Trento: esiti autopsia; morì in cella a 28 anni, nell’ottobre 2013, ucciso da farmaci e gas


cella detenuti 1Procedimento civile per ottenere l’autopsia. I periti: inalò butano da una bomboletta. Decesso nell’ottobre 2013. Per la procura non c’è reato: archiviazione.

Ucciso da un cocktail micidiale, un mix di farmaci e di gas propano. A quasi un anno dal decesso in carcere di un detenuto 28enne trentino, si chiariscono i contorni di quella strana morte dietro alle sbarre. Non si trattò di morte per cause naturali, come sosteneva il medico che eseguì l’ispezione cadaverica. Ad uccidere sarebbe stato quel terribile cocktail per disperati che forse serviva al giovane detenuto per “evadere” per un attimo da una vita difficile. L’aspetto particolare di questa vicenda è che a chiarire i contorni del decesso è stata la giustizia civile, non quella penale.

La morte risale al 29 ottobre dell’anno scorso. Quella notte il detenuto venne trovato privo di sensi nel bagno della cella dove era detenuto nel penitenziario di Spini di Gardolo. La procura, acquisite testimonianze e parere medico, ritenne che non ci fossero gli estremi per ordinare l’esame autoptico perché nulla faceva pensare ad un evento traumatico o a ipotetiche responsabilità da parte di terzi.

La madre del giovane però insisteva perché venisse fatta piena luce su quello strano decesso. “Mio figlio – scrisse la donna – è entrato nel carcere di Spini a fine luglio 2013, dovendo scontare una pena di 4 mesi per il reato di resistenza a pubblico ufficiale. La mattina del 29 ottobre, alle 6 circa, i compagni di cella lo hanno trovato in bagno privo di sensi.

Hanno chiamato gli agenti penitenziari, poi è intervenuto il 118, ma non sono riusciti a rianimarlo. Il medico di guardia ha certificato che le cause del decesso sono attribuibili ad arresto cardiaco”. La donna sottolineava che il figlio “soffriva di problemi di tossicodipendenza e per curarsi aveva già trascorso tre anni in una comunità, in carcere gli era stato somministrato del metadone con “terapia a scalare”. Non aveva altri problemi di salute”. E si chiedeva: “Come può essere morto, improvvisamente, per cause naturali?” Per rispondere a questa domanda la donna ha avviato un procedimento civile.

Attraverso l’avvocato Alessandro Baracetti ha chiesto e ottenuto dal Tribunale civile di Trento un’autopsia con la formula dell’accertamento tecnico preventivo. L’ipotesi è che ci potessero essere delle responsabilità di rilievo civile da par te dell’amministrazione carceraria sotto il profilo della colpa in vigilando.

Anche se erano trascorsi mesi dal de cesso, per eseguire l’esame medico legale non è stato necessario riesumare il cadavere perché il corpo del ragazzo era stato conservato all’obitorio. La perizia ha infine chiarito le cause dell’arresto cardio circolatorio. Il giovane è stato stroncato da un mix di farmaci, alcuni prescritti altri invece no, e dall’inalazione di gas propano. Su questo concordano sia il perito del giudice, sia il consulente di parte della famiglia. Pare che il gas venga sniffato dalle bombolette da campeggio che i detenuti possono tenere in cella per cucinare. Viene usato come sostitutivo degli stupefacenti per l’effetto di “sballo” che produce.

Dopo il deposito della perizia il magistrato titolare del procedimento civile, il giudice Aldo Giuliani, ha trasmesso gli atti alla procura della Repubblica per le valutazioni del caso. Procura che tuttavia non ha cambiato idea: è stata chiesta infatti l’archiviazione del fascicolo poiché dall’esame autoptico non emergerebbero elementi di possibile rilievo penale. Ora la parola è tornata alla madre del ragazzo e al suo legale che dovranno valutare se promuovere o meno la causa nei confronti dell’amministrazione penitenziaria.

Il Trentino, 3 settembre 2014

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