La messa alla prova è retroattiva e si applica ai processi in corso. Inoltre è possibile chiedere la separazione dei procedimenti per potere usufruire del benefìcio per alcuni dei reati per i quali si stava invece procedendo in maniera cumulativa.
L’importante precisazione, in una delle primissime applicazioni della legge n. 67 del 2014, arriva dal tribunale di Torino con ordinanza del 21 maggio 2014.
Il tribunale ritiene così che l’istituto della messa alla prova, dal momento che ha come effetto, in caso di esito positivo, l’estinzione del reato, ha natura anche sostanziale riguardando il trattamento sanzionatorio. In questa prospettiva, anche alla luce della giurisprudenza internazionale sul diritto alla retroattività delle misure più favorevoli con il limite della ragionevolezza, va affrontato il nodo dell’applicazione per i giudizi in corso.
Una possibilità che, secondo i giudici torinesi, deve essere concessa agli imputati anche ammettendoli alla separazione dei procedimenti. È vero che la Corte di cassazione la esclude nel caso del patteggiamento parziale in caso di giudizio oggettivamente cumulativo, ma si tratta di una situazione diversa da quella prevista dalla messa alla prova: nel patteggiamento parziale si dà comunque corso all’applicazione della pena, anche se ridotta come contropartita dell’accettazione di una rinuncia al contraddittorio in una prospettiva di deflazione processuale. Per quanto riguarda invece la messa alla prova, non esiste solo un’esigenza di riduzione processuale, ma anche di risocializzazione dell’autore del reato oltre che di rinuncia alla pretesa punitiva da parte dello Stato in caso di esito positivo. In questa prospettiva allora, “si ritiene sia diritto dell’imputato, anche in assenza di un concreto beneficio deflattivo per il sistema giudiziario, quello di vedere estinto uno dei reati a lui contestati”.
Il tribunale di Torino si occupa poi di due ulteriori problemi: la previsione di soglie di decadenza per la formulazione della richiesta (soglie già superate nel caso esaminato) e la mancata previsione di una disciplina transitoria. L’ordinanza chiarisce così che il diritto di chiedere la sospensione del procedimento per messa alla prova deve trovare applicazione, sulla base dell’articolo 2 del Codice penale, anche ai fatti precedenti e per i procedimenti pendenti. Ancora, in assenza di norme transitorie, devono valere i principi generali e quindi l’applicabilità dell’istituto di favore anche ai processi in corso.
Dal momento poi che effettivamente le soglie sono state superate e quindi la richiesta teoricamente non sarebbe più possibile, allora il diritto dell’imputato va garantito, a giudizio del tribunale torinese, attraverso l’istituto processuale della restituzione nel termine, secondo la disciplina dell’articolo 175 del Codice di procedura penale. Il rispetto del termine infatti non è stato possibile per cause di forza maggiora e l’imputato ha esercitato il diritto alla prima occasione possibile.
di Giovanni Negri
Il Sole 24 Ore, 7 giugno 2014