Lecce: lenzuola utilizzate per fare ginnastica, detenuto sotto processo per danneggiamento


Carcere Lecce Borgo San NicolaLa vita in carcere è difficile e sfiancante e agenti di polizia penitenziaria e detenuti spesso danno vita ad episodi che finiscono sulle pagine di cronaca. Nonostante i molteplici disagi (scarso personale e sovraffollamento) nel penitenziario di Borgo “San Nicola” si verificano casi che sfociano in un’aula di tribunale con detenuti già coinvolti in altri processi. Come nel caso di Samuele Natali, 23enne di Gallipoli, il quale dovrà comparire dinanzi al Tribunale di Lecce il prossimo 3 novembre per aver danneggiato un lenzuolo rendendolo inservibile della cella in cui si trova recluso. Danneggiamento aggravato l’accusa perché si tratta di beni di proprietà dell’Amministrazione Penitenziaria esistenti in edifici pubblici.

Il sostituto procuratore Emilio Arnesano ha emesso il decreto di citazione a giudizio in cui il Ministero della Giustizia compare come persona offesa e che potrebbe anche decidere di costituirsi parte civile. L’8 agosto di un anno fa presso il reparto R1 venne eseguita una perquisizione di routine all’interno della quarta sezione del reparto C2 occupata da Natali e da altri due reclusi. Nel corso del controllo vennero ritrovati pezzi di lenzuola dell’Amministrazione utilizzati come tendina applicata al di sopra delle lancette ed ulteriori pezzi posti su di un bastone in legno utilizzati con ogni probabilità per appendervi degli oggetti in bagno.

Immediatamente si sarebbe assunto ogni responsabilità il solo detenuto Natali che escluse categoricamente il coinvolgimento dei suoi due compagni di cella affermando di aver danneggiato il lenzuolo dell’Amministrazione per utilizzarlo in occasione di attività ginnica all’interno della cella dando la sua disponibilità a risarcire il danno. Da qui la segnalazione presso la direzione centrale e l’apertura di un procedimento a carico di Natali.

Francesco Oliva

http://www.corrieresalentino.it, 6 settembre 2014

Camere Penali : “sgomento per le sevizie ai detenuti di Rossano”


Carcere Regina Coeli - Roma - RepartoLeggiamo con grande sgomento le notizie delle sevizie che sarebbero state perpetrate contro i detenuti del carcere di Rossano”. Così in una nota congiunta l’Unione Camere Penali e l’Osservatorio carcere Ucpi.

“Mentre discutiamo delle nuove norme e del disegno di legge volti a umanizzare il carcere nel rispetto dei diritti umani sanciti dalle convenzioni internazionali e dal dettato costituzionale, – sottolineano i penalisti – fatti come quello denunciato da un ex detenuto di quel carcere sembrano cancellare ogni speranza. È essenziale che la magistratura faccia chiarezza in tempi rapidi su quanto accaduto – conclude la nota – individuando i responsabili e riportando la legalità in quel carcere. Noi vigileremo affinché ciò accada tenendo alta l’attenzione, anche con una visita in loco”.

Ansa, 6 settembre 2014

Comunicato dell’Unione delle Camere Penali Italiane

“Sentivo le urla dei detenuti torturati”… Rossano Calabro come Guantánamo?


carcere-620x264“Una parola di troppo e quelli ti pestavano”. La testimonianza di un detenuto messo in libertà. “Appena entrato mi hanno pestato. ho chiesto un medico e me l’hanno negato”. Si chiama D.M., ha 38 anni, ha subito una condanna a cinque anni per furto, falso e lesioni, ha scontato gran parte delia pena e ora è ai domiciliari. Ha passato diversi anni nel carcere di Rossano, e adesso racconta la sua esperienza. Terribile.

Che purtroppo conferma alcune delle tristi scoperte fatte qualche settimana fa dalla deputata del Pd Enza Bruno Bossio in seguito a una visita “improvvisa” nella prigione. D.M. dice che appena arrivò in carcere, alla prima visita, fu pestato. Preso a calci in testa. Perse dei denti, chiese di poter vedere un medico ma non ci fu niente da fare.

Poi finì nella sua cella, la numero 24, e da lì sentiva le urla e i lamenti dei detenuti che venivano picchiati. Dice che li portavano al reparto isolamento e lì li picchiavano. Perché venivano picchiati? “Bastava niente – dico D.M. – uno sguardo, una parola di troppo”. Perché non ha denunciato prima questa barbarie? “Avevo paura di ritorsioni”

L’ombra di una specie di “Guantánamo” avvolge la Casa di Reclusione di Rossano, già al centro di una ispezione ministeriale all’indomani della grave denuncia della parlamentare Pd Enza Bruno Bossio, che nel corso di una visita interna alla struttura penitenziaria aveva scoperto situazioni inammissibili, violenze e condizioni di vivibilità impossibili per i detenuti.

L’eco mediatico della denuncia dell’on. Bruno Bossio, ripresa dal nostro giornale da Radio Radicale, ha trasmesso coraggio a chi ritiene di avere subito violenze e sopraffazioni, ma senza mai denunciare alle autorità preposte per paura di eventuali ritorsioni.

Ora rompe il silenzio un signore di 38 anni, del quale vi diamo solo le iniziali, per ragioni evidenti di prudenza: D.M., attualmente in regime di detenzione domiciliare per una condanna che riguarda reati contro il patrimonio commessi a Corigliano Calabro.

Sta scontando una pena di 5 anni e 5 mesi per rapina, falso e lesioni. Gli è rimasto solo qualche residuo, poi tornerà in libertà. L’uomo si racconta, riferisce fatti e circostanze. Lo fa per i suoi ex compagni di cella – dice – per tutelarli, per difenderli da “vili” aggressioni senza scrupoli e dal tenore squadrista.

Il metodo cavalca il modello “brigatista”: “colpirne uno per educarne cento”. Siamo nell’agosto del 2012 quando il 38enne mette piede all’interno della casa di reclusione. Viene collocato nella cella numero 24. Inizia dunque la sua prigionia. Si adagia sulla brandina e inizia a leggere.

Nel primo pomeriggio due agenti di polizia penitenziaria lo prelevano al fine di effettuare i rilievi dattiloscopici, la visita medica e, a seguire, l’ispezione corporale, come da rituale, unitamente alla consegna di tutto il vettovagliamento.

Cosa succede durante la perquisizione? Al detenuto viene chiesto di denudarsi e di procedere alla esecuzione di flessioni. È in questo momento che uno degli agenti sferra inaspettatamente un pugno che colpisce lateralmente la parte destra del cranio: il mento dell’uomo sbatte contro un muro, salta qualche dente, l’incisivo destro. Il detenuto si accascia a terra, sanguinante.

Poi, come se nulla fosse accaduto, viene condotto in cella. Chiede la visita di un medico dentista, ma dall’altra parte trova solo dinieghi. Nell’ora di colloquio con i familiari opta per il silenzio, sospetta possa essere ascoltato e teme ripercussioni non solo per se stesso e per la famiglia. Non parla solo della sua vicenda, anche della vita carceraria. Svela alcuni misteri: “I pestaggi avvengono in isolamento” – denuncia l’uomo.

“Dalla cella 24 si sentiva di tutto”. L’eco delle urla di dolore e di sofferenza di chi è sottoposto a una vera e propria tortura rimbomba nelle stanze dei detenuti, pronto a rispondere rumoreggiante con il tintinnio delle sbarre. Basta una parola di troppo o un mancato saluto per scatenare l’ira furente di qualche frustrato in divisa. Il 38enne rimarca come vittime prescelte siano prevalentemente soggetti detenuti in media sicurezza, tra cui gli stranieri, presi particolarmente di mira.

“Il carcere non rieduca, non riabilita – afferma D.M. – ma aggrava la condizione mentale dei detenuti che, una volta tornati liberi, acuiscono l’azione criminale”. Infine, le famose leggi non scritte del carcere tendenti a punire severamente chi commette reati contro donne e bambini. Qui il meccanismo è trasversale. Questa volta i presunti carnefici non sono più interni all’apparato penitenziario ma sono gli stessi detenuti.

Alzano un muro umano dietro il quale avviene la tortura, la sevizia, nei confronti di chi ha commesso reati che violano i regolamenti rigidi del popolo carcerario. Episodi di inaudita gravità, narrati da un recluso che ha visto, sentito, e solo ora riferito di quel che accade a Rossano. Una struttura ritenuta recentemente dal Sappe (sindacato autonomo polizia penitenziaria) rieducativa e in grado di favorire il reinserimento sociale.

La stessa organizzazione sindacale sottolineava la carenza della dotazione organica, di uomini e di mezzi. E rimarcava inoltre come gli istituti di pena oggi siano divenuti luogo di tutti i disagi della società: stranieri, tossicodipendenti, malati psichiatrici. Criticità comprensibili ma che non giustificano l’inaudita violenza denunciata oggi da un detenuto.

Matteo Lauria

Il Garantista, 04 Settembre 2014

Articolo de “Il Garantista” sul Carcere di Rossano