Camere Penali : Il Governo rispetti il termine per la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari


OPG Napoli Secondigliano“Ancora una volta sono rimasti tristemente inascoltati gli alti richiami rivolti sia dal Presidente della Repubblica e, solo alcuni giorni fa, dal Santo Padre, i quali auspicavano che si procedesse nel più breve tempo possibile alla chiusura degli Opg, luoghi in cui la reclusione è una forma di tortura e dove gli internati si trovano a scontare veri e propri ergastoli bianchi”.

L’Unione delle Camere Penali protesta per l’ulteriore rinvio della chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari e chiede al governo di assicurare il rispetto della scadenza del 31 marzo 2015. Il caso nasce dopo che in una relazione i ministri della Salute e della Giustizia hanno definito “irrealistico” il rispetto del termine per l'”impossibilità” che le Regioni concludano in tempo utile l’opera di riconversione delle strutture con la realizzazione delle Rems (residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza).

Di fatto, rilevano i penalisti, il Governo “ammette che poco o nulla in questi mesi è stato fatto dalle Regioni per realizzare le nuove strutture che garantissero ai malati psichiatrici una degenza nel pieno rispetto della loro dignità”. L’Ucpi chiede perciò all’esecutivo non solo di riferire sulle “attività di controllo ed impulso svolte nei riguardi delle Regioni in questi mesi, in attuazione di quanto previsto dalla risoluzione delle Commissione Igiene e sanità del Senato”, ma anche a “provvedere, in applicazione di quanto statuito dall’art. 120 della Costituzione, in via sostitutiva, al superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, al fine di assicurare il rispetto della scadenza del 31 marzo 2015”. Perché “la tutela della salute e della dignità umana non possono e non debbono essere vittime degli inammissibili ed ingiustificabili ritardi della politica”.

Caso Cucchi, Sen. Luigi Manconi (Pd) : “Lo Stato ha fallito”


Luigi Manconi“Quando un cittadino è nella custodia dello Stato, il suo corpo diventa il bene più prezioso, qualunque sia il suo curriculum criminale. La legittimazione morale dell’azione dello Stato sta nella garanzia della sua incolumità.

Stefano Cucchi, mentre era agli arresti, è stato oggetto di un pestaggio, e poi non è stato assistito adeguatamente, come ha stabilito la sentenza di primo grado, quindi lo Stato ha fallito nel suo compito principale”.

È un fiume in piena, il senatore Luigi Manconi. In piena di indignazione civile per il verdetto che lascia senza colpevoli la fine del trentunenne spirato cinque anni fa dopo giorni di agonia nel reparto detenuti dell’ospedale Pertini di Roma. Il sociologo e parlamentare del Pd, tra le tante sue battaglie da sempre impegnato per i diritti dei carcerati, non ha esitazioni nel considerare una pagina nera quella che vede la morte di un cittadino affidato alle istituzioni rimanere, almeno per ora, impunita.

Senatore Manconi, a caldo che commento si può dare della sentenza della Corte d’appello?

Partiamo da un punto fermo, sostenuto dai magistrati sia in primo sia in secondo grado: le percosse ci sono state. Ma poi non si sono potuti individuare i responsabili. L’assoluzione completa attuale (seppure con formula dubitativa, ndr) tace il cuore della questione. Stefano Cucchi è morto mentre era nella custodia dello Stato, mentre era affidato alle istituzioni. E non ha trovato assistenza nei 12 luoghi (tra caserme, ospedali e aule di tribunale) che ha attraversato in una settimana di sofferenze.

Forse non è stato picchiato subito dopo l’arresto…

Certo, ma nessuno ha notato la sua estrema fragilità. Non dimentichiamo che all’udienza di convalida del fermo già manifestava evidenti segni di uno stato di salute molto precario. E poi per cinque giorni si è impedito ai suoi genitori di incontrarlo, mentre quasi 100 persone, rappresentanti dello Stato, lo hanno visto e non sono intervenute. E c’è un altro importante elemento che si tende a dimenticare…

Di che cosa si tratta?

Del fatto che in sede civile l’ospedale Pertini ha versato un cospicuo risarcimento alla famiglia Cucchi, riconoscendo la mancata cura di Stefano dopo che i medici erano stati condannati per omicidio colposo.

Come si spiega il fatto che cento operatori dello Stato non abbiano visto o abbiano chiuso gli occhi nel caso Cucchi e che episodi del genere siano, per fortuna, molto rari?

Non ho una visione apocalittica del nostro sistema penitenziario. Concordo che fatti simili non accadono tutti i giorni, ma la verità è che potrebbero avvenire molto più di frequente. Il caso è sempre in agguato in un’istituzione nella quale è deficitaria la capacità di proteggere chi viene messo in custodia. Ricordiamo che è elevatissimo il numero delle persone che in carcere muoiono o si suicidano. Il livello delle cure garantite in prigione è molto inferiore agli standard che dovrebbero essere rispettati. E il sovraffollamento rende la situazione tanto più grave. Stefano Cucchi è deceduto nel sistema penitenziario. E l’opinione pubblica continua a ignorare la sofferenza quotidiana che si vive dietro le sbarre, dove tanti non muoiono ma arrivano a un passo e subiscono danni permanenti per patologie non curate.

Le parole di qualche esponente politico hanno dato voce anche ai pregiudizi di tanti: se Cucchi era in cella, sarà stato per qualche motivo; perché prendersela con chi fa rispettare la legge…

I giudizi sprezzanti che sono stati pronunciati influenzano sicuramente segmenti della popolazione, ma anche esponenti dell’apparato statale, dagli agenti ai direttori di carcere fino ai magistrati. E hanno come effetto quello di svilire la dignità e l’unicità della persona umana. Papa Francesco pochi giorni fa ha pronunciato un discorso epocale sul sistema penale, in cui ha detto, all’incirca, che la dignità della persona viene prima di qualunque pena.

Pensa che si andrà in Cassazione, e con quale sentenza?

Immagino che la procura generale farà ricorso. E voglio sperare in un verdetto diverso da quello di appello.

Avvenire, 1 novembre 2014

Ospedali Psichiatrici Giudiziari….. la tortura continua. Chiesta una nuova proroga


OPGLa relazione sugli Opg dei ministri Lorenzin e Orlando, dice che è “irrealistico pensare di eliminare le strutture” a breve. Si prospetta quindi un’ulteriore proroga per la chiusura definitiva degli Ospedali psichiatrici giudiziari (Opg).

Secondo la relazione sul Programma di superamento degli opg trasmessa al Parlamento dai ministri della Salute, Beatrice Lorenzin, e della Giustizia, Andrea Orlando, aggiornata al 30 settembre, sarebbe irrealistico pensare di chiudere le strutture entro il 15 marzo del 2015, come previsto dall’ultimo decreto legge.

“Nonostante il differimento al 31 marzo 2015 del termine per la chiusura degli Opg, sulla base dei dati in possesso del ministero della Salute – si legge nella relazione – appare non realistico che lo Regioni riescono a realizzare e riconvertire le strutture entro la predetta data. In caso di mancato rispetto dell’anzidetta data, ovvero in caso di mancato completamento delle strutture nel termine previsto dai programmi regionali, è ferma intenzione dei ministri attivare la procedura che consente al governo di provvedere in via sostitutiva. È quindi di nuovo auspicabile un ulteriore differimento del termine di chiusura degli Opg”.

Inizialmente dovevano essere 38 i milioni predisposti dallo Stato affinché le Regioni presentassero i programmi di conversione degli Ospedali psichiatrici giudiziari in strutture sanitarie alternative. Oggi, secondo l’ultimo aggiornamento del ministero della Salute e del ministero della Giustizia, la spesa è salita a 88,5 milioni di euro. I costi, dunque, continuano incredibilmente a lievitare. Tutta colpa della lentezza della macchina burocratica regionale che è da anni che dovrebbe chiudere quelli che Amnesty International ha definito “luoghi di tortura”, senza però ancora riuscirci. La vicenda è drammatica perché ci sono stati rinvii su rinvii.

Dapprima si pensava al 31 marzo 2013 come termine ultimo concesso alle Regioni per presentare appunto il programma di conversione. Ma non era stato sufficiente. E allora si va di proroga in proroga, Fino all’ultimo decreto firmato dal governo che ha posticipato il termine al 31 marzo 2015. L ‘ultima proroga aveva sollevato reazioni, in particolare quella del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che nel firmare il decreto legge aveva espresso “estremo rammarico, per non essere state in grado le Regioni di dare attuazione concreta a quella norma ispirata a elementari criteri di civiltà e di rispetto della dignità di persone deboli”.

Il Capo dello Stato aveva comunque “accolto con sollievo interventi previsti nel decreto legge per evitare ulteriori slittamenti e inadempienze, nonché per mantenere il ricovero in ospedale giudiziario soltanto quando non sia possibile assicurare altrimenti cure adeguate alla persona internata e fare fronte alla sua pericolosità sociale”. Il decreto legge del marzo scorso, infatti, prescrive che “il giudice disponga nei confronti dell’infermo o del seminfermo di monto l’applicazione di una misura di sicurezza diversa dal ricovero in Opg o in una casa di cura e di custodia, a eccezione dei casi in cui emergano elementi dai quali risulti che, ogni altra misura diversa dal ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario non sia idonea ad assicurare cure adeguate e a fare fronte alla sua pericolosità sociale”.

La nuova proroga che secondo la relazione ministeriale si renderà necessaria, “tuttavia dovrebbe essere accompagnata dalla previsione di misure normative finalizzate a consentire la realizzazione e riconversione delle anzidette strutture entro tempi certi; a tal fine si ritengono tuttora valide le proposte formulate nella precedente Relazione inviata al Parlamento: misure normative volte a semplificare e razionalizzare le procedure amministrative; possibilità di avvalersi del silenzio-assenso per le autorizzazioni amministrative richieste a livello locale”.

Con la nuova relazione trasmessa al Governo, quindi, si apprende che passera ancora molto tempo affinché gli Opg chiudano definitivamente. Se si considera che attualmente la regione Piemonte ha già previsto che dovranno passare altri 24 mesi per la realizzazione della struttura sanitaria alternativa, si arriverà dunque a fine 2016. Ancora peggio per la struttura sanitaria di Abruzzo e Molise: sono stati stimati 2 anni e 9 mesi. Si arriverà, in questo caso, all’estate del 2017. Nel frattempo gli internati continuano a vivere negli opg. Abbandonati e prigionieri.

Damiano Aliprandi

Il Garantista, 1 novembre 2014

Calabria, Il Carcere di Rossano è come Abu Ghraib, ma per i grillini va tutto bene


Carcere di RossanoIl Movimento 5 Stelle calabrese di Rossano ha mosso critiche nei confronti della deputata Enza Bruno Bossio del Pd, per la sua visita ispettiva al famigerato carcere (noi de Il Garantista l’abbiamo definito l’Abu Ghraib calabrese) dove ha riscontrato, e denunciato, casi di vera e propria tortura.

Secondo la lista grillina locale “Amici di Beppe Grillo, Rossano in Movimento”, le condizioni dei detenuti erano giustificate in quanto “in quella particolare ala del carcere di Rossano vengono rinchiuse determinate tipologie di soggetti che danno segni di elevata irrequietezza ovvero che vengono monitorati costantemente dallo psichiatra della Casa di detenzione in attesa dì un eventuale trasferimento nelle apposite strutture”.

Pronta la replica del radicale Emilio Quintieri, il quale collabora in perfetta sinergia con la deputata Bossio per le visite ispettive nelle carceri calabresi: “Infatti, nel reparto di isolamento (attualmente in fase di ristrutturazione dopo l’attività ispettiva dell’on. Bruno Bossio), possono essere “rinchiuse” soltanto quelle persone nei casi tassativi stabiliti dal legislatore.

Non vi è alcuna disposizione di legge che consentiva alla direzione della casa di reclusione di Rossano di allocare i detenuti che davano “segni di elevata irrequietezza” o per essere “monitorati costantemente dallo psichiatra” all’interno di quel reparto.

Anzi, vi è di più. Proprio per rafforzare l’eccezionalità della disciplina, il legislatore, ha stabilito il divieto per l’amministrazione penitenziaria, di utilizzare sezioni o reparti di isolamento per casi diversi da quelli previsti dalla legge. L’isolamento del detenuto rappresenta una situazione del tutto eccezionale in quanto idonea ad incidere negativamente sul diritto alla salute e al benessere individuale della persona e poiché, di norma, il detenuto, deve vivere insieme agli altri perché la vita in comune è un elemento basilare del trattamento penitenziario. Il medico può prescrivere l’isolamento per ragioni sanitarie e, più precisamente, solo in caso di malattia contagiosa, da eseguirsi in appositi locali dell’infermeria o in un reparto clinico.

A tal proposito, sono già numerosi, i medici (ed altri dipendenti dell’amministrazione penitenziaria] condannati dall’Autorità Giudiziaria competente, per omicidio colposo proprio per aver cagionato il suicidio di detenuti, specie quelli con disturbi psichiatrici conclamati, mettendoli in isolamento, misura prevista in casi eccezionali e tassativamente elencati, in violazione dell’ordinamento e del regolamento di esecuzione penitenziaria”.

Poi il radicale Emilio Quintieri puntualizza: “Quanto, invece, alle “celle” di questa “particolare ala del Carcere”, ribadisco la illegittimità del collocamento dei detenuti nelle “celle lisce” cioè prive dell’arredo ministeriale poiché, anche durante l’esecuzione dell’isolamento, ì detenuti debbono essere alloggiati in camere ordinarie pur se il loro comportamento sia tale da arrecare disturbo o da costituire pregiudizio per l’ordine e la disciplina.

Anche per questa particolare “prassi generalizzata” sono già state diverse le sentenze di condanna pronunciate noi confronti del personale dipendente dell’Amministrazione Penitenziaria. Le sanzioni disciplinari, infatti, devo essere “eseguite nel rispetto della personalità” in ossequio al principio costituzionale di cui all’art. 27 secondo cui le pene devono essere conformi ad umanità. E “rinchiudere” delle persone in cella, senza vestiti, senza alcun mobilio o suppellettile non può considerarsi sicuramente rispettoso della dignità umana!”.

Damiano Aliprandi

Il Garantista, 1 novembre 2014