lege 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni” (fra i quali quelli riportati dal Cuffaro perché aggravati dalla mafiosità).

Ed infatti, a tal proposito, il Magistrato di Sorveglianza di Roma, con Ordinanza dell’11 aprile 2014, accoglieva la domanda di liberazione anticipata proposta da Cuffaro Salvatore in relazione al semestre di detenzione 22 luglio 2013 – 22 gennaio 2014 e, nel contempo, negava in relazione al medesimo semestre e ad altri in precedenza già positivamente valutati, l’applicazione dell’ulteriore beneficio della liberazione anticipata speciale proprio a causa del divieto stabilito a favore dei condannati per taluno dei reati di cui all’articolo 4 bis O.P., ipotesi ricorrente nel caso in esame. Il Tribunale di Sorveglianza di Roma, con Ordinanza del 10 giugno 2014 prima e la Corte Suprema di Cassazione dopo, il 14 aprile 2015, rigettavano il reclamo dappoichè fondata era la causa ostativa alla concessione del beneficio indicata dal provvedimento reclamato.

Al Cuffaro, dunque, non è stato riconosciuto alcuno “sconto di pena” voluto dal Governo Renzi e/o dagli altri Governi precedenti come intendeva far credere il Senatore Vincenzo Santangelo. Al predetto detenuto, infatti, è stata concessa, ricorrendone i presupposti, la liberazione anticipata di 45 giorni ogni semestre di pena espiata prevista dall’articolo 54 dell’Ordinamento Penitenziario concedibile, a propria discrezione, dal Magistrato di Sorveglianza su specifica domanda del detenuto solo quando ravvisi la mancanza di rilievi disciplinari e la prova di attiva partecipazione all’opera di rieducazione predisposta dall’Amministrazione Penitenziaria (cioè quella che il parlamentare grillino chiama volgarmente ed erroneamente “buona condotta”) e che, si badi bene, non è stata fatta dal Segretario del Pd Matteo Renzi ma risale nientedimeno al lontano 26 luglio 1975 nella VI Legislatura quando al Governo del Paese vi era Aldo Moro, esponente della Democrazia Cristiana (DC) ed il Ministro di Grazia e Giustizia era Oronzo Reale, esponente del Partito Repubblicano Italiano (PRI) ed entrambi Illustri Giuristi e non “dilettanti politici” come il grillino Santangelo.

Proprio questa mattina davanti al Magistrato di Sorveglianza di Roma si è tenuta l’Udienza Camerale per discutere sulla richiesta ex Art. 35 ter dell’Ordinamento Penitenziarioo formulata nel mese di luglio 2014 dal condannato Salvatore Cuffaro per il risarcimento dei danni a causa della illegale condizione di detenzione subita nei quasi 5 anni di detenzione nell’Istituto Penitenziario di Rebibbia. Sono i famosi 8 euro per ogni giorno di detenzione espiato in condizioni disumane e degradanti, non conformi ai criteri di cui all’Art. 27 della Costituzione della Repubblica e all’Art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti Umani, secondo la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo.

Ebbene, neanche questo “risarcimento” al momento è stato possibile riconoscere al Cuffaro poiché, essendo stato nel frattempo scarcerato (è trascorso circa 1 anno e 6 mesi per fissare l’Udienza), il Magistrato di Sorveglianza di Roma, in accoglimento della richiesta avanzata dal suo difensore Avvocato Maria Brucale, ha dovuto dichiararsi incompetente. Dovrà procedere a citare a giudizio lo Stato innanzi al Giudice Monocratico Civile del Tribunale Ordinario di Roma.

In conclusione, lo ripeto, bisogna indignarsi non per Cuffaro che è uscito dal Carcere ma per Santangelo che siede al Senato della Repubblica !

Mi auguro che il più volte citato Senatore della Repubblica, colga l’occasione, per rassegnare le proprie dimissioni.

Emilio Quintieri

Esperto di Diritto Penitenziario

Già membro del Comitato Nazionale di Radicali Italiani

Veneto: manca la Rems, 14 detenuti psichiatrici restano nell’ex Opg di Reggio Emilia


OPG Reggio Emilia - DAPSu reclamo dei detenuti veneti, infatti, il magistrato ha deciso che non potendo essere trasferiti alle Rems dovesse essere comunque tolta la vigilanza delle guardie carcerarie. Ma per il Garante delle persone private della libertà personale dell’Emilia-Romagna “si tratta di un carcere e servono misure di sicurezza che non possono essere affidate al personale sanitario, già peraltro insufficiente”.

I ritardi delle Regioni nell’applicazione della normativa sulla chiusura degli ex Opg e l’attivazione delle Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza (Rems) rischiano di creare gravi problemi in Emilia Romagna. Infatti, mentre questa Regione ha ottemperato agli obblighi di legge trasferendo, entro il 31 marzo 2015, nelle due Rems già istituite (una a Casale di Mezzani, nel parmense, e l’altra a Bologna) tutti gli internati residenti nel territorio emiliano-romagnolo che non potevano essere dimessi dall’ex Opg di Reggio Emilia, lo stesso non è potuto accadere con i 20 internati ospitati dall’Opg di Reggio Emilia ma provenienti da altre Regioni (14 dal Veneto, 5 dalla Lombardia e 1 dalla Toscana). Nelle due Rems emiliane, infatti, non c’è più posto, e in Veneto le Rems non esistono ancora.

Di fatto, quindi, l’Opg di Reggio, che doveva chiudere i battenti lo scorso 31 marzo, non è stato ancora chiuso. Ma rischia di restare senza servizio di sorveglianza della Polizia Penitenziaria. Il magistrato di Reggio Emilia, accogliendo il reclamo degli internati veneti, ha infatti disposto l’allontanamento del personale di Polizia Penitenziaria dall’Opg di Reggio in esecuzione della nuova normativa che prevede che la gestione delle misure di sicurezza psichiatriche detentive debba essere “a carattere esclusivamente sanitario”.

Una decisione che ha allarmato il Garante delle persone private della libertà personale dell’Emilia-Romagna, Desi Bruno, secondo la quale “non è pensabile che negli attuali spazi possa declinarsi una gestione esclusivamente sanitaria degli internati perché la struttura non è autonoma dal resto dell’istituto in cui l’amministrazione penitenziaria sovrintende a tutta una serie di attività, dai colloqui alla cucina, dal controllo esterno agli ingressi, che non possono essere svolte dal personale sanitario che, peraltro, è del tutto insufficiente in termini numerici”. Il tutto mentre nella struttura risultano essere presenti anche 19 condannati con infermità psichica sopravvenuta durante l’esecuzione della pena e 27 minorati psichici.

A fornire al nostro giornale i dettagli della vicenda è proprio il Garante Desi Bruno, che lo scorso 26 novembre ha visitato gli spazi detentivi del settore dell’istituto psichiatrico giudiziario di Reggio Emilia raccogliendo l’allarme del personale. L’attuale situazione, spiega infatti il Garante, “rischia di mettere a dura prova l’attuale organizzazione del lavoro negli spazi detentivi dell’ospedale psichiatrico giudiziario. Stiamo parlando di un carcere, non possiamo pensare che a gestirlo sia solo il personale sanitario”. Per Bruno, la decisione del magistrato mira, di fatto, a trasformare l’Opg in una Rems. “Ma la Rems è una struttura sanitaria che risponde a particolari requisiti e standard. Non basta togliere la Polizia Penitenziaria a un Opg per realizzare una Rems”.

Se le Rems non sono pronte, trovare una soluzione non sarà però semplice. Come detto, la normativa vigente prevede infatti che dal 31 marzo 2015 l’internamento debba essere eseguito esclusivamente nelle strutture sanitarie denominate Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza, le Rems. Per il magistrato di sorveglianza di Reggio Emilia, dunque, nell’Opg di Reggio “l’attuale internamento sta avvenendo in violazione di legge, con un pregiudizio grave e attuale dei diritti degli internati che hanno il pieno diritto all’esecuzione delle misure di sicurezza operata esclusivamente mediante il ricovero nelle Rems”. Tuttavia, non spetta all’Emilia Romagna garantire questo diritto agli internati provenienti da altre Regioni. L’Accordo Stato-Regioni-Provincie Autonome del 26/2/2015 attuativo della legge di soppressione degli Ospedali psichiatrici prevede infatti che “le Regioni e le Provincie Autonomie devono garantire l’accoglienza nella proprie Rems di persone sottoposte a misura di sicurezza detentiva residenti nel proprio ambito territoriale”. Di conseguenza, non può essere contestato al Dipartimento l’utilizzo del criterio primario della “regionalizzazione” nella scelta degli internati da traferire né può essere accusato di pregiudizi nei confronti degli internati rimasti di Reggio Emilia.

Il magistrato di sorveglianza ha dunque ordinato al presidente della Giunta regionale veneta di “porre rimedio al pregiudizio degli internati adottando i necessari provvedimenti nel termine di 15 giorni”, ma nel frattempo ha ordinato anche all’amministrazione penitenziaria “di esonerare il personale della Polizia penitenziaria dal servizio nel settore dell’ospedale psichiatrico giudiziario”, sempre nel termine di 15 giorni. Il problema è che, in sede di udienza, la Regione Veneto ha fatto sapere che, pur essendo in fase di attuazione una Rems a Nogara che potrà ospitare 40 pazienti, questa non potrà essere pronta però prima dell’ottobre del 2016. E così, nell’attesa dell’attivazione della Rems veneta, l’Opg di Reggio rischia di dover trattenere gli internati di altre Regioni restando, tuttavia, sfornita di personale di Polizia Penitenziaria.

Nelle prossime settimane saranno decisi anche altri reclami giurisdizionali presentati contro l’illegittimo internamento dagli altri internati residenti in Regione che non hanno ancora attuato le Rems. Intanto Bruno sollecita la magistratura ha riconsiderare il provvedimento, magari prorogandone i tempi, “che comunque devono essere stretti. La Regione Veneto – spiega il Garante – ha comunicato che è in fase di attuazione una Rems a Nogara che potrà ospitare 40 pazienti, pronta però non prima dell’ottobre del 2016. Parliamo di un anno, un periodo troppo lungo, che va assolutamente ridotto. Aspettiamo di vedere come risponderà alla diffida che gli è stata recapitata”. Dal Garante, infine, un appello al Governo affinché venga imposta una scadenza in tempi brevi per la realizzazione delle Rems, anche attraverso il commissariamento delle Regioni. “È stato ventilato tante volte, forse è arrivato il momento che venga messo in atto”.

ilfarmacistaonline.it, 4 dicembre 2015