Napoli: la verifica dell’Asl “nel Carcere di Poggioreale ci sono cucine fatiscenti”


Carcere Poggioreale NapoliL’ultimo sopralluogo semestrale dell’Asl è dello scorso luglio, ma la segnalazione più recente è di un paio di settimane fa. Dai rilievi post-ispezione risulta che la cucina del carcere di Poggioreale è in peggiorate condizioni strutturali ed igienico-sanitarie. La relazione sottolinea il deterioramento di arredi ed utensili e, di conseguenza, la necessità urgente di lavori di rifacimento per non mettere in pericolo la salubrità degli ambienti e la salute di detenuti e lavoratori. Ristrutturazione, che compete all’amministrazione penitenziaria, e definita improcrastinabile dall’azienda sanitaria Napoli 1 Centro, a cui fa riferimento la casa circondariale dal 2008, cioè da quando le competenze sanitarie, prima di allora in capo al Ministero della Giustizia, sono state trasferite al Sistema sanitario nazionale.

Ma non c’è solo il timore di intossicazioni a causa dell’attuale stato disastrato dei locali. Il cibo arriva scadente in cella per l’assenza di adeguati carrelli porta vivande. Per questo motivo i detenuti sono costretti alle spese aggiuntive del sopravvitto e a cucinarsi autonomamente, tra letto e bagno, con i pericolosi fornellini a gas.

“A parte i casi di ustione e il fatto che talvolta nel reparto dei tossicodipendenti il gas è inalato come fosse droga, i pasti, vista l’assenza di recipienti termici da usare per il trasporto fino ai padiglioni, sono immangiabili” spiega il cappellano don Franco Esposito. “La conseguenza è che tonnellate di cibo ogni giorno vengono buttate nella spazzatura. Solo gli indigenti, come gli extracomunitari, mangiano quello che gli arriva e questo accentua la disparità sociale”.

Non solo. “Oltre allo spreco – continua don Franco – la legge dice che una cucina deve servire al massimo per 400 detenuti, quindi dovrebbe esserci una cucina per ogni padiglione, invece oggi una sola serve per circa 1.800 persone, oltre a quella speciale destinata ad un centinaio di detenuti del padiglione clinico. Ed è strano che, ovunque, in una cucina sono obbligatoriamente previsti cuochi professionisti, mentre a Poggioreale chi la gestisce è personale della Penitenziaria insieme agli stessi detenuti lavoranti”.

Claudia Procentese

Il Mattino, 5 novembre 2015

Toscana: per il Tribunale di Sorveglianza l’Opg di Montelupo è “fuorilegge”, serve Rems


OPG Montelupo FiorentinoAccolto il ricorso firmato da 47 internati ospitati dalla struttura che doveva chiudere lo scorso 1 aprile e trasferire i detenuti. Ma la Regione è in ritardo. Da qui l’ordine dei giudici: “Entro tre mesi il presidente della giunta ponga rimedio al pregiudizio e adotti i necessari provvedimenti”.

L’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Montelupo è “fuorilegge”. Lo ha stabilito il Tribunale di sorveglianza accogliendo un ricorso firmato da 47 detenuti internati nella struttura che, per legge, avrebbe dovuto chiudere lo scorso 1 aprile. Gli internati avrebbero dovuto essere trasferiti già da tempo nelle Rems, ma la Regione è in ritardo. Pur avendo individuato la sede della Rems nell’ex manicomio di Volterra, di fatto non è pronta per il trasferimento dei pazienti. Da qui l’ordine dei giudici: “Entro tre mesi il presidente della giunta ponga rimedio al pregiudizio e adotti i necessari provvedimenti”.

“La Regione Toscana viola la legge sulla pelle dei malati psichiatrici, che continuano a restare nell’Opg di Montelupo nonostante la sua chiusura fosse prevista per lo scorso 1 aprile. Sette mesi di ritardo ingiustificato che adesso è stato condannato anche dal Tribunale di Sorveglianza e per cui la Regione meriterebbe il commissariamento sul tema Opg, così come previsto dal piano nazionale di superamento di queste strutture”. Così la parlamentari di Sel Marisa Nicchi e Alessia Petraglia commentano la notizia della condanna.

“È da anni – aggiungono Nicchi e Petraglia – che il Governo chiede alla Regioni di chiudere gli Opg. Eppure, nonostante tutto questo tempo, la Toscana non si è ancora attrezzata per un serio superamento di queste strutture ormai anacronistiche. Adesso, senza perdere ulteriore tempo prezioso, vanno aperte immediatamente le Rems e qui vanno trasferiti i pazienti psichiatrici, che stanno subendo i ritardi della politica continuando a vivere in condizioni legalmente inadeguate”. “Il ritardo – concludono – è reso ancor più grave dal fatto che difficilmente si potrà immaginare di superare gli Opg con un tocco di bacchetta magica. Occorre avviare un lavoro lungo di coinvolgimento delle realtà del territorio, creando percorsi e strutture incentrate sulla cura e sul reinserimento dei detenuti”.

quotidianosanita.it, 7 novembre 2015

Emilia Romagna: la Garante Desi Bruno “bene internet per i detenuti, ma verificare l’attuazione”


Desi Bruno, Garante Regionale Detenuti Emilia RomagnaL’auspicio di Desi Bruno, la figura di Garanzia dell’Assemblea legislativa, è che “si possa arricchire il percorso trattamentale della popolazione detenuta, pur nel rispetto delle esigenze di sicurezza”. La indicazioni contenute nella circolare del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria che regolamenta la possibilità di accesso a internet da parte dei detenuti “non si possono che registrare positivamente, rappresentando un primo passo verso l’apertura all’utilizzo delle moderne tecnologie informatiche”, ma sarà necessario “verificare che tipo di attuazione troveranno nelle singole realtà penitenziarie”.

A sostenerlo è Desi Bruno, Garante regionale delle persone private della libertà personale, che cita a proposito l’esempio del decreto del Presidente della Repubblica del 2000 che aveva aperto all’utilizzo della strumentazione informatica: “Nella pratica le autorizzazioni in tal senso da parte delle direzioni sono state più che eccezionali, anche nella nostra realtà regionale”, sottolinea la figura di garanzia dell’Assemblea legislativa

In ogni caso, l’auspicio della Garante è che queste nuove opportunità “possano arricchire il percorso trattamentale della popolazione detenuta, pur nel rispetto dell’esigenze di sicurezza”, anche perché, ricorda, “le Regole penitenziarie europee del 2006 hanno affermato che il trattamento penitenziario deve avvicinarsi il più possibile alle condizioni di vita, di organizzazione del lavoro e di studio delle persone libere”.

La circolare in questione, prosegue Bruno, prevede che detenuti e internati possano utilizzare l’accesso a internet “per sviluppare percorsi trattamentali complessi, valorizzando le esperienze innovative di telelavoro, formazione e didattica già realizzate in alcuni istituti penitenziari”. Importante anche il passaggio che “invita le strutture penitenziarie in cui sono collocati detenuti comuni a implementare l’utilizzo di strumenti di comunicazione audiovisiva per favorire il mantenimento delle relazioni familiari”.

In ogni caso, specifica Bruno, nel nuovo modello “sarà prevista, in funzione delle specifiche esigenze legate ai percorsi trattamentali individuali, la navigazione su siti selezionati sulla base di convenzioni, accordi e contratti stipulati con i soggetti esterni che offrono opportunità trattamentali, prevedendo in ogni caso modalità di accesso guidate e sicure verso i siti previsti”. Inoltre, “le limitazioni poste all’infrastruttura di rete consentiranno al detenuto di consultare esclusivamente i siti per i quali è stato autorizzato e le postazioni saranno collocate nelle sale comuni dedicate alle attività trattamentali, anche per agevolare il controllo da parte degli operatori” e “viene consigliata la presenza di un tutor di sostegno durante l’attività, formato dagli operatori specializzati ministeriali”. Infine, assicura Bruno, “non tutte a tutte le tipologie di detenuti sarà consentito di accedere a internet, ma solo ai detenuti dei circuiti a custodia attenuata e media sicurezza” mentre “sono esclusi i detenuti in regime ex art. 41bis e per quanto riguarda i detenuti del circuito dell’alta sicurezza le direzioni valuteranno caso per caso”.

Ristretti Orizzonti, 7 novembre 2015