L’Unione delle Camere Penali Italiane: non trasferite i detenuti di Padova


Camere PenaliLa Giunta dell’Unione delle Camere Penali Italiane, con il proprio Osservatorio Carcere, raccoglie il grido di allarme lanciato dalla Redazione di “Ristretti Orizzonti”, in merito al trasferimento di alcuni detenuti dall’Alta Sicurezza di Padova in altri istituti.

Già nell’aprile scorso l’Unione era intervenuta chiedendo un incontro urgente con il Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, manifestando forte preoccupazione per le modalità con le quali il Dipartimento stava procedendo, interrompendo irrimediabilmente il percorso educativo di molti detenuti. Da allora, anche e soprattutto per l’intervento della redazione di Ristretti Orizzonti, grazie ad una nuova circolare sulle “declassificazioni”, alcuni trasferimenti sono stati evitati. Ma molti ancora rischiano di vedere vanificato il percorso trattamentale fino ad ora svolto, a causa di valutazioni sulla personalità che si rifanno a episodi ormai di venti o trent’anni addietro.

Si chiede, pertanto, che vada rivista tutta la materia in ordine ai circuiti e che si tenga conto, nell’esprimere giudizi, soprattutto dell’attualità, dando un significato concreto e operativo alle parole “rieducazione” e “trattamento individualizzato”, espressamente riportate dalle norme penitenziarie e più volte invocate dallo stesso Ministro della Giustizia, che proprio nella sezione di Padova hanno trovato attuazione, laddove, nella gran parte degli istituti di pena del nostro Paese altro non sono che lettera morta.

Chiediamo che l’amministrazione penitenziaria ponga immediatamente rimedio alla situazione e salvaguardi la condizione di tutte le persone ospitate nella sezione alta sicurezza del carcere di Padova che hanno in atto positivi percorsi di trattamento.

Avv. Beniamino Migliucci, Presidente dell’Unione camere penali Italiane

Avv. Riccardo Polidoro, Responsabile dell’Osservatorio carcere dell’Ucpi

Carceri, i Radicali al Consiglio d’Europa “In Italia si violano ancora i Diritti Umani”


Consiglio d'Europa 2

I Radicali hanno presentato una memoria al Consiglio d’Europa sulla sentenza Torreggiani, con la quale l’Italia è stata condannata per il sovraffollamento delle carceri e sono stati gli unici sino ad ora.

“Nel giorno in cui il ministro della Giustizia Andrea Orlando presenta a Strasburgo le misure messe in atto e da incardinare per corrispondere a quanto richiesto dalla sentenza pilota della Corte europea dei diritti dell’uomo, che nel 2013 aveva condannato l’Italia per i trattamenti inumani e degradanti inferti ai detenuti nelle nostre carceri – sottolinea il segretario dei Radicali Italiani Rita Bernardini – ci auguriamo che la nostra documentazione sia vagliata dai delegati del Consiglio d’Europa”.

“Nella nostra memoria, redatta con la collaborazione dell’avvocato Giuseppe Rossodivita, oltre a documentare come, nonostante la diminuzione della popolazione detenuta, in 58 istituti ci sia ancora un sovraffollamento che va dal 130 al 200%, Radicali italiani – spiega Bernardini – si soffermano sui cosiddetti rimedi preventivi e risarcitori che il nuovo art. 35 ter dell’Ordinamento Penitenziario assicura solo ad un’estrema minoranza delle decine di migliaia di reclusi che hanno subito quei trattamenti disumani e degradanti. La sentenza Torreggiani, invece, chiedeva fossero ‘effettivi e non semplicemente scritti sulla carta ma inarrivabili”.

“Nella documentazione inviata a Strasburgo – chiarisce ancora Bernardini – i radicali evidenziano il dato drammatico dei suicidi e tutte le altre violazioni dei diritti umani in atto ancora oggi negli istituti penitenziari: dal mancato accesso alle cure alla diffusione di malattie anche infettive, dalle carenze igienico-sanitarie a quelle trattamentali come il lavoro e la scuola alle quali hanno accesso solo il 20/30% dei reclusi”.

“Il fatto che il ministro Orlando abbia definito criminogena le nostre carceri, è stato salutato con favore da noi e dal leader radicale Marco Pannella: è la prima volta, infatti – sottolinea Bernardini – che un ministro della Giustizia fa un’ammissione di questa portata.

L’analisi è dunque giusta e, se è giusta l’analisi, occorrono comportamenti riformatori e di “legalizzazione” del sistema conseguenti”. “Per noi radicali continua ad essere obbligato un intervento di amnistia che consenta alla giustizia penale italiana, oggi paralizzata da 4.600.000 procedimenti penali pendenti, di ripartire – denuncia il segretario.

Non è sufficiente fare accordi con la Banca d’Italia per risarcire finalmente i tantissimi italiani ai quali viene riconosciuta l’irragionevole durata dei processi se la macchina della giustizia produce sistematicamente ritardi che da trent’anni, secondo il Consiglio d’Europa, colpiscono nell’insieme decine di milioni di cittadini italiani”.

Memoria dei Radicali Italiani al Consiglio d’Europa sulla Sentenza Torreggiani

Droghe, Milioni di sanzioni per uso personale. Incalcolabile il numero delle persone finite in galera


marijuanaIl numero di quanti sono finiti in galera in un quarto di secolo per la legge sulle droghe è impressionante e probabilmente incalcolabile per intero.

“Troveremo una soluzione per dire con più chiarezza che drogarsi non è lecito. Ma il carcere per i tossicodipendenti, quello no. In coscienza non mi sento di arrivarci. E per la verità mi sembra non ci pensino neanche i socialisti”. Così dichiarava, certamente in buona fede, Rosa Russo Iervolino, madre della disciplina sulle droghe all’epoca in discussione (“la Repubblica”, 30-31 ottobre 1988).

Il numero di quanti sono finiti in galera per quella legge in un quarto di secolo (sic!), nonostante le mitigazioni introdotte dal referendum del 1993 e, all’opposto, grazie anche alla recrudescenza portata dalla legge Fini-Giovanardi del 2006, è impressionante e probabilmente incalcolabile per intero.

Basti solo ricordare che i detenuti presenti in carcere al 31 dicembre sono passati dai 29.113 del 1990 ai 34.857 del 1991 e ai 46.968 del 1992.

Un numero invece definito è quello delle sanzioni amministrative (per modo di dire, dato che in caso di inottemperanza possono divenire penali).

Secondo i dati più recenti, contenuti ne “Le tossicodipendenze in Italia”, anno 2013, a cura del ministero dell’Interno, dall’11 luglio 1990 al 31 dicembre 2013 le segnalazioni ai Prefetti a norma dell’art. 75 T.U. 309/90 – che sanziona le condotte di minore gravità, vale a dire la detenzione per uso personale – sono state in totale 989.702, 243.220 le sanzioni comminate e 142.953 le richieste di programma terapeutico, mentre le persone segnalate sono state ben 828.416 (33.431 nel solo 2013), di cui 72.754 minorenni.

Le segnalazioni riguardano in larghissima misura il possesso di cannabinoidi (727.842 in totale, di cui 28.362 nel 2013), seguiti a distanza da eroina (rispettivamente 134.581 e 2230) e cocaina (99.146 e 4350).

Esattamente rovesciata la casistica dei morti: nel 2013 si sono registrate 349 vittime (secondo i dati aggiornati al 5 novembre 2014); dei 199 casi in cui è stato possibile risalire alla presunta sostanza causa del decesso, 148 sono da eroina, 30 da cocaina e solo 2 da hashish, numero di cui oltretutto è lecito dubitare, giacché “si tratta di dati non sempre supportati da esiti peritali o da esami autoptici e/o tossicologici”. Insomma, la sostanza meno pericolosa è quella più pesantemente criminalizzata e perseguita.

Il fallimento delle norme in vigore è testimoniato dai numeri ma anche ammesso dagli addetti. Come scrive in premessa la pubblicazione: “Il consumo di sostanze stupefacenti, pur coinvolgendo in gran parte il mondo giovanile, continua ad avere grande diffusione nella popolazione in generale. Infatti, l’uso di droga risulta molto diffuso anche tra persone adulte e ben integrate nel contesto sociale e lavorativo, configurandosi come fenomeno esteso a tutti gli strati della società e quindi non più relegato alla condizione di emarginazione sociale”.

Si potrebbe concludere con le parole di allora del vicepresidente del Consiglio, il socialista Gianni De Michelis, tifoso della linea punizionista: “È apparso chiaro che la legge del 1975 non è servita ad arginare il fenomeno della droga né a impedirne l’aggravarsi. Quindi è ormai necessario compiere un salto di qualità” (“la Repubblica”, 29 ottobre 1988).

Quel “salto di qualità”, la nuova legge del 1990 imposta dagli oltranzisti catto-socialisti, oltre a non arginare, ha prodotto centinaia di migliaia di inquisiti, sanzionati, imprigionati, talvolta suicidati, costretti a un uso di sostanze reso più pericoloso dalla clandestinità e dal governo mafioso del mercato, con relativo maggior rischio di contrarre Aids e altre malattie. In un paese civile sarebbe materia di “class action” e richiesta di risarcimento dei danni, individuali e sociali.

Sergio Segio

Il Manifesto, 17 giugno 2015