Giustizia : il 1992 fu un anno di giustizia sommaria… come fanno a dimenticarsene ?


Giustizia 2E proprio una storia di patacche e pataccari quella del circo equestre giudiziario che, imbarcatosi a Palermo, si è spinto fino alle stanze del Quirinale a celebrare il trionfo degli storiografi della “trattativa Stato-mafia”. Ma per fare gli storiografi bisogna conoscere la storia, o perché la si è vissuta o perché la si è studiata. Se si è invece spacciatori di patacche, si vendono solo fandonie, addomesticando la realtà a proprio piacimento.

Il succo della patacca “trattativa Stato-mafia” racconta che nel biennio 1992-93 i vertici dello Stato (presidente della Repubblica, ministri degli Interni e della Giustizia, presidenti di Camera e Senato) minacciati di morte e ricattati dalla mafia, decisero di salvare la propria vita e di sacrificare quella di magistrati e di cittadini innocenti. La mafia avrebbe così cambiato la direzione degli attentati, spostandoli dai palazzi del potere ad altri obiettivi.

E in che modo i vertici dello Stato avrebbero “pagato” il pizzo alla mafia? Eliminando dagli incarichi di potere i “duri”, i repressori della criminalità organizzata, sostituendoli con persone più morbide e disponibili nei confronti della criminalità organizzata. Fino a non prorogare il provvedimento di carcere duro per un notevole gruppo di mafiosi.

Qualunque testimone dell’epoca dovrebbe essere in grado di smentire la Grande Patacca, se tanta smemoratezza non avesse colpito i protagonisti del tempo. Spremiamo allora un po’ le meningi. Di garantisti ne circolavano ben pochi, in quegli anni, stretti come erano governi e parlamento tra il massacro (giudiziario e carcerario) di tangentopoli e quello cruento delle stragi di mafia. Tanto che provvedimenti spesso incostituzionali (come il decreto Scotti-Martelli) o autolesionistici (come l’abrogazione dell’immunità parlamentare) venivano votati a grande maggioranza e alla velocità delle luce.

Così anche un ministro socialista come il guardasigilli Claudio Martelli divenne protagonista di leggi speciali e fautore del regime di 41-bis che introdusse un regime di vera tortura nei confronti di persone in attesa di giudizio (di cui la metà verrà assolta) nelle carceri speciali di Pianosa e Asinara. Gli aspiranti storiografi pataccari hanno persino detto che Martelli a un certo punto si dimise (o addirittura fu fatto dimettere) per lasciare il posto al duttile Conso, più propenso a trattare con la mafia.

Allora va precisato prima di tutto che il ministro socialista si dimise il 10 febbraio 1993 in seguito a una telefonata del procuratore capo di Milano Saverio Borrelli il quale gli comunicava di aver emesso nei suoi confronti un avviso di garanzia. In secondo luogo che il suo successore Conso non fu affatto più “morbido”.

Basterebbe agli apprendisti storiografi andare a leggere il resoconto dell’audizione del ministro alla commissione giustizia della Camera il 3 novembre del 1993, quando sostenne con forza l’uso indiscriminato dell’articolo 41-bis proprio perché, diceva, attraverso questa forma di repressione si otteneva più facilmente che i mafiosi “si pentissero”.

Certo, gli fu obiettato, sappiamo tutti che basta torturare per far parlare le persone. Che importa se magari inventano?

L’altra Grande Patacca degli apprendisti storiografi è quella della sostituzione al vertice del Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria) del presidente Nicolò Amato, nel giugno 1993, con la coppia Capriotti-Di Maggio. Il dottor Amato fa torto a se stesso e alla propria storia di vero garantista dicendo di esser stato cacciato dalla mafia che avrebbe preferito Di Maggio perché più “morbido”.

Bisognerebbe chiederlo ai detenuti dell’epoca se ci fu morbidezza nel colloqui investigativi, inventati e santificati proprio da Di Maggio, che divennero il pentitificio e crearono mostri come Domenico Scarantino, il falso pentito dell’omicidio Borsellino. La verità è il contrario di quella raccontata da pataccari e travaglini.

Amato non voleva i trasferimenti dei detenuti alle isole e aveva chiesto la revoca dei provvedimenti di 41-bis addirittura in un documento del 6 marzo 1993. Fu il presidente Scalfaro in persona a sollecitarne l’allontanamento per far spazio a quel Francesco Di Maggio che creò pentiti e patacche. Questi sono pezzetti di storia vissuta, cari apprendisti storiografi.

Tiziana Maiolo

Il Garantista, 30 ottobre 2014

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