Petrone (Pd Calabria) : “La carcerazione preventiva è una vergogna per tutti, Parlamentari e non”


Cella Carcere ItaliaHo scelto volutamente di non scrivere nulla quando fu concessa l’autorizzazione all’arresto di Franco Antonio Genovese, deputato del PD.

Non volevo espormi alla critica, troppo semplice, di fare il garantista soltanto con quelli della mia parte politica.

Scelgo, invece, di parlare dell’autorizzazione all’arresto concessa dalla Camera per Giancarlo Galan.

I casi sono diversi ma presentano caratteristiche simili: a seguito di indagini da parte delle competenti procure è stato chiesto alla Camera la possibilità di procedere all’arresto preventivo per i due deputati.

Nel nostro ordinamento, vorrei ribadirlo, l’arresto preventivo si configura solo per alcuni casi ben specificati dal codice: pericolosità sociale, pericolo di fuga o di inquinamento delle prove.

Senza entrare nel merito dei diversi procedimenti, nei due casi specifici non mi pare ci trovassimo di fronte alle situazioni menzionate.

Nel caso di Galan, addirittura, la Camera ha concesso l’autorizzazione prima ancora che il Tribunale della Libertà si pronunciasse sulla istanza dei legali del parlamentare contro la richiesta di arresto. Una solerzia incredibile.

Il tutto mentre in Italia impazza il dibattito sull’immunità parlamentare che, come giustamente scrive oggi Pierluigi Battista sulle colonne del “Corriere della Sera”, è stata ridotta ad un simulacro rispetto a quella pensata come strumento per garantire l’autonomia dei parlamentari nell’esercizio delle loro funzioni dai nostri padri costituenti.

Si è passati da una immunità prima garantita a tutti a prescindere a quella concessa solo agli amici di partito o concessa a prescindere. Con l’ipocrisia della lettura delle carte (quasi sempre alcune migliaia) e l’aggravante che nella maggioranza dei casi i parlamentari arrestati o no (vedi i casi di Papa e Tedesco) sono risultati innocenti.

La verità è che l’abuso che si fa della carcerazione preventiva è un obbrobrio in sé, sia per i politici (condizione che è diventata un’aggravante non scritta dei nostri codici) sia (e soprattutto) per tutti i cittadini.

Oggi il 40 % dei detenuti nelle nostre carceri è in attesa di giudizio o di sentenza definitiva, vale a dire, a norma della Costituzione più bella del mondo di cui si riempiono la bocca i giustizialisti di ogni ordine e grado, innocenti.

Un paese che tiene o manda in galera persone prima che una giuria li giudichi colpevoli con sentenza definitiva è un paese incivile.

Siamo sicuri che è questo il paese che vogliono gli italiani ? Ora che la scusa Berlusconi non c’è più di questi temi si potrà parlare liberamente, o no ?

Prof. Gabriele Petrone

Dirigente Regionale Pd Calabria

http://www.gabrielepetrone.it

Nuoro: detenuto al carcere a vita, Marcello Dell’Anna per una sera diventa attore teatrale


Carcere di Badu e Carros NuoroDopo la laurea è riuscito a coronare un altro splendido sogno: calcare il palcoscenico di un teatro per partecipare ad uno spettacolo, vivere qualche minuto di gloria, gustarsi l’emozione di uscire di nuovo dal carcere a distanza di due anni e respirare così l’atmosfera della società civile.

L’attore davvero speciale non è un detenuto “qualsiasi”: si tratta del 47enne di Nardò Marcello Dell’Anna, in carcere da 23 anni, condannato all’ergastolo ostativo (per reati associativi) e quindi destinato per la legge italiana a marcire in galera come si dice in questi casi. Così dopo essersi laureato in Giurisprudenza nel maggio di due anni fa con il massimo dei voti all’Università di Pisa nel periodo in cui era detenuto nel carcere di Spoleto solo poco tempo fa Dell’Anna ha impreziosito il proprio curriculum di uomo redento diventando uno dei protagonisti di “La fine all’alba”, uno spettacolo che i detenuti di Roma Rebibbia hanno realizzato presso il teatro “Eliseo” di Nuoro nei giorni scorsi (città sarda in cui Dell’Anna è detenuto dal luglio di un anno fa).

Il 47enne salentino, assistito dall’avvocato Ladislao Massari, presso il penitenziario sardo ha avuto anche la possibilità di salire in cattedra grazie al progetto “Carcere: diritto penitenziario dentro e fuori” realizzato dalla scuola forense di Nuoro in collaborazione con la direzione della Casa circondariale. Il detenuto neretino, seppur condannato al carcere a vita, ha potuto beneficiare di un permesso accordatogli dal giudice del tribunale di Sorveglianza della città sarda che ha valutato l’eccezionalità della concessione “in quanto” così come scrive il magistrato, “la partecipazione alla rappresentazione teatrale rappresenta il culmine di un percorso di positiva riflessione sul proprio vissuto deviante e sulla propria esperienza detentiva, percorso iniziato con gli studi universitari e proseguito attraverso il diploma di laurea, la specializzazione in diritto penitenziario, la gestione in prima persona di seminari di approfondimento della tematica penitenziaria rivolti ad avvocati ed esperti del settore”. Un caso unico in Italia destinato certamente a lasciare il segno con cui il sistema penitenziario italiano ha dimostrato che l’Europa dei diritti civili non è poi così lontana come invece molto spesso magistrati e istituzioni fanno sembrare.

Francesco Oliva

Gazzetta del Sud, 25 luglio 2014

“Torture a premio”, la Camera dei Deputati approva il Decreto per risarcire i detenuti


MontecitorioOgni dieci giorni nella cella-bestiame si vince un giorno di sconto-pena. e poi se la prendono con De Sade! Il bello è che la curva forcaiola di Montecitorio protesta pure. Secondo Lega e Movimento Cinque Stelle è una vergogna assegnare un risarcimento di 8 euro al giorno a chi è recluso in condizioni subumane. In realtà il decreto detenuti approvato in prima lettura da Montecitorio aggira con astuzia le prescrizioni della Corte europea.

All’interno del provvedimento infatti non ci sono misure particolarmente efficaci per risolvere il problema del sovraffollamento: solo un divieto di ricorrere alla custodia cautelare per reati con pena inferiore a 3 anni, molto condizionato da diverse eccezioni e dall’arbitrio del gip. C’è invece la beffa del rimborso da 8 euro al giorno che dovrebbe sollevare lo Stato da ogni altra responsabilità sia nei confronti di chi è ammassato in celle da terzo mondo sia per le vittime di maltrattamenti, compresa la tortura. Un macabro gioco a premi, che nasconde ulteriori beffe: a cominciare dalle condizioni e dalle procedure per ottenere il risarcimento, destinate ad ammassarsi negli ingolfatissimi tribunali di sorveglianza.

Forcaioli contro il decreto: “Sono otto euro buttati”

Pochi, maledetti. E non arriveranno subito. Gli 8 euro di risarcimento per chi è ammassato in carceri sovraffollate paiono un rimedio vagamente elusivo, rispetto alle condizioni del sistema penitenziario. Ma rappresentano anche una scorciatoia provvidenziale per lo Stato italiano, che altrimenti dovrebbe mettere in conto spese per centinaia di milioni tra ricorsi e sanzioni europee. Sul decreto che istituisce le compensazioni ai reclusi in condizioni “inumane e degradanti” arriva dunque il sì della Camera, Ora il Senato ha tempo fino al 28 agosto per convertire in legge il provvedimento. D’altra parte la misura è stata adottata il 26 giugno dal Consiglio dei ministri anche per l’incombere del generale agosto, E cioè per scongiurare il più possibile il solito inferno legalizzato dei detenuti costretti in celie con spazi vitali da bestie. Montecitorio licenzia il di con 305 voti favorevoli, 110 contrari e 30 astenuti, in gran parte deputati di Forza Italia, Sul fronte del no si trovano accomunati da affini impeti pseudo-sicuri tari il Movimento Cinque Stelle, Lega e Fratelli d’Italia. Con i lumbard che inscenano la solita coreografia: stavolta si tratta di banconote false da 8 euro fatte volare per l’emiciclo un attimo dopo il voto finale, Da questo variegato fronte contrario provengono critiche soprattutto alla norma che monetizza il risarcimento ai reclusi. Ma il decreto ha una doppia faccia. L’altra riguarda la custodia cautelare, ovvero il divieto di applicarla agli indagati il cui reato comporterà, secondo il gip, una pena inferiore a 3 anni. Seppure con minor ardore, leghisti e grillini se la prendono anche con questa seconda parte del provvedimento, contestata in quanto “ennesimo svuota carceri”.

Ma qui l’efficacia del di è ancora più dubbia, Nel caso specifico, per alcune modifiche reclamate dall’Anni che ne limitano l’applicazione. Molto rumore per poco, se non per nulla, Tanto più che mentre vanno in scena gli anatemi forcaioli delle opposizioni, la realtà si impone con l’ennesima tragedia di un carcerato suicida: stavolta succede a Trento, dove si toglie la vita un uomo di 33 anni. Se ne ricorda solo la segretaria dì Radicali italiani Rita Bernardini, che non si lascia commuovere dal via libera della Camera: “Noi radicali, con Marco Pannella e altri 306 cittadini, proseguiamo il Satyagraha affinché si interrompa questa mattanza e si garantiscano le cure a migliaia dì detenuti oggi privati di ogni diritto”, dice Bernardini, “abbiamo uno Stato che si comporta peggio del peggior criminale violando Costituzione e Convenzioni europee”.

La norma sugli 8 euro peraltro viene aggredita con scarso senso della realtà. 11 risarcimento monetario riguarderà un numero limitato di casi. Il decreto infatti prevede in. via prioritaria che il ristoro avvenga attraverso uno sconto di pena: 1 giorno ogni 10 trascorsi in celle sovraf-follate. A essere “pagati” in denaro saranno solo i reclusi che trascorrono in condizioni “inumane e degradanti” meno di 15 giorni; oppure quelli per i quali il numero di giorni di pena residui è inferiore allo “sconto temporale” da ottenere. È chiaro come fin qui si tratti di cifre ridicole. Il grosso della spesa riguarderà chi è già fuori dal carcere e dunque non può in ogni caso risparmiare sulla durata della pena. Questa categoria di ex detenuti potrà ottenere appunto 8 euro in cambio di ogni giorno trascorso dentro un carcere da terzo mondo.

A una condizione: essere uscito di galera da non più di 6 mesi. Tutti gli ex carcerati la cui mortificazione risale a più di 8 mesi addietro possono scordarsi i soldi e pure le scuse. A quanto ammonta il tutto? Secondo i calcoli del governo si tratta di 5 milioni per questo residuo di 2014, 10 milioni per il 2015 e 5,3 milioni per il 2018, Cifre irrisorie rispetto al mezzo miliardo di euro che sarebbe piovuto addosso tra risarcimenti vinti alla Corte europea e sanzioni di Bruxelles, come ricorda nella dichiarazione di voto il deputato Pd Walter Verini.

Senza considerare che il provvedimento prevede di liquidare con 8 euro al giorno anche i casi di maltrattamenti in cella. Paradosso che tende a degradare nel mostruoso, come denuncia l’Unione camere penali, e a cui difficilmente si potrà porre rimedio.

In mia proposta di legge rimasta a galleggiare in commissione Giustizia già c’era una norma che impone il divieto di carcerazione preventiva per i reati con pena inferiore ai 3 armi. Il guardasigilli Orlando l’ha estrapolata e inserita pari pari nel decreto. Poi in fase di conversione la magistratura lombarda prima e l’Anm poi hanno impostò alcune precisazioni. Dal divieto di custodia in carcere sono esclusi i reati a più alto allarme sociale; in ogni caso tutti quelli per i quali non è prevista la sospensione cautelare della pena. E in particolare i reati legati, a fatti di mafia e terrorismo, lo stalking, i maltrattamenti in famiglia, gli scippi, le rapine, i furti in abitazione. Deve essere comunque il gip (e in seconda istanza il Riesame) a stabilire la prognosi sull’eventuale condanna, cioè a decidere se la pena, all’esito del processo, sarà davvero sotto i 3 anni. C’è evidentemente un ampio margine di discrezione che promette di ridurre ulteriormente l’efficacia della norma.

Un minimo di sollievo all’affollamento carcerario dovrebbe provenire anche dalla disposizione che estende agli under 25 le misure alternative già previste per gli under 21 che hanno commesso il reato da minorenni. C’è una riduzione di 703 posti sull’organico delia polizia penitenziaria con corrispondente aumento fino a un massimo di 907 unità per gli agenti.

Si cerca di risparmiare sulla formazione degli allievi vice ispettori penitenziari, con la riduzione da 18 a 12 mesi della durata dei loro corsi, Prevista l’eventuale immissione in ruolo di magistrati di sorveglianza, scelti tra i nuovi giudici che non hanno ancora conseguito la prima valutazione di professionalità, qualora risulti uno scoperto d’organico superiore al 20 per cento. Sempre per limitare le spese è stabilito che chi è sottoposto ad arresti domiciliari con braccialetto elettronico vada a casa da solo anziché accompagnato dalle forze dell’ordine, Più che il decreto detenuti sembra il decreto scorciatoie.

Enrico Novi

Il Garantista, 25 luglio 2014

Ferranti (Pd) “Nessuna paghetta ai delinquenti nè tantomeno uno svuotacarceri”


On. Donatella Ferranti Pd“Nessuna paghetta ai delinquenti né tantomeno uno svuota carceri, semplicemente un provvedimento che risponde a un obbligo assunto dall’Italia al comitato dei ministri del Consiglio d’Europa al fine di evitare migliaia di condanne e multe salatissime”.

È il commento dell’Onorevole Donatella Ferranti (Pd), Presidente della Commissione Giustizia di Montecitorio, al via libera della Camera al decreto sui rimedi risarcitori per i detenuti.

“Il risibile allarmismo apocalittico agitato da Lega e 5 stelle lascia il tempo che trova, la verità è che questo decreto – ha sottolineato l’esponente del Pd – non contiene alcun cedimento sul fronte della legalità. Ma piuttosto completa il pacchetto di riforme strutturali, attraverso indennizzi e risarcimenti, in risposta a quanto stabilito dalla Corte europea dei diritti dell’uomo che ha condannato l’Italia per trattamenti inumani e degradanti a causa del sovraffollamento carcerario”.

Non solo: il decreto “riporta la carcerazione preventiva – ha rimarcato Ferranti – a un uso corretto ed equilibrato, non intaccando minimamente le esigenze di sicurezza dei cittadini, grazie anche alle modifiche introdotte in commissione che escludono tutti i delitti gravi e ad alto allarme sociale, tra cui stalking e maltrattamenti in famiglia, dal divieto di custodia cautelare in carcere per reati per i quali il giudice può fare una prognosi di pena inflitta sotto i 3 anni”.

“Oggi abbiamo approvato un provvedimento di civiltà, grazie al quale l’Italia eviterà sanzioni di centinai di milioni di euro decise dalla Corte europea dei diritti per la condizione inumana e degradante delle nostre carceri”.

Lo ha detto l’On. Walter Verini, Capogruppo del Pd in commissione Giustizia, intervenuto in Aula alla Camera per la dichiarazione di voto sul dl carceri.

“Le norme sono equilibrate – ha aggiunto – e non consentiranno sconti a chi è responsabile di reati ad elevata pericolosità sociale, di corruzione, concussione e peculato, e nega anche la possibilità di pene domiciliari a chi non ha una residenza adeguata”.

“Abbiamo sentito molti comiziacci – ha rimarcato Verini – e molte bugie da parte di chi vuole presentare queste norme come un modo per svuotare le carceri: altro che svuota carceri, questo ed altri provvedimenti ai quali governo e Parlamento stanno lavorando insieme, soprattutto quello sulla riforma della custodia cautelare, vanno incontro all’esigenza di dare all’Italia un sistema avanzato di norme per coniugare sicurezza e reinserimento sociale di chi commette reati”.

Pizzolante (Ncd): abuso custodia cautelare parlamentari altera democrazia

“Se l’uso eccessivo della custodia cautelare è una aberrazione per tutti i cittadini, e il 40% dei detenuti in attesa di giudizio è un dato che segna profondamente il grado di inciviltà del nostro Paese, l’abuso della custodia dei parlamentari altera la democrazia”.

A dirlo è Sergio Pizzolante, vice presidente dei deputati del Nuovo centrodestra. Per Pizzolante, “nelle richieste di autorizzazione all’arresto la motivazione, più o meno esplicita, è che avendo il parlamentare capacità di influenza e relazioni può reiterare il reato.

Quindi, se egli ha ricevuto un avviso di garanzia per fatti risalenti a dieci anni fa, tutti da dimostrare, e per i quali deve essere celebrato un processo, il giudice ne chiede l’arresto perché, in teoria, potrebbe commettere gli stessi reati. Solo in questo modo si annulla ogni sua capacità di relazioni e influenza, che potrebbero portarlo a reiterare un reato passato seppur mai dimostrato. La funzione stessa del parlamentare come motivazione dell’esigenza di restrizione della libertà”.

“Così, per via logica e fattuale, ogni parlamentare è, momentaneamente, a piede libero. È una condizione paradossale e drammatica del nostro sistema istituzionale, ormai flebilmente democratico. Lo è perché ci sono magistrati, ormai è evidente, che fanno un uso estensivo delle norme attuali. Lo è, ancor di più, perché il Parlamento, potere ormai debolissimo e sotto scacco rispetto a quello giudiziario, non è in grado di rimettere in equilibrio i poteri e la democrazia. Credo che il Capo dello Stato, l’unica istituzione democratica politicamente autorevole e consapevole rimasta, debba valutare un suo intervento politico ed etico nelle forme che egli riterrà più opportune”, conclude Pizzolante.

Bernardini: ha ragione l’on. Verini, l’Italia risparmia centinaia di milioni di euro

Dichiarazione di Rita Bernardini, Segretaria di Radicali Italiani: “Do atto all’on. Valter Verini del Pd di avere avuto almeno il coraggio di dire la verità: i risarcimenti previsti dal decreto, fanno risparmiare allo Stato italiano centinaia di milioni di euro per i trattamenti inumani e degradanti che il nostro Paese ha fatto subire e continua in molti casi a far sopportare ai detenuti ristretti nelle nostre infami carceri.

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, con la sentenza Torreggiani, aveva condannato l’Italia ordinandole di prevedere risarcimenti “effettivi e idonei ad offrire una riparazione adeguata”. Il Governo, invece, ingannando la Cedu e il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa (che deve vigilare sull’esecuzione della sentenza) ha previsto 8 euro per ogni giorno di trattamenti indegni in un Paese che voglia essere democratico e civile, oppure, uno sconto di pena di 1 giorno ogni 10 giorni vissuti in quello stato. Ma non basta: la procedura è così complicata e farraginosa – visto anche il pessimo servizio offerto dalla Magistratura di Sorveglianza che non riesce nemmeno a stare dietro all’ordinaria amministrazione – che saranno pochissimi – e sicuramente non i poveri – i detenuti che avranno accesso a questo ignobile mercimonio.

Ieri, intanto, un altro detenuto poco più che trentenne si è suicidato nel carcere di Trento e noi radicali, con Marco Pannella e altri 306 cittadini, proseguiamo il Satyagraha affinché si interrompa questa mattanza e si garantiscano le cure a migliaia di detenuti oggi privati di ogni diritto. Abbiamo uno Stato che si comporta peggio del peggior criminale violando Costituzione e Convenzioni europee e Carte sui Diritti Fondamentali dell’individuo.

Cirielli (FdI): no a svuotamento delle carceri, serve commissione d’inchiesta

“No a questo decreto svuota carceri, il quinto e il peggiore. Anziché costruire gli istituti penitenziari o ristrutturarli, spedire gli stranieri e clandestini a espiare la pena nei paesi di origine, riformare la vergogna della carcerazione preventiva, Renzi decide che chi è delinquente con condanne in tre gradi di giudizio non va in carcere”.

È quanto ha dichiarato il deputato di Fratelli d’Italia-Alleanza nazionale Edmondo Cirielli intervenendo in dichiarazione di voto sul dl misure risarcitorie per i detenuti e internati. “Una responsabilità pesantissima del Pd – ha aggiunto Cirielli – ma soprattutto di Forza Italia e Nuovo Centrodestra che votano a favore di questo scempio. Nessun provvedimento a favore della polizia penitenziaria e per assumere gli idonei. Fratelli d’Italia-An vuole l’istituzione di una commissione d’inchiesta affinché vengano individuate le responsabilità giuridiche dei commissari per il Piano carceri, ministri e sottosegretari che hanno consentito questa bancarotta fraudolenta”. “Oggi esistono numerosi istituti alternativi alla detenzione in carcere: affidamento in prova dei servizi sociali, arresti domiciliari, sospensione della pena, sospensione della condanna, semilibertà, libertà condizionale”. “In questo contesto di sconti e di pene alternative – ha concluso Cirielli – s’inserisce il quinto svuota carceri con cui si regalano 8 euro al giorno ai delinquenti. Renzi vada a spiegarlo ai milioni di disoccupati”.

Deputati Lega lanciano in aula camera false banconote da 8 euro

La Lega Nord, nel corso della sua dichiarazione di voto al decreto Detenuti, ha lanciato

nell’aula della Camera delle false banconote da 8 euro, la cifra che il provvedimento stabilisce come risarcimento per ogni giorni di detenzione in condizioni “disumane o degradanti”, nel caso in cui non si possa applicare lo sconto di pena o nel caso in cui il periodo di pregiudizio sia inferiore ai 15 giorni. Nel corso del dibattito in aula la Lega ha cercato di fare ostruzionismo, presentando 89 emendamenti su circa 120 e provando ad allungare i tempi della discussione. Il relatore di minoranza, Nicola Molteni, ha più volte definito il testo come uno “svuota carceri”. “Abbiamo lanciato delle banconote da otto euro – ha spiegato a Public Policy il deputato Emanuele Prataviera – per denunciare che lo Stato ha i soldi per tutti, tranne che per chi è onesto”. Dopo il primo lancio di banconote false la presidente della Camera, Laura Boldrini, ha subito richiamato i deputati all’ordine.

Padova: il direttore Pirruccio; droghe e telefoni in carcere ? non ho mai saputo nulla


Carcere di Padova“Non sapevo nulla dello spaccio e dei favori che avvenivano all’interno del carcere altrimenti sarei intervenuto”. Lo ha detto Salvatore Pirruccio direttore della Casa di reclusione del carcere Due Palazzi, interrogato ieri mattina, come persona informata sui fatti, dal sostituto procuratore Sergio Dini nell’ambito dell’operazione “Apache” che un paio di settimane fa aveva portato all’arresto di 15 persone, e tra loro di diversi agenti della polizia penitenziaria.

L’accusa ha portato alla luce dei favori sistematici di alcune guardie corrotte che portavano all’interno delle celle telefonini, sim card, droga, dispositivi di memoria e in alcuni episodi film pornografici. Il magistrato, inoltre, ha voluto capire come mai nessuno si era accorti che alcuni agenti arrivavano al penitenziario dopo aver assunto stupefacenti.

Pirruccio ha spiegato al magistrato che non sono previste verifiche in grado di far emergere casi del genere. L’unica visita accurata, infatti, viene fatta all’agente all’atto dell’assunzione, poi più nulla visto che i medici che lavorano all’interno del penitenziario hanno competenza esclusivamente sui detenuti e non sugli agenti.

Nel frattempo il giudice Mariella Fino ha negato la scarcerazione, attualmente ai domiciliari, dell’avvocato polesano, Michela Marangon di Porto Viro. Secondo il giudice il quadro accusatorio contro di lei si è ulteriormente aggravato.

All’interno del carcere arrivava di tutto ai detenuti, bastava pagare gli agenti di polizia penitenziaria (sei quelli finiti nei guai, due in carcere a Santa Maria Capua Vetere e quattro ai domiciliari) e così la cella diventava – seppur con i limiti del caso – un hotel a cinque stelle. Siamo tra l’agosto e il settembre scorso e la Squadra mobile della polizia, guidata dal vicequestore Marco Calì, sta intercettando un gruppo di marocchini sospettati di un traffico di droga. Un’indagine di routine come tante altre che prende una piega particolare quando gli investigatori (coordinati dal pm Sergio Dini con la supervisione del procuratore aggiunto Matteo Stuccilli) scoprono che uno degli acquirenti è un agente della polizia penitenziaria.

Scattano accertamenti e intercettazioni, ed emerge il caso delle “mazzette” in carcere: i secondini portavano dentro di tutto in cambio di soldi dai detenuti e dai loro parenti. Alcuni agenti in servizio alla Casa di reclusione – secondo le contestazioni – erano dediti, in pianta stabile e in concorso con familiari ed ex detenuti, a un sistema illecito finalizzato all’introduzione in carcere di droga (eroina, coca, hashish, metadone), di materiale tecnologico (telefonini, schede sim, chiavette usb, palmari) ai detenuti.

Il Mattino di Padova, 24 luglio 2014

Melfi (Pz): “siamo pronti allo sciopero della fame”, lettera firmata da 185 detenuti


Carcere di MelfiDenunciano il pessimo stato della sala colloqui. Bagni rotti e spazi stretti nei luoghi deputati ai colloqui con i familiari. Sono 185 firme distribuite su quattro fogli a righe, sono quelle dei detenuti del carcere di massima sicurezza di Melfi. Centinaia di grafie minute per una lettera che è passata di mano in mano, firmata e poi spedita alla redazione del Quotidiano.

E sono gli stessi detenuti che raccontano delle misere condizioni della sala colloqui posta all’ingresso della casa circondariale. Una guardiola che è forse lo spazio più delicato di tutta la struttura, dove si predispongono gli incontri con i familiari.

E stando alla denuncia raccolta la guardiola versa in condizioni pietose. Infiltrazioni di umidità, bagni rotti e inaccessibili, rendono questo luogo non più uno spazio di tranquillità familiare e i detenuti del carcere lo mettono nero su bianco. Ci sarebbe anche un problema relativo alla capienza, non sufficiente a contenere tutti.

“Le stiamo scrivendo – si legge nella lettera – perché in un colloquio avuto con la direzione del carcere ci hanno detto che la competenza per un eventuale ristrutturazione è del Comune perché si trova sul suolo comunale, quindi chiediamo un suo intervento affinché venga fatta chiarezza e poterlo ristrutturare a norma. Succede anche ai servizi igienici, attualmente chiusi perché fatiscenti o mal funzionanti. In questo modo si nega la possibilità di usufruirne a chi ci viene a trovare per i colloqui. Con una ristrutturazione i nostri familiari eviteranno di andare nei campi o in altri luoghi meno appropriati per i bisogni fisici”.

La questione è chiara: i detenuti chiedono un trattamento più equo, soprattutto in occasione dei colloqui. È chiaro che la lettera è un appello allo stesso sindaco Valvano che nel suo piano per le opere pubbliche non ha messo in considerazione la ristrutturazione della guardiola.

E i detenuti sono pronti alla protesa: “Se il problema non viene risolto – scrivono ancora – inizieremo a fare lo sciopero della fame in modo pacifico”.

Non è la prima volta che i detenuti hanno preparato una protesta. L’ultima in ordine di tempo riguardava il possibile trasferimento di 100 detenuti, poi non effettuato, all’interno di una struttura già densamente sovraffollata. In quell’occasione per diversi giorni il suono delle stoviglie alle sbarre ha fatto da sfondo, oggi invece si annuncia lo sciopero della fame ad oltranza nel nome della dignità calpestata e dell’impossibilità di ricevere i propri familiari in un luogo consono e pulito. Era il 2009 quanto Rita Bernardini, in una visita, aveva parlato di un carcere “sovraffollato e in pessime condizioni”. Cinque anni dopo è ancora così, e questa lettera lo dimostra a pieno.

Valerio Panettieri

Il Quotidiano della Basilicata, 24 luglio 2014

Liberazione anticipata “speciale” a condannati per gravi reati. Divisa la Magistratura di Sorveglianza


Giustizia 2Tribunali in ordine sparso sulla liberazione anticipata “speciale”. La possibilità di concessione ai condannati per i reati gravi (art. 4 bis dell’ordinamento penitenziario), ammessa nella versione iniziale del Dl 146/13, è stata poi cancellata.

Sulla concessione o meno del beneficio della maggiore detrazione di giorni di pena da scontare (da 45 a 75) per ogni semestre già passato in carcere, misura prevista dal decreto legge 146 del 2013, i tribunali di sorveglianza stanno adottando scelte diverse. In discussione c’è l’applicazione del regime più favorevole ai condannati per reati gravi. Quelli previsti dall’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario, tra cui, criminalità organizzata terrorismo, traffico di stupefacenti). La possibilità, ammessa ma non in maniera automatica nella versione iniziale del decreto, venne poi eliminata in sede di conversione.

Ora l’autorità giudiziaria si interroga sul trattamento da riservare a chi, mentre era in vigore il testo iniziale del decreto, ha presentato domanda per accedere al diverso calcolo. A rappresentare le due linee possibili due pronunce. La prima, del Tribunale di Sorveglianza di Milano, del 30 maggio, contraria all’attribuzione del beneficio; la seconda del Magistrato di Sorveglianza di Vercelli, favorevole alla richiesta del detenuto.

Vediamole più nel dettaglio. La prima pronuncia, quella milanese, sradica nettamente la possibilità di usufruire della norma più favorevole nell’ipotesi di successione di leggi penali. Per i giudici va tenuto presente quanto sancito dalla Corte Costituzionale nel 1985, quando venne ribadito, in aderenza con l’articolo 77 della Costituzione, che i decreti legge perdono efficacia, sin dall’inizio se non convertiti, anche solo parzialmente. A essere richiamato è anche l’orientamento delle Sezioni unite penali che, più recentemente, nel 2011, hanno precisato che il principio della prevalenza della legge più favorevole non rappresenta un cardine dell’ordinamento processuale neppure nell’ambito delle misure cautelari.

Orientamento che copre, nella lettura dei giudici, tutte le misure sullo status libertatis e quindi anche quelle sull’esecuzione della pena. E allora la questione va decisa sulla base del principio tempus regit actum, sulla base della regola in vigore al momento della decisione e non di quella applicabile al momento della presentazione della domanda.

No anche alla possibilità di scorporo della pena, con lo scioglimento del cumulo: quando sì tratta di misure, come nel caso in questione, che non puntano tanto ad adattare la pena al percorso di rieducazione, quanto piuttosto a decongestionare le carceri, lo scorporo non è possibile.

Il tribunale di Vercelli, adotta invece una linea diversa e concede la liberazione anticipata speciale, valorizzando la “necessità sotto il profilo costituzionale e convenzionale di applicare la legge più favorevole vigente al momento della presentazione dell’istanza di liberazione anticipata speciale, formulata da un condannato con riferimento a condizioni di ammissibilità e presupposti di concedibilità del benefìcio stesso che si erano già compiutamente realizzati al momento dell’istanza stessa”, in coerenza con il principio di divieto di regressione incolpevole del trattamento penitenziario e tenendo presente la legittima aspettativa del condannato nella concessione del benefìcio richiesto.

Deve cioè essere considerato il divieto di vanificazione ex post, per effetto di “una mera successione delle leggi nel tempo” degli sforzi compiuti dal condannato per raggiungere l’obiettivo costituzionale della rieducazione. La liberazione anticipata speciale rappresenta e osi esplicitamente un beneficio di natura rieducativa e premiale, che si sviluppa nel tempo. A corroborare questa tesi viene poi citata la più vicina giurisprudenza della Corte di giustizia europea.

La chiusura

Per il Tribunale di Sorveglianza di Milano la liberazione anticipata speciale, 75 giorni invece di 60 per ogni semestre scontato, introdotta a fine 2013, non può mai essere applicata nei confronti di chi si è reso colpevole di reati gravi. La situazione va affrontata sulla base del principio tempus regit actum, trattandosi di misura procedurale.

L’apertura

Per il giudice di sorveglianza di Vercelli, invece, la misura può essere applicata anche agli autori di gravi delitti. A prevalere in questo caso è la necessità di non compromettere il percorso di rieducazione cui si è sottoposta la persona sanzionata.

Giovanni Negri

Il Sole 24 Ore, 24 luglio 2014

Trento: detenuto si impicca in cella, aveva già avuto comportamenti autolesionistici


Carcere di TrentoRiccardo Scalet, di 32 anni, si è impiccato nella sua cella del Carcere di Trento. Per uccidersi Riccardo Scalet ha approfittato che i compagni di cella andassero all’ora d’aria, ha legato un lenzuolo alla doccia della cella e si è impiccato. E sono stati gli stessi compagni di cella a ritrovare Riccardo appeso a quel lenzuolo perché insospettiti del fatto che la doccia era ancora aperta.
Riccardo Scalet che era tossicodipendente, si trovava in carcere perché condannato per reati contro il patrimonio e avrebbe finito di scontare la sua pena nell’ottobre del 2016.

Pare gli avessero rigettato recentemente la domanda di inserimento in Comunità Terapeutica. Tempo fa aveva già tentato di farsi del male, ingoiando delle batterie.

Sale a 81 il numero delle persone detenute morte nei primi 7 mesi del 2014 (una media di oltre 11 morti al mese) tra cui ben 23 sono stati i suicidi.

Ristretti Orizzonti – 24 Luglio 2014

Suicidio in carcere a Pavia, la denuncia dei parenti : “Era a rischio, dovevano controllarlo meglio”


carcere chiave«Jhonny era a rischio suicidio, in carcere dovevano controllarlo meglio». Sono parole dei parenti di Jhonny Bianchi il «sinti» di Gambolò che l’altro giorno si è impiccato nella sua cella del carcere di Torre del Gallo. Era accusato, insieme al fratello Mike, di aver ucciso, il 16 aprile scorso, Driss Sabri, un marocchino di 30 anni che abitava a Vigevano. Una delitto che era avvenuto a Gambolò.

«Aveva già cercato di uccidersi – spiega un fratello – alcuni mese prima del delitto. Era morto nostro padre e lui, forse per la disperazione, si era sparato un colpo di pistola in testa. Per fortuna il proiettile non aveva leso parti vitali e si era salvato miracolosamente Aveva ripreso una vita normale anche se aveva continui attacchi epilettici. Una volta in carcere perchè accusato di omicidio c’era la possibilità che ci potesse riprovare magari per la disperazione. Ed è stato così. Noi dovremo valutare il comportamento del personale del carcere di Pavia. Mio fratello è rimasto solo in cella, senza che nessuno lo guardasse. In più c’era anche la possibilità che la comunità marocchina di Torre del Gallo si potesse vendicare considerando l’accusa di omicidio nei confronti di un cittadino del Marocco.

Aspettiamo l’esito dell’autopsia poi vedremo cosa possiamo fare». Un’autopsia che potrebbe chiarire alcuni dubbi del suicidio. Il carcere ha aperto un’inchiesta interna. I funerali sono in programma, forse già mercoledì, a Gambolò. La comunità sinti ha organizzato una colletta per il pagamento dei funerali. Il giovane, aveva 27 anni, si era ucciso venerdì mattina a Torre del Gallo. Il compagno di cella era in cortile per le prime due ore d’aria (dalle 9.30 alle 11.30) e così il sinti di Gambolò era rimasto solo e si era impiccato. Il personale lo aveva trovato ancora vita e il giovane era stato trasportato in infermeria. Poi il decesso. «Nel carcere di Torre del Gallo – spiegano alla comunità sinti – stanno morendo troppi nostri giovani. Per suicidio o per malattia. I responsabili dovrebbero stare più attenti».

La Provincia Pavese, 21 Luglio 2014

Padova, detenuto di Lecce si impicca in cella. Aveva 45 anni e godeva della semilibertà


Casa Circondariale di PadovaLo hanno ritrovato privo di vita nella sua cella nel carcere di Padova, dove stava scontando oltre 20 anni per omicidio e sequestro di persona. Il protagonista dell’ennesimo suicidio nelle carceri italiane è un detenuto leccese, Giovanni Pucci, 45enne originario di Castrignano del Capo, ritrovato in mattinata privo di vita.

L’uomo, dopo avere scontato diversi anni di carcere, godeva del regime di semilibertà e recentemente si era anche sposato. Per togliersi la vita, si sarebbe impiccato nella sua cella, durante le ore notturne. La drammatica notizia è stata diffusa dal sindacato di polizia penitenziaria Sappe. Fu arrestato nel 1999 per l’omicidio della dottoressa Maria Monteduro, uccisa nella notte tra il 24 ed il 25 aprile di quindici anni fa. Il suo nome, oltre che per il raccapricciante omicidio della dottoressa, era comparso all’interno di una inchiesta della squadra mobile di Padova su un traffico di stupefacenti tra le mura del carcere. Era stato sentito dagli investigatori poche ore prima del presunto suicidio proprio nell’ambito di tale inchiesta e forse il gesto potrebbe essere la risposta alla paura di un aggravamento di pena.

Pucci venne arrestato il 24 settembre del 1999 ad Alma Ata, nella capitale dell Kazakistan dove era andato a trovare il padre. Le indagini dell’allora pubblico ministero Leonardo De Castris (attuale procuratore capo di Foggia) e dei carabinieri del Nucleo investigativo riuscirono a venire a capo di un caso che era sembrato piuttosto complesso sin dall’inizio. Sconcerto e incredulità nel piccolo paese sud salentino si sono diffusi non appena la notizia è diventata di dominio pubblico e l’incombenza di informare i familiari. Pucci era difeso dagli avvocati Luca Puce e Giuseppe Stefanelli.

Sull’ennesimo suicidio è intervenuto il segretario nazionale del Coosp Domenico Mastrulli: “Continuano le vittime all’interno delle carceri italiane, anche se le motivazioni che spingono a gesti estremi ed inconsulti come questo restano un mistero delle carceri italiane e mondiali. La situazione penitenziaria in Italia ed il suo enorme sovraffollamento – 58mila unità ad oggi – nonostante le rassicurazioni del ministro Orlando e del Premier Renzi, continuano ad essere motivo di forte preoccupazione per il sindacato Coosp e per tutte le associazioni nazionali di categoria. Ciò che mancano in tutte le carceri italiane – continua Mastrulli – sono le unità operative (12 mila quelle mancanti). Probabilmente, questa ennesima tragedia si sarebbe potuta evitare”.

http://www.corrieresalentino.it – 25 Luglio 2014