Tolmezzo: detenuto 66enne rischia di morire per colpa del Medico del Carcere


Carcere TolmezzoRischia di morire perché sono rimaste inascoltati i suoi appelli. Perché, nonostante fatti acclarati, un medico del reparto detenuti dell’ospedale di Salerno ha preferito deriderlo “sbattendogli” in faccia i suoi titoli di studio invece di salvaguardare quel diritto alla salute che non dovrebbe mai essere negato a nessuno. Anche ad un detenuto. Anche a Francesco Sorrentino, esponente della Nco, condannato a 30 anni per il sequestro di Franco Amato (leggerete a parte) e detenuto nel carcere di massima sicurezza di Tolmezzo.

L’avvocato difensore, Bianca De Concilio, dopo mesi di appelli a vuoti, e richieste che non hanno trovato alcun tipo di risposta, ha rotto gli indugi ed in una conferenza stampa ha ricostruita la storia di un uomo che aveva quasi scontato il suo conto con la giustizia e che è stato nuovamente tirato in ballo in una vicenda giudiziaria dallo stesso figlio.

Uno dei pochi congiunti rimasti in vita dopo averne perso due in tragiche circostanze (uno impiccato e l’altra in seguito ad un malore accusato durante un processo in aula bunker). Per seguire le udienze del processo al Tribunale di Nocera Sorrentino il 29 gennaio viene trasferito al carcere di Fuorni.

Qui inizia il dramma di un uomo già provato da 36 anni di carcere. Sorrentino denuncia tracce di sangue nelle urine. Dopo una visita sommaria ed esami di routine i medici gli somministrano antibiotici ma, nonostante ciò, le perdite ematiche continuano.

Il sessantaseienne chiede che vengano effettuati nuovi esami ma il medico rovescia sistematicamente il campione prelevato nel water. “Comprendo una certa diffidenza nei confronti dei detenuti – ha sottolineato l’avvocato De Concilio- ma ci sono casi e casi e non si può far di tutta un’erba un fascio. Bisogna approfondire per garantire quel diritto alla salute che non va negato a nessun essere umano. Nel caso di Sorrentino dopo oltre trent’anni di carcere fatti dignitosamente non avrebbe mai cercato un escamotage per uscire”.

L’uomo, per sottolineare la sua buona fede, è arrivato a fare l’esame -in pratica- davanti al medico che anche in quel caso ha rovesciato il campione e, di fronte alle insistenze del sessantaseienne, ha ribadito di sapere quello che faceva in quanto aveva acquisito un titolo di studio: “Gli ha riferito che era solo un detenuto e doveva restare in silenzio e accettare le prescrizioni mediche fatte da chi ha competenza in materia”.

Il rientro a Tolmezzo. Il 31 marzo, nonostante la richiesta dell’avvocato De Concilio ed il parere favorevole del presidente del collegio giudicante del Tribunale di Nocera (Diograzia ndr), Sorrentino viene trasferito nuovamente a Tolmezzo in virtù di un rinvio lungo dell’udienza del processo che vede l’ex esponente della Nco imputato. I sanitari della struttura penitenziaria friulana si rendono immediatamente conto del cattivo stato di salute dell’uomo che lamenta perdite più forti ed è sempre più provato e dimagrito. Viene immediatamente disposta una visita urologica ed un’ecografia, esami che non erano stati disposti a Salerno. I medici riferiscono che bisogna intervenire al più presto ma nel frattempo Sorrentino rientra a Salerno il 5 maggio per l’udienza che sarà celebrata due giorni dopo.

Qui inizia un nuovo calvario. La terribile diagnosi. L’uomo lamenta forti dolori alla vescica e chiede a gran voce esami più approfonditi. Litiga anche con i compagni di cella e con un poliziotto della penitenziaria. Vengono disposti 15 giorni di sospensione nonostante le condizioni fisiche di Sorrentino peggiorino di giorno in giorno. Il 26 maggio rende dichiarazioni spontanee davanti al giudice del Tribunale di Nocera, su consiglio dell’avvocato difensore, dove denuncia il suo delicato stato di salute e l’assoluto immobilismo dei medici del reparto detenuti del carcere di Salerno. Riferisce anche del suo delicato problema alla vescica. “Non si possono trattare i detenuti peggio dei cani”.

Vengono disposti esami più approfonditi ma nulla cambia. A Sorrentino vengono somministrati soltanto antibiotici fino al 31 maggio quando avverte un dolore lancinante e riferisce che non riesce più ad urinare. “Per fortuna di turno c’era un medico diverso da quello che finora l’aveva visitato ed immediatamente interviene inserendo un catetere e disponendo il trasferimento al pronto soccorso dove viene rilevata un’occlusione dovuta dal sangue. Le notevoli perdite di sangue hanno portato il valore dell’emoglobina a livelli bassissimi (otto).

Vengono immediatamente disposte le trasfusioni e gli accertamenti rilevano un tumore alla vescica di grosse dimensioni. La diagnosi è gravissima con l’uomo che ora è in forte pericolo di vita per la negligenza di un medico che avrebbe potuto disporre accertamenti cinque mesi prima e, di conseguenza, intervenire, probabilmente, in condizioni meno disperate. In occasione dell’udienza in programma oggi al Tribunale di Nocera, ed in attesa delle risultanze degli accertamenti disposti, l’avvocato Bianca De Concilio depositerà gli atti relativi agli ultimi accertamenti effettuati da Sorrentino. “Il nostro intervento è fatto a tutele dei detenuti. Chiederemo al ministero un’accurata ispezione ed alle modalità di intervento applicate alle strutture carcerarie”.

Tommaso D’Angelo

Cronache dal Salernitano, 12 giugno 2015

Genova, manganellate ai detenuti nel Carcere di Marassi. 8 Medici e 2 Poliziotti indagati


corridoio reparto detentivo genovaCinque dottori della Asl non avrebbero denunciato le lesioni. Il Dap sospende un agente applicando le norme europee. Marassi sarà anche “una scatola di vetro”, come assicura il direttore Salvatore Mazzeo, ma all’interno del carcere genovese è accaduto qualcosa che fa tornare alla memoria il G8 e la morte di Stefano Cucchi a Regina Coeli. Per due ragioni: il pestaggio di un detenuto da parte di una guardia; il coinvolgimento di un medico coinvolto nelle torture di Bolzaneto,

La prima ragione: il pestaggio di Ferdinando B., detenuto di 36 anni, a quanto pare manganellato da un agente. Da Dario Pinchiera, di 30 anni, indagato per lesioni e ieri sospeso per un anno dal Dipartimento della Amministrazione Penitenziaria. La seconda ragione: uno dei 5 medici della Asl-Tre indagati per “omissioni” (non avrebbero refertato il detenuto) e “favoreggiamento”, si chiama Marilena Zaccardi, nota per essere stata processata per le torture a Bolzaneto. I reati sono andati in prescrizione, ma ritenuta responsabile in sede civile. Su lei rimane l’immagine della “condanna”, tanto che all’epoca l’Ordine dei Medici la sospese per 2 mesi. Ciò nonostante, due mesi fa la Asl l’ha indicata come relatrice in un convegno sulla salute nelle carceri.

La vicenda di Marassi, sulla quale è aperta un’inchiesta da parte del pm Giuseppe Longo, ieri ha avuto una svolta: la notifica di 10 avvisi di garanzia ai 5 medici della Struttura di Medicina Penitenziaria. Oltre a Zaccardi figurano i colleghi: Ilias Zannis, Giuseppe Papatola, Silvano Bertirotti e Silvia Oldrati. Più altri 3 medici. Più un paio di guardie carcerarie.

Va detto che a ciascuno sono addossate responsabilità diverse, e le iscrizioni servono a chiarire le posizioni, anche a tutela. Oldrati, infatti, è la psichiatra che il 14 aprile scorso durante la visita alla quarta sezione del carcere, ha visto il detenuto (per reati di droga) tumefatto, lo ha medicato e lo ha segnalato “con lesioni sospette” al medico responsabile, Bertirotti.

Cosa è accaduto il giorno prima, in parte è da ricostruire. Sembra, però, che il carcerato sia stato massacrato da Pinchiera. Il condizionale è d’obbligo. Quest’ultimo, infatti, avrebbe riferito al suo comandante, Massimo Di Bisceglie, che prima sarebbe stato aggredito dal detenuto, si sarebbe difeso e ci sarebbe stata una colluttazione; il recluso sarebbe scivolato, avrebbe avuto la peggio. All’aggressione non avrebbe assistito nessuno e la zona in cui si è verificata, non è coperta da telecamere.

Il direttore Salvatore Mazzeo ha segnalato la vicenda alla Procura della Repubblica ed al Provveditore alle Carceri, Carmelo Cantone. E tempestivamente ha “invitato” la guardia carceraria a mettersi in ferie forzate. Dichiarando a Repubblica: “Chi ha sbagliato deve pagare, non facciamo sconti a nessuno; i manganelli si usano soltanto se autorizzati dal direttore o dal comandante delle guardie. Solo in caso di rivolta”.

Giuseppe Filetto

La Repubblica, 12 giugno 2015