Si è impiccato in cella, con un lenzuolo appeso a un gancio che sta al vertice del letto a castello. È morto così, ieri mattina, Johnny Bianchi, 27 anni, uno dei due fratelli “sinti” di Gambolò (l’altro è Mike Bianchi, 32 anni) finiti in carcere a Pavia, accusati di aver ucciso con una fucilata al torace, il 16 aprile, Driss Sabiri, 30 anni, marocchino, residente a Vigevano. Johnny Bianchi è stato trovato ieri, verso le 10.30, agonizzante in cella dal cosiddetto “lavorante di sezione”, un detenuto che si occupa delle pulizie e della distribuzione di generi alimentari: l’uomo ha visto il corpo dallo spioncino della porta della cella e ha dato subito l’allarme.
Il compagno di cella di Johnny Bianchi era in cortile, per le prime due ore d’aria consentite, dalle 9.30 alle 11.30, nella sezione a “regime chiuso” in cui era detenuto il 27enne gambolese (le altre due ore vanno dalle 13.30 alle 15.30).
Johnny Bianchi non era uscito. È stato chiesto l’intervento del personale medico e infermieristico del carcere e del 118. Bianchi è stato sottoposto alle manovre di rianimazione, ma è deceduto attorno alle 11.30. Alla casa circondariale di Pavia è arrivato il magistrato per gli accertamenti sulla vicenda.
Il fratello di Johnny, Mike Bianchi, è in una sezione aperta del carcere, dove i detenuti possono uscire di cella dalle 8 alle 18. Stando alle prime ricostruzioni di ieri, Johnny Bianchi pochi giorni fa avrebbe presentato la richiesta di essere messo in cella con il fratello Mike, una richiesta, a quanto pare, che era in fase di valutazione dall’ufficio preposto agli spostamenti dei detenuti.
“È una vicenda tragica che non ha collegamenti con le problematiche di sovraffollamento delle carceri e delle carenze di organico, che pure esistono – commenta Fabio Catalano, sindacalista della Cgil-Funzione pubblica. È una tragedia personale”. I due fratelli Bianchi erano finiti in carcere dopo l’uccisione di Driss Sabiri, a Gambolò, in via Roma, nell’abitazione della convivente di Mike Bianchi. Secondo le accuse, i Bianchi e Sabiri si erano accordati per un matrimonio fittizio (in cambio di denaro) del maghrebino con la convivente di Mike, incinta.
Qualcosa, però, era andato storto, Driss avrebbe fatto avances esplicite alla donna. E i tre si erano trovati nella casa di via Roma per un chiarimento, finito nel sangue. Ai carabinieri che erano arrivati in via Roma, i due avevano detto che il colpo era stato sparato d’impeto per legittima difesa, perché Driss aveva estratto una pistola, non ancora ritrovata. Da appurare, però, chi dei due fratelli avesse sparato.
Denis Artioli
La Provincia Pavese, 20 luglio 2014