Giustizia, Palombarini (Md) : Sulle Carceri, l’Italia si adegui all’Europa


Casa Circondariale di VeronaIl ministro Orlando ha avviato una sana politica per combattere il sovraffollamento in cella. Capita che il lavoro di un ministro italiano trovi apprezzamento presso Autorità europee abituate da anni a infliggere ammonimenti o addirittura sanzioni al nostro Paese.

È il caso del ministro della giustizia Orlando, che all’inizio della primavera ha incontrato il Consiglio d’Europa. Capita che il lavoro di un ministro italiano trovi apprezzamento presso autorità europee abituate da anni a infliggere ammonimenti o addirittura sanzioni al nostro Paese. È il caso del ministro della giustizia Andrea Orlando.

All’inizio della primavera si era recato a Strasburgo per incontrare il Consiglio d’Europa, con l’intenzione di convincere gli interlocutori, fra i quali la Corte dei diritti dell’uomo (innanzi alla quale pendono circa 3.000 ricorsi di detenuti nella carceri italiane), della bontà di una politica finalizzata a sanare l’indecorosa situazione del sovraffollamento carcerario.

L’impegno era quello di adottare entro la fine di maggio provvedimenti significativi, atti a scongiurare nuove sanzioni e l’applicazione della “sentenza Torreggiani”, che ha condannato l’Italia a pagare un risarcimento per ciascuno dei detenuti costretti a vivere in uno spazio ristretto, equiparato alla tortura. L’opera del ministro ha ottenuto un risultato significativo, anche se parziale. Attraverso una serie di provvedimenti, sia pure frammentari, il numero delle persone in carcere è diminuito, essendo oggi pari a circa 58.000 detenuti.

Attualmente non è più obbligatorio l’ingresso in carcere per reati di lieve entità, droghe pesanti e leggere non sono più equiparate (grazie alle sentenze della Corte costituzionale e della Cassazione circa 3.000 detenuti usciranno dal carcere), sono cadute le rigidità assolute per i recidivi introdotte con la ex Cirielli. Inoltre i giorni di riduzione della carcerazione per buona condotta sono passati da 45 a 75 per semestre di detenzione.

Così la Corte dei diritti dell’uomo ha apprezzato la diminuzione della popolazione detenuta e il conseguente raggiungimento del limite minimo di 3 metri quadri di spazio a disposizione di ogni persona in carcere, fin qui disinvoltamente superato in nome delle varie emergenze e soprattutto per effetto della ricorrente illusione di poter affrontare con il ricorso al carcere ogni problema sociale.

Ha anche apprezzato l’intenzione del governo italiano di adottare con decreto un rimedio compensativo – 10 euro al giorno per chi ha già scontato la pena, una riduzione di questa per chi è ancora in carcere – per le persone che hanno subito la carcerazione in condizioni di sovraffollamento. Ha però mantenuto la vigilanza sull’Italia (tra l’altro i posti-letto disponibili sono ancora 45.000), chiamata a dimostrare, nel giugno del 2015, il conseguimento di ulteriori significativi progressi. Si può dire che per effetto dei provvedimenti adottati il carcere tende a diventare l’extrema ratio, cioè la sanzione eccezionale da applicare quando le altre appaiono insufficienti?

Certamente no, come ha riconosciuto lo stesso ministro Orlando quando li ha definiti un punto di partenza. Una politica di riforma del sistema penale rimane infatti lontana. Nessuno, nella maggioranza o fra le opposizioni, si pone il tema del diritto penale minimo, cioè la questione del come ridurre il numero delle persone che oggi sono destinate al carcere, in primo luogo attraverso coraggiose riduzioni dei comportamenti sanzionati come reati, e poi con la limitazione dei casi nei quali la sanzione è costituita necessariamente dalla reclusione.

Che siano possibili alternative di tutela di beni e valori della collettività è stato ampiamente dimostrato, anche da esperienze straniere, ma l’intero ceto politico si è sempre tenuto a larga distanza da simili prospettive. Il carcere continua a essere generalmente considerato la misura repressiva per eccellenza, prevista per un numero rilevantissimo di reati. Il problema, però, non può essere solo quello di non farsi tirare le orecchie in Europa. Lo stesso ministro Orlando lo sa. Ma da dove può cominciare, con questo Parlamento, un discorso di riforma organica del sistema penale?

di Giovanni Palombarini (Magistratura Democratica)

Messaggero Veneto, 9 giugno 2014

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