Ci fu chi lo definì «un altro caso Cucchi». E chi smentì. Adesso, comunque si voglia etichettare la vicenda, la morte del detenuto Simone La Penna nel carcere di Regina Coeli, nel 2009, ha indotto il Pubblico Ministero Eugenio Albamonte a chiedere al Giudice della VII Sezione Penale del Tribunale Monocratico di Roma a chiedere la condanna a 2 anni e 10 mesi di reclusione per Andrea Franceschini, Giuseppe Tizzano e Andrea Silvano, i tre Medici del Carcere romano che ebbero in cura il detenuto.
Mancata vigilanza del personale sanitario
Nel novembre di cinque anni fa, a Regina Coeli, avrebbero causato la morte del detenuto. I tre camici bianchi, accusati di omicidio colposo, non avrebbero vigilato doverosamente sulle condizioni di salute di La Penna. E questo nonostante Simone fosse già allora affetto da una grave forma di anoressia contratta durante la permanenza in carcere: il 32enne viterbese morì all’interno del penitenziario della Capitale il 26 novembre 2009, dopo aver perso più di 40 chili. Stava scontando una pena di 2 anni e 4 mesi una condanna per stupefacenti. “Non siamo di fronte ad un nuovo caso Cucchi perché nella vicenda di Simone La Penna non si sono verificate vessazioni in ambiente penitenziario nè maltrattamenti”, aveva precisato all’epoca la Procura della Repubblica di Roma.
Non compatibile con il carcere
Il Procuratore della Repubblica di Roma Giovanni Ferrara ed il Sostituto Eugenio Albamonte, che fa parte del pool di magistrati che si occupano di colpe professionali, hanno spiegato che «nella vicenda La Penna gli indagati» erano inizialmente «sei medici e un infermiere della struttura sanitaria interna al carcere di Regina Coeli, e non personale medico dell’ospedale Sandro Pertini» e che il reato ipotizzato era quello di omicidio colposo. I magistrati avevano anche sottolineato che «occasionalmente La Penna era stato visitato anche al Pertini». Lo stato di salute del detenuto non era compatibile con la presenza nella struttura medica del carcere.
Il 30 aprile scorso, innanzi al Tribunale di Roma presso cui pende il processo, è stato sentito anche Mauro Mariani, all’epoca dei fatti, Direttore del Carcere di Regina Coeli, il quale spiegò come era organizzata l’assistenza sanitaria nell’Istituto Penitenziario e quali erano i compiti del direttore sanitario.
Secondo la Procura della Repubblica di Roma, i medici, non avrebbero somministrato al giovane le cure necessarie, nonostante i loro colleghi in servizio nel carcere di Viterbo, dove era detenuto La Penna prima del trasferimento a Regina Coeli, gli avessero diagnosticato “anoressia e vomito con calo ponderale e episodi di ipokaliemia”.
Le terapie, secondo l’accusa, furono iniziate solo 43 giorni dopo il ricovero nel centro clinico del carcere romano. Un lasso di tempo, ritenuto eccessivo dagli inquirenti, aggravato dalla mancata verifica sulla effettiva somministrazione della terapia psichiatrica. Inoltre, i medici, nonostante il progressivo peggioramento delle condizioni di La Penna, non avrebbero chiesto il suo trasferimento in una struttura sanitaria specializzata nel contrasto dell’anoressia e dei suoi effetti.
Entro la fine dell’anno è presumibile che si arrivi alla sentenza.