Lo avevano tenuto legato alla Branda della cella, all’Ucciardone, per 24 ore, assicurandolo con “fasce di contenzione”, espressione elegante per definire la camicia di forza. E per questo i giudici di appello di Palermo definiscono il comportamento dei poliziotti penitenziari arbitrario e inumano, affermando che si è tradotto “in una forma di tortura e nella violazione dei diritti costituzioni”.
Il processo non era contro gli agenti ma contro di lui, Amadou Abiyara, nato in Costa d’Avorio e finito in cella, l’1 febbraio del 2008: dopo che lo avevano lasciato un’intera giornata senza poter mangiare o bere né fare i bisogni fisiologici, nel momento in cui era stato liberato, Amadou aveva reagito violentemente. Era stato per questo condannato a otto mesi. Ora è stato assolto. È stato un difensore d’ufficio, l’avvocato, Venera Micciché, a chiedere giustizia.
E la Corte d’appello ha ricordato che immobilizzare i soggetti che appaiono pericolo si può apparire inumano ma è consentito solo se a stabilirlo è uno psichiatra. Nel caso specifico la prescrizione non c’era mai stata: “Ed allora – si legge in sentenza – è da chiedersi se rientri nelle funzioni del personale del carcere assicurare un soggetto straniero, che non parla italiano, con fasce di contenzione dentro una cella, senza più curarsi di lui e delle sue necessità per circa 24 ore”. La reazione può ritenersi così giustificata – altra stoccata – “ignorando l’imputato le particolari consuetudini utilizzate talvolta, come nel caso di specie, nelle carceri italiane, e ritenere che nei suoi confronti sia stata esercitata una forma di violenza fisica non consentita”.
Riccardo Arena
La Stampa, 26 giugno 2015