Caso Uva: sei Poliziotti e un Carabiniere a giudizio per omicidio ed altro


Tribunale di VareseAtmosfera di grande tensione ieri nell’aula del Giudice dell’udienza preliminare di Varese, Stefano Sala, nel processo che vede alla sbarra sei poliziotti ed un carabiniere accusati di omicidio preterintenzionale e reati minori ai danni di Giuseppe Uva. Il giovane, allora quarantatreenne, il 14 giugno 2008 fu fermato dai carabinieri mentre con un amico, Alberto Bigioggero, forse per aver bevuto, stava spostando una transenna. Condotto in caserma insieme all’amico, dopo tre interminabili ore, veniva trasportato nel reparto di psichiatria dell’ospedale di Varese con la richiesta di trattamento sanitario obbligatorio, e lì moriva.

Bigioggero era nella stanza attigua, aveva sentito le grida di dolore di Uva,  chiamato disperato il 118, chiesto aiuto. Ma nessuno sarebbe mai arrivato. Dalla caserma avevano avvertito che era tutto a posto. Solo due ubriachi. Il corpo di Giuseppe è martoriato da botte e lividi, fratture alla colonna vertebrale, forse una sigaretta spenta sul viso e tantissimo sangue. Si apre uno scenario di violenze e di orrore. Bigioggero presenta, il giorno della morte dell’amico, un esposto nel quale denuncia l’accaduto, racconta ciò che ha sentito in quella terribile notte ma il pm Abate lo interroga solo 5 anni dopo e conclude con una richiesta di archiviazione. Un ritardo ed una negligenza che gli costeranno un’azione disciplinare avviata dall’allora Ministro Annamaria Cancellieri. Il Gip di Varese però non ci sta e costringe i pm Agostino Abate e Sara Arduini a formulare a carico di otto agenti, Paolo Righetto, Stefano Dal Bosco, Gioacchino Rubino,  Luigi Empirio, Pierfrancesco Colucci, Francesco Focarelli Barone, Bruno Belisario, Vito Capuano, un’imputazione di omicidio preterintenzionale (oltre a violenza privata, abbandono di incapace e arresto illegale). Uno dei carabinieri sceglie il rito immediato.

Una tumultuosa vicenda giudiziaria durata sei anni approda finalmente davanti al  gup Sala che dopo aver ascoltato le ragioni delle parti civili e delle difese degli imputati, all’udienza del 30 giugno scorso, ha rilevato ambiguità e contraddizioni nelle indagini spesso rivelatesi superficiali e non approfondite e ha disposto la trascrizione della telefonata depositata dalle parti civili (una conversazione tra Lucia Uva, sorella della vittima e Assunta Russo, una testimone che afferma di avere sentito le minacce rivolte a Giuseppe dai carabinieri in ospedale) e l’escussione in aula del teste Alberto Bigioggero.

Il 14 luglio, Bigioggero viene sentito per oltre cinque ore. Interrogato e compulsato dal pm, dalle difese delle parti civili e degli imputati racconta l’orrore di quella notte, espone un dolore che non lo abbandonerà mai, disvela un’impotenza che gli ha lasciato segni eterni. Non ha potuto salvare il suo amico quella notte. Lo sentiva gridare, invocare aiuto dalla stanza accanto ma non ha potuto salvarlo.

Il pm Felice Isnardi, che aveva avocato a sé le indagini ravvisandone incongruenze ed inefficienze, ha infine chiesto che si proceda solo per il reato di abuso di autorità su arrestati, e non per omicidio preterintenzionale, arresto illegale e abbandono di incapace. I difensori della parte civile hanno chiesto a gran voce che ci sia un processo!!!

Dopo tre ore di camera di consiglio, il Giudice ha deciso: tutti gli imputati a giudizio! Il 20 ottobre la prima udienza.

Dopo sei lunghissimi anni, la famiglia di Uva aspetta ancora giustizia e pretende che venga punito chi ha tolto il sorriso a Giuseppe. C’è ancora tempo per sperare, dunque, che si pervenga ad una verità accettabile, che spieghi lividi, sangue, fratture, lesioni.

Avv. Maria Brucale

Il Garantista, 22 Luglio 2014

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