Il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, in audizione oggi alla Commissione Diritti umani del Senato, ha messo in evidenza il problema dei “41 bis che oggi sono 750, ma il sistema non ne può gestire più di 500. Limiterei il numero dei 41 bis, ma per quelli che sono in questo regime di detenzione, dovremmo stare più attenti. Dobbiamo pensare a un 41 bis che funzioni veramente, dobbiamo essere seri e severi sull’applicazione su chi è veramente pericoloso”.
E continua Gratteri, parlando alla Commissione, della mancanza di personale e, contemporaneamente, della necessità di potenziare i controlli anche durante i colloqui. Infatti “nel momento in cui c’è un colloquio bisogna guardare la mimica facciale, i segni che il detenuto fa ai parenti con braccia e mani. Ci vuole un Gom – Gruppo Operativo Mobile, reparto specializzato del Corpo di Polizia Penitenziaria – esperto, non è una cosa semplice.
C’è sovrannumero di 20 mila militari nell’esercito. Potremmo istruire ogni mese 20 di loro per Gom. Diminuiamo poi la polizia penitenziaria a via Arenula, ce n’è assai”. Uno dei problemi dei colloqui, ha concluso, riguarda anche il caso in cui “la moglie del detenuto è anche avvocato: quel colloquio non si registra. Il legislatore ha il dovere di intervenire su questo vuoto enorme di cui nessuno parla. In Calabria ci sono una decina di casi”.
Gratteri, sempre durante l’audizione ha espresso il suo punto di vista, la sua idea, per i detenuti sotto il regime 41 bis, affermando che “io sono per i campi di lavoro, non per guardare la tv. Chi è detenuto sotto il regime del 41 bis coltivi la terra se vuole mangiare. In carcere si lavori come terapia rieducativa”.
Il procuratore ha poi concluso il suo pensiero asserendo che “Il tossicodipendente deve lavorare otto ore al giorno, perché un altro può stare 10 ore davanti la tv? Occorre farli lavorare come rieducazione, non a pagamento. Se abbiamo il coraggio di fare questa modifica, allora ha senso la rieducazione. Ci sono capi mafia di 60 anni – conferma Gratteri – che non hanno mai lavorato in vita loro. Farli lavorare sarebbe terapeutico e ci sarebbe anche un recupero di immagine per il sistema”
Lavoro sia terapia, alcuni capimafia non hanno mai lavorato
“È ovvio che io non mi fermerei al 41-bis, io sono per i campi di lavoro, non voglio che il detenuto stia in carcere a vedere la televisione per 10 ore al giorno, sono a che i detenuti lavorino, a che coltivino la terra se vogliono mangiare, a che si lavori come terapia”.
A dirlo è stato Nicola Gratteri, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria, in una audizione davanti la commissione straordinaria per la Tutela e la promozione dei diritti umani sul regime di detenzione relativo all’articolo 41-bis dell’ordinamento penitenziario. “Però dovremmo cambiare la norma, perché dovremmo dire il lavoro del detenuto come strumento rieducativo e come terapia perché se diciamo che il detenuto deve lavorare in carcere lo dobbiamo pagare e non abbiamo i soldi per pagarli – ha aggiunto Gratteri – se noi abbiamo il coraggio di fare questo tipo di modifica allora la detenzione in carcere e il lavoro avrebbe un senso, perché ci sono capimafia che non hanno mai lavorato in vita loro”.
Costruire 4 carceri specializzate per detenuti al 41 bis
“I detenuti al 41 bis sono distribuiti su 12 carceri: questo significa avere 12 direttori che hanno interpretazioni diverse sul 41 bis. Si dovrebbero invece costruire 4 carceri e concentrare lì tutti i detenuti sottoposti a questo regime”, potendo in tal modo contare “su 4 direttori specializzati”.
Così Nicola Gratteri, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria, nella sua audizione al Senato, in commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, sul regime di detenzione relativo all’articolo 41-bis dell’ordinamento penitenziario. “I 41-bis in Italia sono circa 750, e non possiamo gestirne più di 500 -prosegue il magistrato in prima linea nella lotta contro la ‘ndrangheta- limiterei perciò il numero dei 41 bis ma applichiamolo in modo serio a chi è veramente pericoloso.
Occorre essere seri anche nella gestione di questa misura. Ancora nessuno ha spiegato perché nel 1994 è stata chiusa Pianosa e l’Asinara”. Inoltre, rimarca Gratteri, “va applicato anche ai detenuti ad alta sicurezza il sistema delle video conferenze. Si otterrebbero incredibili risparmi di costi e di personale”. Va poi aumentato anche “il numero di aree riservate” per i colloqui, “ossia strutture idonee a mantenere una logistica che non consenta la comunicazione tra tutti i detenuti presenti nell’istituto. Ai colloqui bisogna stare con gli occhi sgranati, e va assicurata una adeguata rotazione del personale Gom (Gruppo operativo mobile, ndr)”.
“Faccio un lavoro antidrangheta da 29 anni – sottolinea poi il magistrato nella sua audizione in commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani – e vi posso dire che essere ‘ndranghestista è un modo di essere. Oggi la camorra è sempre più criminalità organizzata comune; la mafia, invece, una filosofia criminale”. “Ogni 100 camorristi che si pentono, solo uno della ‘ndrangheta si pente, ma è di Serie B o Serie C. Mai nessun capo si è pentito. Per loro il pentimento non esiste: un capo mafia finisce di esserlo solo quando muore”.
Per 41 bis riaprire Pianosa e l’Asinara
“Attualmente i detenuti in regime di 41 bis sono distribuiti su 12 carceri e questo è già un’anomalia: avere 12 carceri, con 12 direttori e con 12 interpretazioni diverse sul 41 bis non va bene. Dovremo cercare di costruire 4 carceri per concentrare tutti i 41 bis, avere 4 direttori specializzati e studiare una tecnica per il 41 bis”.
Ne è convinto il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Nicola Gratteri. Parlando in audizione oggi alla Commissione Diritti umani del Senato, Gratteri ha sottolineato che per “far funzionare il 41 bis servono soldi e non ci sono, dovremo cercare di essere seri e fare tagli dove ci sono da fare, finora ci sono stati solo tagli lineari: servono 4 carceri nuove per i 41 bis”. Gratteri ha quindi aggiunto: “Perché non si riaprono le carceri di Pianosa e dell’Asinara chiusi nel 1994? Quando si riparlerà di sovraffollamento, voglio vedere che partito politico parlerà della riapertura di queste carceri”.
Fuga notizie Riina indice malfunzionamento
Se c’è stata una fuga di notizie dal carcere dell’Opera di Milano dove è detenuto Totò Riina in regime di 41 bis, “vuol dire che non si è lavorato bene. Nelle carceri entra molta gente”. Lo ha affermato il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, durante un’audizione in Commissione Diritti umani al Senato. Gratteri ha fatto riferimento alle minacce di morte ricevute dal pm Palermo Nino Di Matteo e ha invitato “a fare attenzione in futuro anche alla più innocente notizia perché i boss hanno un modo criptico di parlare”.
20mila militari in sovrannumero, usiamoli in penitenziari
“Siccome c’è un sovrannumero di 20mila militari nell’esercito, basterebbe prenderne mille al mese, fargli un corso accelerato di gom (gruppo operativo mobile; Ndr) o di polizia penitenziaria e portarli in carcere a lavorare. Mentre li prepariamo mettiamo i militari fuori le carceri e la polizia penitenziaria sui muri di cinta entra dentro e fa trattamento. Oppure diminuiamo il personale che c’è nel Dap o diminuiamo la polizia penitenziaria che c’è intorno o dentro il ministero della giustizia di via Arenula perché mi pare che sia assai”.
A dirlo è stato Nicola Gratteri, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria, in una audizione davanti la commissione straordinaria per la Tutela e la promozione dei diritti umani sul regime di detenzione relativo all’articolo 41-bis dell’ordinamento penitenziario.
http://www.reggiotv.it, 5 giugno 2014