Giustizia, Camere Penali: carriere Magistrati separate, o tanto vale tornare al processo inquisitorio


Magistrati1Palermo i penalisti si presentano con uno slogan: “Inauguriamo la Giustizia del futuro”. Ma nel futuro non pare esserci la separazione delle carriere. Non nel futuro immediato. Le centinaia di avvocati e professori di Diritto penale accorsi nell’aula magna della Facoltà di Giurisprudenza per la prima giornata del convegno organizzato dall’Unione Camere penali registrano l’ennesimo no del governo sull’ipotesi di revisione dell’ordinamento.

“Dubito che si possa procedere senza intervenire sulla Costituzione, e credo che le tensioni di queste ore dimostrino quanto sia difficile una riforma di questo tipo”, dice senza molti giri di parole il guardasigilli Andrea Orlando. Non c’è spazio, dunque, eppure un’ampia parte del dibattito di questa “Inaugurazione dell’anno giudiziario dei penalisti” è dedicata proprio alla separazione del ruolo dei pm da quello della magistratura giudicante.

Ed è interessante soprattutto lo scambio che avviene nel corso di una delle tavole rotonde organizzate nella giornata di ieri, a cui partecipano un decano delle Camere penali come Gaetano Pecorella e l’ordinario di Diritto penale dell’università Federico II di Napoli Vincenzo Maiello, che è nel direttivo del Centro studi Marongiu dell’Ucpi. A moderare una firma di primissimo piano del Corriere della Sera come Giovanni Bianconi.

Al quale spetta il compito di raffreddare l’ardore degli altri due relatori, che in realtà insistono a invocare una riforma ordina mentale profonda anche quando, a metà pomeriggio, in prima fila si siede proprio il ministro della Giustizia. “Il giudice dovrebbe guardare il pm con lo steso occhio di sospetto che dovrebbe avere verso chi sostiene le tesi di una parte, non la giustizia in senso assoluto”, ricorda Pecorella.

“Se vogliamo un processo accusatorio, cioè un processo di parti, mettiamo un giudice che non abbia a che vedere né con il pm né con il difensore”, continua il penalista ed ex parlamentare del centrodestra, “dico anzi di più: il pm che deve raccogliere le prove a favore dell’imputato è in realtà la negazione del processo accusatorio. Deve raccoglierle contro. Questo è l’accusatorio. Il pm deve essere un soggetto rispetto al quale il giudice è veramente terzo. E invece abbiamo a che fare con pm che dieci giorni prima sedevano a fare i giudici. O con pm famosi che poi ci ritroviamo in Cassazione”.

Il tenore della discussione è pacato, ma Pecorella lo infarcisce della sua sottile ironia milanese: “Nessuno di noi che facciamo i penalisti se la sentirebbe di fare il matrimonialista”. Poi aggiunge: “Non separare le carriere comporta una perdita. Il pm che per motivi di carriera va a fare il giudice non ha la cultura del giudice, ha la cultura del pm. Ci sono tutti i motivi per arrivare alla separazione delle Carriere. La Costituzione chiede la parità delle parti e il processo ‘di partì. E allora perché mai non è stata fatto la separazione delle carriere, che sarebbe una riforma a costo zero?”. Di fronte alla ritrosia su questo punto, sostiene l’ex difensore di Silvio Berlusconi, sarebbe più coerente “tornare al processo inquisitorio. Se vogliamo l’accusatorio, il pm deve diventare veramente parte e non essere invece intercambiabile nel tempo con il ruolo di giudice”.

Bianconi prova a portare la discussione al suo punto di caduta finale: a chi risponderebbe il pubblico ministero in un nuovo assetto ordina mentale che lo vedesse separato dai magistrati giudicanti? Ricorda, la firma di Giudiziaria del Corriere, come molti considerino rischioso uno sviluppo del genere: “È plausibile, accettabile che vada sotto l’esecutivo? Deve decidere da solo quali reati perseguire e quali no, o resta l’obbligatorietà dell’azione penale”.

Secondo Pecorella la questione non è in grado di scardinare l’idea che separare le carriere sia urgentissimo: “Potremmo ribaltare la domanda: a chi hanno risposto quei procuratori della Repubblica che hanno stilato graduatorie dei processi da fare prima o dopo? A nessuno. A chi risponde il pm che lascia sul tavolo per 3 o 4 anni un fascicolo e invece in poche settimane chiude un altro fascicolo: risponde a qualcuno? La separazione delle carriere non ha a che vedere con le scelte dei reati alla cui persecuzione dare priorità. Il tema di come regolare tali scelte è connesso con quello dell’obbligatorietà dell’azione penale. Oggi la Procura non risponde a nessuno, fa le stesse scelte che farebbe con le carriere separate”.

Prosegue Pecorella: “Il pm fa scelte sul piano della priorità, e sui mezzi da impiegare, e quindi sul clamore che ciascuna inchiesta deve arrivare a produrre: e questa è appunto politica giudiziaria”. C’è il ministro Orlando in platea che ascolta silenzioso. Il decano dell’Unione Camere penali lo prende di petto: “Perché non si fa la separazione delle carriere? Non vorrei si rispondesse che è meglio avere un corpo della magistratura unico e forte e non due corpi separati. D’altronde non credo ci vorrebbe una riforma costituzionale. In proposito si dovrebbe anzi dare seguito all’articolo 111 della Carta, che prevede un giudice terzo, eppure il sistema ordinamentale prevede che giudice e pm siano intercambiabili”.

Bianconi chiede se in fondo non sia un vantaggio avere dei pubblici ministeri che condividano la stessa cultura del magistrato giudicante e che quindi ne possano immaginare la decisione. Gli risponde il professor Maiello: “Nessuno sostiene che svincolando l’organo inquirente dalla struttura ordinamentale dell’organo della decisione, si voglia creare dei soggetti incolti e non attrezzati. Figurarsi se immaginiamo un soggetto incaricato di sostenere l’accusa nel processo che non sia caratterizzato da standard elevati di cultura giuridica”.

Il vero nodo, sostiene il professore di Diritto penale dell’università di Napoli, è quello delle garanzie, e cioè dei “limiti all’esercizio del potere, pensati perché in loro assenza il detentore del potere potrebbe usarlo per obiettivi non funzionali agli scopi della giurisdizione. La prospettiva della separazione delle carriere non si accompagna al depotenziamento del pm, anzi. Dal punto di vista dell’accusa, un sistema diverso potrebbe consentire di individuare meglio quelle strategie processuali che consentirebbero di condurre l’azione penale fino al traguardo” a traguardo il processo”.

Maiello chiude il dibattito con un’analisi che individua l’aspetto più evidente dello squilibrio tra le parti del processo determinato dalla mancata separazione delle carriere: “Negli ultimi tempi, qualche pm impegnato in processi di risonanza, e personalmente schierato dal punto di vista politico, ha coltivato l’idea che un processo possa essere anche funzionale a ricostruire un fatto storico, più che ad arrivare a una condanna. Se il pm pensa di mettere in piedi un processo anche se sa che la prospettiva della condanna non c’è, e lo mette dunque in piedi per far capire come sono andate le cose in un certo settore della vita pubblica, siamo di fronte a uno sbandamento della giurisdizione”. Evidentemente favorito dalla commistione tra ruoli inquirenti e giudicanti. Ma neppure questo basterà a spingere l’attuale Parlamento a rivoluzionare la giustizia.

Il Garantista, 8 febbraio 2015

Pannella (Radicali) va dal Presidente Mattarella : “Servono Carceri più civili”


Marco Pannella 2Il primo dei politici ad essere ricevuto al Quirinale dal nuovo presidente della Repubblica è stato Marco Pannella. Sergio Mattarella ha dato udienza al leader radicale, che gli aveva chiesto formalmente un incontro nei giorni scorsi, ascoltando le richieste che sui temi della giustizia e delle carceri gli sono state avanzate.

Pannella ha anche girato un video prima di entrare nello studio del presidente, trasmesso poi dalla tv dei radicali, e salutato Mattarella con un caloroso “Ciao Sergio”. Nei prossimi giorni, il capo dello Stato ha in agenda diversi incontri, a cominciare da un importante colloquio sulla situazione economica del paese: vedrà infatti il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco.

Al Quirinale è poi atteso, nell’ambito del giro d’orizzonte con gli esponenti del governo, il ministro della Difesa Pinotti. Il nuovo capo dello Stato sta anche completando la fase di presa di contatto con la “macchina” del Colle, e sta lavorando alla formazione del suo staff.

Le nuove nomine di alcuni del suoi consiglieri sono attese entro la fine della prossima settimana, mentre il capo dello Stato sta ancora valutando le soluzioni per il delicato ruolo di segretario generale. Fra le diverse ipotesi (restano in corsa i nomi di Alessandro Pajno e Ugo Zampetti) anche quella di una proroga per qualche tempo dell’attuale segretario Donato Marra.

Mattarella ieri ha anche inviato il suo primo messaggio nelle vesti di capo dello Stato alla cerimonia per l’Expo che si è svolta a Milano. “Serve un nuovo modello di sviluppo contro l’inaccettabile aumento delle diseguaglianze tra paesi ricchi e popolazioni povere, in costante lotta per sopravvivere alla denutrizione”. Si tratta di “una sfida globale”, che interessa l’intero pianeta e che richiede “scelte politiche e azioni condivise” per la gestione sostenibile delle risorse troppo spesso messe a rischio da “comportamenti egoistici ed irresponsabili”.

La Repubblica, 8 febbraio 2015

Reggio Calabria, Caso Jerinò : Bruno Bossio (PD) chiede spiegazioni al Governo sulla morte del detenuto


Roberto JerinòUna Interrogazione Parlamentare a risposta in Commissione ai Ministri della Giustizia e della Salute, Andrea Orlando e Beatrice Lorenzin, è stata presentata dall’Onorevole Enza Bruno Bossio, Deputato del Partito Democratico e membro della Commissione Bicamerale Antimafia. La Parlamentare calabrese, che da tempo si occupa anche della tutela dei diritti umani fondamentali all’interno degli stabilimenti penitenziari, su sollecitazione di Emilio Quintieri, esponente del Partito Radicale, ha chiesto al Governo di chiarire le circostanze della morte del detenuto Roberto Jerinò, deceduto lo scorso 23 dicembre 2014 presso l’Ospedale Riuniti di Reggio Calabria. Il 60enne, di Gioiosa Ionica, Comune della Provincia di Reggio Calabria, si trovava in custodia cautelare presso la Casa Circondariale “Arghillà” di Reggio Calabria, dopo essere stato ristretto per un qualche tempo presso la Casa Circondariale di Paola, in Provincia di Cosenza.

L’On. Bruno Bossio, nella sua interrogazione (la nr. 5/04649 del 05/02/2014), riferisce quanto trapelato in merito agli ultimi momenti di vita del detenuto e narrato su “Il Garantista” lo scorso 6 gennaio 2015 ritenendo che “a giudizio dell’interrogante, i fatti esposti nel presente atto di sindacato ispettivo richiedono doverosi accertamenti dal momento che il signor Roberto Jerinò era affidato alla custodia dello Stato”. In merito, c’è da dire, che a seguito di una denuncia dei familiari dell’uomo, il Sostituto Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria Dott. Giovanni Calamita, ha aperto un fascicolo attualmente contro ignoti per accertare se ci siano eventuali responsabilità da parte del personale dell’Amministrazione Penitenziaria che lo aveva in custodia o dei Sanitari Penitenziari ed Ospedalieri che lo avevano in cura. Sul corpo di Jerinò, su disposizione del Magistrato, è stata eseguito anche l’esame necroscopico. Nei prossimi giorni, secondo quanto riferisce il radicale Quintieri, i congiunti del defunto che sono rappresentati e difesi dall’Avvocato Caterina Fuda del Foro di Reggio Calabria, saranno sentiti come persone informate sui fatti, presso la Procura della Repubblica di Reggio Calabria.

On. Enza Bruno BossioL’Onorevole Enza Bruno Bossio, nello specifico, ha chiesto ai Ministri della Giustizia e della Salute, se e di quali informazioni disponga il Governo in ordine ai fatti descritti; se e quali problemi di salute presentasse il detenuto Roberto Jerinò all’atto della visita obbligatoria di primo ingresso presso la Casa Circondariale di Paola e poi presso quella di “Arghillà” di Reggio Calabria ricavabili dal suo diario clinico e quali motivi abbiano determinato il trasferimento dello stesso dallo stabilimento penitenziario di Paola a quello di “Arghillà” di Reggio Calabria; se e come sia stata prestata l’assistenza sanitaria al detenuto durante la sua restrizione carceraria chiarendo cosa gli era stato diagnosticato ed a quali trattamenti terapeutici fosse sottoposto visto che, in pochissimo tempo, le sue condizioni si sono irrimediabilmente compromesse; quando, da chi e per quali ragioni il detenuto sia stato trasferito presso l’Ospedale Riuniti di Reggio Calabria specificando se il ricovero, in considerazione della gravità del quadro patologico, avrebbe potuto effettuarsi prima che le condizioni del signor Jerinò peggiorassero in modo fatale come è avvenuto; se siano noti i motivi per i quali sia stato negao al detenuto, da parte dell’Autorità Giudiziaria competente, di ottenere la concessione degli arresti domiciliari presso la propria abitazione e di quali elementi disponga il Governo circa la dinamica del decesso e le relative cause e se siano state ravvisate eventuali responsabilità del personale operante presso l’Amministrazione Penitenziaria. Inoltre, l’attenzione della Deputata democratica, si è focalizzata anche sulla struttura carceraria. Ed infatti, sono state chieste delucidazioni, su quali fossero le condizioni della Casa Circondariale “Arghillà” di Reggio Calabria all’epoca dei fatti (Dicembre 2014) facendo riferimento alla capienza regolamentare, a quanti detenuti vi fossero ristretti, quanti tra questi fossero tossicodipendenti e quanti affetti da gravi disturbi mentali o altri gravi patologie e se si fosse in grado di riuscire a garantire, in maniera sufficiente ed adeguata, non soltanto la sorveglianza dei detenuti ma anche l’assistenza sanitaria ed il sostegno educativo e psicologico nei loro confronti; se alla data odierna, si trovino ristretti in detto Istituto in custodia cautelare o in espiazione di pena detenuti con gravi problemi di salute e se risulti se siano state presentate dagli stessi alle Autorità Giudiziarie competenti istanze di concessione degli arresti domiciliari o di sospensione o differimento della esecuzione della pena ed, in caso affermativo, quali siano gli esiti delle stesse; se il predetto Istituto Penitenziario sia stato ispezionato dalla competente Azienda Sanitaria Provinciale ed, in caso affermativo, a quando risalgano le visite e cosa sia scritto nelle rispettive relazioni inoltrate ai Ministri interrogati, agli uffici regionali ed al Magistrato di Sorveglianza in merito allo stato igienico sanitario dell’istituto, all’adeguatezza delle misure di profilassi contro le malattie infettive disposte dal servizio sanitario penitenziario ed alle condizioni igieniche e sanitarie dei detenuti ai sensi dell’articolo 11 commi 12 e 13 dell’Ordinamento penitenziario approvato con legge n. 354 del 1975 ed infine, se e con che frequenza il Magistrato di Sorveglianza competente abbia visitato, negli ultimi anni, i locali dove si trovano ristretti i detenuti ai sensi dell’articolo 75, comma 1, del regolamento di esecuzione penitenziaria approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 230/2000 e se abbia mai prospettato al Ministro della Giustizia eventuali problemi, disservizi o violazioni dei diritti dei detenuti nell’ambito della sua attività di vigilanza ai sensi dell’articolo 69 del citato Ordinamento Penitenziario.

Interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04649

Emilio Quintieri