Il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) ha rinviato a giudizio l’ex direttore sanitario dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario “Filippo Saporito” di Aversa Adolfo Ferraro e 17 tra medici psichiatri e medici di guardia, per i reati di maltrattamenti e sequestro di persona commessi ai danni di alcuni internati tra il 2006 e la fine del 2011. Secondo la Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere gli indagati avrebbero costretto i pazienti a letto per periodi molto lunghi e con modalità non consentite.
Dagli accertamenti effettuati è emerso che le vittime sarebbero rimaste costrette a letto per un periodo superiore a quello consentito, cioè 24 ore, e qualcuno sarebbe addirittura rimasto fermo nel letto, facendo i propri bisogni per un periodo di 12 giorni senza alcuna assistenza. Le indagini sulle condizioni dei pazienti dell’Opg partirono nel gennaio 2011 dopo il suicidio di un detenuto, che si impiccò nella sua cella.
La Procura fece sequestrare cartelle cliniche, documenti e foto. Proficuo per l’inchiesta giudiziaria fu anche lo scambio di informazioni con la Commissione d’inchiesta del Senato sul Servizio sanitario nazionale presieduta da Ignazio Marino, che all’Opg di Aversa inviò nello stesso periodo i Nas dei carabinieri. Il processo comincerà il 27 marzo 2015 davanti al Giudice Monocratico del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere.
«La verità è che non c’è stata alcuna norma che ha vietato, fino ad ora, l’utilizzo del letto di contenzione nelle carceri-ospedale d’Italia, è assurdo ora processare chi quei malati doveva gestirli». Scendono in campo le difese dei medici di base e degli psichiatri, in servizio all’Opg di Aversa, rinviati a giudizio per maltrattamenti e sequestro di persona. A parlare, è stato l’avvocato Giuseppe Stellato che ha spiegato che i letti su cui vengono legati i detenuti malati ci sono ancora nelle strutture perché per legge non sono vietati. Sotto i riflettori, come parte offesa, ci sono i malati che nessuno vuole, anche a fine pena. Perché pericolosi.