Vigevano, la madre di Fatima muore dopo un lungo Isolamento, il Pm indaga sul Carcere


Casa Circondariale di VigevanoEra in cella da luglio per aver aiutato la figlia jihadista, partita per la Siria. Dopo tre mesi di detenzione in isolamento, lunedì sera ha saputo che il giudice le aveva concesso i domiciliari. Ma non ha fatto in tempo a tornare a casa perché ieri notte è morta nell’ospedale di Vigevano dove era stata trasferita da pochi giorni per una occlusione intestinale.

Il decesso sarebbe avvenuto per arresto cardiaco a seguito di un intervento chirurgico all’addome. È il drammatico epilogo dell’arresto di Assunta Buonfiglio, la madre della presunta jihadista italiana Maria Giulia Sergio, la 27enne originaria di Torre del Greco convertita all’Islam col nome di Fatima che si è schierata con l’Isis e da Inzago (Milano), dove viveva con la famiglia, ha raggiunto la Siria e qui è tuttora latitante.

Ieri la Procura di Pavia ha sequestrato i referti clinici della donna e disposto l’autopsia per accertare, tra l’altro, se il regime carcerario a cui era sottoposta Assunta abbia aggravato le sue condizioni di salute. E soprattutto individuare possibili ritardi nel trasferimento dal carcere in ospedale. Con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al terrorismo il primo luglio scorso, su richiesta della Procura di Milano, sono stati arrestati i familiari di Fatima.

La mamma Assunta, il padre Sergio e la sorella Marianna prelevati dall’abitazione di Inzago; mentre due parenti del marito di Fatima, Aldo Kobuzi, sono stati fermati uno in Albania, lo zio Baki Coku, e l’altro a Grosseto, la zia Arta Kacabuni. Secondo le indagini erano pronti a partire per la Siria e a unirsi ai combattenti del Califfato islamico.

Il percorso già fatto da Fatima che, insieme alla sorella Marianna, era riuscita a convincere entrambi i genitori a convertirsi all’Islam. In un’intervista trasmessa da Porta a Portalo scorso 12 gennaio 2015 – pochi giorni dopo che il Viminale aveva reso pubblico il nome di Fatima nell’elenco dei foreign fighter italiani – Assunta ha ammesso di aver abbracciato la fede musulmana, ripetendo: “Io amo Allah, Allah è unico”.

Sul coinvolgimento diretto dei coniugi, però, l’avvocato Erika Galati ha sin da subito espresso dubbi e immediatamente dopo l’arresto ha presentato istanza di scarcerazione ritenendo “poco consono il regime di isolamento per le loro condizioni di salute”. Istanza avanzata solamente per i genitori di Fatima e non per la sorella (detenuta a Rebibbia) ma rigettata dal giudice. Dopo 90 giorni di detenzione e con l’aggravarsi delle condizioni complessive di salute di Assunta, ricoverata d’urgenza all’ospedale di Vigevano, il primo ottobre l’avvocato Galati ha presentato una seconda istanza di scarcerazione che finalmente lunedì 5 è stata accolta. Ma la donna, operata per un’occlusione intestinale, è deceduta.

“Sono amareggiata e decisamente arrabbiata”, dice al Fatto l’avvocato. “Se avessero accettato la prima richiesta, quella che avevo presentato a luglio, questo non sarebbe successo” per – ché, aggiunge, “io sono certa che anche il regime carcerario al quale è stata sottoposta una donna di 60 anni abbia avuto ripercussioni sulla sua salute”. Galati racconta che Assunta ha saputo lunedì sera, quando era ancora “lucida e cosciente”, che il gip aveva disposto i domiciliari per lei e il marito “anche in ragione dell’età avanzata (60 anni, ndr) e delle condizioni di salute”. Ieri mattina, “quando mi hanno avvisato, non riuscivo a crederci: solo poche ore prima avevo ottenuto la scarcerazione e invece di occuparmi del trasferimento ai domiciliari mi sono dovuta preoccupare di far avere un permesso speciale al marito per andare a dare l’ultimo saluto alla moglie, è sconcertante mi creda anche perché mi ero presa a cuore la loro vicenda, Assunta stava male, continuava a chiedermi spiegazioni, lei non capiva perché era stata arrestata, mi diceva continuamente “io non c’entro nulla, che vogliono da me?”.

Galati ripete: “Avrebbe dovuto essere scarcerata prima, ora cercheremo di capire se ci sono e di chi sono le responsabilità di quanto accaduto perché una cosa è chiara: voglio sapere cosa le è successo”. Oltre alla Procura di Pavia anche quella di Milano, che aveva eseguito gli arresti a luglio, sta seguendo la vicenda. L’autopsia sarà effettuata nei prossimi giorni. Ieri è stata avvisata di quanto accaduto alla madre anche Marianna, la sorella di Fatima detenuta a Rebibbia in isolamento.

Davide Vecchi

Il Fatto Quotidiano, 7 ottobre 2015

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