Un filmato che non si trova perché è stato “sovrascritto”, una cena mai consumata, una famiglia che non si rassegna alla tesi del suicidio e che mette in campo esperti di fama nazionale. La Procura ha aperto una inchiesta per fare chiarezza sulla morte di Francesco Saverio Russo, il detenuto algherese trovato nella sua cella a Bancali il 6 settembre.
È ancora sotto sequestro la cella del carcere di Bancali dove la sera del 6 settembre è stato trovato privo di vita Francesco Saverio Russo, di 34 anni. L’ipotesi è che il detenuto algherese si sia tolto la vita, ma l’inchiesta avviata dalla Procura e affidata al pubblico ministero Cristina Carunchio dovrà chiarire se esiste anche il minimo dubbio sul suicidio.
E i familiari della vittima – fin dal primo momento – hanno chiesto che vengano svolti tutti gli accertamenti per capire che cosa è successo quella sera. La mamma del giovane, in particolare, ha più volte espresso la convinzione che il figlio non avesse mai manifestato – tanto meno nell’ultimo periodo – l’intenzione di togliersi la vita.
Ha anche raccontato di averci parlato il giorno stesso, di avergli portato la cena (che non era stata neppure consumata, in larga parte era nel piatto). Gli esperti. Dal giorno della morte di Francesco Saverio Russo, i familiari hanno affidato l’incarico agli avvocati Elias Vacca e Paolo Spano di seguire la vicenda e fare in modo che venga accertata la verità.
Nominati anche consulenti tecnici piuttosto conosciuti a livello nazionale: si tratta della criminologa Roberta Bruzzone (che ha seguito tutti i casi più importanti degli ultimi anni), di Mariano Pitzianti (esperto della ricerca della prova elettronica-digitale e conoscitore di sistemi di sicurezza e server ministeriali), dell’avvocato Federico Delitala e del genetista Andrea Maludrottu, del team di esperti fanno parte anche un medico legale e un investigatore privato. In carcere.
I legali sono stati in carcere per un sopralluogo. Hanno potuto vedere l’ambiente dove è avvenuta la tragedia e si sono resi conto della presenza di una sbarra orizzontale (a una altezza di circa due metri da terra) che divide il bagno da una sorta di disimpegno. Ora, che cosa ci faccia una sbarra in una cella di un nuovo carcere è da capire. L’indagine. L’indagine sta muovendo i primi passi e la parte più importante è rappresentata dall’esame dei filmati registrati dalle telecamere che nel nuovo carcere di Bancali sono ovunque.
La perizia del medico legale darà un contributo prezioso per la valutazione del caso e le valutazioni dei consulenti della Procura sono già sulla scrivania del magistrato che si occupa dell’inchiesta. Ci sono, però, diversi dubbi da chiarire. Le immagini. Pare che il filmato del giorno 6 settembre – quello fondamentale perché quella sera viene scoperto il corpo senza vita del detenuto – non sia disponibile.
Nel senso che sarebbe stato sovrascritto da altri dati. I familiari di Francesco Saverio Russo vogliono che sia fatta chiarezza sulla morte in cella, e quel filmato ha un valore enorme, anche per capire se la sera della tragedia ci sono stati movimenti in entrata o in uscita. I consulenti tecnici chiederanno di avere accesso al server ministeriale che – per norma – ha un sistema ridondante e deve continuare a funzionare in presenza di qualunque anomalia e quindi conservare anche la memoria.
Ipotesi. Dalle verifiche risulta che Francesco Saverio Russo era solo in cella, aveva la vicinanza della famiglia ed era seguito regolarmente dagli avvocati. Una situazione che, teoricamente, porterebbe a escludere eventuali tentativi di suicidio che in carcere si realizzano in presenza di una serie di elementi negativi.
Tra le ipotesi prese in esame c’è anche quella di un atto dimostrativo finito in tragedia: “Ci abbiamo pensato – ha spiegato l’avvocato Elias Vacca – ma se decidi di mettere in pratica una azione simile non la fai nell’angolo nascosto, ti posizioni nel punto più visibile per fare in modo che i soccorsi possano scattare immediatamente”. L’inchiesta dovrà chiarire se davvero quello di Francesco Saverio Russo è il primo suicidio nel carcere di Bancali oppure se dietro quella morte inspiegabile e che ha sorpreso tutti c’è dell’altro.
Gianni Bazzoni
La Nuova Sardegna, 16 ottobre 2014